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Pg Cassazione, processo Juve per ora resta a Torino

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Nulla di fatto: il processo sui conti della Juventus, per il momento, resta a Torino. La procura generale della Cassazione ha dichiarato “inammissibile” per ragioni di procedura la richiesta della difesa di spostare la causa a Milano (o in via subordinata a Roma). Ma non è un vero e proprio ‘no’, perché la questione dovrà essere risolta dai giudici del capoluogo piemontese. La partita tra avvocati e pubblici ministeri, insomma, resta ferma sullo zero a zero. Per sbloccare il risultato sarà necessario attendere l’inizio dell’udienza preliminare, che sarà a carico di Andrea Agnelli e di altri dodici indagati. Questo segmento si riferisce al reato considerato più grave: la “manipolazione del mercato”.

Lo staff legale bianconero afferma che il tribunale competente per capire se è stato commesso o meno è Milano, e il 28 novembre ha chiesto alla procura generale della Cassazione di pronunciarsi. I pubblici ministeri di Torino, però, hanno giocato la loro contromossa e il 30 novembre, a tempo di record, hanno depositato le richieste di rinvio a giudizio. In questo modo, come ha osservato il procuratore generale, si è verificato “il venir meno del presupposto di operatività degli articoli 54 e seguenti del codice di procedura”: tradotto dal linguaggio dei giuristi, “non posso più decidere io”. La sfida è ancora in corso ma le due tesi, nei termini generali, sono già abbastanza note. Secondo la procura il reato di manipolazione del mercato comincia con il comunicato diffuso dalla Juventus il 20 settembre 2019 via Sdir, il sistema di diffusione delle informazioni della Borsa, attraverso la piattaforma 1-info, gestita dalla società Computershare.

La nota (che parlava di progetto di bilancio, piano di sviluppo 2019-2024, aumento di capitale) è stata immessa alle 18:48 e 38 secondi e diramata al pubblico alle 18:49 e 12 secondi. La difesa osserva che la Computershare ha la sede legale a Milano e che in questa occasione si è avvalsa di un data center di Roma. Ecco dunque perché il processo andrebbe celebrato in una di queste due città. Ma la procura è contraria. I magistrati, già nel corso delle indagini, hanno ascoltato come testimoni un’impiegata addetta all’inserimento dei comunicati in 1-Info e il dirigente bianconero che ha la qualifica di “head of information technology” (non indagato).

“Oltre ad esservi la sede legale ed effettiva della Juventus – hanno concluso i pm -, Torino è il luogo in cui si si realizza la condotta di diffusione. Il comando di invio è sempre ordinato da dispositivi di Juventus. Ma, soprattutto, una volta ordinato l’invio, l’operazione è irreversibile; il file poi è immodificabile e viene materialmente pubblicato sul portale a distanza di pochi secondi”. Proprio questo è il punto che, secondo la procura del capoluogo piemontese, permette di evitare un nuovo “caso Fonsai”: il maxi processo, che aveva coinvolto dei componenti della famiglia Ligresti (poi prosciolti), fu trasferito da Torino a Milano perché i comunicati Fonsai erano reperibili dal pubblico dopo un periodo di “congelamento” di circa quindici minuti. Con la Juventus, invece, la diffusione è “sostanzialmente immediata”.

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Omicidio Borsellino, il pm: Arnaldo La Barbera figura centrale del depistaggio

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“Figura centrale di questo depistaggio è Arnaldo La Barbera. Mi auguro di non sentire affermazioni, da parte della difesa, sul fatto che si processano i morti, chi non è in grado di difendersi, sugli schizzi di fango, così come fatto in primo grado. Perché al di là delle frasi ad effetto mi piacerebbe capire cosa dovrebbe fare un pubblico ministero quando c’è l’ipotesi di un’azione delittuosa concorsuale nel momento in cui la figura centrale è deceduta. Dovremmo archiviare anche per gli altri? E nemmeno si possono omettere tutte le argomentazioni che riguardano la figura centrale”. Lo ha detto il pm Maurizio Bonaccorso, applicato alla procura generale, iniziando la sua requisitoria nel processo sul depistaggio delle indagini sulla strage di via D’Amelio che si celebra a Caltanissetta nei confronti dei poliziotti Mario Bo, Fabrizio Mattei e Michele Ribaudo. Tutti ex appartenenti al gruppo di indagine Falcone-Borsellino con a capo Arnaldo La Barbera.

“Dobbiamo partire – ha continuato Bonaccorso – dalle risultanze su Arnaldo La Barbera che ci danno l’immagine di un soggetto che è un ponte tra due mondi, quello di Cosa Nostra e quello dei servizi deviati, entrambi interessati al mancato accertamento della verità. Alla scorsa udienza ho iniziato la requisitoria parlando dell’anomala collaborazione, per non dire inquietante, tra la procura di Caltanissetta e il Sisde nella fase preliminare delle indagini.

Questa collaborazione nasce dall’ostinazione del dottore Tinebra, allora procuratore di Caltanissetta, che all’indomani della strage sollecitò una collaborazione con il Sisde. La cosa singolare è che l’attività del Sisde, anziché entrare in collisione con l’attività della Squadra Mobile di Palermo, si salda perfettamente con essa. Il Sisde veste di mafiosità Vincenzo Scarantino, che fino ad allora era stato un delinquente comune”. Vincenzo Scarantino era definito come un “picciotto” del quartiere della Guadagna che si occupava all’epoca di furtarelli e sigarette di contrabbando.

E’ evidente che nel nostro Paese vige il principio della presunzione di innocenza e pertanto le contestazione del pm a La Barbera (deceduto) come a chunque altro in questo processo non sono sentenze. L’ultima sentenza sarà la Cassazione ad emetterla.

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Escort e regali di lusso per appalti smaltimento rifiuti

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Escort di lusso, bottiglie di champagne, pernottamenti in hotel e cene costose nonché buoni carburante e biglietti per le partite di calcio in cambio di appalti affidati in via esclusiva per lo smaltimento dei rifiuti. Corruzione e sfruttamento della prostituzione sono i reati contestati nell’operazione ‘Leonida’ condotta dalla guardia di finanza e coordinata dalla procura di Reggio Emilia che ha portato ad eseguire 5 misure cautelari (di cui una ai domiciliari e quattro interdittive) e 14 avvisi di garanzia nell’ambito di perquisizioni in corso dall’alba di stamattina, oltre che nel Reggiano, nelle province di Parma, Verona, Brescia, Lucca, Livorno, Sassari, Roma e Siena.

Agli arresti domiciliari è finito il socio unico e presidente del Cda di Greenlife srl ed di Ecologia Soluzione Ambiente Spa con sede a Bibbiano, nel Reggiano. Tra gli indagati anche due ufficiali dell’Esercito e un ingegnere civile, tutti e tre impiegati nello stabilimento militare ripristini e recupero del munizionamento di Noceto (Parma) e accusati di aver ricevuto le regalie per favorire l’azienda negli affidamenti diretti di lavori di smaltimento di rifiuti speciali (tra cui anche attività di demilitarizzazione di missili e di bombe al fosforo bianco) per una cifra complessiva di 650.000 euro tra l’aprile 2023 e gennaio scorso. Le commesse pubbliche affidate in via diretta e presunta illecita all’azienda reggiana sono state individuate nell’alveo dei servizi richiesti da alcune municipalizzate operanti in Toscana, Veneto, e Lombardia e per tali condotte sono indagate 10 persone (delle quali, 5 soggetti privati collegati a un’azienda reggiana e 5 pubblici ufficiali inseriti nelle tre aziende a partecipazione pubblica coinvolte nelle indagini).

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Non cammina più dopo il calcetto, un intervento gli salva l’arto

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Ha sentito un forte dolore alla gamba destra durante la partita di calcetto. Poi il dolore è passato, ma un trentacinquenne siciliano ha continuato a provare dolore camminando solo dopo pochi passi. Il suo calvario è continuato per un anno, servito ad identificare la rara malattia che gli causava tutti i problemi. Era infatti affetto da malattia cistica avventiziale dell’arteria poplitea: in pratica gli si erano formate delle cisti nell’arteria che si trova dietro il ginocchio, cisti che rendevano sempre più difficoltoso il passaggio del sangue.

Per salvargli la gamba, il trentacinquenne è stato operato ala Fondazione Irccs San Gerardo dei Tintori di Monza, con un complesso intervento durato circa tre ore in cui il tratto dell’arteria interessato dalle cisti è stato ‘sostituito’ con una vena prelevata allo stesso paziente. “Si tratta di un intervento delicato – ha spiegato Vittorio Segramora, direttore della Chirurgia vascolare – e reso difficoltoso delle tenaci aderenze che le cisti determinano con le strutture adiacenti e che impongono un meticoloso ed attento isolamento dei nervi (nervo sciatico-popliteo-esterno) e delle vene (vena poplitea) che devono essere preservati per garantire la normale funzionalità della gamba”.

Dopo pochi giorni dall’intervento, eseguito da Segramora con il dottor Savino Pasquadibisceglie, aiuto chirurgo vascolare, insieme alla dottoressa Margherita Scanziani, anestesista, il trentacinquenne è stato dimesso e, fanno sapere dal San Gerardo, è tornato ad una vita normale senza ulteriori disturbi.

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