Papa Francesco si erge in difesa della memoria di Giovanni Paolo II, oltraggiata in questi giorni dalla diffusione di voci incontrollate su un suo possibile coinvolgimento nella scomparsa di Emanuela Orlandi. Il Pontefice approfitta della domenica della Divina Misericordia, ricorrenza fortemente voluta dal Papa polacco, per dire al Regina Coeli: “certo di interpretare i sentimenti dei fedeli di tutto il mondo, rivolgo un pensiero grato alla memoria di San Giovanni Paolo II, in questi giorni oggetto di illazioni offensive e infondate”. Subito salutato da un forte applauso dei 20 mila fedeli riuniti in Piazza San Pietro. Negli ultimi giorni, dopo le dichiarazioni in tv di Pietro Orlandi a seguito del suo colloquio-fiume in Vaticano di martedì scorso col promotore di giustizia Alessandro Diddi, in molti nella base cattolica hanno espresso la propria indignazione per i maligni “si dice” su un Wojtyla che sarebbe uscito la sera con due monsignori “non certo per benedire le case” o sul fatto che si portasse addirittura ragazzine in Vaticano.
Persino i parroci nelle omelie domenicali hanno lasciato strali in difesa della sua memoria “infangata”. Ma lo stesso papa Bergoglio – durante quello che è dapprima sembrato un apparente silenzio dei vertici vaticani, a parte le reazioni polemiche di Vatican News e dell’Osservatore Romano – non se n’è rimasto inerte. Francesco venerdì scorso avrebbe chiamato il pg Diddi per farsi riferire cosa stesse succedendo, dopo le illazioni riportate da Pietro Orlandi sul nome di Wojtyla. Ed è di ieri mattina, quindi dell’indomani, la convocazione in Vaticano, da parte del magistrato inquirente, della legale della famiglia Orlandi, avvocato Laura Sgrò, per farsi riferire quali fossero le origini di quelle voci e chi ne fossero le “fonti”.
Richiesta alla quale la legale ha opposto il segreto professionale, sollevando peraltro la sua incompatibilità a deporre come “persona informata sui fatti”. Con il conseguente, nuovo, pesante scambio di accuse e veleni che c’è stato ieri tra i media vaticani da una parte – “si rifiutano di fare i nomi”, hanno gridato – e Orlandi e la sua legale dall’altra. Oggi la voce del Papa in difesa di Wojtyla – cui si è subito associata anche la Presidenza Cei – mette un punto nella vicenda, con i toni che adesso sfumano, anche se non poche domande restano aperte.
“E’ giusto che Papa Francesco abbia difeso Wojtyla dalle accuse fatte attraverso un audio reso pubblico lo scorso 9 dicembre. Per questo motivo ho deciso di depositare quell’audio al promotore di giustizia Alessandro Diddi, lo scorso 11 aprile affinché convocasse Marcello Neroni, autore di queste accuse”, afferma Pietro Orlandi sul suo profilo Facebook, facendo quindi il nome di chi ha pronunciato nella registrazione le accuse contro Giovanni Paolo II: ritenuto vicino alla banda della Magliana, oggi 82/enne, legato al boss Renatino de Pedis, come pure ad Aldo De Benedittis, conosciuto negli anni Novanta come il ‘re dei videopoker’. “Certamente non può spettare a me dire se questo personaggio abbia detto il vero oppure no – prosegue il fratello di Emanuela Orlandi -. Diddi ha accolto questa mia richiesta, insieme alle altre, promettendo che avrebbe scavato a fondo ogni questione, compresa questa”.
“Io, tantomeno l’avvocato Sgrò – aggiunge -, abbiamo mai accusato Wojtyla di alcunché come qualcuno vorrebbe far credere. L’unico nostro intento è quello di dare giustizia a mia sorella Emanuela e arrivare alla verità qualunque essa sia”. E anche l’avvocato Sgrò ora si dice disponibile ad un nuovo colloquio col magistrato. “Io ieri sono stata chiamata in Vaticano per Emanuela, non per Giovanni Paolo II. Nessuno mi chiesto di Giovanni Paolo II. Non è mai stato nominato dal Promotore durante il nostro brevissimo colloquio. Non risulta nel verbale, non è mai stato oggetto di conversazione. Quando sono uscita ho scoperto che sarei stata reticente su fatti che lo riguardano. Ma come si fa a essere reticenti su qualcosa di cui non si è parlato?”. “Non ho mai messo in discussione la santità di Giovanni Paolo II, come legale di Pietro Orlandi abbiamo messo a disposizione degli inquirenti quello che sapevamo – aggiunge -. Nel rispetto della mia posizione di avvocato, sono disponibile a un colloquio. Abbiamo chiesto chiarezza”.
Ha visto il suo papà aggredire la mamma ed ha composto il 113 per chiedere aiuto, un’altra sorellina ha esposto un foglio sul balcone con scritto Help. La cronaca continua a sfornare notizie di maltrattamenti in famiglia. A Reggio Calabria due gli arresti, si tratta di singoli episodi. La Polizia di Stato di Reggio Calabria, ha eseguito 2 arresti in flagranza di reato per maltrattamenti in famiglia. Il primo arresto è stato eseguito nel pomeriggio del 25 novembre scorso, quando gli Agenti della Polizia di Stato dell’Ufficio Prevenzione Generale e Soccorso Pubblico hanno arrestato, in flagranza di reato, un quarantasettenne responsabile del reato di maltrattamenti in famiglia, commesso ai danni della moglie.
Il personale delle Volanti, dopo aver ricevuto una richiesta d’aiuto, ha raggiunto tempestivamente l’abitazione della vittima che ha riferito di essere stata picchiata dal marito il quale, ubriaco, non voleva che andasse a lavorare, impedendole di uscire di casa.
Dalla strada gli Agenti hanno visto sul balcone dell’appartamento tre bambine che gridavano loro “venite venite siamo qui” ed una di loro mostrava un foglio bianco con la scritta in arancione “HELP”.
Raggiunto l’appartamento i poliziotti hanno individuato e identificato l’uomo, che ha già scontato una misura di divieto di avvicinamento alla moglie, in evidente stato di alterazione psicofisica dovuta all’assunzione di alcool, il quale proferiva frasi senza senso e constatato la presenza della vittima e delle tre figlie, di 12, 10 e 8 anni. La più piccolina, vedendo la mamma aggredita ancora una volta dal padre, ha composto sul cellulare della mamma il 113 e lo ha dato a lei per chiedere aiuto.
L’aggressione, avvenuta per futili motivi, sembrerebbe sia stata generata dalla richiesta di raccogliere la cenere della sigaretta buttata volutamente a terra dall’uomo.
Le bimbe, mentre la loro madre raccontava al personale della Polizia di Stato le percosse da poco subite ed altre prevaricazioni psicologiche con frasi ingiuriose e minacce di morte, mimavano agli Agenti il segnale di comunicazione silenzioso di aiuto, fortemente diffuso in questi giorni il “signal for help”.
La donna ha denunciato quindi le violenze finora poste in essere dal marito che la picchiava, la tirava per i capelli e le dava pugni in testa per le motivazioni più disparate e futili, non permettendole di frequentare la sua famiglia, tutti atti di violenza posti in essere davanti alle tre figlie minori che sempre si andavano a nascondere nella loro stanza.
L’uomo, su disposizione dell’Autorità Giudiziaria competente è stato associato presso la locale Casa Circondariale.
Il secondo arresto in flagranza, operato sempre nel pomeriggio dello scorso 25 novembre, è stato eseguito nei confronti di un 38enne responsabile del reato di maltrattamenti in famiglia, commesso in danno della compagna di 27 anni.
Nei fatti, sono giunte alla Sala Operativa della Questura due richieste di aiuto. Nella prima, una sconosciuta riferiva di aver sentito urlare aiuto da una donna e nella seconda, una donna chiedeva l’intervento della Polizia di Stato perché era stata picchiata dal compagno.
Gli Agenti delle Volanti sono immediatamente intervenuti presso l’abitazione della richiedente e l’hanno trovata, in stato di agitazione, sul pianerottolo delle scale con i suoi due bambini in lacrime, il più piccolo di 2 anni in braccio, ed il più grande di 6 accanto.
La vittima ha raccontato al personale delle Volanti di essere stata aggredita poco prima dal compagno che aveva suonato al portone per farsi aprire e, una volta davanti alla porta dell’appartamento, la spingeva dentro afferrandola dal collo e, dopo aver chiuso la porta a chiave la trascinava nella cameretta dei bambini, dove il figlio di 6 anni stava guardando la televisione, e continuava a percuoterla. Solo dopo che il figlio si è frapposto tra il padre e la mamma, per aiutare quest’ultima, la donna riusciva a divincolarsi ed a raggiungere la porta di casa per urlare aiuto sul pianerottolo dello stabile e l’uomo si precipitava giù per le scale, allontanandosi subito dopo a bordo delle sua autovettura.
Dopo quanto denunciato dalla vittima, il personale delle Volanti e della Sala Operativa della Questura ha intrapreso un’incessante attività volta alla ricerca dell’uomo che ha avuto termine solo quando questo è stato rintracciato, a bordo della sua auto, nella zona sud della città.
La donna, in sede di denuncia ha raccontato diversi episodi di violenza subita per mano del suo compagno nel corso di diversi anni, nonché delle costrizioni fisiche e psicologiche che ha dovuto sopportare, tra cui forzati rapporti sessuali e l’allontanamento dai propri familiari ed amici e le minacce di non denunciare altrimenti le avrebbero tolto i bambini in quanto lei dipendeva economicamente da lui.
In ultimo, giorni fa, mentre la donna guardava in televisione un programma in cui si parlava della vicenda di Giulia Cecchetin, il compagno le ha detto che invece di guardare certe trasmissioni avrebbe dovuto pensare a quello che lei fa e che magari la prossima sarebbe stata lei.
L’uomo è stato arrestato nella flagranza del reato di maltrattamenti in famiglia ed è stato associato presso la locale Casa Circondariale.
Maxi operazione contro il traffico di cocaina a sud ddi Roma, i Carabinieri del Comando Provinciale di Roma stanno dando esecuzione a un’ordinanza di custodia cautelare, emessa dal GIP presso il Tribunale di Roma, su richiesta della Procura della Repubblica di Roma Direzione Distrettuale Antimafia, che dispone l’arresto di 13 persone. Gli indagati dovranno rispondere a vario titolo dei reati di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti del tipo cocaina, spaccio di sostanze stupefacenti ed autoriciclaggio.
Le indagini, condotte dai Carabinieri del Nucleo Operativo e Radiomobile della Compagnia di Frascati traggono origine da una serie di singoli arresti per spaccio e detenzione di sostanze stupefacenti che hanno spinto gli inquirenti ad approfondire la provenienza e la gestione dello stupefacente nell’area di Valle Martella, nel comune di Zagarolo, a sud est della Capitale.
I due soggetti, di origini sinti, a capo dell’associazione avevano reinvestito parte dei proventi derivanti dall’attività illecita in una pizzeria, che i Carabinieri hanno sequestrato.
Si precisa che il procedimento penale versa nella fase delle indagini preliminari per cui gli indagati devono ritenersi innocenti fino ad eventuale sentenza definitiva.
Dalle prime ore dell’alba, la Polizia di Stato e l’Arma dei Carabinieri, su delega della Procura della Repubblica di Napoli – Direzione Distrettuale Antimafia -, stanno dando esecuzione ad un’ordinanza di applicazione di misure cautelari nei confronti di 16 persone, gravemente indiziate, a vario titolo, di associazione mafiosa, detenzione e porto di armi, associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, estorsioni ai danni di imprenditori e commercianti tra Ponticelli e diversi comuni dell’area vesuviana.
Il provvedimento cautelare costituisce l’esito di articolata attività di indagine che, dal 2016 al 2019, ha consentito di disvelare l’esistenza e l’operatività di due distinte consorterie camorristiche: una costituente di fatto un’articolazione territoriale del clan MAZZARELLA di Napoli e l’altra costituente di fatto un’articolazione territoriale del clan napoletano DE LUCA BOSSA-SCHISA-MINICHINI.