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Cronache

Parenti delle vittime innocenti della mafia, il Viminale applichi la legge

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“Il ministero dell’Interno non applica come dovrebbe la legge sulle vittime innocenti della criminalita’, creando troppe ingiustizie”. Cosi’ i familiari delle vittime dei clan di Camorra che oggi, in una conferenza stampa tenuta a Casal di Principe (Caserta) all’interno del bene confiscato denominato Casa Don Diana, hanno attaccato il Viminale su un argomento che solo da un anno sta, pur lentamente, salendo i gradini della cronaca, quello delle vittime innocenti mai riconosciute come tali dallo Stato. Questo a causa di una “normativa poco chiara” o “lasciata all’interpretazione di funzionari poco attenti al dato umano”, dice Gianni Zara, legale di molti dei familiari. Il “no” al riconoscimento ha precluso a molti congiunti di vittime di avere legittimi indennizzi o vitalizi; e’ una situazione che riguarda decine di persone in tutte Italia. Tra i casi piu’ noti quello di Marisa Garofalo, sorella di Lea, vittima dell’ndrangheta, che fu uccisa (il corpo fu bruciato) dopo aver testimoniato contro il marito e il cognato affiliati. In Campania c’e’ poi la vicenda di Augusto Di Meo, oggi presente a Casa Don Diana; Di Meo assistette di persona all’omicidio, datato 1994, del sacerdote don Peppe Diana, testimonio’, fece arrestare e condannare il killer Giuseppe Quadrano, ma non e’ mai stato riconosciuto come testimone di giustizia. “Sono stato ricevuto da ministri e sottosegretari, anche di recente, ma nessuno ha mai riconosciuto ufficialmente cio’ che ho fatto”, dice Di Meo, che per il suo atto di coraggio ha dovuto in passato lasciare Casal di Principe, ha avuto problemi economici e di salute, ora e’ tornato a casa e chiede “giustizia”. La moglie, malata, fa ogni giorno la pendolare a Roma dove insegna, e non e’ mai stata avvicinata a Casale. Valerio Taglione, del Comitato don Diana, dice che “per ora, questa battaglia per affermare un principio, quello di vedersi riconosciuto uno status, la stiamo perdendo, ma da un anno molte persone stanno denunciando le loro vicende uscendo allo scoperto”.

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Cronache

Taranto, sparatoria a rione Tamburi: morti Carmelo Nigro e Pietro Caforio

Conflitto a fuoco a Taranto: morti Carmelo Nigro e Pietro Caforio. Michele Caforio confessa l’omicidio, si attende la convalida del fermo.

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Sale a due vittime il bilancio del violento conflitto a fuoco avvenuto la sera del 16 luglio in via Machiavelli, nel rione Tamburi di Taranto. Dopo la morte del 45enne Carmelo Nigro, deceduto poco dopo l’arrivo in ospedale, questa mattina è stato dichiarato clinicamente morto anche Pietro Caforio, 34 anni, gravemente ferito nella sparatoria.

La ricostruzione: scontro tra clan per il controllo del traffico di droga

Secondo le prime risultanze investigative, il movente della sparatoria sarebbe legato a contrasti per il controllo delle piazze di spaccio nella città vecchia di Taranto. La scena che si è consumata in via Machiavelli ha visto l’esplosione di diversi colpi d’arma da fuoco. A farne le spese sono stati quattro uomini: oltre ai due deceduti, è rimasto gravemente ferito Michael Nigro, 20 anni, figlio di Carmelo, attualmente ancora in ospedale. Vincenzo Fago, 65 anni, ha invece riportato una ferita non grave alla gamba sinistra.

Michele Caforio interrogato in carcere: “Ho ucciso Carmelo Nigro”

Nella giornata di oggi, Michele Caforio, 37 anni, fratello di Pietro, è stato interrogato in carcere dal gip Giovanni Caroli. Caforio era stato fermato nei giorni scorsi con l’accusa di omicidio di Carmelo Nigro, tentato omicidio di Michael Nigro, con l’aggravante del metodo mafioso, e per porto e detenzione illegale di arma da fuoco.

Difeso dagli avvocati Franz Pesare e Pasquale Blasi, l’indagato ha ammesso le proprie responsabilità, confermando quanto già emerso dalle intercettazioni ambientali in cui aveva confessato l’omicidio. Secondo la sua versione, avrebbe reagito dopo che Carmelo Nigro aveva sparato a suo fratello Pietro, colpendolo alla testa e al torace.

Attesa per la convalida del fermo

Al termine dell’interrogatorio, si attende ora la decisione del gip sulla convalida del fermo. Con ogni probabilità verrà disposta l’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti del 37enne.

Il decesso di Pietro Caforio: confermato dai medici

L’Asl di Taranto ha comunicato che Pietro Caforio, ricoverato in rianimazione, è stato dichiarato clinicamente deceduto alle 8.15 di questa mattina. Come previsto dalla legge, sono state avviate le sei ore di osservazione e, al termine, il collegio medico ha certificato il decesso.

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Cronache

Urbanistica e fuga di notizie, la Camera penale di Milano: “Processo mediatico inaccettabile”

La Camera penale di Milano critica duramente la gestione dell’inchiesta urbanistica: “Indagati informati dai giornali, presunzione d’innocenza violata, equilibrio procedurale stravolto”.

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La Camera penale di Milano lancia un duro atto d’accusa contro la gestione dell’inchiesta sull’urbanistica, al centro dell’attenzione pubblica nelle ultime ore. In una nota ufficiale, i penalisti milanesi parlano senza mezzi termini di “ennesimo corto circuito”, in cui i media vengono informati prima degli indagati, violando le regole basilari previste dal codice di procedura penale.

Secondo quanto riportato nella nota, l’indagato – in questo caso il sindaco di Milano – avrebbe scoperto la propria iscrizione nel registro degli indagati leggendo i giornali, senza aver ricevuto alcun atto formale da parte della magistratura.

Le critiche alla gestione mediatica: “Violate regole e garanzie”

La denuncia della Camera penale è netta: ogni volta che una vicenda giudiziaria “per contenuto o per soggetti coinvolti” ha potenziale mediatico, si assiste alla diffusione incontrollata di informazioni, persino ignote agli stessi indagati. Non solo: si parla di atti processuali pubblicati dai media prima ancora che le parti abbiano la possibilità di prenderne visione.

Nel mirino dei penalisti anche la cosiddetta “lotteria dei nomi”: con il numero degli indagati già noto alla stampa, si moltiplicano le indiscrezioni su chi possa essere coinvolto, amplificando la pressione mediatica e politica.

“Presunzione d’innocenza travolta, danni per persone e aziende”

Il cuore della critica è il ribaltamento delle garanzie costituzionali. Secondo la Camera penale, in questa fase “delicatissima” del procedimento, in cui si decide della libertà degli individui, la fuga di notizie e la celebrazione del processo mediatico minano profondamente la presunzione di innocenza.

Una dinamica che – si legge ancora – travolge le vite delle persone, interferisce nelle scelte politico-amministrative e può compromettere il futuro di intere aziende coinvolte indirettamente. Per i penalisti milanesi, serve un ritorno al rispetto delle regole, alla tutela del diritto di difesa e alla centralità del processo penale come unico luogo in cui accertare responsabilità.

(Immagine in evidenza generata con sistemi di Intelligenza artificiale)

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Cronache

Reinhold Messner: “Serve rispetto per la montagna, non è un luna park”

Reinhold Messner lancia un appello: troppi turisti affrontano la montagna senza preparazione e senza rispetto. Nasce la Messner Haus per recuperare il senso autentico del rapporto con la natura.

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La montagna è sempre più affollata, ma non sempre rispettata. Reinhold Messner (foto Imagoeconomica in evidenza), leggenda vivente dell’alpinismo mondiale, lo denuncia senza giri di parole:

Manca il rispetto. Della montagna, della natura, delle regole. Ci si avventura senza consapevolezza, senza cultura, come se tutto fosse controllabile. Ma in montagna si può anche morire, non solo per scalate estreme, anche durante una passeggiata.”

Un messaggio netto, affidato in un’intervista al Corriere della Sera, che accompagna il lancio del suo ultimo progetto, la Messner Haus, una casa museo e spazio di dialogo che sarà inaugurata il 17 settembre, giorno del suo 81° compleanno.

Il passo lento e la montagna come scuola di vita

Messner, primo uomo a scalare tutti i 14 Ottomila senza ossigeno, torna a sottolineare il valore del “passo lento” contro la frenesia moderna:

“La nostra capacità di comprendere ciò che ci circonda è legata alla camminata. La velocità è nemica della conoscenza. Anche la mountain bike, soprattutto elettrica, può essere pericolosa. Soprattutto per chi, come me, non ha più vent’anni.”

L’alpinista invita a recuperare il contatto con la natura, anche solo camminando:

“Non serve scalare l’Everest. Basta imparare ad ascoltare il proprio inconscio. Chi va in montagna per davvero, sa che serve prudenza. Un masso può cadere, un temporale arrivare all’improvviso.”

Contro il turismo da selfie e il mito degli influencer

Nel mirino anche il turismo da social network:

“Non si guarda più la montagna, la si fotografa. Si vive tutto attraverso lo schermo del cellulare. E quando si pubblica una foto, parte la caccia al punto preciso. È così che gli influencer stanno riscrivendo l’idea di montagna.”

Per questo, racconta, è nata la Messner Haus:

“Volevano demolire la vecchia stazione della funivia sul Monte Elmo. Mi sono opposto. Abbiamo riutilizzato quello che c’era, per me è questo il senso della sostenibilità.”

I lupi, l’abbandono delle malghe e il turismo che rischia di morire

Messner denuncia anche un problema strutturale delle terre alte:

“I lupi attaccano il bestiame, i contadini lasciano le malghe, il paesaggio si degrada e il turismo ne risente. Non sono contro i lupi, ma serve un equilibrio.”

Il Sud Tirolo cambia pelle, ma rischia di perdere la sua anima. Una trasformazione che Messner guarda con preoccupazione:

“Una volta gli italiani guardavano la montagna dal balcone. Ora camminano. È un bene. Ma il turismo deve essere consapevole. La montagna non è di nessuno. Solo se tutti la proteggiamo, avrà un futuro.”

Nella Messner Haus, due stanze sono riservate a lui e alla moglie Diane:

“Quando gli incontri finiscono, dormiamo lì. E all’alba, davanti alla Val di Sesto, penso che anche dopo aver visto le montagne più belle del mondo, questa vista non ha eguali.”

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