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Cronache

Ospedale di Pozzuoli imbrattato con la scritta “è nato Bryan”, Borrelli denuncia l’inciviltà

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Una controversia ha preso fuoco sui social media dopo che un gruppo di parenti ha imbrattato una parete dell’ospedale di Pozzuoli (Napoli) con la scritta “E’ nato Bryan”, per celebrare la nascita di un neonato. Il video dell’atto, pubblicato su Facebook dal deputato di Alleanza Verdi e Sinistra (Avs), Emilio Borrelli, è diventato virale, suscitando immediatamente polemiche e indignazione.

Ciò che ha ulteriormente alimentato la discussione è stata la reazione dei responsabili della scritta, che non solo non si sono scusati per il loro gesto, ma hanno anche risposto alla denuncia con un messaggio provocatorio. “Non siete degni di giudicare gli altri, l’unico che ci può giudicare è il Signore e nessun altro più. Piuttosto di applicarvi su una scritta applicatevi su cose che in televisione non fanno vedere, su quest’ospedale ci sono persone che soffrono e nessuno li prende in considerazione. Persone che attendono 5,6 ore per farsi visitare da qualcuno poi vi lamentate quando succede qualcosa”, hanno dichiarato, come riportato dallo stesso Borrelli.

Il deputato ha risposto con fermezza alle parole dei parenti, definendo la loro mentalità “davvero inaccettabile” e sollevando interrogativi su cosa tali persone possano insegnare ai propri figli. “Cosa insegneranno ai figli persone che invece di mortificarsi e chiedere scusa difendono le loro azioni da incivili e sottosviluppati?”, ha scritto Borrelli sui social, esprimendo pieno sostegno alla decisione dell’ASL di denunciare i responsabili dell’atto. Il deputato ha inoltre auspicato che venga inflitta una “condanna educativa ed esemplare” ai protagonisti di questo gesto definito “inqualificabile”.

L’incidente ha acceso un dibattito più ampio sulla responsabilità civica e sul rispetto degli spazi pubblici, con molti utenti che hanno condannato l’episodio come un esempio di degrado sociale e mancanza di rispetto per le istituzioni. La vicenda resta al centro dell’attenzione, mentre si attendono ulteriori sviluppi legali.

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Cronache

Caso Open Arms, chiesti 6 anni di carcere per Salvini: la “totale solidarietà” della premier Meloni

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Alla fine di una requisitoria di 7 ore, i Pm di Palermo hanno chiesto di condannare a 6 anni di carcere Matteo Salvini per avere impedito cinque anni fa, quando era ministro degli Interni nel governo Conte, lo sbarco a Lampedusa di 147 migranti, con l’accusa di averli sequestrati a bordo della nave spagnola Open Arms. Richiesta che ha avuto un effetto dirompente nel mondo della politica: “Mi dichiaro colpevole di avere difeso l’Italia e gli italiani, mi dichiaro colpevole di avere mantenuto la parola data”, il commento di Salvini.

Che aggiunge: “Mai nessun governo e mai nessun ministro nella storia è stato messo sotto accusa e processato per avere difeso i confini del proprio Paese”. Al suo fianco la premier Giorgia Meloni: “Trasformare in un crimine il dovere di proteggere i confini italiani dall’immigrazione illegale è un precedente gravissimo, la mia totale solidarietà al ministro Salvini”. Presa di posizione fortemente criticata dall’opposizione. Ma a Salvini è arrivato addirittura il duro endorsement di Elon Musk: “Quel pazzo pubblico ministero dovrebbe essere lui quello che va in prigione per sei anni, questo è pazzesco”. Proprio secondo i Pm di Palermo, Salvini avrebbe agito nel 2019 non per una strategia concordata col governo Conte, come invece sostiene la difesa, ma per l’interesse ad aumentare il proprio consenso elettorale facendo leva sulla lotta all’immigrazione clandestina. Secondo l’accusa, non c’era alcun pericolo di terrorismo a bordo della nave e dunque non c’era alcuna necessità di proteggere la sovranità dello Stato.

Inoltre, le condizioni dei migranti per quell’azione si aggravarono di giorno in giorno. Per motivare la richiesta di condanna, il pm Marzia Sebella ha sottolineato che “il pos doveva essere rilasciato senza indugio e subito, il diniego è stato in spregio delle regole e non per proseguire in un disegno governativo”, e quel “diniego consapevole e volontario ha leso la libertà di ognuna delle 147 persone e non c’era ragione”. Quindi un pensiero ai migranti, “i grandi assenti in questo processo: non ci sono state le persone offese, la maggior parte di loro è irreperibile, ma non perché siano clandestini o criminali, magari perché una casa non ce l’hanno. Leggeremo a uno a uno i nomi di queste persone per ricordarle”. Parole apprezzate da Oscar Camps, fondatore di Opem Arms: “Siamo emozionati”. Di tutt’altro tenore l’avvocato Giulia Bongiorno: “Basta esaminare gli atti, e non fare ipotesi e teoremi, per rendersi conto che durante tutto il processo c’è stata la correttezza dell’operato di Salvini e la massima attenzione alla salute dei migranti”. Il sostituto procuratore Geri Ferrara, assieme alla collega Giorgia Righi, ha affermato che non si tratta di “un processo politico” perché “è pacifico che qui di atto politico non c’è nulla”: sono stati valutati “atti amministrativi come il ritardo o la negazione” del porto assegnato per sbarcare.

“L’elemento chiave”, per l’accusa, “è stato quando Salvini ha assunto il ruolo di ministro” e “ha spostato le decisioni sulla gestione degli sbarchi e del rilascio dei pos dal Dipartimento libertà civili e immigrazione al suo ufficio di gabinetto”. E’ stato lui, insomma, ad assumere tutte le decisioni, era lui che veniva informato in modo “costante e quotidiano”. Per i pm “non è accettabile” l’idea di anteporre la protezione dei confini nazionali ai diritti umani. “C’è un principio chiave non discutibile: nel nostro ordinamento, per fortuna democratico, i diritti umani prevalgono sulla protezione della sovranità dello Stato”, ha sottolineato Geri Ferrara.

“La persona in mare va salvata ed è irrilevante la sua classificazione: migrante, componente di un equipaggio o passeggero”, perché “per il diritto internazionale della convenzione Sar anche un trafficante di essere umani o un terrorista va salvato, poi se è il caso la giustizia fa il suo corso”. In attesa della replica delle difese prevista per il 18 ottobre, l’avvocato Bongiorno ha accusato il pm di fare politica: “Nel momento in cui dice che il tavolo tecnico, i decreti e le direttive sono tutti inaccettabili, intollerabili e in contrasto con i diritti umani in realtà sta processando la linea politica di quel governo”. Entro la fine dell’anno, poi, è prevista la sentenza.

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Mamma e bimba scomparse, trovata auto vicino a un ponte

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E’ stata ritrovata vuota a Covolo di Pederobba (Treviso), vicino al ponte di Vidor, nel tardo pomeriggio di oggi l’auto, una Volkswagen Tiguan di colore bianco, con la quale si è allontanata da casa ieri con la figlia di tre anni Susanna Recchia, 45 anni di Miane (Treviso). La segnalazione della scomparsa era stata fatta dal compagno e quindi diramata dalla Prefettura di Treviso. All’interno della vettura non è stata notata alcuna traccia significative. Era in un parcheggio al confine dell’abitato a pochi decine di metri dall’imbocco del ponte. La donna ha lasciato a casa il telefono cellulare ed il portafoglio con i documenti. Sono in corso ricerche in tutta la provincia e nei territori limitrofi con verifiche attraverso i sistemi di videosorveglianza pubblici e privati e dispositivi per il riconoscimento automatico della targa.

Dopo il ritrovamento della vettura, sottolinea l’assessore regionale alla protezione civile Gianpaolo Bottacin, “le ricerche di madre e figlia si concentreranno nella zona”. La donna è alta circa 1 metro e 65 centimetri, di corporatura normale, ha capelli ricci castani, occhi castani e due tatuaggi sulla spalla destra. Quando il compagno ieri ha raggiunto l’abitazione della 45enne per prendere la figlia, non ha trovato ne’ la piccola ne’ la madre. La prefettura di Treviso si è affrettata a diramare un avviso a chiunque le vedesse e ad attivare il protocollo per la ricerca delle persone scomparse. Per tutta la giornata hanno scandagliato l’area da cui si sarebbe allontanata Susanna gli uomini della Protezione civile, dei vigili del fuoco, dei volontari e della polizia. Nella zona del ritrovamento della vettura si stanno vagliando anche i filmati delle videocamere per individuare i possibili spostamenti della madre con la figlia.

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Bambino di 9 anni travolto e ucciso da una porta di calcio

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Tragedia nel pomeriggio a Ozieri (Sassari) , nel nord Sardegna. Un bambino di 9 anni è stato travolto e ucciso da una porta di calcio che gli è crollata addosso mentre giocava con due coetanei nel campo sportivo ‘Meledina’, nella frazione di San Nicola. L’incidente è avvenuto poco dopo le 18: I tre ragazzini erano entrati nel campo per dare due calci al pallone: una porta di quelle mobili, che generalmente si usano durante gli allenamenti per ridurre le dimensioni del terreno, per motivi che sono tuttora in fase di accertamento, ha ceduto cadendo addosso al bambino. Inutili i soccorsi.

A dare l’allarme sono stati i due compagni di gioco. Sul posto sono arrivati il 118, i vigili del fuoco e i carabinieri della Compagnia di Ozieri. Per oltre un’ora i soccorritori hanno cercato con ogni mezzo di rianimare il bambino, ma ogni tentativo è risultato vano. La Procura di Sassari ha disposto l’autopsia sul corpo della piccola vittima. Le indagini sono condotte dai carabinieri e dagli ispettori dello Spresal. La tragedia ha scosso la cittadina di Ozieri, che proprio questo fine settimana festeggia con una serie di eventi la Beata Vergine del Rimedio: in serata era previsto il concerto di Fedez.

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