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Salute

Oms, no ai vaccini a bimbi in questa fase pandemia

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In questa fase della pandemia, salvo valutazioni relative al contesto locale, la vaccinazione contro Covid-19 per i bambini e gli adolescenti sani non è una priorità: meglio privilegiare le vaccinazioni di routine. Per i fragili, invece, continua a essere importante mantenere alta la protezione con un richiamo ogni 6-12 mesi. Sono due delle indicazioni uscite dall’ultimo meeting dello Strategic Advisory Group of Experts on Immunization (SAGE) dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. L’aggiornamento si è reso necessario con l’ingresso in una nuova fase della pandemia caratterizzata da un calo dei contagi, dall’avvento di varianti meno temibili del SarsCoV2 originario e dalla diffusione, nella popolazione mondiale, di una qualche immunità al virus sviluppata contraendo la malattia o sottoponendosi alla vaccinazione.

Le nuove indicazioni, che – precisa l’Oms – valgono per questa specifica fase della pandemia, dividono la popolazione in tre classi. Il gruppo ad alta priorità (anziani, persone immunodepresse o con patologie, operatori sanitari) dovrebbe fare un richiamo a 6-12 mesi dall’ultima dose. Il gruppo a priorità media (adulti sani e bambini e adolescenti con comorbidità) dovrebbe fare le prime tre dosi, ma non i booster aggiuntivi di routine. Per il gruppo a bassa priorità invece, l’Oms non fornisce una raccomandazione generalizzata alla vaccinazione.

“I Paesi dovrebbero considerare il loro contesto specifico nel decidere se continuare a vaccinare gruppi a basso rischio, come bambini e adolescenti sani, senza compromettere i vaccini di routine che sono cruciali per la salute e il benessere di questa fascia di età”, ha detto Hanna Nohynek, a capo del SAGE. Alle donne in gravidanza è invece consigliato un richiamo se sono passati più di sei mesi dall’ultima dose. Intanto, in Italia, l’ultima rilevazione della Federazione Italiana Aziende Sanitarie e Ospedaliere (Fiaso) ha riscontrato una lieve risalita dei ricoveri Covid: +7,6% nell’ultima settimana. I pazienti hanno una età media di 76 anni, soffrono di altre patologie e l’88% è vaccinato da oltre sei mesi.

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I bimbi abusati invecchiano prima, violenza altera Dna

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I bambini abusati invecchiano prima: la violenza lascia infatti segni e alterazioni indelebili anche sul Dna e può compromettere la salute da adulti. Gli abusi nell’infanzia e nell’adolescenza minano cioè la vita di un individuo, con danni non solo psichici ma anche organici. A dimostralo è uno studio britannico, mentre i numeri degli abusi continuano a crescere anche in Italia. In base all’ultimo rapporto sui minorenni vittime di abusi della Direzione centrale della Polizia criminale, che ha analizzato i dati del 2021 e del primo semestre del 2022, confrontandoli con il 2020, sono infatti aumentati del 54% i casi di abusi sui minori nelle scuole. Ed in crescita è anche la violenza sessuale che aumenta del 19%.

A fronte di tali dati allarmanti, la scienza conferma che i maltrattamenti subiti rappresentano un danno duraturo. Uno studio pubblicato sul British Journal of Psichiatry – che riporta i risultati di una analisi retrospettiva, la più ampia mai realizzata, condotta dall’Università di Glasgow e dall’Università di Hong Kong, su un campione di ben 141.748 individui di età compresa fra i 37 e i 73 anni, registrati in una biobanca nel Regno Unito – ha dimostrato che le violenze sofferte durante l’infanzia e l’adolescenza possono accorciare i telomeri, la parte del Dna che decide quanto dobbiamo vivere. Gli abusi sono associati anche a una maggiore frequenza di tumori. Le donne soprattutto registrano un rischio doppio rispetto a chi non ha subito maltrattamenti. I risultati dello studio hanno dimostrato che gli adulti esposti da bambini a tre episodi o più tipi di maltrattamento (fisico, sessuale ed emotivo) mostravano una più ridotta lunghezza dei telomeri rispetto a chi non aveva subito alcuna violenza o ne aveva subito un solo episodio, evidenziando inoltre una riduzione maggiore per i casi che avevano sofferto la combinazione di abusi fisici e sessuali.

“Come dimostra lo studio inglese – spiega Pietro Ferrara, referente nazionale della Società Italiana di Pediatria per abusi e maltrattamenti e professore di Pediatria all’Università Campus Bio-Medico di Roma – i minori abusati diventeranno adulti che non solo vivono peggio ma invecchiano prima perché lo stress e le modificazioni biochimiche, scatenate dalle violenze subite, determinano una erosione dei telomeri, cioè di quella parte del Dna che decide quanto dobbiamo vivere, influenzando le condizioni di salute da adulti. Inoltre, alcuni recenti studi – aggiunge – ci dicono persino che lo stress continuo e ripetuto delle bambine vittime di più abusi sessuali può determinare in età adulta una maggiore incidenza di tumori, con un rischio due volte più alto”. A mettere in luce quest’ultimo dato è una ricerca pubblicata su BioMed Central Cancer, condotta dalla Public Health Agency of Canada su un campione di 21.915 individui.

Un fenomeno sempre più preoccupante, quello della violenza sui minori, contro il quale si stanno mettendo in campo iniziative mirate: proprio contro le violenze infantili e adolescenziali, continuano nel 2023, per l’ottavo anno consecutivo, i corsi formativi su tutto il territorio nazionale rivolti ai pediatri, realizzati con il contributo non condizionante di Menarini e il patrocinio della Società Italiana di Pediatria e della Federazione Italiana Medici Pediatri. Obiettivo del progetto, dal titolo ‘Facing Abuse 2.0. Emersione e comunicazione negli abusi infantili e adolescenziali’, è favorire la capillare diffusione, a livello territoriale e ospedaliero, delle conoscenze in tema di abusi e maltrattamenti per individuarne precocemente i segnali e prevenire le conseguenze in età adulta. Dopo Milano, dove ha preso il via, l’iniziativa proseguirà fino a metà dicembre in altre 9 città: Roma, Ascoli, Foggia, Milano, Napoli, Palermo, Pisa, Torino e Trieste.

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Trovate microplastiche nel liquido seminale, in 6 campioni su 10

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 Tracce di micro-particelle di plastica sono state individuate in 6 campioni su 10 di liquido seminale di uomini sani residenti in Campania. E’ quanto mostrano i risultati di uno studio italiano pubblicato in preprint sulla piattaforma Ssrn e presentato in anteprima al Congresso della Società Italiana della Riproduzione Umana, in corso a Siracusa. I risultati, spiegano i ricercatori, indicano che “l’emergenza microplastiche è sempre più pericolosa per la riproduzione della specie umana”. Già a gennaio 2023, sulla rivista Toxics, lo stesso gruppo aveva individuato per la prima volta microplastiche in urine di residenti di Napoli e Salerno. In questo caso, grazie all’utilizzo della Microspettroscopia Raman, sono stati identificati 16 frammenti di microplastiche nello sperma umano delle dimensioni da 2 a 6 micron, ossia più piccoli di un granellino di pulviscolo.

Tra le sostanze ritrovate polipropilene, polietilene, polistirene, polivinilcloruro, policarbonato e materiale acrilico. Si è notato anche una presenza maggiore di microplastiche in relazione alla più scarsa qualità seminale, che però necessita di ulteriori approfondimenti. L’ipotesi, però, potrebbe esser supportata dal fatto che le stesse microplastiche “fanno da cavallo di Troia per altri contaminanti ambientali che, legandosi ad esse procurano ulteriori danni all’interno agli organi riproduttivi, molto sensibili agli inquinanti chimici”, commenta Luigi Montano, coordinatore del progetto di ricerca EcoFoodFertility e past president della Società della Riproduzione Umana. “L’origine di questi frammenti è varia e può comprendere cosmetici, detergenti, dentifrici, creme per il corpo, bevande, cibi o anche particelle disperse nell’aria, e le vie di ingresso nell’organismo possono essere l’alimentazione, la respirazione e anche la via cutanea”, spiegano gli autori, Oriana Motta dell’Università di Salerno, Marina Piscopo, dell’Università Federico II di Napoli e Elisabetta Giorgini, dell’Università Politecnica delle Marche. “Le vie più probabili di passaggio al seme umano – conclude Montano – sembra siano l’epididimo e le vescicole seminali, strutture più facilmente suscettibili a processi infiammatori che possono favorire la maggiore permeabilità”.

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La svolta di Musk, Neuralink può testare sugli umani

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Ridare la vista a chi l’ha perduta, la possibilità di camminare a chi è rimasto paralizzato e preparare gli esseri umani alla futura battaglia con i Robocop prodotti dall’intelligenza artificiale. Sono i miracoli promessi da Elon Musk con i chip prodotti dalla sua start-up Neuralink che ha ricevuto l’autorizzazione dalla Food and Drug Administration americana per iniziare la sperimentazione sull’uomo. Una svolta per il patron di Twitter e Tesla ma anche, potenzialmente, l’inizio di una rivoluzione scientifica. “Si tratta di un primo passo importante che consentirà un giorno alla nostra tecnologia di aiutare molte persone”, ha annunciato l’azienda californiana sul suo account Twitter precisando che le iscrizioni per partecipare alle sperimentazioni saranno aperte a breve.

Gli esperti hanno avvertito che ci vorranno molti test prima che i sofisticati dispositivi potranno essere impiantati nel cervello umano. Per non parlare delle questioni etiche che solleverebbero, e andrebbero affrontate, nel caso diventassero di dominio pubblico. Finora sono stati effettuati esperimenti solo sulle scimmie – che grazie ai device sono riuscite a giocare ad un video game molto elementare e digitare parole su uno schermo seguendo con gli occhi il movimento del cursore – e sui maiali. L’obiettivo principale dei ricercatori di Neuralink è dare un contributo per la cura di malattie neurologiche e paralisi e rendere gli impianti, grandi quanto una moneta, abbastanza sicuri e affidabili da poter essere utilizzati negli interventi chirurgici. “L’approvazione è il risultato di un grande lavoro del team Neurolink in collaborazione con la Fda”, ha twittato l’azienda. Ma ovviamente per Musk il miracolo di sconfiggere la paralisi o la cecità non è abbastanza.

“I chip consentiranno all’umanità di raggiungere una simbiosi con l’Ai”, aveva detto il miliardario qualche tempo fa lanciandosi in una delle sue previsioni azzardate come quella dell’autonomia delle Tesla. Quello della guerra contro l’intelligenza artificiale è uno dei pallini di Musk che, di recente, ha messo in guardia sul rischio che gli esseri umani diventino gli “animali domestici” dei robot Ai. In passato il proprietario di Twitter ha sopravvalutato la capacità delle aziende che guida di realizzare i suoi piani impossibili. L’obiettivo iniziale di Neuralink, infatti, era quello di iniziare ad impiantare chip nei cervelli umani nel 2020, scadenza poi slittata al 2022. Nel dicembre scorso la start-up ha subito un’altra battuta d’arresto per le indagini su presunte violazioni dei diritti degli animali, accuse sempre negate dai ricercatori. L’annuncio del via libera dall’authority Usa arriva due giorni dopo la notizia che, grazie ad impianti simili prodotti da ricercatori svizzeri, un 40enne olandese paralizzato è tornato a camminare semplicemente “pensandoci”. I chip hanno trasmesso i suoi pensieri a gambe e piedi e lui è riuscito a muovere i suoi primi passi dopo dodici anni.

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