Penelope Cruz parla italiano, “l’Italia e’ la mia seconda casa, amo questo paese dove sono sempre stata accolta, e’ un legame anche cinematografico e quando arriva un progetto, bello come quello del film di Emanuele Crialese, L’Immensita’, per cui sono qui, sono felice”. L’attrice spagnola premio Oscar accompagna il film oggi in concorso (prodotto da Wildside, distribuito da Warner dal 15 settembre), in cui interpreta una moglie infelice, “in trappola, senza un piano B, per il suo matrimonio finito, visti i tempi” e “una madre che diventa complice dei suoi figli, soprattutto di Adriana, cosi’ diversa e anche lei infelice che attende gli alieni che la portino via in un altro mondo in cui sentirsi meglio, potersi chiamare Andrea. C’e’ – dice in un’intervista – una fortissima connessione tra loro due, nel loro sentirsi in gabbia, senza possibilita’ di scappare. Nel non detto, nel loro scambiarsi sguardi c’e’ tutto”. Nel film, dichiaratamente autobiografico per il regista, Cruz e’ di nuovo madre, “anzi tante madri nella complessita’ di questo ruolo. Ho un lato materno fortissimo, sin da quando ero piccola. Ho fatto sette film con Pedro Almodovar e in cinque sono madre, la maternita’ mi appartiene, e’ un mondo infinito sempre da scoprire, cosi’ come la famiglia”. Per convincerla a fare L’Immensita’, Crialese ci ha messo appena un’ora: “Me ne sono innamorata subito e quando, dopo il Covid, il progetto e’ ripartito ho trovato la stessa passione e la stessa voglia di fare questo film. Non ho mai smesso di parlare con lui, di confrontarmi, lo abbiamo costruito ogni giorno, c’e’ il suo vissuto ma anche il mio, c’e’ sua madre ma anche altre madri. Erano tempi diversi, non si poteva, negli anni ’60 – ’70, cambiare facilmente un destino, ma anche oggi conosco tantissime, troppe donne, infelici dentro al matrimonio, intrappolate nelle cose, costrette a fingere davanti ai figli, situazioni che sfociano anche in violenza domestica, uno dei tanti temi che pure il film affronta”. La moglie infelice dell’Immensita’, “non e’ una pazza, ha la follia che basta per sopravvivere in un matrimonio finito, la sua unica fuga e’ il sogno attraverso lo schermo tv, che la ricollega all’arte. Non e’ pazza ma oppressa e finisce per cadere in depressione”. Un legame con i figli, in questa casa anni ’70 che rappresenta la loro ‘prigione’, e’ Raffaella Carra’: mamma Penelope si scatena a ballare Rumore, coinvolgendo i tre ragazzini. “Io sono pazza di Raffaella da sempre, cantavo le sue canzoni a squarciagola per tutta la mia famiglia, e’ stata una donna molto importante per me”.
L’immensità, un Amarcord imperfetto
Le storie di famiglia, gli Amarcord, tanti quest’anno in concorso, sono spendibili solo quando gli elementi autobiografici, la memoria, non prevalgono troppo sulla storia rendendo interessante quello che in fondo lo e’ solo per chi racconta. E’ il rischio che ha dovuto affrontare L’IMMENSITA’ di Emanuele Crialese, film in corsa per l’Italia in questa 79/a Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, in cui il regista mette mano alla storia di una famiglia, che ammicca evidentemente alla sua, in una Roma anni Settanta in pieno boom economico tra mille cantieri edilizi, una scatenata Raffaella Carra’ in una tv ancora in bianco e nero e tanto, tanto ottimismo. Proprio quell’ottimismo che non c’e’ nella famiglia Borghetti, composta da Clara (Pene’lope Cruz) e Felice (Vincenzo Amato) e dai loro tre figli adolescenti tra cui spicca la piu’ grande, Adriana (Luana Giuliani), una ragazzina vivace capace di ingoiare ostie come caramelle, ma che ha un problema non da poco in quell’Italia ancora chiusa a certe cose: non si sente affatto una donna, le piace cosi’ farsi chiamare Andrea e vestire da maschio. Che famiglia e’ quella dei Borghetti? Una famiglia benestante come tante, con una madre bambina e folle, tutta votata ai tre figli tanto piu’ da quando ha scoperto che il marito, Felice, e’ un fedifrago seriale che neppure piu’ nasconde i suoi tradimenti. E’ vero, Clara canta e balla coi figli RUMORE, sempre della Carra’, nella sua ampia cucina e prepara, quando occorre, i pranzi istituzionali con parenti e amici, ma neppure identificarsi troppo con i varieta’ del sabato sera la salva. Centrale poi ne L’IMMENSITA’ la figura di Adriana, quasi la voce narrante di questo film pieno di quella solarita’ propria delle opere di Crialese, ma questa volta piu’ tiepida. La ragazzina, infatti, vera leader tra i fratelli, intreccia una storia con una vicina, intraprende appena puo’ innocenti avventure, ma si capisce subito che per lei, cosi’ bizzarra ed eterogenea, in attesa c’e’ un futuro artistico. Quello che e’ certo e’ che questo film “sulla memoria” tanto desiderato, ma sempre rimandato “per prendere le giuste distanze”, come tutti gli Amarcord e’ pieno di legittima malinconia.