La Cina “non esitera’ a iniziare una guerra” se Taiwan dichiarera’ l’indipendenza o “se qualcuno osa dividerla dalla Cina”: il ministro della Difesa Wei Fenghe non ha usato mezzi termini e ha affondato il colpo nel primo incontro in persona con la controparte americana Lloyd Austin, nel mezzo delle tensioni internazionali per l’aggressione militare della Russia ai danni dell’Ucraina. Non era difficile, del resto, prevedere che la questione dell’isola, la linea rossa per Pechino nei rapporti con Washington, avrebbe impegnato gran parte dell’ora di faccia a faccia tra i due a margine dello Shangri-La Dialogue di Singapore. Austin ha sollecitato la controparte ad astenersi “dall’attuare ulteriori azioni destabilizzanti nei confronti di Taiwan”, viste le numerose incursioni aeree nello spazio di difesa dell’isola e le altre pressioni militari. Ma Taipei, ha rincarato Wei, “e’ parte della Cina e il principio della ‘Unica Cina’ e’ il fondamento politico delle relazioni sino-americane: e’ impossibile usare Taiwan per controllare la Cina”. Il governo e l’esercito di Pechino, ha riferito una nota, “distruggeranno ogni tentativo d’indipendenza di Taiwan e salvaguarderanno la riunificazione”. La Cina aveva gia’ protestato con veemenza contro l’impegno schietto e diretto espresso a maggio dal presidente americano Joe Biden nella visita a Tokyo sulla difesa militare di Taipei se attaccata dall’Esercito popolare di liberazione (Pla). Austin ha ribadito a Wei pero’ che la postura Usa su Taiwan non e’ cambiata, sempre basata sulla “ambiguita’ strategica”, esprimendo “gravi preoccupazioni” per i segnali sui tentativi di cambiamento unilaterale dello status quo nello Stretto di Taiwan e per gli episodi “non sicuri” che hanno visto aerei da ricognizione di Canada e Australia intercettati da jet di Pechino sul mar Cinese meridionale. La vicenda dell’Ucraina ha creato un pericoloso precedente e ha aumentato la percezione delle minacce in tutta l’Asia, rendendo calamita’ geopolitiche prima ritenute improbabili ora come possibili. Taiwan, in questo scenario, e’ il potenziale punto piu’ critico nella regione lacerata da tensioni per le rivendicazioni di Pechino nel mar Cinese meridionale e orientale a spese dei Paesi vicini. Prima dell’Ucraina, l’intelligence Usa riteneva possibile un’invasione cinese dell’isola in 6-10 anni. Nel 2019, il presidente Xi Jinping espose il suo piano in modo chiaro dicendo di “non rinunciare all’uso della forza e riservandosi la possibilita’ di prendere ogni misura necessaria” per la riunificazione e per “proteggersi da interferenze esterne, numero esiguo di separatisti e dalle loro attivita’ per l’indipendenza di Taiwan”. In Asia, il Giappone e’ tra i piu’ convinti sostenitori di Taipei: il premier Fumio Kishida, nel discorso d’apertura al dialogo di Singapore, ha parlato di sicurezza nella regione e dell’Indo-Pacifico ‘libero e aperto’. “L’Ucraina di oggi potrebbe essere l’Asia Orientale domani”, ha ammonito, assicurando di voler “rafforzare fondamentalmente le capacita’ di difesa del Giappone entro i prossimi cinque anni”. Negli assetti in via di definizione nell’Indo-Pacifico le alleanze hanno un ruolo sempre piu’ strategico: il Quad, il gruppo informale sulla sicurezza composto da Usa, Australia, Giappone e India (che e’ defilata nella condanna della Russia), ha deciso nella riunione di Tokyo di varare una sorveglianza ad ampio raggio nella regione, anche contro la pesca illegale, con Pechino nel mirino. Il tentativo cinese di espandere la sua influenza nel Pacifico meridionale e’ stato stoppato agli inizi del mese, ma Usa e alleati dovranno fornire una controproposta convincente per evitare che gli Stati insulari cedano in futuro alle sirene di Pechino.