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I Sentieri del Bello

Parla Alfredo Cozzolino: ricordi di un Troisi bambino

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Alfredo Cozzolino, un uomo dal grande cuore. Nato a San Giorgio a Cremano, città natale di Troisi, è stato il suo amico di sempre. Da poco è uscito il suo libro “Piripì zozò” nelle pagine del quale è possibile leggere frizzanti episodi di un Massimo Troisi ricordato geniale sin dalla tenera età.

Di seguito, l’intervista sui ricordi: tra parole intrise d’amore ed una voce realmente commossa.

Tutti ti presentano come il migliore amico di Troisi.

Si! E’ vero. Era stesso lui a presentarmi così a tutti. Su un giornale uscito quarant’anni fa scrisse che le persone che maggiormente frequentava erano Gaetano Daniele, Lello Arena e Alfredo Cozzolino (io) ma, aggiunse, che con me era amico d’infanzia. Ero sempre nei suoi pensieri e nei suoi discorsi così come lui nei miei. Eravamo amici veri, naturali, trasparenti. Eravamo quel genere di amici che hanno sempre diviso praticamente tutto.

Tutto questo mi piace raccontarlo nel libro che ho scritto, Piripì Zozo’, dedicato proprio ai momenti della infanzia che anche a lui piaceva sempre ricordare 

Siete nati e cresciuti nello stesso paese, San Giorgio a Cremano. Ricordi quale sia stato il momento in cui si può dire essere nata la vostra amicizia?

Lui è nato a piazza Garibaldi che noi chiamavamo “piazza Tarallo” per via della sua forma. Precisamente in quel palazzo su cui oggi c’è un murales a lui dedicato. Però poi venne ad abitare in via Cavalli di Bronzo 31, praticamente sotto casa mia. Le sue finestre si affacciavano su una campagna, la mia terra, che è stata per noi la Play Station, il Tik Tok, il computer. Tutta la nostra vita, in quegli anni sessanta, si realizzava tra i profumi di quel campo.

Il nostro primo incontro è avvenuto all’età di cinque anni. Frequentavamo lo stesso asilo e percorrevamo la stessa strada per andarci. Non era la stessa classe però; lui era un anno più avanti nonostante la mia stazza avrebbe fatto sempre pensare il contrario.

Puoi raccontarci un aneddoto della vostra magica infanzia?

Raccontarne uno non è cosa semplice visto che si susseguivano a iosa ed uno era più divertente dell’altro. Per sceglierne uno, ti racconto l’episodio della gallina.

Mia madre aveva un pollaio e noi (Massimo, mio fratello ed io) rimanemmo per giorni a studiare quale di quelle galline avremmo potuto far sparire per poi mangiare. Una volta individuata, toccò a me il compito di “farla fuori” per poi lanciarla al di là di un muro alto oltre tre metri che, per noi bambini, rappresentava un ostacolo non da poco. Nonostante ciò, vista la mia stazza che è sempre stata grossa, riuscì a lanciarla dall’altro lato. Questo, quando ormai avevo pensato d’averla uccisa colpendole fortemente la testa. Ma… una volta finita dall’altro lato, per una reazione che ancor oggi non so spiegarmi, cominciò con nostro enorme stupore a correre per la campagna in mezzo all’erba altissima. Non riuscendola più a trovare, Massimo si ingegnò: venne dov’ero io scavalcando un muretto e ci fece organizzare con mazze, lattine, bottiglie e tutto quello che riuscimmo a trovare e che potesse far rumore. Ci spiegò la sua strategia che consisteva nel farci andare tra l’erba, avanti e indietro, facendo rumore per spaventare il povero volatile e capire dove dunque fosse. Iniziammo una vera battuta di caccia in quella campagna fino a quando Massimo ci disse ridendo: “uajò, ma arò jate! Chesta e recchie non è ten chiù pa ce sentì”. Alla fine riuscimmo comunque a trovarla e andammo poi a casa sua a prepararla. Non ci venne benissimo, la mangiammo quasi cruda ma la soddisfazione del successo fu grande.

 

Massimo era tanto geniale quanto timido. Con le donne, spesso eri tu deputato a sondare per lui il terreno. Così è stato anche da bimbi con la sua prima fidanzatina?

Erano altri tempi, si era seri. Certe cose non si pensavano. Le storie, le frequentazioni con le amichette, erano tanto brevi quanto piene di amore platonico. Per la sua prima fidanzatina, dovrei raccontarti una bella storia che però richiederebbe molto tempo. Voglio invece, anche qui, raccontarti della sua genialità. Di come escogitò un modo per “frequentare” le nostre amichette.

Massimo arrivò a disegnare per terra, nella mia campagna, il “gioco della settimana”. Era un gioco femminile che consisteva nel lanciare per terra una pietra, per poi spingerla e portarla avanti nello schema del disegno ed andare ancora avanti, saltellando. Tutto questo, a quei tempi, solo per riuscire a vedere un po’ la coscia delle amichette.

Quando ha capito di avere la passione per la recitazione?

La sua storia con la recitazione e lo spettacolo in generale, è nata davvero per caso, per una combinazione. Entrando nella chiesa di Sant’Anna, nella via omonima, si trovò a sostituire un ragazzo in una recita. Era una particina forse di un minuto che Massimo invece fece durare una ventina proprio per il suo modo di parlare e gesticolare. La sua stessa timidezza, l’imbarazzo e le difficoltà che manifestava, lo portavano ad essere un vero e proprio capolavoro. 

La cosa piacque fino al punto di partecipare ad una prima compagnia teatrale con la quale si fece anche la prima “trasferta” in un locale di Portici (comune vicino al nostro). La compagnia prima aumentò di numero e poi si andò assottigliando fino ad arrivare alla fatidica sostituzione di Mastelloni a San Galluccio a Napoli.

Gli spettacoli che faceva non portavano grande remunerazione ma era un modo per cercare di esprimersi ed esibirsi. Da li è nata poi tutta la storia della sua carriera. Era un percorso che sembrava già per lui designato. E’ stato abile ad inserirsi nel solco che la storia gli aveva preparato mostrando tutto ciò che è e quanto grande fosse il suo talento.

Quando è stata la volta che lo hai visto più felice e quella in cui gli hai asciugato invece le lacrime?

Asciugargli le lacrime è una cosa un po’ grossa da dire. Lui era felice sempre. Era un divertimento continuo con lui: dall’infanzia al teatro fino al cinema. La felicità era parte di lui, era parte di noi. Non ci si incontrava se non vi era poi un motivo su cui scherzare, ironizzare e dunque ridere. Forse c’era da asciugare le lacrime per le risate.

L’unico passaggio triste della sua vita era legato al fatto che aveva perso la mamma quando ancora era diciassettenne. Era la sua unica sofferenza che riusciva comunque a non mostrare.

Sei stato con lui fino alla fine. Eri li anche negli ultimi istanti della sua carriera e della sua vita

Le ultime tre battute del film Il Postino gliele ho dovute dire io. Le dovemmo registrare per poi inserirle, con il doppiaggio, nel film.  Lui dunque si rasserenò che nulla più c’era da dire e tutto si era concluso nel migliore dei modi. Ritornammo a casa della sorella per farlo riposare e passammo tutta la notte a giocare a “scopone” (classico gioco con le carte napoletane).  Nella tarda mattinata, subito dopo aver pranzato, è successo purtroppo quello che tutti sanno. Il cognato Giorgio, il nipote Lello ed io tentammo di tutto per cercare di riportarlo fra noi. Inutile dirti quanto i nostri cuore, in quegli istanti, si siano fermati con il suo…  E con questo, vorrei fermarmi poiché tutto diviene troppo pesante anche solo nel ricordo.  

 

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