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Tecnologia

Nvidia spinge sull’IA, lancia Cosmos un ‘ChatGpt per robot’

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Una tecnologia per addestrare i robot con l’intelligenza artificiale, una specie di ChatGpr per la robotica, e nuovi chip che portano l’IA sui computer migliorando le prestazioni. Li ha lanciati Nvidia, il colosso americano dei semiconduttori, che alla fiera tecnologica Ces che si è aperta a Las Vegas ha presentato la piattaforma Cosmos e una nuova gamma di schede grafiche con capacità di elaborazione più potente.

Cosmos è una piattaforma che punta a produrre la tecnologia per addestrare i robot su larga scala creando dati di addestramento sintetici. L’obiettivo è aiutare i robot e le auto con più tecnologia a bordo a comprendere il mondo fisico in modo simile al modo in cui i grandi modelli linguistici hanno aiutato i chatbot a generare risposte in linguaggio naturale. La piattaforma è disponibile con una licenza aperta per accelerare il lavoro della comunità dei ricercatori nel campo della robotica e dei veicoli autonomi.

“Il momento ChatGpt per la robotica sta arrivando”, ha affermato Jensen Huang, fondatore e Ceo di Nvidia in un keynote affollato. L’azienda a Las Vegas ha lanciato anche nuovi chip, i GeForce RTX 50 che sono basati su architettura Blackwell. “Blackwell, il motore IA, sta arrivando per giocatori, sviluppatori e creatori di contenuti. Rappresenta l’innovazione più significativa da 25 anni”, ha spiegato Huang.

Prevede che il suo nuovo chip aprirà la strada alla nascita di assistenti virtuali di nuovo tipo, capaci di accompagnare l’utente di un pc dall’inizio alla fine della sessione e in tutti i suoi compiti. Infine, permetterà di migliorare il realismo dei videogiochi. Acer, Asus, Dell, HP e Lenovo sono tra i produttori che integreranno i nuovi processori nei loro modelli, a partire già da aprile.

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Instagram dice addio ai filtri di realtà aumentata: cosa cambia per gli utenti

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Dal 14 gennaio 2025 Instagram cambierà volto, letteralmente. La piattaforma eliminerà i filtri di realtà aumentata (AR), noti per levigare i visi, ingrandire gli occhi e trasformare i tratti del volto in versione “perfetta”. Con questa decisione, Meta disattiverà anche Meta Spark, la piattaforma che permetteva la creazione e il caricamento di questi filtri.

Cosa resterà disponibile?

Dopo il 14 gennaio, saranno disponibili solo gli effetti di realtà aumentata realizzati direttamente da Meta. Si tratta di circa un centinaio di filtri, una quantità esigua rispetto ai più di due milioni che spariranno dalla piattaforma. Questa decisione riflette un approccio più cauto verso l’impatto che i social media hanno sulla salute mentale degli utenti, soprattutto dei più giovani.

L’effetto dei filtri sulla salute mentale

Diversi studi hanno dimostrato che l’uso intensivo dei social media, e in particolare dei filtri di realtà aumentata, può avere conseguenze negative sulla salute mentale. Il confronto continuo con standard di bellezza irrealistici e il bisogno di “migliorare” la propria immagine prima di condividerla online alimentano ansia, depressione e una percezione distorta di sé. Per gli adolescenti, che trascorrono ore sui social, questo effetto può essere amplificato.

Anche TikTok vieta i filtri per i minori

Instagram non è l’unico social a intervenire. TikTok, una delle piattaforme più popolari tra i giovani, ha recentemente vietato l’uso dei filtri di realtà aumentata per i minori di 18 anni. Questo ulteriore passo dimostra come il settore stia iniziando a considerare più seriamente l’impatto dei social sulla salute mentale degli utenti.

Basteranno queste misure?

Sebbene queste decisioni rappresentino un passo avanti, resta da capire se saranno sufficienti per arginare il fenomeno. La dipendenza dai social e il confronto costante con immagini idealizzate restano problemi complessi. Eliminare i filtri è un buon inizio, ma potrebbe essere necessario un impegno più ampio per educare gli utenti, soprattutto i più giovani, a un uso consapevole delle piattaforme.

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Bloccato in un robotaxi: l’odissea tecnologica del ceo Mike Johns

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Rimanere imbottigliati nel traffico può essere stressante, ma essere intrappolati in un robotaxi che gira in tondo senza permetterti di scendere è un’esperienza surreale. È quello che è successo a Mike Johns, ceo dell’azienda Digital Mind State, mentre si trovava in Arizona per raggiungere l’aeroporto di Scottsdale.

L’inizio di un’avventura inaspettata

Johns aveva prenotato un robotaxi Waymo, noto progetto nato come spin-off di Google, per un viaggio che avrebbe dovuto essere tranquillo e senza intoppi. Tuttavia, durante il tragitto, l’auto a guida autonoma ha improvvisamente perso il controllo, entrando in un parcheggio e iniziando a girare in tondo. Johns è rimasto intrappolato per quasi sette minuti, che ha descritto come «un’eternità».

L’intervento tardivo del servizio clienti

Durante l’episodio, Johns ha avviato una registrazione video per documentare l’accaduto. È stato allora che il servizio clienti di Waymo ha contattato l’auto tramite l’altoparlante integrato. «Ho ricevuto una notifica che indica un problema di percorso», ha detto l’operatrice. Johns, esasperato, ha chiesto: «Non puoi fermare l’auto?». La risposta, purtroppo, è stata negativa: l’assistenza clienti non ha accesso diretto al controllo dei veicoli.

La soluzione esisteva, ma non è stata comunicata

Solo in seguito Johns ha scoperto che nell’auto c’era un bottone d’emergenza che avrebbe potuto fermare il veicolo. Tuttavia, nessuno gli ha fornito questa informazione durante l’incidente. Il problema tecnico, causato da un malfunzionamento del software, è stato risolto successivamente con un aggiornamento.

Dubbi e preoccupazioni sulla guida autonoma

Johns, intervistato dalla CBS News, ha espresso la sua delusione: «Dov’è l’empatia? Dov’è la connessione umana in tutto questo?». Non sapeva nemmeno se stesse parlando con un operatore reale o con un’intelligenza artificiale.

Questo episodio non è un caso isolato per Waymo, che in passato è stata criticata per auto bloccate da ostacoli banali o per aver intralciato i soccorsi con veicoli fermi in strada.

Una tecnologia promettente, ma con molte lacune

La vicenda solleva importanti interrogativi sul futuro della guida autonoma. Nonostante le promesse di una mobilità più efficiente, gli episodi come quello di Mike Johns dimostrano che c’è ancora molto lavoro da fare per garantire la sicurezza e l’affidabilità di questi sistemi.

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Esplosioni vulcaniche e crateri bui nei nuovi scatti di Mercurio

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Crateri bui, i cui bordi lasciano perennemente in ombra il loro interno, vaste distese lasciate da antiche eruzioni di lava e vistose cicatrici lasciate da violentissime esplosioni vulcaniche: sono i protagonisti dei nuovi scatti di Mercurio, ottenuti grazie all’ultimo passaggio ravvicinato con il pianeta della sonda BepiColombo, dell’Agenzia Spaziale Europea e di quella giapponese (Jaxa). Il cosiddetto flyby è avvenuto l’8 gennaio alle ore 06,59 italiane, a una distanza di 295 chilometri dalla superficie: si tratta dell’ultimo passaggio ravvicinato previsto, che ha permesso di ridurre la velocità del veicolo e di aggiustarne la traiettoria in vista della missione vera e propria.

Dopo essersi avvicinata al lato in ombra di Mercurio, BepiColombo è volata sopra il confine tra notte e giorno e ha avuto l’opportunità unica di scrutare i crateri che segnano il polo Nord, tra i luoghi più freddi di tutto il Sistema Solare nonostante la vicinanza alla nostra stella. Oltre il polo settentrionale le fotocamere hanno poi catturato le vaste pianure vulcaniche chiamate Borealis Planitia: queste lisce distese si sono formate da una vasta eruzione di lava liquida avvenuta 3,7 miliardi di anni fa e ricoprono gran parte della superficie del pianeta. BepiColombo ha osservato anche la Caloris Planitia, il più grande cratere da impatto di Mercurio largo oltre 1.500 chilometri, e una macchia luminosa che corrisponde alla cosiddetta Nathair Facula, il risultato della più grande esplosione vulcanica avvenuta sul pianeta. Al suo centro si trova, infatti, una bocca vulcanica di circa 40 chilometri di diametro che ha generato almeno 3 grandi eruzioni. Il colore più chiaro indica che si tratta di una struttura geologica molto più giovane della superficie circostante, scurita dal passaggio del tempo.

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