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Picchia compagna e lega il figlio che voleva difenderla

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Avrebbe legato con un guinzaglio il figlio adolescente della compagna, per impedirgli di difendere la madre che subiva aggressioni e minacce inasprite durante il periodo del lockdown. Questo l’ennesimo episodio di una lunga serie di maltrattamenti e minacce in famiglia per i quali sarà processato un uomo di 52 anni residente a Verona dopo che il gip ha deciso il rinvio a giudizio, Un’escalation di violenze che sarebbe esplosa durante il periodo del lockdown ma che era stata preceduta da anni da incubo in cui la vittima, 40 anni, aveva anche subito una violenza sessuale. Le accuse per i maltrattamenti subiti prima del 2019 furono però ritrattate tanto che l’uomo fu assolto dall’accusa più grave e condannato a 8 mesi solo per le minacce alla sorella e alla madre di lei. Poi i due erano tornati a vivere assieme, ma la situazione degenerò nuovamente. Per i nuovi episodi denunciati dalla donna, il processo avrà inizio il 9 giugno prossimo, davanti al Tribunale scaligero.

Oltre alla donna e al ragazzo – uno dei due figli che la donna ha avuto da un precedente matrimonio – i maltrattamenti hanno riguardato anche la sorella della donna e il cane della famiglia. La denuncia riguarda un periodo che va dal 2019 al febbraio 2021, quando la seconda ondata della pandemia impose il secondo lockdown.

La donna subiva continue vessazioni e angherie: l’uomo la prendeva abitualmente a schiaffi, le impediva di sentire e frequentare i parenti arrivando a sottrarle il cellulare, il bancomat e i documenti. Al periodo tra il 2019-2021 risale anche una lite in cui l’uomo colpì la donna alla testa e sulla schiena con il telefono e ciò la costrinse a rivolgersi al pronto soccorso dell’ospedale per medicare le lesioni. Un giorno avrebbe anche impugnato un coltello, minacciando di ucciderla se fosse scappata di casa. Intimidì poi anche la sorella di lei intervenuta in sua difesa.

All’annuncio di voler chiamare la Polizia, l’uomo avrebbe minacciato di bruciarla “con un euro di benzina”, di nascondere della droga nella sua auto e di farla arrestare. Infine l’episodio scioccante del guinzaglio al ragazzo che cercava di intervenire per difendere la madre dall’ennesima aggressione. Era il 20 febbraio del 2021, ed è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Una violenza verso il figlio che probabilmente ha fatto scattare nella donna la volontà di dire basta. Anche perchè nel passato, nel 2018, la vittima aveva denunciato anche di essere stata violentata dopo che il compagno l’aveva chiusa a chiave e tagliato i suoi vestiti.

Nel primo processo però l’uomo era stato condannato solamente per le minacce alla sorella e alla madre di lei. La donna infatti aveva ritrattato le accuse sostenendo di “avere esagerato” nei racconti perché era gelosa e aveva male interpretato il comportamento del compagno. Una decisione fatale: Dopo quella vicenda giudiziaria i due sono tornati a vivere insieme, ma la situazione si è nuovamente e pesantemente aggravata con le restrizioni imposte per la pandemia che hanno trasformato la quotidianità della donna in un inferno. Poi la decisione di ribellarsi a tutta quella violenza: L’uomo ora dovrà rispondere di maltrattamenti in famiglia, danneggiamento, lesioni, minacce, maltrattamento di animali e violenza privata.

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Il dolore del bimbo coperto di sangue,’ho perso tutti’

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Ha gli occhi grandi ma spenti, la parte sinistra del volto ancora ricoperta di macchie di sangue, ormai secco. E’ l’immagine dell’innocenza perduta quella di un bambino marocchino apparso in un video diventato virale in queste tragiche ore per il Paese del Nord Africa. Lo ha rilanciato anche l’emittente emiratina Al Arabiya. Si sa che ha perso tutto. E’ lui stesso a raccontarlo nel filmato: “Sono rimasto solo, mia mamma, mia nonna e due dei miei fratelli sono morti” dice mentre le parole sembrano rimanere strozzate in gola, ed escono a fatica. Parla in arabo, spesso abbassa lo sguardo fissandolo a terra e mentre gesticola continuamente con la manina mostra il numero quattro, forse a indicare il numero di quelle persone a lui care che non rivedrà mai più. O quelli che della sua famiglia che sono rimasti: oltre a lui solo il papà, il nonno e lo zio.

Il bambino, che vive a Marrakech ed è di etnia berbera secondo quanto riporta la didascalia del video, guarda l’obiettivo che lo riprende ma sembra non nutrire più speranze. Avrà non più di 8-10 anni ed è vestito con un pantalone e una maglietta bianca con disegni grigi abbottonata sul collo. Ai piedi indossa delle ciabatte: probabilmente sono gli stessi abiti che portava quando quei terribili 30 secondi in cui la terra ha tremato gli hanno strappato i suoi affetti più cari. Mestre si mostra alla telecamera è ancora avvolto dalla polvere dei detriti, gli stessi che circondano lui e il resto della città. Un racconto straziante, il suo, che è solo una delle tante drammatiche testimonianze tra le macerie di chi ha perso tutto. Nei suoi occhi non ci sono più lacrime, ma resta il terrore e la paura.

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Politica

Opzione Donna più larga, via il paletto dei figli

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Niente quota 41 (per ora) ma una proroga di Quota 103 e l’estensione di Opzione Donna a 58 anni per le tre categorie di lavoratrici interessate all’agevolazione anche nel caso in cui non abbiano figli. La maggioranza è al lavoro sul corposo dossier pensioni in vista della manovra con un occhio anche ai giovani visto che – viene spiegato – qualche risorsa potrebbe essere messa sul riscatto della laurea agevolato. Intanto, sempre in un’ottica di sostegno delle fasce più deboli sono allo studio aiuti contro il caro bollette e quello benzina e l’anticipo della detassazione delle tredicesime con l’obiettivo di mettere qualche soldo in più in busta paga già dalla fine di quest’anno. In attesa della Nadef il cantiere della manovra, insomma, è tutto aperto. Una legge di bilancio che dalla maggioranza si quantifica all’incirca in 25 miliardi. “Siamo prudenti e bisogna aspettare le stime dell’Eurostat e i numeri del Tesoro ma io ritengo possa essere verosimilmente intorno ai 25 miliardi”, stima il capogruppo di Forza Italia alla Camera, Paolo Barelli.

Un primo assaggio di misure arriverà comunque con il decreto collegato alla manovra, nel quale dovrebbero confluire le misure contro il caro benzina, il caro bollette e per la detassazione delle tredicesime. Un provvedimento che dovrebbe essere messo a punto tra fine settembre e i primi di ottobre una volta acquisiti i dati della Nadef. Le bollette, sottolinea il ministro Urso, sono “all’attenzione del governo così come l’aumento dei prezzi dei carburanti: con il ministro Giorgetti e con gli altri ministri competenti, avremo un confronto per capire e scegliere come intervenire in modo tale che soprattutto i ceti meno abbienti ricevano il sostegno del governo”. Allo studio ci sono, dunque, interventi mirati alle fasce più deboli ma si starebbero al contempo valutando anche le soluzioni tecniche migliori per evitare di penalizzare categorie particolarmente esposte al caro benzina come i pendolari o gli autotrasportatori. Nel provvedimento collegato alla manovra dovrebbe entrare inoltre anche la detassazione delle tredicesime con un tetto Isee che – viene spiegato – dovrebbe essere fissato a 35mila euro. Non è ancora certo che ci sia spazio, invece, per lo smart working per i lavoratori fragili in scadenza a fine settembre. E’ certamente un tema sul tavolo – spiegano fonti di maggioranza – ma vanno trovati i fondi per coprire l’eventuale proroga.

Del resto quello delle risorse resta sempre il problema numero uno in vista delle stesura del decreto e della manovra. Il Tesoro è al lavoro mentre entro un paio di giorni, il 10 settembre, i ministeri devono fornire al Mef le indicazioni sulla propria spending review per i prossimi tre anni con l’obiettivo di tagliare 1,5 miliardi entro il 2026. Circa 2 miliardi dovrebbero nel frattempo arrivare dalla tassa sugli extraprofitti contenuta nel decreto asset che la prossima settimana entrerà nel vivo con il termine per la presentazione degli emendamenti in Senato. Forza Italia ha già annunciato che chiederà modifiche e si avrà quindi un primo banco di prova concreto per la tenuta delle maggioranza dopo i molteplici richiami della premier Meloni alla responsabilità.

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Il padre di Saman in aula, rivelazioni accusano lo zio

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Le dichiarazioni di due detenuti, i quali avrebbero confidato che ad uccidere Saman Abbas sarebbe stato lo zio Danish Hasnain, con un piano ordito e concordato coi familiari. Ma anche le parole di Shabbar Abbas riferite dai suoi legali, secondo cui al momento dell’arresto in Pakistan (nel novembre 2022) la moglie Nazia Shaheen – imputata latitante – si trovava in casa. Sono le nuove rivelazioni che scuotono il processo per l’omicidio della 18enne pachistana uccisa a Novellara, nella Bassa Reggiana, tra aprile e maggio 2021.

Un’udienza ricca di colpi di scena quella di stamattina in tribunale a Reggio Emilia dove per la prima volta ha partecipato in presenza Shabbar, il padre della ragazza, dopo l’estradizione dal Pakistan all’Italia concretizzatasi una settimana fa. Pantaloni scuri, polo azzurra, baffi foltissimi e sguardo basso senza incrociare gli occhi con nessuno dei familiari imputati. Alle 9,56 Shabbar è entrato nell’aula della Corte d’Assise, scortato da sei agenti della polizia penitenziaria per prendere parte al processo che lo vede accusato di omicidio premeditato assieme allo zio della ragazza Danish Hasnain e dei cugini Nomanhulaq Nomanhulaq e Ikram Ijaz (oltre alla madre Nazia Shaheen, ancora latitante).

Si è seduto in mezzo ai legali Enrico Della Capanna e Simone Servillo. Dietro di lui, un’interprete che gli ha tradotto la richiesta di Cristina Beretti, presidente della corte dei giudici con giuria popolare, riguardo al permesso ad essere ripreso dalle telecamere e dai media presenti. Shabbar ha però negato la concessione. Subito dopo l’udienza è entrata nel vivo col procuratore capo Calogero Gaetano Paci che ha annunciato di aver depositato un supplemento di indagine. Un’istruttoria, infatti, è nata sulla base di alcune dichiarazioni spontanee che lo scorso 31 agosto hanno voluto rendere due detenuti in carcere a Reggio Emilia, in merito ad alcune confessioni che Danish avrebbe fatto loro. La Procura ha ascoltato i due detenuti il 5 e il 6 settembre scorso e ha “cristallizzato le loro parole in un verbale di sommarie informazioni”, come ha spiegato il procuratore Paci. Danish avrebbe detto che è stato lui ad uccidere Saman con la complicità dei cugini e il benestare dei genitori per un ‘delitto d’onore’ dettato dal rifiuto di un matrimonio combinato con un parente in patria.

Un omicidio premeditato messo in dubbio da Enrico Della Capanna e Simone Servillo, legali difensori di Shabbar, i quali affermano che dai noti filmati della videosorveglianza che riprenderebbero gli ultimi istanti di vita di Saman “non si ha la certezza sull’appartenenza alla ragazza dello zaino che tiene in mano Shabbar” e che “i genitori avevano già programmato il viaggio in Pakistan tanto da chiedere pochi giorni prima un preventivo sui biglietti, cosa che non sarebbe stata fatta se avessero premeditato un omicidio”. Gli stessi avvocati, rispondendo ai giornalisti che domandavano se Shabbar sapesse dove si trovi la moglie Nazia, rivelano: “Shabbar ha riferito che quando è stato arrestato in Pakistan, la moglie si trovava in casa. Lui era in un campo quando è stato raggiunto dalla polizia e si è messo a disposizione. Poi da allora non ha avuto più contatti con lei e coi familiari perché gli sono stati preclusi. C’era un mandato di arresto anche per lei? Questo non lo sappiamo, non eravamo in Pakistan”. Shabbar sarà ascoltato nell’esame dell’imputato il prossimo 26 settembre. Così come testimonieranno il fratello (il 3 ottobre) e il fidanzato (6 ottobre) di Saman su decisione della Corte (“Oggi hanno maturato un diverso grado di maturazione”, le parole dell’ordinanza) che ha respinto le eccezioni della Procura e dei rispettivi avvocati di parte civile che avevano chiesto di evitare le testimonianze in aula dopo gli incidenti probatori già avvenuti.

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