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Cronache

Permesso a killer per festa con foto su social, è polemica

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Sdegno e rabbia per la decisione di concedere un permesso premio per la festa dei 18 anni a uno dei tre killer del vigilante Francesco Della Corte, preso a sprangate e ridotto in fin di vita fino a provocarne poi la morte, il 3 marzo 2018 a Napoli, dal branco che gli voleva prendere la pistola. Le immagini del compleanno sono finite sui social scatenando la reazione dei familiari della vittima. Gli aggressori coinvolti nella vicenda, secondo quanto sostiene Annamaria, la vedova di Della Corte, “non hanno mai mostrato un minimo pentimento per l’atroce delitto commesso ai danni di un padre di famiglia”. La decisione di concedere quel premio, Annamaria, l’ha appresa tre giorni fa. Da allora il dolore e’ diventato ancora piu’ insopportabile, rendendo piu’ acuto il dolore per la morte don Ciccio (cosi’ lo chiamava chi lo conosceva, ndr) appena 51enne, spirato in ospedale, dopo circa dieci giorni di agonia. “Io, che ho perso mio marito – dice affranta – devo piangere. Loro, invece, che me lo hanno ucciso, stanno ridendo”.

Il permesso premio e’ stato concesso al ragazzo per consentirgli di trascorrere a casa il suo diciottesimo compleanno: le foto della festa, in compagnia di fidanzatina e amici sorridenti, sono state anche pubblicate sui social innescando un vespaio di polemiche sull’opportunita’ di questa scelta. “Quelle foto – ha avuto modo di precisare Nicola Pomponio, il legale del giovane – non sono state postate dal mio assistito ma caricate da un parente a sua insaputa. Non c’era alcuna intenzione di offendere io dolore dei parenti della vittima, specie a pochi giorni dal processo d’appello”. A chi gli riporta la rabbia della famiglia del vigilante, il Capo della Polizia, Franco Gabrielli, a Napoli per l’inaugurazione della nuova sala operativa della Questura risponde: “come dargli torto”. Il problema, aggiunge, “e’ che questo Paese morira’ di bulimia normativa. Si fanno leggi in continuazione che poi alla fine non producono gli effetti, c’e’ la necessita’ di una rivisitazione complessiva. Il tema e’ che gli interventi normativi spot a volte producono piu’ danni del preesistente. C’e’ una parolina magica che pero’ nel nostro paese ha sempre avuto poco successo ed e’ riforma”. Il neo diciottenne e i suoi di complici, appena sette mesi fa, sono stati condannati in primo grado a 16 anni e mezzo di reclusione, grazie al rito abbreviato contro il quale la vedova si scaglia: “Non deve essere concesso per delitti cosi’ gravi”, sostiene. Inoltre, aggiunge, “hanno affrontato il processo senza versare una lacrima, senza mostrare – loro e i loro genitori – un minimo segno di ravvedimento”. Piene di rabbia anche le parole della figlia del vigilante che punta il dito nei confronti di chi ha dato il nullaosta: “mi permetto di ricordare che di recente ho compiuto 22 anni ma non ho spento candeline e non ho avuto torte e regali. E lo sa perche’? Perche’ chi oggi festeggia ha ucciso mio padre, la persona piu’ importante della mia vita”. Giuseppe Della Corte, figlio di Franco, denuncia: “e’ una vergogna, ma come e’ possibile che un killer, dopo solo un anno di galera, esca in permesso premio per festeggiare i suoi 18 anni?. Sono stati troppo morbidi con gli assassini di mio padre”.

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Ischia, messo comunale trovato morto nell’auto di servizio

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Un uomo di 67 anni è stato ritrovato senza vita oggi pomeriggio in una zona periferica di Barano, uno dei sei comuni dell’isola di Ischia. L’uomo lavorava come messo comunale e si trovava alla guida di un auto dell’ente che ha sbattuto contro un muretto per poi incendiarsi nella parte anteriore. Sul luogo del ritrovamento sono giunti i carabinieri ed i sanitari del 118 che ne hanno constatato il decesso. La morte del 67enne, molto conosciuto sull’isola, sarebbe avvenuta per cause naturali ma il pm della Procura di Napoli a cui è stato affidato il caso ha disposto il sequestro della salma e l’esecuzione dell’esame autoptico oltre al sequestro della autovettura.

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Quando l’obesità diventa malattia, 18 segnali di rischio

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Cambiano la definizione ed i parametri per la diagnosi dell’obesità, prevedendo test più precisi che superano il vecchio concetto di Indice di massa corporea (Bmi) arrivando a definire quando tale condizione – una ‘epidemia silenziosa’ che colpisce ad oggi oltre un miliardo di persone nel mondo – diventa una malattia vera e propria. Il campanello d’allarme è fissato fagli esperti in 18 criteri, la cui presenza segnala che la condizione è patologica. E’ il frutto del lavoro di una Commissione di 56 esperti mondiali, con l’endorsement di oltre 75 associazioni mediche, i cui risultati sono appena stati pubblicati su The Lancet Diabetes & Endocrinology. Oltre al Bmi, l’attuale approccio medico per la diagnosi, vengono dunque introdotte altre misure del grasso corporeo – ad esempio, circonferenza vita o misurazione diretta dell’adipe attraverso la Dexa (scansione della densitometria ossea) – e si distingue tra due tipi di obesità, quella clinica e pre-clinica, con lo scopo di garantire un trattamento sempre più personalizzato ed evitare le sovradiagnosi. Un documento che arriva proprio mentre si attende che in Italia il nuovo piano per la cronicità stabilisca il riconoscimento dell’obesità come malattia cronica, come chiesto da medici e associazioni di pazienti. L’obesità clinica indica una malattia cronica vera e propria associata ad una concomitante disfunzione d’organo, mentre l’obesità pre-clinica è associata ad un grado variabile di rischio per la salute ma senza patologie concomitanti.

La Commissione ha quindi fissato 18 criteri diagnostici per l’obesità clinica negli adulti e 13 criteri specifici per bambini e adolescenti, comprendenti: dispnea (affanno), insufficienza cardiaca, dolore al ginocchio o alle anche, alcune alterazioni delle ossa e articolazioni nei bambini e negli adolescenti in grado di limitare i movimenti, altri segni e sintomi causati da disfunzioni a livello di altri organi (compresi reni, vie respiratorie, sistema nervoso, urinario, iproduttivo). Un nuovo approccio per la diagnosi, dunque, con più sfumature e più accurato. Il Bmi, spiegano gli esperti, non rappresenta infatti una misura affidabile di salute o malattia e può portare a diagnosi errate. A chiarire l’importanza del nuovo approccio è il presidente della commissione Francesco Rubino, del King’s College di Londra: “Le evidenze scientifiche raccontano una realtà molto più sfumata. Alcuni individui con obesità possono mantenere una normale funzione d’organo e un buono stato di salute globale, anche a lungo termine; mentre altri mostrano segni di malattia grave subito. La nostra riformulazione riconosce la realtà sfumata dell’obesità e permette un trattamento personalizzato. Questo comprende un accesso tempestivo ai trattamenti per gli individui con obesità clinica e strategie di trattamento per la riduzione di rischio per le persone con obesità pre-clinica. Ciò potrà facilitare una riallocazione razionale delle risorse sanitarie”.

ùInfatti, precisa Robert Eckel dell’Università del Colorado, “basarsi solo sul Bmi può rappresentare un problema perché alcune persone tendono a cumulare grasso in eccesso a livello del punto vita e all’interno o intorno i loro organi, come fegato, cuore o muscoli; questo si associa ad un maggior rischio per la salute rispetto a quando il grasso in eccesso è localizzato solo sottocute, a livello di braccia, gambe o in altre aree. Ma le persone con un eccesso di tessuto adiposo non sempre presentano un Bmi che li faccia riconoscere come individui con obesità, e questo significa che i loro problemi di salute possono sfuggire”. “Riconoscere l’obesità come una malattia, in particolare l’obesità clinica, ossia quella accompagnata da segni e sintomi specifici – spiega Geltrude Mingrone, direttrice Uoc patologie dell’Obesità del Policlinico Universitario Gemelli Irccs – consentirà di ridurre lo stigma associato a questa condizione. E’ un passo fondamentale per definire i Livelli essenziali di assistenza e garantire trattamenti adeguati”. Lo stigma, tuttavia, resta uno dei problemi: “È urgente anche una migliore formazione degli operatori sanitari e dei decisori politici per affrontare tale questione”, conclude Joe Nadglowski, rappresentante dei pazienti di Obesity Action Coalition Usa e componente della Commissione.

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Abusi su minori, ‘non quantificabili e nascosti’

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“Ci sono ragazzi che grazie all’aiuto dello psicoterapeuta riescono a compensare quanto accaduto, ma non sappiamo e non possiamo ipotizzare con certezza le loro reazioni da adulti, così come non possiamo stimare in generale il numero di reati per abusi sessuali. Non è quantificabile perché spesso sono nascosti, anche se oggi se ne parla di più rispetto al passato”. Così lo psichiatra e criminologo clinico, Vincenzo Mastronardi, commentando la vicenda che ha coinvolto una docente arrestata con l’accusa di aver tenuto comportamenti di natura sessuale con alcuni alunni della scuola media a Castellammare di Stabia dove svolgeva il ruolo di insegnante di sostegno.

“Tali episodi sono spesso tenuti nascosti sia perché il minore si sente in imbarazzo e in colpa per quanto accaduto e trova scuse a se stesso, essendo dipendente dall’adulto, sia perché alcune famiglie tendono a non comunicare quanto accaduto per il timore di essere messi alla berlina e per proteggere il minore e quindi preferiscono far finta che sia avvenuto qualcosa di molto superficiale – continua-. Può esserci poi la responsabilità della scuola, che in alcuni casi copre e protegge in tutti i modi e quindi responsabilità ancora più estese”. Quanto agli effetti e ricadute sulla psiche dei ragazzi, secondo il criminologo, “inizialmente, i ragazzi vittime di abusi sessuali sono portati a minimizzare quanto accaduto e solo dopo prendono coscienza, quando realizzano la condanna dell’opinione pubblica. Il senso di vergogna e di inadeguatezza – prosegue – che accompagna certe vicende non avviene subito, comincia con un graduale senso di necessità di allontanamento dagli altri, di isolamento graduale, evitando per esempio i giochi di gruppo. Non è facile capire – conclude – ma quando un ragazzo o una ragazza cominciano improvvisamente a chiudersi, a isolarsi, ad assumere comportamenti diversi dal solito è comunque sempre necessaria vigilanza da parte del genitore”.

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