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Cronache

Omicidio Luca Sacchi, diventa difficile la posizione della fidanzata Anastasia

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La visura dei tabulati telefonici potrebbe dare risposte a punti oscuri che ancora circondano la vicenda legata all’omicidio di Luca Sacchi, il ragazzo ucciso con un colpo di pistola alla testa il 23 ottobre scorso a Roma. Gli inquirenti hanno avviato un minuzioso lavoro su una serie di tabulati telefonici per ricostruire le comunicazioni intercorse tra i personaggi presenti sulla scena del delitto e non solo. Obiettivo primario e’ definire l’ambito della “trattativa” per l’acquisto di droga che ha preceduto la drammatica colluttazione. Chi indaga andra’ anche a ritroso sul flusso di chat e contatti delle ultime settimane per verificare se Luca e la fidanza Anastasia abbiano avuto rapporti con la rete di pusher gestita da Valerio Del Grosso, il ragazzo che ha sparato e ucciso il personal trainer. In questo quadro, approfondimenti investigativi potrebbero essere svolti anche sul ruolo “dell’amico intimo di Luca”, un “pregiudicato per reati inerenti agli stupefacenti” presente quella sera nel pub e definito da alcuni testimoni come il “contatto” tra i due fidanzati e i pusher di San Basilio. L’uomo subito dopo lo sparo si e’ dileguato da via Mommsen ma a tirarlo in ballo sono gli stessi “emissari” di Del Grosso inviati da lui a verificare se “persone in zona Tuscolana avessero il denaro per acquistare della ‘merce'”, scrive il gip nell’ordinanza aggiungendo, in un inciso, le parole “come convenuto”. Quest’ultimo e’ un passaggio che fa comprendere che forse tra il gruppo di pusher e l’amico di Sacchi ci sia stato un contatto precedente. A confermare cio’ e’ sempre uno degli emissari dell’arrestato che afferma di essersi presentato al pregiudicato come “l’inviato di Valerio”. Anche su questo punto il lavoro sui tabulati potrebbe risultare determinante anche alla luce del fatto che sentito a sommarie informazioni il “contatto” ha negato di conoscere Del Grosso e i suoi mediatori. “Ero andato in quel pub – ha detto sostanzialmente l’uomo – in compagnia di Luca e Anastasia, poi ho sentito l’esplosione di un colpo di arma da fuoco e delle urla di dolore”.

Gli inquirenti, comunque, torneranno ad ascoltare una serie di persone, tra cui la stessa Anastasia che non ha ancora ricevuto formale convocazione in Procura. La sua testimonianza, dopo quella raccolta a caldo subito dopo la tragedia e durante la quale non ha fatto alcun accenno alla volonta’ di acquistare droga, potrebbe risultare importante su l’altro punto controverso di questa vicenda: il quantitativo di soldi presente nel suo zaino, poi ritrovato vuoto dagli investigatori nella zona di Tor Bella Monaca. “Si tratta di una cifra non certo compatibile con l’acquisto di marijuana per uso personale, parliamo di qualcosa di certamente piu’ cospicuo”, spiega uno degli inquirenti. A piazzale Clodio, infine, si attende anche la relazione finale dell’autopsia e una serie di cartelle cliniche. L’esame autoptico ha confermato che il colpo alla testa e’ stato fatale per Sacchi mentre le prime verifiche tossicologiche hanno dato esito negativo cosi’ come era gia’ emerso dopo gli esami clinici svolti sulla salma nelle procedure per l’espianto degli organi.

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L’ipnosi in sala operatoria per due anziane a Torino

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L’ipnosi in sala operatoria si consolida come una risorsa in più per combattere il dolore in sala operatoria. Per la prima volta a Torino, all’ospedale delle Molinette, due donne in età avanzata (75 anni e 79 anni) sono state sottoposte a un intervento in ipoanestesia, una pratica che alla Città della Salute definiscono “l’ultima frontiera degli approcci destinati a garantire ai pazienti un trauma chirurgico sempre minore”. L’ipoanestesia, che ha già preso piede in numerosi Paesi europei per operazioni di chirurgia complessa, è considerata una valida alternativa all’anestesia generale: non pretende un carico pesante di farmaci invasivi, modula la percezione del dolore e, soprattutto, allontana la percezione del bisturi, riducendo lo stress emotivo. Effetti che, a quanto pare, si riverberano anche sul recupero post operatorio, più rapido ed efficace, con conseguente riduzione dei tempi di ricovero.

Nel caso delle due pazienti torinesi si è trattato di abbinare l’ipnosi all’anestesia locale per poi procedere, tramite delle ‘tradizionali’ incisioni al collo di minima entità (2,5-3 cm), all’asportazione di tumori benigni delle paratiroidi. L’intervento ha richiesto la composizione di un’equipe composta da specialisti di varie discipline: Maurizio Bossotti (responsabile della Chirurgia tiroidea-paratiroidea del Dipartimento di Chirurgia Generale e Specialistica della Città della Salute di Torino, diretto dal professor Mario Morino) è stato affiancato da Pietro Soardo e Valentina Palazzo, specializzanda in Chirurgia Generale ed ipnologa, e dagli anestesisti del gruppo di Roberto Balagna.

In Italia il ricorso all’ipnosi clinica è una realtà da diverso tempo e in diversi ambiti. Nel 2020 l’ospedale San Paolo, a Savona, se ne servì a scopo analgesico su un uomo sottoposto a un intervento al cuore, mentre nel 2022 fu il San Michele di Cagliari ad impiegarla nel corso di un trapianto di fegato: il paziente, dopo una serie di incontri preparatori, venne ‘risvegliato’ in stato di ipnosi in sala operatoria anziché in rianimazione, cosa che scongiurò una quantità di complicazioni. Nel 2023, ad Ancona, un tumore cerebrale fu asportato con procedura awake: il paziente, sveglio e cosciente, indossò un visore che lo inondò di immagini e musiche capaci di ridurre l’ansia pre e post operatoria. La sedazione digitale è stata utilizzata al ‘Ferrari’ di Castrovillari (Cosenza) per coronarografie e impianti di peacemaker.

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Abusi su 13enne, spedizione punitiva amici contro l’ex

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Non si è ribellata quando lui le ha imposto un rapporto sessuale perché “avevo paura che lui mi lasciasse”. Protagonista di questa brutta storia che arriva da Genova una ragazzina di 13 anni che ha raccontato di esser stata obbligata ad avere rapporti con il suo fidanzato del tempo, di due anni più grande, nella sua casa quando i genitori non c’erano. Una storia che durava da qualche mese e che è stata scoperta dalla polizia intervenuta per la chiamata al 112 dell’ex fidanzatino della vittima, accerchiato dagli amici della ragazzina intenzionati a portare a termine una vera e propria spedizione punitiva. Tutto nasce un pomeriggio di qualche tempo fa quando la ragazzina va a casa del fidanzatino che ha, appunto, 15 anni.

I genitori di lui non ci sono e avvengono gli abusi. Lei non lo lascia perché ha paura che lui l’abbandoni poi l’infatuazione è finita e lei racconta tutto ai suoi amici. Amici che, dopo essersi radunati, in tutto una decina di ragazzi tra i 13 e i 16 anni, imbastiscono una specie di spedizione punitiva a casa dell’ex. Quel giorno il 15enne è solo nell’appartamento al primo piano del condominio in cui abita con i genitori.

Quando arrivano gli amici della ragazzina iniziano a dare pugni contro le sue finestre e uno cerca addirittura di entrare in casa. Il ragazzo si spaventa, prende un coltello da cucina e poi chiama il 112. Quando la polizia interviene ci vuole un po’ per capire cosa stesse succedendo e che cosa aveva portato a quella reazione esasperata di un gruppo di giovanissimi. I ragazzini amici della vittima vengono tutti identificati e accompagnati negli uffici della polizia: ovviamente ciascuno racconta quello che sa e quello che invece gli è stato solo riferito ma sarà la ragazzina di 13 anni a dover raccontare il retroscena.

Tra l’altro, la vittima aggiunge che aveva tentato di parlarne a casa con i genitori ma che aveva avuto scarso successo. Genitori che, convocati e sentiti dalla polizia, affermano: “Ci aveva accennato qualcosa, ma pensavano fossero questioni tra ragazzi”. Tutta la vicenda adesso è sottoposta a indagini della procura presso il tribunale dei Minori, Un fascicolo in cui un quindicenne è accusato di violenza sessuale aggravata. E negli ultimi giorni la vittima è stata sentita durante un incidente probatorio, fornendo – secondo quanto appreso – ‘significative conferme’.

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Arcivescovo Napoli ad amministratori: bisogna fare di più

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La Costituzione “ci obbliga ad adempiere le nostre funzioni “con onore e disciplina” e l’onore non può che essere quello del “dovere della verità e dell’impegno per la giustizia” non solo formale ma anche sostanziale. In un territorio che, pur cercando faticosamente di adottare “un diverso paradigma”, soffre ancora di tante diseguaglianze e in tante periferie umane e sociali si attendono opportunità civili e dignitose, chi ha responsabilità pubblica ha il dovere di fare di più e bandire ipocrisie e luoghi comuni. Ancora troppa ricchezza mal distribuita, ancora troppo lavoro nero, ancora la prepotenza della criminalità organizzata, sirena per chi, con scarse opportunità, in particolare i giovani, anela al cambiamento del proprio status sociale, cerca scorciatoie”. Lo ricorda nella lettera ai fedeli della diocesi partenopea per l’Avvento 2024 l’arcivescovo di Napoli, don Mimmo Battaglia, che nel prossimo concistoro del 7 dicembre sarà creato Cardinale.

“A noi, il Cristo che viene, ci chiede quel gesto di amore di cui parlò Paolo Borsellino, nella chiesa di Sant’Ernesto, a Palermo il 23 giugno 1992, in occasione del trigesimo della strage di Capaci, ricordando Falcone “Perché non è fuggito, perché ha accettato questa tremenda situazione…. Per amore!” E tali parole richiamano alla mente l’attualità del documento diffuso proprio a Natale dell’anno precedente, il 1991, in tutte le chiese di Casal di Principe e della zona aversana da don Peppino Diana e dai parroci della forania di Casal di Principe, per spingere a prendere coscienza del problema mafioso, ‘Per Amore del mio popolo'”, prosegue ancora l’arcivescovo di Napoli.

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