È la Diplomazia dell’Arte che fa incontrare culture che sembrano distanti ed inavvicinabili.
È la Diplomazia dell’Arte che abbatte muri e pregiudizi.
L’ Arte non potrà mai essere separatrice, la sua funzione è votata alla bellezza e alla comprensione di sentimenti e sensazioni che a qualsiasi latitudine sono del cuore e delle menti, quelle libere.
Gli artisti sono i messaggeri, gli artisti sono coloro che vivendo senza confini hanno il compito di universalizzare questa missiva.
Pier Paolo Patti, giovane artista napoletano è tra loro.
Vincitore italiano del Progetto “ARTIST IN RESIDENCE”, ideato e promosso dall’ISTITUTO GARUZZO per le Arti Visive di Torino, trascorrerà il mese di dicembre a Teheran, in Iran, per un’opera progetto che sia ponte per il confronto e l’interscambio tra le culture occidentali-italiane e le orientali-iraniane.
Pier Paolo, come scrive Stefano Taccone nel testo della mostra “ABBÁ” tenuta alla galleria Primo Piano “Da lungo tempo concepisce l’arte come riflessione sull’uomo e per l’uomo”.
Le sue particolari installazioni multi-visive e fotografiche, che attraversano lo spazio e si connettono a materie e oggetti della vita quotidiana (il pane, i corpi, il sangue…), sono come una scrittura impossibile che appare da fondi oscuri in frammenti di baleni di luce.
La residenza in Iran, con il progetto “Radici”, sarà ulteriore passaggio per la vocazione di Pier Paolo Patti alle interconnessioni geo-politiche e di socialità dell’umano. Si tratta di un’opera corale che intende raccontare in modo diverso la armoniosa coabitazione dei popoli, il rispetto per l’individuo, la pacifica convivenza tra le diverse religioni e le tante culture. Obbiettivo del progetto (che partirà da Teheran per proseguire poi in altri paesi del Mediterraneo e del Medio Oriente) è la costruzione di una vera e propria bibliotecacomposta da frammenti di diverse origini e provenienze (associazioni, enti, Ong e istituzioni che lavorano nell’ambito della cooperazione dei popoli).
Fotografie, appunti, tessuti, fotocopie, imballaggi, plastiche, frammenti di documenti, disegni che – rilegati in volumi – racconteranno una storia nuova, diversa.
Il progetto generale “ARTIST IN RESIDENCE” ideato dall’ISTITUTO GARUZZO per le ARTI VISIVE, oltre ad accompagnare Pier Paolo a Teheran, ha visto 5 giovani artisti internazionali ed una giovane curatrice, tutti selezionati dalla open call, ospiti a Torino nel mese di novembre per la realizzazione delle loro opere presentate il 28 Novembre presso L’ OFFICINA Con-Temporanee a San Salvario, storico quartiere torinese, dove hanno anche risieduto presso la residenza Luoghi Comuni.
Gli artisti in mostra erano Georgiani, Iraniani e Argentini, Shota Aptsiauri(Tbilisi, Georgia), Matías Ercole(Buenos Aires, Argentina), Sadaf Hesamiyan(Tehran, Iran), Mananiko Kobakhidze(Tbilisi, Georgia) e ad una curatriceRenata Zas (Buenos Aires, Argentina).
“ARTIST IN RESIDENCE” è una mission che coinvolge giovani emergenti artisti come afferma Rosalba Garuzzo quando ci dice: “Abbiamo sempre investito nei giovani è così che nasce Residenze per l’Arte; crediamo nel talento e nel futuro. L’Istituto crede nell’incontro, nel viaggio, nella contaminazione”.
Pier Paolo Patti, napoletano, riuscirà a contaminare e farsi contaminare realizzando i lavori del suo progetto che vedremo al ritorno in Italia e nella nostra città.
Torino, italia, 28 Novembre 2018. Un momento dell’inaugurazione della mostra degli artisti Georgiani, Argentini e Iraniani, ospiti di RESIDENZE d’ARTE dell’Istituto Garuzzo di Torino. La mostra di un solo giorno si è tenuta presso L’Officina Con-Temponanea della struttura Luoghi Comuni di San Salvario.
ph. Mario Laporta/KONTROLAB
Torino, italia, 28 Novembre 2018. Un momento dell’inaugurazione della mostra degli artisti Georgiani, Argentini e Iraniani, ospiti di RESIDENZE d’ARTE dell’Istituto Garuzzo di Torino. La mostra di un solo giorno si è tenuta presso L’Officina Con-Temponanea della struttura Luoghi Comuni di San Salvario.
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Torino, italia, 28 Novembre 2018. Un momento dell’inaugurazione della mostra degli artisti Georgiani, Argentini e Iraniani, ospiti di RESIDENZE d’ARTE dell’Istituto Garuzzo di Torino. La mostra di un solo giorno si è tenuta presso L’Officina Con-Temponanea della struttura Luoghi Comuni di San Salvario.
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Torino, italia, 28 Novembre 2018. Un momento dell’inaugurazione della mostra degli artisti Georgiani, Argentini e Iraniani, ospiti di RESIDENZE d’ARTE dell’Istituto Garuzzo di Torino. La mostra di un solo giorno si è tenuta presso L’Officina Con-Temponanea della struttura Luoghi Comuni di San Salvario.
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Torino 27 Novembre 2018. Un momento dell’allestimento della mostra di un giorno che vedra’ gli artisti partecipanti alla edizione 2018 ” Residenze per l’Arte” dell’Istituto Garuzzo di Torino esporre le opere prodotte durante il mese di permanenza a Torino.
ph. Mario Laporta/KONTROLAB
Torino 27 Novembre 2018. Un momento dell’allestimento della mostra di un giorno che vedra’ gli artisti partecipanti alla edizione 2018 ” Residenze per l’Arte” dell’Istituto Garuzzo di Torino esporre le opere prodotte durante il mese di permanenza a Torino.
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Torino 27 Novembre 2018. Un momento dell’allestimento della mostra di un giorno che vedra’ gli artisti partecipanti alla edizione 2018 ” Residenze per l’Arte” dell’Istituto Garuzzo di Torino esporre le opere prodotte durante il mese di permanenza a Torino.
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Torino 27 Novembre 2018. Un momento dell’allestimento della mostra di un giorno che vedra’ gli artisti partecipanti alla edizione 2018 ” Residenze per l’Arte” dell’Istituto Garuzzo di Torino esporre le opere prodotte durante il mese di permanenza a Torino.
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Torino 27 Novembre 2018. Un momento dell’allestimento della mostra di un giorno che vedra’ gli artisti partecipanti alla edizione 2018 ” Residenze per l’Arte” dell’Istituto Garuzzo di Torino esporre le opere prodotte durante il mese di permanenza a Torino.
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Torino 27 Novembre 2018. Un momento dell’allestimento della mostra di un giorno che vedra’ gli artisti partecipanti alla edizione 2018 ” Residenze per l’Arte” dell’Istituto Garuzzo di Torino esporre le opere prodotte durante il mese di permanenza a Torino.
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Torino 27 Novembre 2018. Un momento dell’allestimento della mostra di un giorno che vedra’ gli artisti partecipanti alla edizione 2018 ” Residenze per l’Arte” dell’Istituto Garuzzo di Torino esporre le opere prodotte durante il mese di permanenza a Torino.
ph. Mario Laporta/KONTROLAB
Torino 27 Novembre 2018. Un momento dell’allestimento della mostra di un giorno che vedra’ gli artisti partecipanti alla edizione 2018 ” Residenze per l’Arte” dell’Istituto Garuzzo di Torino esporre le opere prodotte durante il mese di permanenza a Torino.
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Torino 27 Novembre 2018. Un momento dell’allestimento della mostra di un giorno che vedra’ gli artisti partecipanti alla edizione 2018 ” Residenze per l’Arte” dell’Istituto Garuzzo di Torino esporre le opere prodotte durante il mese di permanenza a Torino.
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Torino 27 Novembre 2018. Un momento dell’allestimento della mostra di un giorno che vedra’ gli artisti partecipanti alla edizione 2018 ” Residenze per l’Arte” dell’Istituto Garuzzo di Torino esporre le opere prodotte durante il mese di permanenza a Torino.
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Torino 27 Novembre 2018. Un momento dell’allestimento della mostra di un giorno che vedra’ gli artisti partecipanti alla edizione 2018 ” Residenze per l’Arte” dell’Istituto Garuzzo di Torino esporre le opere prodotte durante il mese di permanenza a Torino.
ph. Mario Laporta/KONTROLAB
Torino 27 Novembre 2018. Un momento dell’allestimento della mostra di un giorno che vedra’ gli artisti partecipanti alla edizione 2018 ” Residenze per l’Arte” dell’Istituto Garuzzo di Torino esporre le opere prodotte durante il mese di permanenza a Torino.
ph. Mario Laporta/KONTROLAB
Torino 27 Novembre 2018. Un momento dell’allestimento della mostra di un giorno che vedra’ gli artisti partecipanti alla edizione 2018 ” Residenze per l’Arte” dell’Istituto Garuzzo di Torino esporre le opere prodotte durante il mese di permanenza a Torino.
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Torino, italia, 28 Novembre 2018. Un momento dell’inaugurazione della mostra degli artisti Georgiani, Argentini e Iraniani, ospiti di RESIDENZE d’ARTE dell’Istituto Garuzzo di Torino. La mostra di un solo giorno si è tenuta presso L’Officina Con-Temponanea della struttura Luoghi Comuni di San Salvario.
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Torino 27 Novembre 2018. Un momento dell’allestimento della mostra di un giorno che vedra’ gli artisti partecipanti alla edizione 2018 ” Residenze per l’Arte” dell’Istituto Garuzzo di Torino esporre le opere prodotte durante il mese di permanenza a Torino.
ph. Mario Laporta/KONTROLAB
Torino, 1 Novembre 2018 – Pier Paolo Patti durante Artissima, la più importante fiera di arte contemporanea in Italia. Ph. Roberta Basile KontroLab per Istituto Garuzzo
Fotogiornalista da 35 anni, collabora con i maggiori quotidiani e periodici italiani. Ha raccontato con le immagini la caduta del muro di Berlino, Albania, Nicaragua, Palestina, Iraq, Libano, Israele, Afghanistan e Kosovo e tutti i maggiori eventi sul suolo nazionale lavorando per agenzie prestigiose come la Reuters e l’ Agence France Presse,
Fondatore nel 1991 della agenzia Controluce, oggi è socio fondatore di KONTROLAB Service, una delle piu’ accreditate associazioni fotografi professionisti del panorama editoriale nazionale e internazionale, attiva in tutto il Sud Italia e presente sulla piattaforma GETTY IMAGES.
Docente a contratto presso l’Accademia delle Belle Arti di Napoli., ha corsi anche presso la Scuola di Giornalismo dell’ Università Suor Orsola Benincasa e presso l’Istituto ILAS di Napoli.
Attualmente oltre alle curatele di mostre fotografiche e l’organizzazione di convegni sulla fotografia è attivo nelle riprese fotografiche inerenti i backstage di importanti mostre d’arte tra le quali gli “Ospiti illustri” di Gallerie d’Italia/Palazzo Zevallos, Leonardo, Picasso, Antonello da Messina, Robert Mapplethorpe “Coreografia per una mostra” al Museo Madre di Napoli, Diario Persiano e Evidence, documentate per l’Istituto Garuzzo per le Arti Visive, rispettivamente alla Castiglia di Saluzzo e Castel Sant’Elmo a Napoli.
Cura le rubriche Galleria e Pixel del quotidiano on-line Juorno.it
E’ stato tra i vincitori del Nikon Photo Contest International.
Ha pubblicato su tutti i maggiori quotidiani e magazines del mondo, ha all’attivo diverse pubblicazioni editoriali collettive e due libri personali, “Chetor Asti? “, dove racconta il desiderio di normalità delle popolazioni afghane in balia delle guerre e “IMMAGINI RITUALI. Penitenza e Passioni: scorci del sud Italia” che esplora le tradizioni della settimana Santa, primo volume di una ricerca sui riti tradizionali dell’Italia meridionale e insulare.
Valentina Alferj ricorda Andrea Camilleri: “Mi manca il suo senso civile, le parole erano pietre”
L’ex assistente di Camilleri, Valentina Alferj, racconta il loro legame umano e professionale, dal metodo di scrittura condiviso fino al ruolo civile della parola.
Valentina Alferj, per sedici anni accanto ad Andrea Camilleri (foto Imagoeconomica), oggi guida una sua agenzia letteraria. È reduce dalla prima edizione del Festival di Teatro della Biennale di Venezia, realizzata insieme a Willem Dafoe. In una lunga intervista al Corriere della Sera, racconta il suo legame con il grande scrittore siciliano.
L’ultimo saluto e una promessa di vita
«Lo salutai al telefono il giorno prima che perdesse conoscenza. Ero a Ischia, rientravo a Napoli in barca. Mi disse: sarà un viaggio bellissimo». Un saluto che Valentina ha trasformato in un impegno a celebrare ogni giorno l’esperienza condivisa con lui.
Una bottega di scrittura condivisa
Alferj incontrò Camilleri nel 2003 al Festival di Massenzio. Fu lui a cercarla il giorno dopo: «Hai degli occhi intelligenti, mi piacerebbe lavorare con te». Da allora, un rapporto professionale e umano che si è trasformato in una vera e propria “bottega” letteraria. Dopo la perdita della vista, Camilleri le chiese di scrivere con lui, dettando i romanzi. «Facevo da tubo catodico tra lui e la pagina bianca», racconta Alferj.
Il metodo Camilleri: rigore e musicalità
Ogni libro di Montalbano obbediva a una “gabbia narrativa”: numero fisso di capitoli, righe per pagina, ritmo preciso. Anche da cieco, Camilleri chiedeva: “Siamo a riga 15, vero?” La padronanza del ritmo narrativo era totale. Il vigatese, lingua in progress, era appreso da Valentina “leggendo e ascoltando”, per comprenderne evoluzioni e sonorità.
I personaggi di Camilleri erano reali
«I romanzi non nascevano da invenzione, ma da occasioni reali. Mio figlio Andrea e mia figlia Gilda, i problemi scolastici, la mia migliore amica: tutto diventava racconto». Camilleri trasformava ogni aneddoto quotidiano in letteratura.
L’eredità morale di un autore civile
Ciò che più le manca non è solo l’amico, ma la sua “responsabilità civile”. «Negli anni di pandemia e di guerre mi sono spesso chiesta cosa avrebbe detto lui». Per Camilleri, nato nel 1925, la parola “pace” aveva un valore assoluto. «Le parole erano pietre – afferma Alferj – le costruiva con il corpo, la voce, il silenzio. Non si poteva non ascoltarlo».
L’incontro con Willem Dafoe e la Biennale
L’incontro con Willem Dafoe, voluto da Pietrangelo Buttafuoco, l’ha portata a collaborare con la Biennale Teatro. «Dafoe sapeva dei miei trascorsi teatrali. E uno dei momenti più belli è stato il “Pinocchio” di Davide Iodice, anche lui allievo di Camilleri all’Accademia».
Il passaggio del testimone
Dalla bottega con Camilleri, alla creazione della sua agenzia letteraria, oggi con Lorenza Ventrone e Carmela Fabbricatore. «Mi ha insegnato che la peculiarità umana delle persone con cui lavoriamo è più importante di qualsiasi successo».
Alla fine, tutto torna a lui: «Vedo il disegno che i puntini compongono. E in quel disegno, intravedo il sorriso di Andrea Camilleri».
Riccardo Muti, 84 anni di musica e vita: «La mia giovinezza tra Napoli, il podio e un naufragio con Liliana Cavani»
Il Maestro racconta ricordi, passioni e visioni: dai compleanni senza fuochi alla fuga da Salisburgo, dalla difesa di Totò alla sua tenuta ai piedi di Castel del Monte
«Un compleanno è solo un altro anno che passa. Vorrei togliermene uno alla volta». Riccardo Muti compirà 84 anni il 28 luglio e sceglie di vivere quel giorno con sobrietà, come ha sempre fatto, anche quando — racconta in una lunga intervista al Corriere della Sera — una notte di festa per i suoi 40 anni finì in un naufragio nel golfo di Napoli, in compagnia di Liliana Cavani, Ezio Frigerio e altri amici illustri.
Naufragio nel Golfo: «Ci salvò un rimorchiatore»
Era il 1981. Dopo una cena a Sorrento e una serata tra musica e amici, la traversata in motoscafo verso Capri si trasformò in un incubo: nebbia, luci confuse, una virata all’ultimo secondo per evitare un rimorchiatore. «L’acqua entrò a fiotti, ci salvarono i marinai». L’episodio finì sulla prima pagina del Mattino. E il Maestro ride ancora ricordando Verde Visconti che nel caos chiese un decaffeinato con lo zucchero.
Il circo del podio e le derive del politicamente corretto
Per Muti, il gesto sul podio deve servire la musica, non diventare uno show. «Siamo diventati una società che vede più che ascoltare. E molti direttori usano il podio come se fosse un palcoscenico personale». Come quando a Carlos Kleiber, alla Scala nel 1976, dal loggione gridarono “Povero Verdi”. Lui, da allora, non tornò più a Londra.
Il politicamente corretto lo preoccupa: «Cambiare i nomi di Ping, Pang e Pong in Jim, Bob e Bill è razzismo al contrario. Bisogna contestualizzare, non riscrivere». E sulla cultura popolare, non ha dubbi: Totò, Eduardo, Sordi erano sorgenti d’arte pura, non figli dell’Accademia.
Il legame con Napoli e la delusione per il San Carlo
Napoli è nel cuore di Muti, ma spesso delude: «Il San Carlo ha una storia gloriosa, ma nel mondo si parla di Napoli per ben altro». Nei suoi cinque anni al Festival di Pentecoste a Salisburgo ha portato la scuola musicale napoletana: «Le vie della città ricreate per raccontare la nostra bellezza». Eppure, continua, De Simone è stato dimenticato in vita, salvo poi essere celebrato a morte avvenuta.
Puglia, olio e un sogno ottagonale
Oltre a Napoli, c’è la Puglia: Castel del Monte, il castello ottagonale di Federico II, è per Muti una fonte di ispirazione. Ai suoi piedi ha comprato un terreno e lo coltiva, con la famiglia, a olivo. Ne nasce l’olio “Il Trionfo dell’ottagono”, omaggio anche a Philip Glass, che gli dedicò un brano.
La musica, la pace e il rimpianto più grande
«Cantare è proprio di chi ama», dice citando sant’Agostino. Di recente ha diretto a Ravenna 3.316 coristi da tutta Italia, e sogna di rifarlo. Ma l’ultimo pensiero è dedicato alla pace: «Quando vediamo bambini affamati nei telegiornali, non possiamo restare indifferenti». E ricorda che l’ultima parola della Messa in fa minore di Bruckner — che dirigerà a Salisburgo — è “pace”.
Riccardo Muti a Pompei: “Ogni ritorno in Campania è un tuffo nel mio passato. La cultura del Sud va difesa”
Riccardo Muti si racconta al Mattino: l’amore per Napoli, la formazione al San Pietro a Majella, l’omaggio a Rota e la difesa della cultura del Sud con la musica.
Riccardo Muti torna in Campania e si lascia avvolgere dalla memoria. «Ogni ritorno a Napoli o a Pompei è un ritorno all’infanzia, all’adolescenza, alla nostalgia di un passato meraviglioso, di luoghi magici», racconta in una lunga intervista al Mattino. E lo fa alla vigilia del concerto che il 24 luglio dirigerà nell’anfiteatro degli scavi di Pompei con l’Orchestra Giovanile Cherubini.
Nel ricordo di quel ragazzo che a Pompei fece la Prima Comunione nella Basilica del Rosario e che a Napoli, tra il liceo Vittorio Emanuele e il conservatorio San Pietro a Majella, pose le basi di una carriera leggendaria, c’è tutta l’intensità di un uomo che continua a difendere la cultura del Sud.
Un programma per tutti, ma non semplice
Nel programma della serata, nell’ambito della rassegna “Beats of Pompeii”, brani popolari ma non banali: Bellini, Verdi, Rota e Ravel. «Sì, è musica che tutti conoscono, ma non per questo è semplice. È un repertorio che mostra diverse sfumature della grande musica sinfonica», spiega Muti.
In particolare, “Le quattro stagioni” di Verdi da I Vespri siciliani è un passaggio che il Maestro difende con forza: «È uno dei brani sinfonici più importanti di Verdi. Eppure viene spesso tagliato a teatro: è un errore. È un delitto tagliarlo».
L’omaggio a Nino Rota, il maestro dimenticato
Nel programma anche la celebre colonna sonora de Il Padrino di Nino Rota, di cui Muti parla con affetto e riconoscenza: «Fu lui a riconoscere il mio talento e ad indicarmi il percorso da seguire. È grazie a lui se ho fatto la strada che ho fatto».
Ma aggiunge con amarezza: «In Italia Rota non è ancora considerato come merita. È stato molto di più che un autore di colonne sonore: ha scritto musica sinfonica, operistica, da camera. Tutta da scoprire».
San Pietro a Majella: promesse ancora non mantenute
Il Maestro non nasconde la delusione per lo stato del Conservatorio di Napoli dove si formò: «L’ultima volta che sono passato da lì sono rimasto molto colpito negativamente. So che la Regione ha stanziato fondi importanti e che i lavori dovrebbero partire a novembre, ma in Giappone in questo tempo avrebbero costruito un grattacielo. Basta progetti infiniti. San Pietro a Majella è un patrimonio mondiale, non solo napoletano».
Pompei e i luoghi della cultura del Sud
Il concerto a Pompei è la tappa finale di un tour iniziato a Udine e passato da Lucca. Un ritorno, due anni dopo l’esibizione nel Teatro Grande degli Scavi in occasione delle “Vie dell’Amicizia”. Ma è anche una dichiarazione d’amore per la cultura meridionale.
«Pompei, Paestum, Agrigento… sono luoghi che raccontano la bellezza e la storia millenaria del Sud», dice. E ricorda l’emozione di suonare davanti al Tempio della Concordia o al Tempio di Nettuno, mentre si alzava la luna.
La missione di un uomo del Sud
«Vorrei che questi eventi non fossero episodi isolati, ma parte di un percorso culturale forte», afferma Muti con passione. E aggiunge: «Io, napoletano da parte di madre e pugliese da parte di padre, sento il dovere di difendere i valori della cultura meridionale, tanto più attraverso la musica, che è un linguaggio universale capace di unire i popoli».
La musica, per Muti, è un ponte verso la pace, uno strumento per rendere l’uomo migliore, un messaggio rivolto soprattutto ai giovani: «Devono amare le loro radici e la loro terra. Io continuo a farlo».