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Cronache

Picchiata dalla badante muore in ospedale, l’inchiesta dei Carabinieri di Marina di Camerota

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È morta in ospedale dopo dieci giorni di agonia. Maria Cristina Speranza, 88 anni, residente a Rofrano, nel Cilento, è deceduta nel reparto di terapia intensiva dell’ospedale San Luca di Vallo della Lucania dove era stata trasportata d’urgenza dal 118, dieci giorni prima, per un sospetto caso di ictus. I medici però  accertarono che l’anziana non aveva avuto un ictus ma era stata vittima di una violenta aggressione che le aveva causato un grosso ematoma da trauma alla testa e numerosi segni di percosse sulle braccia.
I  familiari di Maria Cristina Speranza, sulla base delle risultanze dei medici presentarono denuncia presso la stazione dei carabinieri di Marina di Camerota. L’ anziana fu sottoposta a un delicato intervento chirurgico alla testa ma il suo cuore dopo dieci giorni di agonia si è fermato.
«Abbiamo fatto tutto il possibile per salvarla – hanno spiegato i sanitari – ma le sue condizioni erano davvero molto gravi » . La Procura di Vallo della Lucania  ha aperto un’ inchiesta. Il sostituto procuratore Luigi Spedaliere, titolare dell’inchiesta, ha disposto  l’esame autoptico sulla salma.
Le indagini sono state affidate ai carabinieri della stazione di Marina di Camerota. L’anziana viveva in un appartamento nel centro di Rofrano ed era assistita da una badante di origine moldava. La donna era stata ingaggiata per assistere l’ anziana notte e giorno in casa. Una donna, stando ai primi accertamenti sin qui compiuti dagli investigatori, che non aveva precedenti penali, né era mai stata segnalata in passato. Era insomma ritenuta una badante fidata che avrebbe dovuto accudire l’anziana nelle normali necessità quotidiane. Ma – secondo la ricostruzione fatta dagli investigatori – la donna avrebbe invece sottoposto Maria Cristina Speranza ad una serie di maltrattamenti. La badante è sparita. I carabinieri hanno provato a rintracciarla ma attualmente risulta irreperibile. Gli inquirenti sospettano che possa aver lasciato in fretta e in furia l’ Italia per evitare problemi giudiziari legati al suo comportamento con l’ anziana.

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Cronache

Camorra: clan minorenni in Quartieri Spagnoli Napoli, 3 arresti

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Un vero mini-clan, con tanto di summit e azioni intimidatorie. Tutto formato da minorenni dei Quartieri spagnoli di Napoli. E’ la scoperta di una indagine dela polizia che ha portato a una misura di custodia cautelare del gip partenopeo con il carcere nei confronti di tre ragazzi, ritenuti vicini ai Di Biasi, meglio conosciuti come Faiano, e indagati, a vario titolo, di lesioni personali, porto e detenzione di armi da fuoco, violenza privata, rapina, reati tutti aggravati anche dalle modalita’ mafiose. Il provvedimento nasce dalle indagini sul ferimento a colpi d’arma da fuoco di Vincenzo Masiello il 5 novembre 2022.

L’agguato e’ da ricondurre alla mira espansionistica di un gruppo di giovanissimi ambiziosi che volevano ritagliarsi il loro spazio all’interno delle dinamiche criminali dei Quartieri Spagnoli. La vittima, attualmente detenuta, e’ da considerarsi elemento di spicco della camorra del quartiere. Durante le indagini e’ emerso che il nascente gruppo criminale e’ dedito a reati contro il patrimonio, ha un’ampia disponibilita’ di armi, ha stabilito la sua base operativa in vico Lungo San Matteo che e’ controllato militarmente. Gli indagati costantemente armati di pistola, per evitare attacchi da componenti di altri gruppi antagonisti, hanno in piu’ occasioni perquisito le persone che, in particolare nelle ore notturne, transitavano nella loro zona di influenza.

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Pizzaiolo ucciso: risate e gesti a fine udienza tra gli imputati

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Risate e gesti anche quello delle manette, a fine udienza, tra gli imputati al processo in corso a NAPOLI sull’omicidio di Francesco Pio Maimone, l’aspirante pizzaiolo ucciso nelle prime ore del 20 marzo 2023 sul lungomare di NAPOLI da un proiettile vagante esploso al culmine di una lite scoppiata solo per un pestone su un paio di scarpe griffate a cui la vittima era estranee. Il comportamento di alcuni degli accusati – collegati in video conferenza dalle carceri dove sono detenuti – non è passato inosservato in aula, quando ormai l’udienza, particolarmente importante quella di oggi, si era ormai conclusa. Oggi, infatti, per la prima volta uno dei testimoni, un amico della vittima, che era lì e nelle cui braccia Maimone è spirato, ha indicato colui che ha sparato, puntando il dito verso il riquadro del monitor in cui c’era Francesco Pio Valda.

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Terra dei Fuochi: M5s, fare luce su restituzione beni ai Pellini

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“I fratelli Pellini, condannati definitivamente per traffico illecito di rifiuti, sono responsabili di aver avvelenato la Terra dei Fuochi seppellendo e spargendo nelle campagne di Acerra rifiuti speciali e pericolosi. Era stata disposta la confisca del loro patrimonio per ben 222 milioni, quei soldi dovevano essere destinati alle bonifiche.

Invece, la Cassazione glieli ha restituiti perchè la Corte d’Appello di Napoli si sarebbe attivata oltre i termini previsti. Ministro, per rispetto verso tutti i cittadini e per affermare i valori della Giustizia, chiediamo che si accerti, anche tramite ispezioni, cosa è realmente successo negli uffici giudiziari di Napoli e che si faccia tutto il possibile per recuperare quei soldi alla causa collettiva. Questa non può essere solo una battaglia del Movimento 5 Stelle, deve essere un impegno di tutte le forze politiche”.

Lo ha detto il deputato M5S Sergio Costa, vice presidente della Camera, illustrando un’interrogazione al ministro Nordio. Nella replica, la deputata M5S Carmela Auriemma, prima firmataria dell’atto, ha osservato come “non sia sufficiente la risposta del ministro. 222 milioni di euro sono stati restituiti a dei delinquenti per un vizio procedurale, è doveroso che si faccia la massima chiarezza su quello che è accaduto, lo Stato lo deve a tutti i cittadini cresciuti nella Terra dei Fuochi e alle troppe famiglie che piangono le vittime di quell’inquinamento criminale. Lo Stato non può perdere così davanti agli eco-delinquenti, deve essere forte e inflessibile con questa gente. Bisogna tutelare il lavoro svolto per 15 anni dai magistrati di ben tre procure della Repubblica”.

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