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Tecnologia

Nuovi tablet e cellulari dallo schermo pieghevole già da quest’anno sul mercato

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Il 2019 sarà l’anno dei primi smartphone pieghevoli. Lo scorso novembre Samsung nella tradizionale convention annuale degli sviluppatori ha fatto sapere che presto sarà sul mercato l’Infinity Flex Display. Si tratta di uno smartphone che dovrebbe avere una dimensione massima di 7,3 pollici quando è aperto e di 4,58 quando è chiuso. Due saranno le modalità d’uso. Quando il telefono è piegato, si potrà utilizzare come un tradizionale smartphone sfruttando lo schermo touch verticale, mentre aprendo a libro il display interno il cellulare diventa praticamente un tablet. La tecnologia utilizzata dovrebbe essere Oled. Al momento del lancio i prezzi dovrebbero aggirarsi intorno a 1400 dollari. Samsung però è stata battuta sul tempo da Royole Corporation, con sede in California che ha presentato in quel di Pechino il suo FlexPai, un cellulare con display Oled che si piega senza spezzarsi, il cui costo e’ pero’ molto alto e che in Europa non e’ ancora arrivato.

Potrebbe arrivare presto anche l’esordio di Motorola sul mercato dei telefoni ‘pieghevoli’. Dalle indiscrezioni raccolte sul web potrebbe trattarsi di un telefono a conchiglia. Al momento Motorola ha depositato un brevetto per un telefono pieghevole a due schermi che si gira per essere usato come tablet. Il brevetto descrive due telecamere, oltre a cerniere nella parte superiore, inferiore e centrale e la possibilità di essere sostenute in una modalità di visualizzazione simile ad una tenda.LG non ama mai lasciarsi troppo indietro rispetto a Samsung, e sicuramente è stata una delle società più attive nello sviluppo di tecnologie per schermi pieghevoli e non solo per i telefoni ma anche per i televisori. Negli ultimi mesi LG ha confermato che sta lavorando su telefoni pieghevoli, senza rivelare troppi altri dettagli. In effetti, gli schermi LG potrebbero essere utilizzati da altri produttori di telefoni, tra cui Huawei.
Il più atteso resta il melafonino della Apple. Già nel novembre dello scorso anno è emerso un brevetto depositato dalla Apple Inc per “Dispositivi elettronici con display flessibili”, che specifica in modo specifico un dispositivo elettronico che comprende “un display flessibile nell’alloggiamento con una regione di piegatura che si piega su un asse di piegatura”. Le parole “telefono cellulare” sono state menzionate nello stesso documento. Secondo gli analisti, Apple aspetterà fino al 2020 per rilasciare un telefono pieghevole lanciando contemporaneamente il nuovo iPhone con schermo flessibile con la connessione 5G

Ultimo e assolutamente non meno importante è il telefono pieghevole su cui sta lavorando Huawei. Lo scorso ottobre, Richard Yu Ceo di Huawei, ha confermato che il produttore cinese aveva già “un prototipo funzionante di uno smartphone flessibile”. Da allora, Huawei ha ribadito il suo impegno a far uscire un telefono pieghevole, principalmente perché gli utenti di smartphone hanno bisogno di più spazio sui loro schermi per salvare i dati, dovendo continuare a tornare sui loro computer portatili per determinate attività.

Nel contempo Google ha fatto sapere che Android presto supporterà i display pieghevoli. Il software, quindi, sicuramente sarà pronto prima dell’hardware.

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L’ex guru di Apple alla corte di OpenAI, via nuova era

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Il papà dell’iPhone alla corte di OpenAI per sviluppare dispositivi per i consumatori. Io, la startup di Sir Jony Ive, l’ex guru del design di Apple, è stata acquistata da ChatGPT per 6,5 miliardi di dollari con l’obiettivo di “creare una famiglia di prodotti per l’era dell’intelligenza generativa”. La partnership fra il designer visionario e OpenAI ha il potenziale di aprire una nuova era di tecnologia per i consumatori basata sull’intelligenza artificiale, in quanto mette l’ex guru di Apple alla guida creativa di una startup in forte crescita e rivoluzionaria come OpenAI. Considerato il papà dell’iPhone e l’architetto di alcuni dei maggiori successi di Apple, Ive ha contribuito nel corso della sua carriera a cambiare il rapporto fra i consumatori e la tecnologia. E per questo la sua alleanza con OpenAI è destinata a ‘spaventare’ le big della Silicon Valley, che ha anni scommettono miliardi sullo sviluppo e l’uso dell’intelligenza artificiale.

Per Ive l’accordo è un’occasione per un ritorno di alto profilo nell’industria tecnologia per i consumatori. Dopo aver lasciato Apple nel 2019, l’ex guru di Cupertino ha fondato LoveForm e io senza però essere un protagonista come quando lavorava fianco a fianco con il suo “partner spirituale” Steve Jobs. Lo staff di Io – composto da 55 persone fra ingegneri e ricercatori – entrerà a fra parte di OpenAI mentre Ive, pur acquisendo “responsabilità creative e di design”, non diventerà un dipendente della startup. “Abbiamo l’occasione di reimmaginare cosa significa usare un computer”, ha detto l’amministratore delegato di OpenAI Sam Altman. La startup creerà un prodotto con un livello di qualità “mai visto prima nell’hardware di consumo. L’intelligenza artificiale rappresenta un tale passo avanti in termini di ciò che le persone possono fare che necessita di nuovi fattori per sfruttarne al massimo il potenziale”, ha aggiunto.

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Osservazione della Terra, 700 miliardi di dollari nel 2030

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Un valore di 700 miliardi di dollari entro il 2030: sono queste le previsioni di sviluppo per l’Osservazione della Terra, che alle immagini dei satelliti sta cominciando ad affiancare intelligenza artificiale, supercalcolo e cloud per fornire a tutto il mondo servizi sempre più efficienti e puntuali. Lo indicano gli oltre 600 esperti riuniti a Roma da oggi al 9 maggio per il Geo Global Forum, promosso da Commissione Europea e Agenzia Spaziale Italiana in collaborazione con il Group on Earth Observations (Geo), l’organizzazione internazionale dedicata all’Osservazione della Terra, delle quali l’Italia è stata fra i Paesi fondatori, fondata nel 2005 per facilitare e incrementare i dati rilevati dai satelliti come supporto ad ambiti operativi e decisionali. “Siamo orgogliosi di ospitare in Italia un evento così importante”, ha detto il presidente dell’Asi, Teodoro Valente.

“Il Geo Global Forum evidenzia l’impegno dell’Italia nell’osservazione della Terra dallo spazio come fattore chiave per l’implementazione delle politiche e delle azioni necessarie al raggiungimento degli Obiettivi di sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite dedicati alla tutela del nostro pianeta”. A presentare la stima del valore di 700 miliardi di dollari generato entro il 2030 dai dati relativi all’osservazione della Terra è stata la direttrice del segretariato Geo Yana Gevorgyan. Negli ultimi 20 anni – ha aggiunto – Geo ha compiuto notevoli progressi nel promuovere l’utilizzo dell’osservazione della Terra per il bene comune. Oggi queste soluzioni basate sui dati hanno il potere di trasformare il modo in cui comprendiamo e ci prendiamo cura del nostro pianeta”. Il valore di 700 miliardi di dollari è “il risultato della considerazione di più fattori, dalla vendita dei dati satellitari fino a prodotti e servizi finali”, ha detto Giovanni Rum, senior advisor sull’Osservazione della Terra per Asi.

“Dieci anni fa – ha proseguito – c’era la vendita dei dati satellitari, ma gradualmente ci si è spostati avanti nella catena del valore fino ai servizi”. Questo è possibile grazie alle tecnologie che si stanno integrando per ottimizzare il processamento dei dati, come l’intelligenza artificiale e il calcolo ad alte prestazioni; per quanto riguarda la distribuzione, i cloud è la tecnologia emergente per favorire l’accesso degli utenti a dati, informazioni e prodotti. “Alla luce di questi cambiamenti, a 20 anni dalla nascita di Geo – ha detto ancora Rum – si sta passando alla nuova fase chiamata Earth Intelligence”, ossia la capacità di combinare i dati osservativi con quelli socio-economico per fornire informazioni utili ad amministrazioni pubbliche, clienti commerciali e associazioni. Questi scenari saranno anche al centro della Plenaria Geo, il più alto organo decisionale del Gruppo composto dai rappresentanti dei circa 120 Paesi membri e delle oltre 140 organizzazioni partecipanti. Obiettivo della riunione, in programma il 7 e 8 maggio pressi l’Asi, un piano d’azione per i prossimi anni e lanciare una piattaforma per garantire libero accesso ai dati.

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Starbase, la nuova città fondata da Elon Musk in Texas

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Nel profondo Sud del Texas, affacciata sul Golfo del Messico, una piccola località chiamata Boca Chica ha cambiato nome, volto e destino. Dove un tempo si estendeva una spiaggia sacra alla tribù dei Carrizo/Comecrudo, oggi sorge Starbase, la prima città fondata da Elon Musk. Con una votazione che ha visto il 97,7% dei residenti favorevoli (solo sei i contrari), Starbase è diventata ufficialmente una municipalità americana.

Il sogno di Musk: da Boca Chica a Marte

Starbase non è una città come le altre. È l’ultima delle circa 2.000 “company town” nella storia degli Stati Uniti: centri abitati costruiti e gestiti direttamente da aziende. Ma qui la compagnia in questione è SpaceX, e l’obiettivo finale non è solo il profitto: è la colonizzazione di Marte.

Il fondatore di Tesla e SpaceX ha fatto erigere un busto dorato alto quattro metri a sua immagine nel cuore della città, dove convivono prefabbricati, caravan di lusso e un solo ristorante: l’Astropub, la cui insegna al neon recita “Occupy Mars”.

Il sindaco è un dirigente SpaceX

Il nuovo sindaco di Starbase è Bobby Peden, 36 anni, vicecapo delle operazioni di lancio di SpaceX. I due vice sindaci lavorano anche loro per l’azienda. Dei circa 500 abitanti della città, la maggior parte è direttamente impiegata nel progetto spaziale. Starbase si estende su appena 3,9 chilometri quadrati, ma il suo impatto politico potrebbe essere notevole: una legge in discussione in Texas potrebbe attribuire al Comune il potere di chiudere autostrade e spiagge durante i lanci. Finora queste decisioni spettavano alla contea di Cameron.

Proteste ambientali e diritti dei nativi

Non mancano però le polemiche. Gli ambientalisti e le comunità native americane denunciano la perdita di uno spazio naturale e sacro. Preoccupazioni arrivano anche dalle famiglie locali, che vedono ridursi l’accesso alla spiaggia di Boca Chica, sempre più chiusa in coincidenza dei test missilistici.

SpaceX ha chiesto di aumentare i lanci da 5 a 25 all’anno, e la tensione con le comunità locali cresce. Il sogno di Musk rischia di trasformare uno dei tratti più selvaggi del Texas in un’enclave industriale proiettata verso lo spazio.

Dalla filanda a Marte: la nuova frontiera delle company town

A metà Ottocento, le prime “company town” come Lowell nel Massachusetts svegliavano le operaie con una sirena alle 4.30 del mattino per mandarle in filanda. A Starbase, al confine con il Messico, la vita è più dolce. Ma l’impronta è la stessa: un’intera città costruita attorno a un’unica azienda, con un unico scopo. Non più il tessile, ma il sogno interplanetario di Elon Musk. Un sogno che ha già cambiato nome e identità a Boca Chica. E che forse, per qualcuno, poteva restare semplicemente un pezzo incontaminato di Texas.

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