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Parigi prova a ricucire, lite Fi-Lega su Le Pen

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Lo strappo tra Italia e Francia, l’ennesimo in tema di immigrazione, sembra non ricucirsi tanto facilmente, con un botta e risposta che per il secondo giorno consecutivo rimbalza da una parte all’altra delle Alpi. Una crisi diplomatica che, sorta all’ombra della campagna elettorale per le europee, trascina con sé anche polemiche interne alla maggioranza, impegnata da una parte a difendere il governo da una “pugnalata alla schiena” da un Paese alleato, dall’altra a definire i diversi posizionamenti in vista del voto del 2024. Così, la lite Roma-Parigi si riversa in Italia in uno scontro tra Forza Italia e Lega attorno alla figura di Marine Le Pen. “Non è un buon alleato in Europa, difficile fare una maggioranza con lei”, ha affermato Antonio Tajani con una stoccata al partito di Matteo Salvini tentato dall’aderire al Ppe.

Dalla Francia in serata è stata la premier Elisabeth Borne a provare a gettare acqua sul fuoco auspicando “un dialogo pacifico” con l’Italia, “partner essenziale”, per “continuare a lavorare insieme”. Ma non sono le scuse che Roma si aspettava per le parole del ministro dell’Interno Gérald Darmanin, che ha accusato Giorgia Meloni di essere “incapace” di gestire la questione migratoria. Da Parigi “arrivano messaggi, si nota che sono in difficoltà”, ha osservato Tajani, che in risposta ha annullato la sua visita in Francia. Ma “sono loro che devono chiarire con noi”, ha insistito il titolare della Farnesina auspicando si tratti solo delle dichiarazioni di “un ministro in campagna elettorale”. A chiarire ci aveva provato in mattinata il portavoce del governo francese Olivier Véran, assicurando che Darmanin non aveva alcuna intenzione di “ostracizzare l’Italia” che ha legittimamente fatto delle scelte politiche e deciso di portarle avanti. “Parole che vanno nella direzione di chi ha compreso di aver commesso un errore grave”, le ha commentate ancora Tajani, assicurando anche lui di “non avere nessuna voglia di interrompere le relazioni con la Francia” e augurandosi di “poter chiudere presto questa polemica”.

Tuttavia, anche questo ancora “non è sufficiente”: “Il comunicato del governo francese è stato molto tiepido, io mi auguro che prendano le distanze”. Distanze però che non arrivano. Al contrario. Il ministro francese dei Trasporti, Clément Beaune, che rappresenta l’ala più a sinistra della maggioranza centrista di Emmanuel Macron, ha dato “ragione sul piano politico” al collega Darmanin: “L’estrema destra in Italia, come altrove, fa molte promesse ma risolve poco i problemi”, ha detto alla radio. Sull’immigrazione “non c’è soluzione che non sia europea” ed “è evidente che ogni volta che c’è la tentazione di fare da soli, qualunque sia il Paese, non funziona”, ha aggiunto con un affondo all’estrema destra di casa sua, quella di Marine Le Pen, che dall’opposizione cavalca la pressione di migranti ai confini con l’Italia per attaccare il governo Macron. Ed è su questo che si consuma il corto circuito interno alla maggioranza italiana. Dalla convention forzista di Milano, Tajani respinge l’etichetta di estrema destra data al governo Meloni dai ministri francesi.

“Forza Italia è il centro del governo. Nessun estremismo, non abbiamo niente a che fare con la signora Marine Le Pen. Noi siamo stati eletti con i voti dei moderati e dei conservatori. Giorgia Meloni è la presidente dei conservatori europei e Le Pen non sta con i conservatori, è fuori contesto. Noi non abbiamo nulla a che fare con lei, siamo popolari”, ha affermato.

Al vicepremier ha risposto la delegazione della Lega a Bruxelles difendendo l’alleata francese: “Noi siamo orgogliosamente amici e alleati di Marine Le Pen e Jordan Bardella, che oggi rappresentano il primo partito di Francia e, soprattutto, non insultano l’Italia, il suo governo e i suoi cittadini”. Scintille tra alleati in cui si inseriscono fonti FdI al parlamento europeo, sostenendo che “dividersi su Le Pen fa il gioco dei ministri di Macron che attaccano l’Italia”, e rimandando di nuovo la palla a Parigi: “Il problema non è Le Pen ma il governo francese, che deve scegliere tra la linea della cooperazione con l’Italia, a partire dall’Africa, e la linea dell’insulto gratuito di Darmanin”.

Sullo sfondo resta intanto la questione dei migranti al confine italo-francese: “Non spingiamo nessuno ad andarsene”, ha assicurato Tajani ma a Ventimiglia, dove si intensificano i controlli, bisogna “rispettare le regole: la soluzione è europea, non bilaterale”. E per questo vanno prima “difese le frontiere esterne”. In questo quadro il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha ricevuto il generale libico Khalifa Haftar, per ottenere una maggiora collaborazione sul controllo delle partenze dalla Cirenaica. La prossima settimana il ministro sarà di nuovo a Tunisi con lo stesso obiettivo.

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La morte di Mattia Giani sul campo di calcio, l’accusa del giudice sportivo: l’ambulanza arrivò dopo 17 minuti

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Una tragedia ha colpito il mondo del calcio toscano con la morte del calciatore Mattia Giani durante una partita tra Lanciotto e Castelfiorentino. Il giudice sportivo della Figc – Lega Dilettanti toscana ha ora fornito una ricostruzione dettagliata degli eventi che hanno portato alla tragedia e delle decisioni conseguenti.

Secondo il giudice sportivo, l’ambulanza è arrivata allo stadio di Campi solo 17 minuti dopo che i soccorsi sono stati richiesti per Mattia Giani. Durante questo periodo, i soccorsi sono stati forniti da un massaggiatore ospite e da un medico presente in tribuna, che sembra che abbiano utilizzato un defibrillatore per tentare di rianimare il giocatore. Successivamente, una prima ambulanza è giunta sul posto e ha continuato le operazioni di soccorso con l’aiuto di altri volontari che sono arrivati con un’altra ambulanza pochi minuti dopo. Nonostante gli sforzi dei sanitari, il calciatore è stato dichiarato morto dopo il suo trasferimento in ospedale.

Il giudice sportivo ha ritenuto giustificata la sospensione della partita, che è stata interrotta al 14′ del primo tempo, a causa dell’inevitabile turbamento di giocatori e dirigenti causato dall’evento tragico. Inoltre, ha deciso che la parte restante della partita dovrà essere recuperata in un secondo momento.

La squadra Lanciotto è stata multata di 400 euro “per mancanza di ambulanza e/o medico”,  sanzione prevista per questa mancanza.

“Giova sottolineare – scrive ancora il giudice sportivo – come il rispetto del grave evento anche da parte della società Lanciotto Campi Bisenzio e dei componenti la terna arbitrale sia sintomo di grande osservanza dei valori della solidarietà e della correttezza sportiva”.

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Studenti bocciati con il 5 e multe a chi aggredisce prof

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Dalla bocciatura con il 5 in condotta al ritorno della valutazione numerica sul comportamento alle scuole medie fino alle multe per aggressioni al personale scolastico. Via libera del Senato al disegno di legge messo a punto dal ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara. Il provvedimento, che ora deve passare alla Camera, prevede una serie di novità. Il voto in condotta sarà numerico anche alle scuole medie. Il giudizio sintetico sul comportamento rimarrà, dunque, solamente per i bambini della scuola primaria. Per tutti gli altri ci sarà il voto espresso in decimi e farà media con le altre materie. Sia alle medie che alle superiori, se non si raggiunge almeno il 6 in condotta si verrà automaticamente bocciati.

L’insufficienza si può ottenere per mancanze disciplinari gravi e reiterate avvenute nel corso di tutto l’anno scolastico. Per quanto riguarda le scuole superiori, nel caso di voto pari a 6 si avrà un debito formativo e si dovrà sostenere un elaborato di educazione civica. Il vero spartiacque per gli studenti delle superiori, specie in ottica diploma, è però l’8 in condotta. Se non si supera questa soglia si possono perdere fino a 3 punti di credito scolastico, punteggio che va a confluire direttamente nel voto di Maturità. Anche le sospensioni cambieranno.

Non ci sarà più l’allontanamento da scuola e lo studente dovrà partecipare ad attività scolastiche di riflessione e a una verifica finale da sottoporre al consiglio di classe. Il tenore della punizione dipenderà dalla durata della sospensione. Chi avrà più di due giorni dovrà partecipare ad “attività di cittadinanza solidale” in strutture convenzionate. Per il ministro Valditara si tratta di “un importante passo in avanti nella costruzione di una scuola che responsabilizza i ragazzi e restituisce autorevolezza ai docenti”. “A differenza di quanti parlano di misure autoritarie e inutilmente punitive – ha detto il ministro – io rivendico la scelta di dare il giusto peso alla condotta nel percorso scolastico degli studenti”.

Il provvedimento introduce anche multe per i reati commessi ai danni di un dirigente scolastico o di un membro del personale docente, educativo, amministrativo, tecnico o ausiliario della scuola a causa o nell’esercizio delle sue funzioni. La somma varia dai 500 ai 10.000 mila euro “a titolo di riparazione pecuniaria in favore dell’istituzione scolastica di appartenenza della persona offesa”. “È anche importante – ha sottolineato Valditara – che chi abbia aggredito personale della scuola risarcisca la scuola per il danno di immagine che ha contribuito a creare”.

E sempre il ministro ha annunciato oggi, rispondendo a un question time alla Camera, che è allo studio una normativa che riguarderà le chiusure scolastiche per festività religiose. “La norma che stiamo studiando è molto semplice – ha detto – non consentire la chiusura delle scuole in occasione di festività religiose o nazionali non riconosciute dallo Stato italiano. Ovviamente senza nessuna discriminazione nei confronti dei ragazzi che vogliano invece festeggiare quelle determinate ricorrenze, che saranno giustificati se rimarranno a casa”.

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‘Strategia del tritacarne, i russi morti sono 50.000’

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Mentre il mondo guarda con apprensione al Medio Oriente e a un’eventuale escalation con l’Iran, l’Ucraina continua a essere uno spaventoso terreno di battaglia. Con Vladimir Putin disposto a perdere la vita di migliaia di soldati pur di avanzare la linea del fronte con quella che la Bbc definisce la “strategia del tritacarne”: mandare ondate di soldati senza sosta in prima linea per cercare di logorare le forze ucraine ed esporre la loro artiglieria. Con il risultato di aver superato finora “la soglia di 50.000 caduti”. Nelle ultime ore anche le forze di Kiev hanno colpito in profondità in Russia – fino a danneggiare una fabbrica di bombardieri Tupolev in Tatarstan, stando ai servizi speciali ucraini – e in Crimea, dove secondo media e blogger locali “circa 30 militari russi sono rimasti uccisi e 80 feriti in un attacco notturno all’aeroporto militare di Dzhankoy”, che avrebbe “distrutto un deposito di missili Zircon e S-300”.

In mattinata la rappresaglia di Mosca si è scagliata ancora una volta sui civili, con un triplo raid su Chernihiv, città nel nord dell’Ucraina, una delle più antiche del Paese: i missili russi hanno colpito palazzi residenziali vicino al centro, un ospedale e un istituto scolastico, causando almeno 17 morti, oltre 60 feriti – tra cui tre bambini – e un numero imprecisato di dispersi sotto le macerie dove per tutto il giorno hanno lavorato i servizi di emergenza.

La strage ha suscitato l’ira di Volodymyr Zelensky, impegnato a chiedere con insistenza agli alleati europei e americani di rafforzare la difesa aerea ucraina: “Questo non sarebbe successo se avessimo ricevuto abbastanza equipaggiamenti di difesa antiaerea e se le determinazione del mondo a resistere al terrore russo fosse stato sufficiente”, ha tuonato il presidente sui social, esprimendo sempre più rabbia e frustrazione, soprattutto all’indomani delle manovre occidentali sui cieli di Israele per difenderlo dall’Iran. Di questo passo, e con il morale delle truppe sempre più indebolito dalle “cupe previsioni” di guerra, il fronte ucraino potrebbe collassare “la prossima estate quando la Russia, con un maggior peso numerico e la disponibilità ad accettare enormi perdite, lancerà la sua prevista offensiva”, riferiscono diversi alti ufficiali di Kiev a Politico. Insomma, Mosca ha messo in conto di poter perdere un alto numero di militari anche con la cosiddetta “strategia del tritacarne”.

Strategia che, stando a un conteggio realizzato da Bbc Russia, dal gruppo di media indipendenti Mediazona e volontari – che hanno scovato i nomi dei caduti anche sulle tombe recenti nei cimiteri – avrebbe già portato il bilancio dei militari di Putin morti in Ucraina (esclusi i separatisti filorussi del Donbass) oltre la soglia dei 50.000, con un’accelerazione del 25% in più nel secondo anno di invasione. “Il bilancio complessivo è 8 volte superiore all’ammissione ufficiale di Mosca – sottolinea l’emittente britannica -. Ed è probabile che il numero sia molto più alto”.

Il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov ha rivendicato il segreto di Stato sull'”operazione militare speciale”, come del resto nemmeno Kiev pubblicizza il numero dei suoi caduti: l’ultima cifra ufficiale risale a febbraio, quando Zelensky parlò di 31.000 soldati rimasti uccisi. Neppure stavolta Mosca ha confermato le notizie riportate dei trenta soldati russi che sarebbero morti nell’attacco alla base aerea in Crimea, che secondo i blogger russi di Rybar, vicino all’esercito del Cremlino, avrebbe centrato e danneggiato l’obiettivo con 12 missili Atacms forniti a Kiev dagli Stati Uniti. Il ministero della Difesa russo ha tuttavia smentito che droni dell’intelligence militare ucraina abbiano colpito la fabbrica di Tupolev nel Tatarstan, nell’est della Russia: al contrario ha precisato di aver “distrutto un drone ucraino, nella stessa area”, prima che potesse causare danni.

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