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Salute

Oltre 14 milioni di italiani hanno una malattia cronica

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In Italia oltre 14 milioni di persone convivono con una malattia cronica e di queste 8,4 milioni hanno più di 65 anni, c’è anche chi è ammalato e non si rende conto di esserlo: lo indica lo studio Prevasc sulla prevenzione cardiovascolare condotto dalla Società italiana di cardiologia geriatrica in dieci piccoli comuni italiani. Secondo i dati il 94% dei soggetti over 75 presenta almeno un difetto valvolare, spesso non percepito come un problema di salute. Inoltre, molte persone over 65 hanno una scarsa capacità di riconoscere i sintomi delle patologie. “Le malattie croniche negli anziani spesso sono diagnosticate tardi, con conseguenze cliniche, economiche e sociali rilevanti – ha detto Alessandro Boccanelli, presidente dell’organizzazione di volontariato Salute e società, intervenuto al convegno ‘Medicina di Prevenzione, Cronicità, Territorio: il modello ‘Prevenzione di Comunità’ tenuto ieri a Roma.

Uno scenario che richiede un ripensamento delle politiche sanitarie, con un focus sulla prevenzione e sul miglioramento dell’assistenza territoriale. “Per far fronte alla sfida della cronicità bisogna adottare il modello di ‘prevenzione di prossimità’ – ha affermato Antonio Magi, presidente dell’Ordine dei medici di Roma – solo in questo modo è possibile costruire una sanità più vicina ai cittadini”. A tal proposito la Giunta Regionale del Lazio ha approvato una proposta di legge che prevede di inserire nei distretti sanitari della regione una nuova figura, quella del direttore socio-sanitario. “L’obiettivo è far convergere e dialogare la sanità con la società grazie all’introduzione di questo ruolo complementare”, ha spiegato Massimiliano Maselli, assessore all’Inclusione sociale e ai servizi alla persona della Regione Lazio.

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Dalle pandemie ai fondi, l’Oms cerca il riscatto

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Dalla resilienza globale di fronte a nuove pandemie alla ricerca di nuove risorse dopo il terremoto causato dalla fuoriuscita del principale finanziatore, gli Stati Uniti di Donald Trump. L’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms) ha aperto oggi i lavori della 78/ma Assemblea mondiale, il suo organo legislativo, che si riunirà a Ginevra fino al 27 maggio con l’auspicio di approvare un epocale Accordo pandemico e, soprattutto, incrementare i contributi degli Stati membri a fronte di un taglio del budget del 21% dal bilancio del biennio 2026-2027, anch’esso in attesa di approvazione. A dare il via all’incontro, dal titolo “One World for One Health”, il segretario generale Tedros Adhanom Ghebreyesus, con la presentazione del suo rapporto sul 2024.

Un intervento incentrato sui tre principali pilastri su cui si fonda l’azione di salute globale dell’Oms: la prevenzione e l’intervento sulle cause alla radice delle malattie; l’espansione dell’accesso equo ai servizi sanitari; il supporto alle nella protezione della salute attraverso prevenzione e risposta alle emergenze sanitarie. Tra i passaggi cruciali dell’evento svizzero la possibile (e auspicata) approvazione dell’Accordo pandemico. “Questa Assemblea sarà davvero storica: dopo tre anni di negoziati, i Paesi potranno adottare il primo patto globale per proteggere le popolazioni dalle pandemie”, ha affermato Ghebreyesus, in vista dell’atteso ok al documento – discusso già oggi – nella mattina di martedì 20 maggio. Nel pomeriggio della stessa giornata la discussione sul Programma di bilancio 2026-2027, inclusa l’ipotesi di un incremento del 20% dei contributi obbligatori dai Paesi membri e la riduzione del budget del 21%, da 5,3 a 4,267 miliardi, necessaria a causa del ritiro degli Usa, contributori per 960 milioni (15% del budget) lo scorso biennio. Tagli a costi di viaggio, approvvigionamento, pensionamento anticipato e altro, che “hanno contribuito a ridurre il divario, ma non c’è ancora alternativa alla riduzione del nostro personale”. Da qui “un importante riallineamento strutturale” tra cui la riduzione del “team di gestione esecutiva della sede centrale da 14 a 7 membri e dei dipartimenti da 76 a 34”. Senza il primo aumento di contributi degli Stati al 50% del bilancio di base, tre anni fa, “la nostra attuale situazione finanziaria sarebbe molto peggiore: di 300 milioni di dollari”. Eppure “ci troviamo di fronte a un divario salariale di oltre 500 milioni di dollari per il prossimo biennio”. Approvando l’aumento ulteriore e grazie agli investimenti “siamo fiduciosi di aver già assicurato oltre 2,6 miliardi di dollari, il 60% dei fondi per il biennio”, ha spiegato il segretario. Due miliardi l’anno, ha detto, non sono una cifra ambiziosa: “È l’equivalente della spesa militare globale ogni 8 ore; è il prezzo di un bombardiere stealth, che uccide persone; è un quarto delle spese di promozione annue dell’industria del tabacco, un prodotto che uccide persone. Sembra che qualcuno abbia scambiato le etichette di ciò che vale davvero nel nostro mondo”. Nella sua presentazione Ghebreyesus ha ricordato i risultati raggiunti dall’azione globale dell’Oms, tra cui la negoziazione di una pausa umanitaria a Gaza per una campagna di vaccinazione anti-polio che ha raggiunto oltre 560mila bambini. “Ma la popolazione continua a fronteggiare molte altre minacce. A due mesi dall’inizio dell’ultimo blocco, due milioni di persone muoiono di fame, mentre 116mila tonnellate di cibo sono bloccate al confine”, ha sottolineato, chiedendo agli Stati membri “di accettare più pazienti e a Israele di consentire queste evacuazioni e di consentire l’ingresso a Gaza di cibo e medicine di cui c’è urgente bisogno”. (ANSA). 2025-05-19T19:14:00+02:00 YAA-BR ANSA per CAMERA01 NS055 NS055

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Salute

Da cervello affamato a fame emotiva, gli identikit dell’obesità

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Cervello affamato, intestino affamato, fame emotiva e combustione lenta: sono i quattro volti dell’obesità che corrispondono ad altrettanti fenotipi, ossia al risultato dell’interazione tra il patrimonio genetico e l’ambiente. Conoscerli apre la strada a terapie su misura, calibrate in modo personalizzato.

E’ quanto emerge dal congresso Panorama Diabete in corso a Riccione. “La novità è di aver catalogato l’obesità in quattro fenotipi”, osserva dal congresso l’endocrinologo Francesco Giorgino, e questo “rappresenta un cambiamento di paradigma nel trattamento dell’obesità, permettendo di abbandonare l’approccio ‘taglia unica’ a favore di strategie terapeutiche personalizzate basate sulle caratteristiche specifiche di ciascun paziente”. Il cervello affamato è il primo fenotipo individuato, nel quale un individuo necessita di maggiori calorie prima di raggiungere la sensazione di sazietà.

Il secondo fenotipo è l’intestino affamato, caratterizzato da una durata anormale della pienezza e da uno svuotamento gastrico accelerato, che porta a mangiare più frequentemente perché la sensazione di sazietà dopo ogni pasto cessa precocemente. Il terzo è la fame emotiva, che si manifesta come desiderio di mangiare per far fronte a emozioni positive o negative, soprattutto in chi è ansioso o depresso, ha una peggiore immagine corporea e scarsa autostima.

Il quarto , la combustione lenta, è caratterizzato da un metabolismo rallentato, con massa muscolare inferiore e minore predisposizione all’attività fisica. Per la presidente della Società italiana di diabetologia (Sid) Raffaella Buzzetti, è quindi necessario “personalizzare gli interventi in base al fenotipo predominante. Questo significa che il trattamento può essere adattato alle caratteristiche biologiche specifiche del paziente, aumentando significativamente le probabilità di successo e riducendo il rischio di ricadute”.

Per esempio, per il cervello affamato risultano più efficaci interventi farmacologici mirati ai recettori della sazietà e strategie nutrizionali che privilegiano alimenti sazianti a bassa densità calorica; per l’intestino affamato sono indicati pasti più frequenti ma di volume ridotto e ricchi di fibre, che rallentano lo svuotamento gastrico; per la fame emotiva il trattamento deve integrare il supporto psicologico con tecniche di ‘mindful eating’, mentre per la combustione lenta l’apporto proteico va combinato con un programma di attività fisica mirato all’incremento della massa muscolare.

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Via libera negli USA al primo esame del sangue per diagnosticare l’Alzheimer: diagnosi precoce e cure più tempestive

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Un passo avanti decisivo nella lotta contro l’Alzheimer: la Food and Drug Administration (FDA) degli Stati Uniti ha approvato il primo esame del sangue capace di identificare precocemente la malattia. Il test è stato sviluppato da Fujirebio Diagnostics e si basa sull’analisi del rapporto tra due proteine presenti nel sangue, utili per intercettare i segnali della neurodegenerazione in fase iniziale.

Diagnosi più rapida per avviare subito le terapie

Il nuovo esame rappresenta un’innovazione cruciale per la diagnosi precoce dell’Alzheimer, poiché consentirà di iniziare prima la somministrazione di farmaci capaci di rallentare la progressione della malattia. Fino a oggi, l’identificazione dell’Alzheimer avveniva con metodi più complessi e invasivi, come la PET o la puntura lombare. Con un semplice prelievo di sangue, ora sarà possibile intervenire in anticipo.

Allarme Alzheimer: i numeri negli Stati Uniti

Secondo i dati diffusi dalla FDA, negli Stati Uniti il 10% delle persone con più di 65 anni è affetto da Alzheimer. Una cifra destinata a raddoppiare entro il 2050, sottolineando l’urgenza di strumenti diagnostici più efficienti. Marty Makary, rappresentante dell’agenzia sanitaria americana, ha dichiarato:

«L’Alzheimer colpisce troppe persone, più del cancro al seno e del cancro alla prostata messi insieme».

La speranza è nella prevenzione

Il test di Fujirebio potrebbe trasformare radicalmente l’approccio alla malattia, rendendo possibile una strategia di prevenzione più efficace, con controlli regolari nella popolazione a rischio. La comunità scientifica internazionale accoglie con interesse questa approvazione, che potrebbe presto cambiare anche i protocolli diagnostici europei.

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