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Pacchetto clima a prova Pe, maggioranza Ursula spaccata

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  Otto voti per dire si’ al Fit for 55 e confermare l’ambizioso impegno della Commissione europea sul taglio delle emissioni del 55% entro il 2030. Otto voti dai quali, tuttavia, la maggioranza Ursula rischia di uscire nettamente spaccata. Il Parlamento europeo si avvia a votare buona parte del pacchetto clima partorito dall’esecutivo europeo e, mai come in queste ore, a Strasburgo si respira un’aria tesissima. Su due punti, in particolare, la maggioranza che sostiene von der Leyen rischia di schiantarsi: lo stop alle vendite di auto e furgoni nuovi che emettono CO2 nel 2035 e il sistema Ets II, che tassa i trasporti su gomma e riscaldamento anche dei privati. Su questi due capitoli, nel dibattitto in Plenaria, il vice presidente della Commissione Frans Timmermans e gia’ finito nel mirino e il testo potrebbe essere vittima del tiro incrociato di Socialisti & Democratici e Ppe. Per i Popolari europei, quello sul settore auto sara’ il piu’ classico dei ‘key vote’. Il Ppe si e’ fatto portavoce di un emendamento che riduce dal 100% al 90% le auto nuove coinvolte nello stop alle vendita dal 2035 se emettono C02. Il provvedimento ha effetti profondi sul tessuto imprenditoriale europeo coinvolgendo auto a benzina, diesel o Gpl. “Dobbiamo affrontare la transizione senza perdere competitivita’ ecco perche’ siamo contro l’approccio ideologico”, ha tuonato il capogruppo e presidente del partito Manfred Weber. Se l’emendamento non passera’, fonti del partito assicurano che il Ppe votera’ contro l’intero file auto. Andando, di fatto, contro la Commissione guidata da un membro del partito, von der Leyen stessa. Sul dossier anche tra i Socialisti e democratici serpeggia piu’ di un dubbio. E poi c’e’ la fronda trasversale degli italiani, raccolta nel cosiddetto emendamento ‘motor valley’ che guarda alla aziende emiliano-romagnole e propone un’eccezione per i produttori di meno mille auto nuove per anno solare. Timmermans, intervenendo piu’ volte in Aula, non si e’ sottratto allo scontro. “L’industria dell’auto ha gia’ fatto la sua scelta. L’emendamento del Ppe e’ un pasticcio”; ha affermato il commissario che, a fine dibattito, forse consapevole di un potenziale salto nel buio, ha “implorato” gli eurodeputati a mantenere la linea iniziale. Il ‘padre’ del Fit for 55, pero’, rischia anche su un altro capitolo del pacchetto, il sistema Ets II. Qui Bruxelles introduce, sostanzialmente una tassa su trasporti su gomma e caldaie domestiche. Tassa che, con l’inflazione alle stelle e la guerra in Ucraina, secondo una nutrita fronda di europarlamentari non e’ piu’ sostenibile. E i primi a chiedere una modifica sono proprio i compagni di partito di Timmermans, ovvero i membri del gruppo S&D. Il compromesso si potrebbe trovare nel dilazionare l’introduzione di Ets II, mettere un tetto al prezzo delle emissioni o limitare la sua applicazione alle attivita’ commerciali. Dal sistema, tuttavia, dipende anche la capienza del Fondo sociale per il clima che, se passasse il compromesso, risulterebbe di certo piu’ scarno. Le divisioni a Strasburgo si sono subito propagate a Roma. Enrico Letta, sfidando Fdi e Lega a votare il Fit for 55 ieri ha dettato la linea anche nel suo partito dove qualche indeciso non manca. “Il Pd sta votando contro la filiera dell’automotive, non si lamentino per i posti di lavoro perduti”, ha attaccato Carlo Calenda di Azione. E la Lega resta contraria a tutto il pacchetto: Il Fit for 55 “e’ un atto di autolesionismo dell’Ue”. Chi mantiene una certa prudenza sono i Conservatori e Riformisti, guidati da Fdi. L’impressione e’ che, da qui a domani mattina facciano pesare il loro voto che, complice le spaccature trasversali dell’Aula, rischia di essere decisivo.

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La strage dei neonati, si allarga l’inchiesta dopo la condanna della infermiera

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Si allargano anche alle possibili negligenze dei vertici della struttura sanitaria locale le indagini idella polizia britannica sulla “strage di neonati” del Countess of Chester Hospital: l’ospedale del nord dell’Inghilterra in cui un’infermiera addetta al reparto maternità fece morire – deliberatamente secondo le accuse – 7 neonati fra il 2015 e il 2016, esponendo a sovradosaggi di farmaci almeno altri 6, per motivi deliranti che in parte restano oscuri. Il primo capitolo della vicenda si è chiuso nell’agosto scorso con la condanna all’ergastolo dell’ex infermiera 33enne Lucy Letby, ribattezzata dai tabloid “la nurse killer del Chestershire”. Mentre è di oggi l’ufficializzazione della notizia dell’apertura formale di un secondo fascicolo parallelo da parte della polizia della contea sull’ipotesi di reato di complicità in omicidio colposo plurimo a carico di responsabili dell’ospedale o di figure addette sulla carta alla sorveglianza in seno al servizio sanitario nazionale (Nhs). Figure al momento non identificate. Il sovrintendente detective Simon Blackwell ha sottolineato che le verifiche riguarderanno anche i massimi vertici dell’epoca della struttura, precisando che esse sono tuttavia “a uno stadio iniziale”. E che quindi non vi sono per ora specifici individui nel registro degli indagati.

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Ricatto di Saied, l’arma dell’invasione per i fondi

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Saied presidente Tunisia

Un gioco al rialzo o rivendicazioni a uso e consumo interno? Il presidente tunisino Kais Saied ha rifiutato un primo assegno da 127 milioni dell’Unione europea, bollandolo come “elemosina”, con un rigurgito – almeno all’apparenza – di anticolonialismo. O, piuttosto, per alzare la posta, brandendo la minaccia dell’invasione di migliaia di migranti pronti a salpare da Sfax verso le coste italiane. Con un duplice obiettivo: ricevere una somma più alta, sul modello dell’accordo da 6 miliardi di euro raggiunto dall’Ue con la Turchia di Erdogan nel 2016 per chiudere i rubinetti della rotta balcanica; e riuscire ad ottenere i 900 milioni di assistenza macrofinanziaria previsti dal memorandum del luglio scorso, sganciandoli dai quasi 2 miliardi che l’Fmi tiene bloccati in attesa di riforme. Riforme che Saied – che dal 2021 si presenta come nuovo autocrate del Nord Africa – non sembra intenzionato nemmeno ad avviare.

La Commissione europea aveva annunciato nei giorni scorsi di aver stanziato i 127 milioni da versare “rapidamente” a Tunisi. Bruxelles aveva precisato che si trattava di 67 milioni per combattere l’immigrazione illegale (i primi 42 milioni dei 105 milioni di aiuti previsti dal memorandum firmato due mesi fa e altri 24,7 milioni nell’ambito di programmi già in corso) e 60 milioni legati al sostegno del bilancio tunisino. Ma Saied ha bloccato tutto: “La Tunisia accetta la cooperazione, ma non accetta nulla che somigli a carità o favore, quando questo è senza rispetto”, ha dichiarato il presidente dopo aver rinviato e sospeso nei giorni scorsi anche le visite delle delegazioni europee, prima parlamentare e poi della Commissione. Questo rifiuto, ha tenuto a sottolineare Saied, “non è dovuto all’importo irrisorio ma al fatto che questa proposta va contro” l’accordo firmato a Tunisi e “lo spirito che ha prevalso durante la Conferenza di Roma” di luglio, “iniziativa avviata da Tunisia e Italia”.

“Non abbiamo capito ancora cosa volesse dire Saied. Non abbiamo avuto la trascrizione e stiamo lavorando per avere più informazioni”, ha ammesso un alto funzionario Ue, intuendo però che il tunisino “avrebbe preferito più aiuti” rispetto alla prima tranche. Sullo stato dell’intesa la fonte ha ricordato che il Consiglio “non è stato coinvolto” nei negoziati. Ma, ha sottolineato, “non possiamo dire che il Memorandum sia un fallimento”. E se anche a Bruxelles l’intesa con Tunisi trova un ostacolo nelle diverse posizioni dei 27, preoccupa lo stato dei diritti umani nel Paese, dove la democrazia sognata dalla rivoluzione dei Gelsomini è ormai naufragata e dove lo stesso Saied ha di fatto aizzato una caccia al migrante subsahariano, ormai poco tollerato da una popolazione alle prese con una grave crisi economica e alimentare.

Resta il fatto che l’Europa e l’Italia non possono fare a meno di lavorare con la Tunisia per arginare gli sbarchi che rischiano di mettere in crisi l’Unione e il suo futuro dopo le elezioni di giugno. E Saied lo ha capito, rilanciando ogni giorno, non solo per sedare le tensioni interne ma anche e soprattutto per spingere l’Europa, di fronte ad una crisi migratoria senza precedenti, a fare pressione su Washington per lo sblocco degli 1,9 miliardi del Fondo Monetario Internazionale.

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La Camera destituisce lo speaker, prima volta negli Usa

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La Camera ha approvato la mozione per destituire lo speaker repubblicano Kevin McCarthy, facendo precipitare il Capitol nel caos e nell’incertezza. E’ la prima volta nella storia Usa. A proporre la mozione il deputato del suo partito Matt Gaetz, un fedelissimo di Donald Trump ed esponente di una fronda parlamentare alla Camera legata al tycoon.

La votazione si è conclusa con 216 voti a favore e 210 no. Otto repubblicani hanno votato contro McCarthy. Quest’ultimo ora dovrà indicare il suo sostituto provvisorio sino all’elezione di un nuovo speaker, passaggio che non sarà certo facile e che rischia di paralizzare il Congresso proprio quando deve negoziare la prossima legge di spesa.

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