“È ora che pastori e laici camminino insieme, in ogni ambito della vita della Chiesa, in ogni parte del mondo! I fedeli laici non sono ‘ospiti’ nella Chiesa, sono a casa loro, perciò sono chiamati a prendersi cura della propria casa. I laici, e soprattutto le donne, vanno maggiormente valorizzati nelle loro competenze e nei loro doni umani e spirituali per la vita delle parrocchie e delle diocesi”. E’ chiaro il messaggio che il Papa ha voluto lanciare intervenendo oggi nell’Aula Nuova del Sinodo a chiusura del convegno internazionale di tre giorni “Pastori e fedeli laici chiamati a camminare insieme”, promosso dal Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita. “Questa corresponsabilità vissuta fra laici e pastori permetterà di superare le dicotomie, le paure e le diffidenze reciproche”, ha assicurato. “È vero – secondo Francesco – che i laici sono chiamati a vivere principalmente la loro missione nelle realtà secolari in cui sono immersi ogni giorno, ma ciò non esclude che abbiano anche le capacità, i carismi e le competenze per contribuire alla vita della Chiesa: nell’animazione liturgica, nella catechesi e nella formazione, nelle strutture di governo, nell’amministrazione dei beni, nella programmazione e attuazione dei programmi pastorali, e così via”. Il Papa ha dettato una vera e propria agenda sul coinvolgimento dei laici, che “possono portare, con il loro linguaggio ‘quotidiano’, l’annuncio del Vangelo, impegnandosi in varie forme di predicazione”. Possono collaborare con i sacerdoti “per formare i bambini e i giovani, per aiutare i fidanzati nella preparazione al matrimonio e per accompagnare gli sposi nella vita coniugale e familiare. Vanno sempre consultati quando si preparano nuove iniziative pastorali ad ogni livello, locale, nazionale e universale. Si deve dare loro voce nei consigli pastorali delle Chiese particolari.
Devono essere presenti negli uffici delle Diocesi”. E ancora: “Possono aiutare nell’accompagnamento spirituale di altri laici e dare il loro contributo anche nella formazione dei seminaristi e dei religiosi”. E insieme con i pastori, “devono portare la testimonianza cristiana negli ambienti secolari: il mondo del lavoro, della cultura, della politica, dell’arte, della comunicazione sociale. Potremmo dire: laici e pastori insieme nella Chiesa, laici e pastori insieme nel mondo”. Per Francesco, nella Chiesa sinodale occorre “superare i modi di agire in autonomia, i binari paralleli che non si incontrano mai: il clero separato dai laici, i consacrati separati dal clero e dai fedeli, la fede intellettuale di alcune élites separata dalla fede popolare, la Curia romana separata dalle Chiese particolari, i vescovi separati dai sacerdoti, i giovani separati dagli anziani, i coniugi e le famiglie poco coinvolti nella vita delle comunità, i movimenti carismatici separati dalle parrocchie, e così via. Questa è la tentazione più grave in questo momento”. E “c’è ancora tanta strada da fare perché la Chiesa viva come un corpo, come vero Popolo, unito dall’unica fede” e dalla stessa “missione”.
E se “alla missione” dev’essere orientata la formazione dei laici – “non soltanto alle teorie, altrimenti si scade nelle ideologie. Ed è terribile, è una peste: l’ideologia nella Chiesa è una peste” -, il loro apostolato è anzitutto “testimonianza”: specialmente “del servizio a chi è nel bisogno, della vicinanza ai poveri e alle persone sole, dell’accoglienza, soprattutto da parte delle famiglie. E così ci si forma alla missione: andando verso gli altri”. Sempre nella Chiesa sinodale va superata “una visione sociologica che distingue classi e ranghi sociali e che si basa in fondo sul ‘potere’ assegnato ad ogni categoria”. “L’accento va posto sull’unità e non sulla separazione – ha aggiunto Francesco -. Il laico, più che come ‘non chierico’ o ‘non religioso’, va considerato come battezzato, come membro del Popolo santo di Dio”. E di questo Popolo di Dio, “i laici fanno parte a pieno titolo insieme ai ministri ordinati. I ministri ordinati non sono dunque i padroni, sono i servitori: i pastori, non i padroni”. Il Papa ha voluto infine mettere in guardia contro un’altra stortura: il “clericalismo”, che va “cacciato via”. “Un prete o un vescovo che cadono in questo atteggiamento fanno molto male alla Chiesa – ha avvertito -. Ma peggio ancora sono i laici clericalizzati: per favore, sono una peste nella Chiesa. Il laico sia laico”.