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Cultura

Pier Paolo Patti a Teheran, un dialogo possibile con l’Oriente dell’arte

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Pier Paolo Patti, videomaker e artista visivo, vincitore del concorso “Artist in residence”, indetto dall’ Istituito Garuzzo per le Arti Visive da Kooshk Residency insieme all’ Ambasciata d’Italia a Teheran e EUNIC, ha avuto l’opportunità di trascorrere un mese a Teheran per dare vita a “Roots”: un’opera che si pone come ponte per il confronto e l’interscambio tra le diverse culture occidentali e mediorientali e che inevitabilmente, affonda le proprie “radici” nel rapporto tra arte, politica e società.
Pier Paolo Patti, di cui si ricordano tra le altre due importanti mostre personali come “Skèpsis” e “Abbà” è partito per l’Iran con la curiosità e il desiderio tipico di chi fa ricerca, di chi immagina l’arte come un mezzo di studio e strumento sociale.

Il progetto artistico “Roots“ si è posto come obiettivo l’indagine del rapporto tra i diversi Paesi del Medio Oriente e del Mediterraneo, nel tentativo di comprendere meglio e a fondo le questioni che caratterizzano l’età contemporanea, mettendo insieme le riflessioni fatte in un’ottica diversa: un desiderio di speranza attraverso una voce che narri una storia differente, nuova, di pace.

Teheran diventa così un primo passo, quasi obbligato, per partire in questa nuova ricerca artistica. Una città piena di contraddizioni, con il fascino dovuto alla sua complessità sociale che lascia spesso spazio alle suggestioni più che alle parole.

Teheran è la capitale di un Paese vasto, dalle mille sfumature e interpretazioni, crogiolo di culture millenarie, tradizioni e religioni, essa rappresenta il luogo fondamentale per entrare negli intrecci e negli equilibri che hanno in passato scolpito l’Iran di ieri e influenzano quello di oggi.

Paese guida per l’intero Medio Oriente.
Questa residenza di un mese in Iran ha rappresentato per l’artista un ulteriore transito per il suo interesse alle interconnessioni geo-politiche e agli aspetti della socialità umana. “Roots” sarà un’opera corale per provare a raccontare in modo diverso la armoniosa coabitazione dei popoli, il rispetto per l’individuo, la pacifica convivenza tra le diverse religioni e le tante culture.
Con questo nuovo progetto Pier Paolo Patti vuole coinvolgere chi opera nei diversi territori di questa vasta area geografica, i volontari per esempio o quanti tengono a cuore il valore delle culture e delle persone e lavorano per preservarlo. Le associazioni, le Ong e chiunque, aderendo al progetto, voglia dare un “contributo” da rilegare in dei libri che racconteranno una storia diversa, un modo nuovo di coabitare tra Medio Oriente, Nord Africa, Mediterraneo ed Europa.
Con l’intensità del suo rapporto con la memoria e la contemporaneità del mondo, con la sua attitudine “visionaria” e critica allo stesso tempo, Pier Paolo, come è lui stesso a dirci: ha avuto in Iran l’occasione di interagire con una alterità che in Occidente risulta ancora “incomprensibile” e per un artista che lavora da sempre sui cortocircuiti sociali del nuovo millennio – utilizzando l’arte come strumento e credendo che essa sia un veicolo fondamentale per l’emancipazione culturale –

Il tema della pacifica coabitazione è terreno fertile per la sua ricerca artistica.
Si tratta certamente di un progetto ambizioso con un fine nobile che diventa – attraverso la sua realizzazione – pratica, metodo e divulgazione, azione politica tra i fruitori del progetto, tra i suoi attori e le organizzazioni coinvolte.

 

Info:

roots.artproject@gmail.com

www.pierpaolopatti.com

Fotogiornalista da 35 anni, collabora con i maggiori quotidiani e periodici italiani. Ha raccontato con le immagini la caduta del muro di Berlino, Albania, Nicaragua, Palestina, Iraq, Libano, Israele, Afghanistan e Kosovo e tutti i maggiori eventi sul suolo nazionale lavorando per agenzie prestigiose come la Reuters e l’ Agence France Presse, Fondatore nel 1991 della agenzia Controluce, oggi è socio fondatore di KONTROLAB Service, una delle piu’ accreditate associazioni fotografi professionisti del panorama editoriale nazionale e internazionale, attiva in tutto il Sud Italia e presente sulla piattaforma GETTY IMAGES. Docente a contratto presso l’Accademia delle Belle Arti di Napoli., ha corsi anche presso la Scuola di Giornalismo dell’ Università Suor Orsola Benincasa e presso l’Istituto ILAS di Napoli. Attualmente oltre alle curatele di mostre fotografiche e l’organizzazione di convegni sulla fotografia è attivo nelle riprese fotografiche inerenti i backstage di importanti mostre d’arte tra le quali gli “Ospiti illustri” di Gallerie d’Italia/Palazzo Zevallos, Leonardo, Picasso, Antonello da Messina, Robert Mapplethorpe “Coreografia per una mostra” al Museo Madre di Napoli, Diario Persiano e Evidence, documentate per l’Istituto Garuzzo per le Arti Visive, rispettivamente alla Castiglia di Saluzzo e Castel Sant’Elmo a Napoli. Cura le rubriche Galleria e Pixel del quotidiano on-line Juorno.it E’ stato tra i vincitori del Nikon Photo Contest International. Ha pubblicato su tutti i maggiori quotidiani e magazines del mondo, ha all’attivo diverse pubblicazioni editoriali collettive e due libri personali, “Chetor Asti? “, dove racconta il desiderio di normalità delle popolazioni afghane in balia delle guerre e “IMMAGINI RITUALI. Penitenza e Passioni: scorci del sud Italia” che esplora le tradizioni della settimana Santa, primo volume di una ricerca sui riti tradizionali dell’Italia meridionale e insulare.

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Cultura

Antonio Nocera presenta “Xenia” all’Hotel Sina Bernini Bristol di Roma: un’opera che celebra accoglienza e trasformazione

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L’artista napoletano Antonio Nocera ha recentemente svelato la sua nuova opera d’arte, intitolata “Xenia”, un’installazione site-specific situata nella hall dell’iconico Sina Bernini Bristol di Roma, un simbolo dell’hotellerie di lusso da 150 anni. Commissionata da Bernabò e Matilde Bocca, presidente e vicepresidente del gruppo Sina Hotels, l’opera interpreta con sensibilità il tema dell’accoglienza, valore che caratterizza la storia della famiglia Bocca da tre generazioni.

L’opera “Xenia”: simboli di ospitalità e trasformazione

Realizzata in bronzo e tecniche miste su legno e plexiglass, l’opera “Xenia” fonde materiali e simboli profondi: le farfalle, che rappresentano la libertà e la trasformazione spirituale; le conchiglie, emblema della casa e simbolo del gruppo Sina Hotels; e la figura femminile, richiamando l’importanza ancestrale delle donne. Il nome “Xenia”, derivato dall’antica Grecia, esprime il concetto di ospitalità sacra, in cui l’accoglienza era considerata un atto sacro poiché si credeva che gli ospiti potessero celare entità divine.

Un dialogo tra arte e spazio

L’opera, presentata all’interno di una struttura che ha recentemente subito una ristrutturazione nel 2021 ed è entrata nella Autograph Collection, si armonizza con i dettagli d’arredo realizzati su misura. Oltre a “Xenia”, i visitatori possono ammirare anche l’affresco “The Birth of Baroque” di Adalberto Migliorati, che celebra i capolavori del celebre artista Gian Lorenzo Bernini.

Progetti futuri

Durante l’evento di presentazione, Antonio Nocera ha rivelato di essere già al lavoro su una nuova serie di dipinti che saranno esposti al Sina Villa Medici di Firenze, sottolineando il legame speciale che ha con la città.

Questa opera non solo arricchisce l’esperienza dei visitatori dell’hotel, ma offre anche una web-app gratuita per esplorare i cenni storici legati a Bernini e un itinerario virtuale per visitare le opere d’arte dal vivo, unendo tradizione e innovazione tecnologica.

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Cultura

Il Mitreo di Santa Maria Capua Vetere: un gioiello archeologico del culto di Mitra

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Il Mitreo di Santa Maria Capua Vetere, scoperto nel 1922, è uno dei più importanti templi dedicati al culto di Mitra in tutto il mondo. Situato vicino all’Anfiteatro Campano e al Museo Archeologico dell’antica Capua, rappresenta una testimonianza unica del mitraismo, un culto misterico molto diffuso durante l’Impero Romano.

La diffusione del culto di Mitra a Capua

Il culto di Mitra giunse a Capua durante il II secolo d.C., probabilmente portato dai gladiatori orientali che praticavano il mitraismo. Questo culto, di origine persiana, si era diffuso in tutto l’Impero grazie ai soldati romani stanziati nelle province orientali. Capua, con la sua vivace comunità gladiatoria, divenne un importante centro per il mitraismo, grazie anche alla presenza dell’Anfiteatro Campano, uno dei più grandi dell’epoca.

La struttura del Mitreo

Il Mitreo si trova in una struttura sotterranea, tipica dei templi mitraici, accessibile tramite una rampa di scale. La sala principale, lunga circa 12 metri, ha una volta a botte e lungo le pareti laterali sono presenti i posti a sedere per gli adepti. Il cuore del tempio è la raffigurazione della Tauroctonia, un affresco in cui Mitra viene rappresentato nell’atto di sacrificare un toro, simbolo di rigenerazione e fertilità.

Il simbolismo della Tauroctonia

La Tauroctonia è il simbolo centrale del culto mitraico. Nell’affresco, Mitra, vestito con un mantello svolazzante e il tipico berretto frigio, uccide un toro sacro con un pugnale. Intorno a lui sono rappresentati diversi elementi simbolici: il Sole, che osserva la scena, e i Dadofori, Cautes e Cautopates, che simboleggiano il ciclo del giorno e della notte. La scena è completata da animali come il cane, lo scorpione e il serpente, che aiutano Mitra nella sua impresa.

Funzione del Mitreo e i riti misterici

Il Mitreo era il luogo dove si svolgevano i riti misterici legati al culto di Mitra. Solo gli uomini potevano partecipare a queste cerimonie, che prevedevano un’iniziazione articolata in sette fasi. L’atmosfera del tempio, con la sua volta stellata e i lucernari che lasciavano filtrare la luce, creava un ambiente mistico che richiamava la grotta in cui, secondo il mito, Mitra aveva ucciso il toro.

Il declino del Mitraismo

Il Mitraismo raggiunse il suo apice tra il II e il IV secolo d.C., ma iniziò a declinare con l’avvento del Cristianesimo. Sebbene fosse un culto molto diffuso tra i soldati romani e le classi popolari, non riuscì a competere con la crescita del Cristianesimo, e fu definitivamente soppresso con l’imperatore Teodosio nel 394 d.C. Oggi, il Mitreo di Santa Maria Capua Vetere rimane uno dei templi meglio conservati, offrendo una finestra unica su questo antico culto.

Importanza archeologica e turistica

Dal 2014, il Mitreo, insieme all’Anfiteatro Campano e al Museo Archeologico dell’antica Capua, è gestito dal Polo Museale della Campania, attirando visitatori e studiosi da tutto il mondo. La sua rilevanza storica e culturale lo rende una tappa imperdibile per chi vuole esplorare le radici del Mitraismo in Italia.

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Cultura

La scena techno napoletana in lutto: addio a Rino Cerrone, maestro e pioniere della musica elettronica

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Il mondo della techno napoletana ha perso uno dei suoi padri fondatori, Rino Cerrone (nella foto a sx assieme a Capriati) , scomparso all’età di 52 anni. Il celebre produttore e DJ, considerato una leggenda nel panorama internazionale del nightclubbing, ha lasciato un segno indelebile nella scena musicale. Joseph Capriati, uno dei suoi più noti discepoli, ha espresso il proprio dolore sui social, ricordando Cerrone come un maestro e un amico, capace di supportarlo nei momenti difficili e di insegnargli tutto sulla musica.

L’eredità musicale di Rino Cerrone

Cerrone, nato nel 1972, ha influenzato generazioni di DJ, tra cui Marco Carola, Danilo Vigorito, Markantonio e lo stesso Capriati. Insieme, questi artisti hanno proiettato la scena techno napoletana sul palcoscenico internazionale. I set di Cerrone erano caratterizzati da una fusione unica di techno e progressive, con sonorità che mescolavano la precisione della techno tedesca, la magniloquenza di quella svedese e l’energia del rave londinese. Il suo stile, pur complesso, aveva radici profonde nella cultura partenopea, con un approccio che riusciva a fondere ritmi serrati ed eleganza.

Una carriera globale, ma con il cuore a Napoli

Durante la sua carriera, Cerrone ha girato il mondo, suonando a Berlino, Amsterdam, Giappone e Sudamerica. Nonostante il suo successo internazionale, ha sempre mantenuto un legame speciale con Napoli, partecipando regolarmente a eventi locali. La sua techno era apprezzata per la sua raffinatezza e la capacità di coinvolgere il pubblico con un ritmo travolgente e una tecnica impeccabile, come dimostrato dai suoi set con tre piatti che sfumavano i confini tra i generi.

Il rapporto speciale con Joseph Capriati

Il legame tra Joseph Capriati e Cerrone era quello di un fratello maggiore e maestro. Capriati ha ricordato come da giovane lo considerasse un idolo, aspettando ore solo per assistere alle sue performance all’Old River. Il loro legame si è trasformato in una profonda amicizia, con Cerrone sempre pronto a offrire supporto e consigli, tanto da diventare una figura di riferimento nella vita e nella carriera di Capriati.

Il lutto nella club culture

La scomparsa di Cerrone ha lasciato un vuoto enorme nella scena della club culture. Mentre il dolore è palpabile tra i colleghi e fan, il ricordo della sua musica e della sua persona continuerà a vivere, come desiderava lo stesso Cerrone. Nonostante la tristezza, è probabile che i fan lo onoreranno facendo ciò che lui amava di più: ballare.

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