La vía crucis degli stagionali del turismo fa tappa sulle isole di Ischia e Capri, ed in terraferma ad Amalfi e Sorrento. Sono localitá turistiche che rappresentano l’ eccellenza non della Campania ma dell’Italia. La Campania è zona rossa, la voglia di manifestare deve essere autorizzata e nelle piazze di queste località simbolo del turismo internazionale ci sono centinaia di lavoratori stagionali che dal marzo del 2020 non lavorano, non percepiscono un reddito e non possono sfamare le famiglie. Parlare di queste località e associare i loro nomi a migliaia di disperati sembra un controsenso. Eppure a Sorrento, Capri, Ischia, Amalfi ma anche in tante altre località rinomate ci sono migliaia di uomini e donne ridotti sul lastrico. Sul Piazzale del Soccorso di Forio, sull’isola di Ischia, un luogo meraviglioso, sospeso tra cielo, mare e terra, ci sono centinaia di persone che noi chiamiamo lavoratori stagionali, ufficialmente sono emarginati di una società che nell’immaginario collettivo é simbolo di bellezza ed anche opulenza.
La situazione sociale dell’isola di Ischia viene descritta alle centinaia di presenti in piazza dalla direttrice della pastorale sociale della Diocesi di Ischia, Marianna Sasso. “La pandemia sanitaria ha fatto venire alla luce ed ha amplificato i problemi di un comparto turistico già in ginocchio. Il senso di questa manifestazione – spiega con voce flebile ma ferma – non è la mera protesta. Noi vorremmo che la pandemia fosse una opportunità, non la rappresentazione di miseria. Noi vorremmo con questa manifestazione – continua Marianna Sasso – arrivare al cuore delle istituzioni per far capire che ci sono migliaia di famiglie che non rappresentano un problema di ordine pubblico ma una straordinaria risorsa dalla quale ripartire”. Marianna Sasso ha ricordato le parole di Papa Francesco che ha spiegato in più occasioni come lavoratori e imprenditori devono essere dalla stessa parte in questo momento drammatico. Perché “la vocazione del lavoro è dare dignità all’uomo. Il lavoro non é solo retribuzione ma soprattutto dignità” spiega la Sasso che racconta anche “le commoventi parole di un imprenditore che in una recente udienza in Vaticano chiedeva al Papa di pregare per lui in lacrime affinché non licenziasse i suoi dipendenti”. Perché per un imprenditore licenziare è segno di una sconfitta della società non solo dell’impresa. Ferdinando Caredda, coordinatore nazionale dei lavoratori stagionali ha invece ricordato a tutti, con commozione, che “le diversità vanno bene ma lasciamole da parte. Oggi occorre guardare avanti”. “Con La Naspi è stata dimezzata la indennità di disoccupazione. Le iniziative del Governo per aiutare i lavoratori non ha toccato gli stagionali del turismo” spiega Caredda.
“Noi lavoratori stagionali dal primo gennaio del 2020 non abbiamo di fatto avuto un solo euro. E riusciamo a sopravvivere solo grazie all’aiuto delle famiglie, della Caritas, grazie al terzo settore. Solo grazie a tutti loro abbiamo potuto mettere un piatto sulla tavola. Non avremmo potuto campare senza questi aiuti, che non sono aiuti dello Stato. Prima i lavoratori stagionali lavoravano per 4 mesi all’anno e poi venivano aiutati con la indennità di disoccupazione. Prima si arrivava all’anno successivo con l’acqua alla gola. Ora per queste famiglie dignitose non c’è più manco il pane da mangiare da oltre un anno. Siamo al tracollo. Solo a Ischia – ricorda Caredda – ci sono 2500 famiglie che da oltre un anno vivono grazie all’aiuto della sola Caritas. Molte altre famiglie che sfuggono alla nostra conta vengono aiutate da altre associazioni”. Perché?
“Tutto questo – spiega Caredda – perché i lavoratori stagionali non avevano un codice Ateco. Anche se si é ampliata la platea non sono arrivati i bonus”. Ma che cosa chiedono questi lavoratori al Governo? Lo spiega sempre Caredda. “Chiediamo al governo di approvare l’emendamento in commissione Bilancio che dá la possibilità di coprire quei mesi che mancano al nostro lavoro per poter sopravvivere. Chiediamo – enumera Caredda con puntiglio – che i sussidi vengano messi nelle casse dell’Ente (Comuni, Regioni e altri enti) per i quali poi noi possiamo svolgere lavori socialmente utili. Noi non vogliamo carità ma lavoro, non vogliamo soldi ma lavoro perché questa è dignità, altre scelte sono elemosina”.
I numeri drammatici delle difficoltà che vive Ischia li spiega Luisa Pilato, direttrice della Caritas dell’isola di Ischia. I suoi numeri sulla povertà ad Ischia, i suoi racconti delle difficoltà quotidiane delle famiglie sono un pugno nello stomaco per tutta le gente in piazza che ascolta in religioso silenzio.
Francesco Del Deo, sindaco di Forio e presidente dell’Associazione delle isole minori, è presente sul piazzale e parla alla gente. Avverte subito un rischio e lo fa presente. “Avrei voluto vedere più persone a questa manifestazione. Temo l’apatia, lo scoraggiamento. Capisco la rabbia contro le istituzioni. Noi sindaci facciamo quel che possiamo. Da quando sono presidente dell’associazione delle isole minori, siamo riusciti a portare le istanze del lavoro sulle isole in Parlamento. Abbiamo chiesto la decontribuzione anche per la assunzione degli ultra 30enni. Sono cose che ora conoscono bene al Governo. Ci è stato promesso dal Governo di fare qualcosa. Non vogliamo bonus o aiuti a pioggia per i nostri lavoratori stagionali ma provvedimenti strutturali. Impresa e lavoro vanno assieme. Abbiamo chiesto agevolazioni per Tari e Imu, contributi per la pesca, concessioni demaniali con canoni a carico dei comuni. Agevolazioni di cui abbiamo usufruito fino al ’68 in base a norme varate dagli Aragonesi. Abbiamo chiesto – ha spiegato Del Deo – l’abolizione delle tasse universitarie per studenti isolani. La ripresa deve ripartire dalle isole. Abbiamo chiesto la istituzione delle Zes (zone ecomiche speciali), che rappresentano vantaggi in termini competitivi con altre località di altri paesi turistici come carburanti che costino meno e tanto altro. Se lo Stato riconosce che ci sono costi alti sulle isole per le sue casse, allora deve dare le stesse agevolazioni ai cittadini. Non possiamo avere la stessa tassazione in terra ferma. Vogliamo – dice Del Deo – opportunità non carità. Ischia e Capri rappresentano da sole il 70 per cento del Pil della Campania che si riversa poi su tutta l’economia regionale. Ogni anno diamo 115 milioni e riceviamo 56 milioni. Le isole devono ripartire. E subito. Cominciamo – ripete ancora Del Deo – dal piano di vaccinazione di massa delle isole e delle altre località turistiche per intercettare la ripresa economica. Perché se riparte l’economia riparte, riparte tutto”.
I prossimi cinque anni saranno decisivi per quello che si profila come un vero e proprio ricambio generazionale all’interno della pubblica amministrazione, quando un dipendente pubblico su cinque andrà in pensione. Tra il 2024 e il 2028, infatti, ci saranno 681.800 nuove assunzioni a fronte delle uscite per il pensionamento. Non solo: si prevedono anche ingressi aggiuntivi al turnover per ben 60.500 unità. Il quadro emerge dal rapporto “Previsioni dei fabbisogni occupazionali e professionali in Italia a medio termine” realizzato da Excelsior insieme ad Unioncamere. Per gli uffici pubblici, insomma, si va verso un ringiovanimento della forza lavoro che andrà di pari passo col grande sforzo per l’ammodernamento dell’amministrazione pubblica, a partire dal fondamentale processo della transizione digitale. Il settore, a causa dell’elevata età media del personale, è dunque quello in cui nei prossimi anni si attende un tasso di sostituzione più elevato. A fronte di un valore medio di ‘replacement’ di poco inferiore al 12%, il pubblico impiego supera il 20% (a fronte del 10,4% per i dipendenti privati).
“Durante il quinquennio 2024-2028 – si legge nello studio – il settore pubblico dovrà procedere alla sostituzione di circa 682mila dipendenti pubblici, pari a una media di oltre 135mila all’anno. Questa necessità, unita all’espansione occupazionale prevista genererà un fabbisogno complessivo di circa 742mila unità, di cui quasi il 92% sarà necessario per turnover”. Andando nel dettaglio, settore per settore, nei prossimi anni si cercheranno per l’Istruzione e i Servizi formativi pubblici 234.500 lavoratori (19.800 aggiuntivi e 214.700 per sostituire quelli che andranno in pensione), mentre 197.500 sono quelli che serviranno per la Sanità e l’Assistenza sociale (12.400 aggiuntivi e 185.500 per il turover). Quasi 310mila i posti che si renderanno disponibili nel comparto dei Servizi generali della pubblica amministrazione e in quello dell’Assicurazione sociale obbligatoria (28.300 aggiuntivi e 281.600 per sostituire chi va in pensione).
“Il turnover elevato nel settore pubblico – si spiega nello studio – rappresenta una criticità, ma anche un’opportunità significativa per i giovani, rispetto ai quali sono necessari sforzi mirati per rendere la pubblica amministrazione più attraente”. L’analisi dei fabbisogni per macro-gruppo professionale evidenzia quindi come le richieste maggiori saranno quelle per figure qualificate e ad elevata specializzazione, circa il 43% del fabbisogno del settore pubblico nel periodo 2024-2028. Seguono le figure tecniche con un peso di circa il 22% e gli impiegati con una quota del 21%”. Per 583.300 ruoli sarà quindi richiesta la formazione terziaria, vale a dire una laurea. “Il fabbisogno di personale in possesso di un titolo universitario nel comparto Istruzione e Servizi formativi pubblici – si legge – sarà di poco superiore alle 191mila unità, pari all’81,5% dei fabbisogni del settore.
Tale quota scende al 79,1% per i Servizi generali della Pubblica Amministrazione (245mila unità) e al 74,3% per la Sanità, assistenza sociale e servizi sanitari pubblici (147mila unità)”. La crescente domanda di personale altamente specializzato e le risorse effettivamente disponibili – si spiega ancora – stanno già generando tensioni significative nel mercato del lavoro, dando luogo a fenomeni di squilibrio tra la richiesta e l’offerta di competenze in tutti i settori della pubblica amministrazione. Il mismatch è aggravato anche dalla “concorrenza” del comparto pubblico con i settori privati, che già manifestano elevate difficoltà di reperimento delle professioni specializzate e possono in maniera più flessibile ricorrere ad incentivi organizzativi e salariali per attrarre determinate figure professionali.
Vodafone cede le sue attività in Italia per 8 miliardi di euro a Swisscom. Vodafone Italia verrà fusa con Fastweb, controllata dagli elvetici, con l’obiettivo di dare vita a “un operatore convergente leader” grazie all’unione di “infrastrutture mobili e fisse complementari di alta qualità, nonché delle competenze e asset” delle due filiali italiane. La newco potrà contare su 19,2 milioni di clienti mobili (15,8 di Vodafone e 3,5 di Fastweb) e su 5,7 milioni di clienti nel fisso (3,1 milioni di Vodafone e 2,6 milioni di Fastweb), con ricavi totali su base pro-forma per circa 7,3 miliardi e oltre 9000 dipendenti. “Con questa operazione rafforziamo in modo significativo la nostra presenza in Italia e miglioriamo la competitività di Fastweb. Ciò consentirà a Fastweb di diventare il numero 2 in questo mercato altamente competitivo”, ha dichiarato il ceo di Swisscom, Christoph Aeschlimann.
Economie di scala, efficienze sui costi e sinergie per circa 600 milioni all’anno “consentiranno alla nuova compagnia di generare un elevato valore per tutti gli stakeholder, di sostenere gli investimenti e di offrire servizi convergenti innovativi e a prezzi competitivi, migliorando le prestazioni e l’esperienza per i clienti in tutti i segmenti di mercato”, afferma Swisscom, che parla di “passo fondamentale” verso l’ “obiettivo strategico di una crescita redditizia in Italia”. Per Vodafone, ha spiegato la ceo Margherita Della Valle, si tratta del “terzo e ultimo passo nel rimodellamento delle nostre attività europee” dopo la vendita della Spagna e la joint venture con Three in Gran Bretagna. Il colosso britannico, che ha visto le sue attività valutate 7,6 volte l’ebitdaal e 26 volte i flussi di cassa operativi attesi nel 2024, restituirà sotto forma di buyback 4 dei 12 miliardi di euro incassati dalla vendita di Italia e Spagna.
“In futuro – ha aggiunto Della Valle – le nostre attività opereranno nei mercati in crescita delle telecomunicazioni, dove deteniamo posizioni forti, consentendoci di realizzare una crescita prevedibile e più robusta in Europa. Ciò sarà accompagnato dalla nostra accelerazione nel B2B, mentre continuiamo a conquistare quote in un mercato dei servizi digitali in espansione”. Il closing, atteso nel primo trimestre 2025, resta subordinato alle autorizzazioni antitrust. La nuova Fastweb sarà prima per quote di mercato nella banda ultralarga (Ftth), seconda nella banda larga (Fttc) e appaiata a Wind per clienti mobili. Il mercato però non si attende rimedi troppo invasivi, al contrario di quelli che avrebbe richiesto una fusione tra Vodafone e Iliad, più impattante sul mercato mobile. Prima di avviare trattative in esclusiva con Swisscom, Vodafone aveva respinto una proposta dei francesi, solo parzialmente cash, che valutava Vodafone Italia 10,6 miliardi.
L’acquisizione è stata fatta con il benestare del governo svizzero, che detiene il 51% di Swisscom. Gli 8 miliardi cash verranno tutti finanziati a debito senza però intaccare il rating ‘A’. Nell’ambito dell’intesa Vodafone fornirà alcuni servizi a Swisscom, tra cui un contratto di licenza che consente l’uso del marchio Vodafone in Italia per massimi 5 anni, a fronte di un corrispettivo annuo iniziale di circa 350 milioni. Tutti contenti in Borsa: Vodafone è salita del 5,7% a 69,8 pence, Swisscom del 4,9% a 528 franchi.
Una cordata americana per acquistare TikTok e scongiurare che la famosa app sparisca dagli Stati Uniti: l’ex segretario al Tesoro dell’amministrazione Trump, Steve Mnuchin, è sceso in campo per cercare di mettere insieme un gruppo di investitori che acquisti il social mentre Pechino critica aspramente il possibile blocco e invita gli americani a ribellarsi. “Dovrebbe essere controllata da un’azienda americana. In nessun modo Pechino consentirebbe a un’azienda statunitense di controllare nulla del genere in Cina”, ha detto Mnuchin ai microfoni di Cnbc dicendosi sicuro che il suo ex capo Donald Trump approverebbe l’operazione. Mnuchin non si sbilancia su chi potrebbero essere gli investitori interessati e su come l’operazione potrebbe essere finanziata.
La cifra da sborsare non sarebbe indifferente: le stime indicano infatti che un accordo non costerebbe meno di 100 miliardi di dollari. E ci sarebbero poi, secondo gli analisti, problemi di antitrust soprattutto se fra i papabili investitori figurasse uno dei grandi social media americani interessato a mettere le mani sui 170 milioni di utenti di TikTok. Proprio a loro si rivolge il Dragone: fate “sentire la vostra voce” al Congresso così da bloccare un provvedimento che viola i diritti previsti dal Primo Emendamento della Costituzione. Il progetto di legge approvato dalla Camera americana che impone a ByteDance di tagliare i rapporti con TikTok per evitare che sia vietata negli Stati Uniti è “contrario alla concorrenza leale”, ha commentato il portavoce del ministero degli Esteri Wang Wenbin.
Pechino ha assicurato che intende prendere “ogni misura utile” per tutelare le sue società e i suoi interessi nazionali. “Gli Stati Uniti dovrebbero veramente rispettare i principi di un’economia di mercato e di concorrenza leale e smettere di reprimere ingiustamente le società straniere”, ha osservato il portavoce del ministero del Commercio cinese He Yadong. Il disegno di legge approvato dalla Camera americana, deve ora andare al Senato, dove il suo futuro appare comunque più incerto, e poi arrivare sul tavolo del presidente Joe Biden per la firma. L’iter quindi è ancora lungo anche se le motivazioni di sicurezza nazionale sembrano far breccia su molti senatori. Sulla tutela degli interessi nazionali si basa anche l’opposizione di Joe Biden all’acquisizione di Us Steel da parte della giapponese Nippon Steel per 14,9 miliardi.
“Us Steel è un’icona da più di 100 anni ed è vitale che resti un’azienda dell’acciaio americana, controllata e operata” negli Usa, ha spiegato Biden. La sua contrarietà all’operazione rischia di ripercuotersi nei rapporti fra Washington e Tokyo, uno dei maggiori alleati americani, in vista della visita del premier nipponico Fumio Kishida alla Casa Bianca il 10 aprile. “I nostri rapporti con il Giappone sono estremamente stretti e Biden non vede l’ora di ricevere il premier Kishida” ad aprile, ha rassicurato il portavoce del Consiglio per la sicurezza nazionale americana, John Kirby. I problemi di TikTok comunque non sono confinati solo agli Stati Uniti. L’Unione Europea ha infatti inviato alla app, ma anche a X e Facebook, richieste per ottenere informazioni sulle misure di attenuazione dei rischi legati all’intelligenza artificiale generativa, in particolare per la diffusione di deepfake e le manipolazioni che possano ingannare gli elettori. Bruxelles ha anche aperto una procedura contro Aliexpress. Il colosso cinese delle vendite online è finito nel mirino per possibili violazioni legate alla gestione e mitigazione dei rischi, alla moderazione dei contenuti, alla trasparenza della pubblicità, alla tracciabilità degli operatori commerciali e all’accesso ai dati da parte dei ricercatori.