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Cronache

Oltre 8 anni per Genovese, condannato per le 2 violenze

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E’ stato riconosciuto responsabile di entrambi gli episodi di violenza sessuale e pure di quelli di cessione di droga alle due ragazze, reato quest’ultimo che ha inciso per la parte piu’ rilevante sul calcolo della pena. E cosi’ per Alberto Genovese, ormai ex imprenditore del web finito in carcere il 6 novembre 2020 e da mesi ai domiciliari in una clinica per disintossicarsi, e’ arrivata a Milano una condanna in linea con la richiesta della Procura: 8 anni e 4 mesi di reclusione. Si e’ chiuso in primo grado, con rito abbreviato (sconto di un terzo sulla pena) davanti al gup Chiara Valori, il processo all’ex fondatore di tante start up digitali imputato per aver violentato, dopo averle rese incoscienti con mix di cocaina e ketamina, due modelle: una di 18 anni, durante una festa il 10 ottobre 2020 nel suo attico Terrazza Sentimento a due passi dal Duomo, l’altra di 23 anni ospite in una villa di lusso a Ibiza nel luglio precedente. Il giudice ha condannato a 2 anni e 5 mesi anche l’ex fidanzata, Sarah Borruso, che avrebbe preso parte agli abusi nell’isola spagnola. Genovese, 45 anni, e’ uscito dall’aula con uno sguardo impassibile e a fianco la sorella, senza rispondere alle domande dei cronisti. “Certamente il percorso intrapreso da Alberto e’ ancora lungo, ma sta gia’ dando grandi frutti e di questo sono contento”, ha spiegato l’avvocato Davide Ferrari, che lo assiste assieme al collega Luigi Isolabella. Genovese si sta curando da tempo e ha ribadito ultimamente, anche davanti al gup, di voler “cambiare vita”, tanto che ha messo in vendita Terrazza Sentimento.

Nel frattempo, l’avvocato Gianmaria Palminteri, che assiste Borruso, ha detto: “continuiamo a essere fiduciosi e attendiamo le motivazioni”. Per Genovese l’aggiunto Letizia Mannella e i pm Rosaria Stagnaro e Paolo Filippini, titolari dell’inchiesta condotta dalla Squadra mobile, avevano chiesto 8 anni con le attenuanti generiche per il suo percorso di recupero. Poco meno della pena decisa dal gup, che avrebbe potuto essere anche piu’ pesante. “Abusavo di droghe, non controllavo piu’ la realta’”, aveva detto l’ex imprenditore, interrogato e piangendo, per cercare di giustificare il suo comportamento sulla 18enne, in linea con una consulenza difensiva che aveva parlato di vizio di mente dovuto all’uso massiccio di cocaina. Per questo caso di abusi durati 20 ore sono state decisive le immagini delle telecamere a circuito chiuso piazzate dallo stesso Genovese nella camera da letto. “Sono felice per la condanna e perche’ e’ emersa con questa sentenza la verita’. Per molti potevo sembrare una ragazzina che accusava l’intoccabile, ma ora posso anche dire di essere contenta di aver rifiutato i suoi soldi (130mila euro, ndr)”, ha raccontato la giovane, che ora ha 20 anni. Il legale di parte civile, l’avvocato Luigi Liguori, aveva chiesto un risarcimento di quasi 2 milioni. Il giudice ha stabilito una provvisionale da 50mila euro rimettendo l’accertamento sull’entita’ dei danni al Tribunale civile. “E’ piu’ bassa di quanto ci aspettavamo”, ha detto il legale che ha criticato la parte “economica” del verdetto, facendo presente che la ragazza ha dovuto pagare gia’ 30mila euro solo di spese mediche. L’avvocato Gaia Inverardi, legale dell’altra vittima, si e’ detta soddisfatta perche’ “e’ stato riconosciuto l’impianto granitico della Procura”. E Antonella Veltri, presidente dell’associazione D.i.Re, parte civile cosi’ come Bon’t Worry, ha evidenziato che e’ stata “accolta pienamente l’ipotesi accusatoria”. In quei festini organizzati dal 45enne, a base di droghe e sesso, in un quadro “di aberrazioni condivise” e di “devastazione e degrado umano”, hanno sostenuto i pm, Genovese, un nerd diventato ‘mister 200milioni di euro’, era abituato a “prendersi tutto”. E ha superato “consapevolmente il limite”, quello del consenso delle ragazze, violentandole per ore mentre erano incoscienti. Intanto, sempre a Milano saranno ascoltate con la formula dell’incidente probatorio altre cinque donne vittime di Omar Confalonieri, ex agente immobiliare in carcere dal novembre 2021 e gia’ condannato a 6 anni e 4 mesi per aver drogato con benzodiazepine una coppia di clienti e violentato la donna.

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Caso Open Arms, chiesti 6 anni di carcere per Salvini: la “totale solidarietà” della premier Meloni

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Alla fine di una requisitoria di 7 ore, i Pm di Palermo hanno chiesto di condannare a 6 anni di carcere Matteo Salvini per avere impedito cinque anni fa, quando era ministro degli Interni nel governo Conte, lo sbarco a Lampedusa di 147 migranti, con l’accusa di averli sequestrati a bordo della nave spagnola Open Arms. Richiesta che ha avuto un effetto dirompente nel mondo della politica: “Mi dichiaro colpevole di avere difeso l’Italia e gli italiani, mi dichiaro colpevole di avere mantenuto la parola data”, il commento di Salvini.

Che aggiunge: “Mai nessun governo e mai nessun ministro nella storia è stato messo sotto accusa e processato per avere difeso i confini del proprio Paese”. Al suo fianco la premier Giorgia Meloni: “Trasformare in un crimine il dovere di proteggere i confini italiani dall’immigrazione illegale è un precedente gravissimo, la mia totale solidarietà al ministro Salvini”. Presa di posizione fortemente criticata dall’opposizione. Ma a Salvini è arrivato addirittura il duro endorsement di Elon Musk: “Quel pazzo pubblico ministero dovrebbe essere lui quello che va in prigione per sei anni, questo è pazzesco”. Proprio secondo i Pm di Palermo, Salvini avrebbe agito nel 2019 non per una strategia concordata col governo Conte, come invece sostiene la difesa, ma per l’interesse ad aumentare il proprio consenso elettorale facendo leva sulla lotta all’immigrazione clandestina. Secondo l’accusa, non c’era alcun pericolo di terrorismo a bordo della nave e dunque non c’era alcuna necessità di proteggere la sovranità dello Stato.

Inoltre, le condizioni dei migranti per quell’azione si aggravarono di giorno in giorno. Per motivare la richiesta di condanna, il pm Marzia Sebella ha sottolineato che “il pos doveva essere rilasciato senza indugio e subito, il diniego è stato in spregio delle regole e non per proseguire in un disegno governativo”, e quel “diniego consapevole e volontario ha leso la libertà di ognuna delle 147 persone e non c’era ragione”. Quindi un pensiero ai migranti, “i grandi assenti in questo processo: non ci sono state le persone offese, la maggior parte di loro è irreperibile, ma non perché siano clandestini o criminali, magari perché una casa non ce l’hanno. Leggeremo a uno a uno i nomi di queste persone per ricordarle”. Parole apprezzate da Oscar Camps, fondatore di Opem Arms: “Siamo emozionati”. Di tutt’altro tenore l’avvocato Giulia Bongiorno: “Basta esaminare gli atti, e non fare ipotesi e teoremi, per rendersi conto che durante tutto il processo c’è stata la correttezza dell’operato di Salvini e la massima attenzione alla salute dei migranti”. Il sostituto procuratore Geri Ferrara, assieme alla collega Giorgia Righi, ha affermato che non si tratta di “un processo politico” perché “è pacifico che qui di atto politico non c’è nulla”: sono stati valutati “atti amministrativi come il ritardo o la negazione” del porto assegnato per sbarcare.

“L’elemento chiave”, per l’accusa, “è stato quando Salvini ha assunto il ruolo di ministro” e “ha spostato le decisioni sulla gestione degli sbarchi e del rilascio dei pos dal Dipartimento libertà civili e immigrazione al suo ufficio di gabinetto”. E’ stato lui, insomma, ad assumere tutte le decisioni, era lui che veniva informato in modo “costante e quotidiano”. Per i pm “non è accettabile” l’idea di anteporre la protezione dei confini nazionali ai diritti umani. “C’è un principio chiave non discutibile: nel nostro ordinamento, per fortuna democratico, i diritti umani prevalgono sulla protezione della sovranità dello Stato”, ha sottolineato Geri Ferrara.

“La persona in mare va salvata ed è irrilevante la sua classificazione: migrante, componente di un equipaggio o passeggero”, perché “per il diritto internazionale della convenzione Sar anche un trafficante di essere umani o un terrorista va salvato, poi se è il caso la giustizia fa il suo corso”. In attesa della replica delle difese prevista per il 18 ottobre, l’avvocato Bongiorno ha accusato il pm di fare politica: “Nel momento in cui dice che il tavolo tecnico, i decreti e le direttive sono tutti inaccettabili, intollerabili e in contrasto con i diritti umani in realtà sta processando la linea politica di quel governo”. Entro la fine dell’anno, poi, è prevista la sentenza.

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Mamma e bimba scomparse, trovata auto vicino a un ponte

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E’ stata ritrovata vuota a Covolo di Pederobba (Treviso), vicino al ponte di Vidor, nel tardo pomeriggio di oggi l’auto, una Volkswagen Tiguan di colore bianco, con la quale si è allontanata da casa ieri con la figlia di tre anni Susanna Recchia, 45 anni di Miane (Treviso). La segnalazione della scomparsa era stata fatta dal compagno e quindi diramata dalla Prefettura di Treviso. All’interno della vettura non è stata notata alcuna traccia significative. Era in un parcheggio al confine dell’abitato a pochi decine di metri dall’imbocco del ponte. La donna ha lasciato a casa il telefono cellulare ed il portafoglio con i documenti. Sono in corso ricerche in tutta la provincia e nei territori limitrofi con verifiche attraverso i sistemi di videosorveglianza pubblici e privati e dispositivi per il riconoscimento automatico della targa.

Dopo il ritrovamento della vettura, sottolinea l’assessore regionale alla protezione civile Gianpaolo Bottacin, “le ricerche di madre e figlia si concentreranno nella zona”. La donna è alta circa 1 metro e 65 centimetri, di corporatura normale, ha capelli ricci castani, occhi castani e due tatuaggi sulla spalla destra. Quando il compagno ieri ha raggiunto l’abitazione della 45enne per prendere la figlia, non ha trovato ne’ la piccola ne’ la madre. La prefettura di Treviso si è affrettata a diramare un avviso a chiunque le vedesse e ad attivare il protocollo per la ricerca delle persone scomparse. Per tutta la giornata hanno scandagliato l’area da cui si sarebbe allontanata Susanna gli uomini della Protezione civile, dei vigili del fuoco, dei volontari e della polizia. Nella zona del ritrovamento della vettura si stanno vagliando anche i filmati delle videocamere per individuare i possibili spostamenti della madre con la figlia.

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Bambino di 9 anni travolto e ucciso da una porta di calcio

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Tragedia nel pomeriggio a Ozieri (Sassari) , nel nord Sardegna. Un bambino di 9 anni è stato travolto e ucciso da una porta di calcio che gli è crollata addosso mentre giocava con due coetanei nel campo sportivo ‘Meledina’, nella frazione di San Nicola. L’incidente è avvenuto poco dopo le 18: I tre ragazzini erano entrati nel campo per dare due calci al pallone: una porta di quelle mobili, che generalmente si usano durante gli allenamenti per ridurre le dimensioni del terreno, per motivi che sono tuttora in fase di accertamento, ha ceduto cadendo addosso al bambino. Inutili i soccorsi.

A dare l’allarme sono stati i due compagni di gioco. Sul posto sono arrivati il 118, i vigili del fuoco e i carabinieri della Compagnia di Ozieri. Per oltre un’ora i soccorritori hanno cercato con ogni mezzo di rianimare il bambino, ma ogni tentativo è risultato vano. La Procura di Sassari ha disposto l’autopsia sul corpo della piccola vittima. Le indagini sono condotte dai carabinieri e dagli ispettori dello Spresal. La tragedia ha scosso la cittadina di Ozieri, che proprio questo fine settimana festeggia con una serie di eventi la Beata Vergine del Rimedio: in serata era previsto il concerto di Fedez.

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