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Nucleare: arriva “debat public” per il deposito dei rifiuti

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Ci voleva il nucleare. Per far arrivare il dibattito pubblico anche in Italia. Quello che i francesi chiamano ‘debat public’. Ovvero condivisione e trasparenza delle informazioni con le comunita’ e i territori per la scelta del posto in cui costruire grandi impianti. In questo caso, il concetto d’oltrealpe, approda nel nostro Paese per il sito che dovra’ ospitare il deposito dei rifiuti nucleari e l’annesso Parco tecnologico. E’ su questo, in sostanza, l’impegno che dovra’ assumere il governo con l’approvazione – a larghissima maggioranza con 409 voti a favore, un solo contrario, e 22 astenuti di Fratelli d’Italia – della mozione unitaria in Aula a Montecitorio dedicata alla Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee (Cnapi). Nello specifico assicurare che tutte le fasi della (lunga) procedura per la scelta dei siti idonei “siano caratterizzate dalla concertazione e condivisione con le Regioni, i territori e le comunita’ locali interessate, nel rispetto dei principi di trasparenza, leale collaborazione e cooperazione istituzionale, prevedendo una tempistica adeguata che tenga conto della complessita’ della materia e dell’impatto della pandemia sulla operativita’ delle strutture amministrative”. Ma il de’bat public nel nostro Paese non ha avuto finora vita facile. Manca in realta’ una vera e propria regolamentazione. E forse nel ginepraio delle normative taglia-burocrazia – che il Recovery dovrebbe favorire – potrebbe avere qualche speranza. Tenendo anche presente l’eventuale auto-candidatura da parte di Comuni (che comunque devono necessariamente rispettare i requisiti). Per la Lega, dice il capogruppo Riccardo Molinari, e’ “un passo avanti su vincoli e trasparenza. La localizzazione del sito avverra’ con una procedura di dibattito pubblico”. Il M5s – osserva Generoso Maraia – ritiene che in questo modo si garantiscano “i piu’ elevati standard di sicurezza e il massimo coinvolgimento delle comunita’ locali nelle scelte che riguardano il territorio”. Con la mozione approvata, il governo si impegna anche “ad informare preventivamente il Parlamento sugli esiti della consultazione pubblica e sulle scelte dei ministri interessati per la definitiva approvazione della Carta nazionale delle aree idonee”; cioe’ il passo successivo alle ‘aree potenzialmente idonee’, e prodromico per la decisione finale. Sara’ poi necessario mettere nero su bianco anche “i previsti benefici” individuando sia quelli “economici” che quelli di “sviluppo territoriale”, oltre a rendere pubblici i “criteri” sulle “compensazioni economiche e ambientali agli enti locali”, e “assicurare” anche “la massima sicurezza del sito”. A questo si aggiunge che storia e arte del nostro Paese, cioe’ luoghi sotto il cappello dell’Unesco, dovranno essere esclusi; e che si dovra’ chiedere a Sogin (la societa’ dello Stato che si occupa dello smantellamento del vecchio nucleare italiano e del deposito) di integrare la Carta qualora non fossero state prese in considerazione aree militari o siti produttivi dismessi. Un tema, quello dell’urgenza di un ‘debat public’, che emerge dalle parole della capogruppo di FacciamoEco – Verdi, Rossella Muroni: e’ necessario “dare massima priorita’ alla fase della consultazione pubblica. Chiediamo al governo un impegno ad allargare la platea di soggetti che possono partecipare al processo” per “una consultazione pubblica trasparente, inclusiva e imparziale”. Una questione, quella del deposito, che per il Pd – racconta Stefania Pezzopane – “non e’ piu’ rinviabile”; oltre al fatto che “va recuperato un grave ritardo. Siamo di fronte ad una scelta decisiva per l’ambiente, per la transizione ecologica. Il deposito nazionale e’ indispensabile”. In questo modo – conclude – “per la prima volta in Italia la localizzazione di una grande opera avviene mediante una procedura di dibattito pubblico”.

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Un progetto per salvare gli squali del Mediterraneo

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Un progetto per la conservazione degli squali del Mediterraneo per cercare di arginare una crisi senza precedenti: più del 50% delle specie è a rischio a causa della pesca eccessiva, delle catture accidentali e della perdita di habitat. Ha così ufficialmente preso il via Prosharks (Living on the extinction edge: bridging knowledge gaps to Protect threatened coastal Sharks in the central Mediterranean Sea), un innovativo progetto di ricerca finanziato dal Ministero dell’Università e della Ricerca (Mur) nell’ambito del programma PRIN 2022 Il progetto è coordinato dalla Stazione Zoologica Anton Dohrn e vede la partecipazione dell’Università Politecnica delle Marche e del Cnr Irbim.

ll Mediterraneo, un tempo hotspot di biodiversità per questi animali, ha visto una drastica riduzione delle popolazioni di elasmobranchi, con molte specie ormai scomparse o presenti in numeri estremamente ridotti. Prosharks si propone di affrontare questa emergenza studiando in particolare gli squali palombo (Mustelus mustelus, M. punctulatus e M. asterias) nel Canale di Sicilia, una delle aree del Mediterraneo dove queste specie mantengono popolazioni vitali. Attraverso l’integrazione di dati satellitari, analisi isotopiche, genetica delle popolazioni e delle conoscenze ecologiche locali dei pescatori, Prosharks stabilirà una base di conoscenze solida per valutare lo stato delle popolazioni di palombi e proporre misure di gestione efficaci.

Il progetto punta a identificare aree chiave per la conservazione, come zone di riproduzione e di accrescimento, definire la connettività genetica delle popolazioni e proporre misure tecniche di gestione, valutare l’impatto dei cambiamenti climatici sulla distribuzione futura delle specie. I risultati di Prosharks contribuiranno a sviluppare strumenti di supporto decisionale per la tutela degli squali del Mediterraneo e a sensibilizzare pescatori e opinione pubblica sull’importanza della conservazione di queste specie essenziali per l’equilibrio dell’ecosistema marino.

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Copernicus, le calotte glaciali raggiungono il minimo storico

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Calotte glaciali al minimo storico e temperature ancora ai massimi: dopo il 2024 e la sua serie di record climatici e disastri, l’inverno del 2025 mostrerà ancora una volta il riscaldamento globale proseguendo oltre due anni di osservazioni di livelli storici di caldo. A febbraio la superficie cumulativa del ghiaccio marino attorno ai due poli ha raggiunto un nuovo minimo storico e i tre mesi corrispondenti all’inverno nell’emisfero settentrionale (dicembre-febbraio) sono stati caldi quasi quanto il record dell’anno scorso, secondo il bollettino mensile pubblicato oggi dall’osservatorio europeo Copernicus.

“Febbraio 2025 è in linea con le temperature record o quasi record osservate negli ultimi due anni” a causa del riscaldamento globale, sottolinea Samantha Burgess del Centro europeo per le previsioni meteorologiche a medio termine (Ecmwf) in un comunicato stampa. “Una delle conseguenze di un mondo più caldo è lo scioglimento del ghiaccio marino”, che è “a un minimo storico”, aggiunge la Burgess. Il 7 febbraio, afferma Copernicus, “è stato raggiunto un minimo storico per la superficie cumulativa del ghiaccio” attorno all’Artico e all’Antartico.

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In Italia 64.400 punti di ricarica per e-car, bene in Europa

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La rete italiana delle colonnine per le auto elettriche continua a crescere, con i punti di ricarica a uso pubblico installati a quota 64.391 (+13.713 sul 2023). È quanto emerge dalla sesta edizione dello studio “Le infrastrutture di ricarica a uso pubblico in Italia”, lanciato oggi a Key – The Energy Transition Expo da Motus-E che sottolinea come questo risultato, “nonostante il ritardo nelle vendite di auto elettriche, conferma l’Italia tra i Paesi più virtuosi d’Europa nell’infrastruttura al servizio dei veicoli a batteria”. La Lombardia è la prima regione per punti di ricarica (12.926) davanti a Lazio (6.917), Piemonte (6.151); Roma è la città che conta più punti di ricarica installati (3.117), seconda Milano (1.400) e terza Napoli(1.235). Napoli si conferma la città con più punti di ricarica in rapporto alla superficie, davanti a Torino e Milano.

Guardando alla distribuzione per macroaree, al nord si concentra il 57% dei punti di ricarica, al centro il 20% e al sud il 23%. I punti di ricarica lungo le autostrade sono 1.087. Considerando anche quelli entro 3 chilometri dall’uscita sono 3.447. La rete italiana ha raggiunto nel 2024 un’espansione di oltre il 27% e un aumento dei punti di ricarica negli ultimi due anni del 75%. Inoltre ha già il 75-80% di conformità rispetto agli ultimi obiettivi fissati dall’Europa e si attesta davanti a Francia, Germania e Regno Unito nel rapporto tra punti di ricarica e veicoli elettrici circolanti e tra punti di ricarica e lunghezza complessiva della rete stradale. Insieme al numero totale delle colonnine aumenta anche l’incidenza di quelle a più alta potenza: il 47% dei punti installati nel 2024 è di tipo veloce e ultraveloce, segnando un record assoluto (lo scorso anno rappresentavano il 22% delle nuove installazioni).

Per numero di punti di ricarica per chilometro quadrato è Napoli sul gradino più alto del podio (11 punti ogni km2), davanti a Torino (8 punti) e Milano (poco meno di 8 punti). Grazie al contributo di Rse, il report include l’aggiornamento dell’analisi spaziale dei punti di ricarica geolocalizzati, da cui emerge che, considerando anche le aree più remote e isolate del Paese, nel 94% del territorio nazionale è presente almeno un punto di ricarica in un raggio di 10 chilometri (86% a fine 2023). A livello europeo, con 19 punti di ricarica a uso pubblico ogni 100 auto elettriche circolanti, l’infrastruttura italiana si conferma davanti a quelle di Francia (14 punti ogni 100 auto), Germania (8 ogni 100) e Regno Unito (7 ogni 100), conservando il primato anche se si considerano solo i punti di ricarica veloci in corrente continua.

“Grazie all’impegno degli operatori il processo di infrastrutturazione del Paese procede spedito ma c’è ancora un importante lavoro da fare per aumentare la capillarità in alcune aree, specialmente nel Mezzogiorno, dove la limitata penetrazione dei veicoli elettrici non agevola i grandi investimenti richiesti, in particolar modo per le colonnine ad alta potenza”, osserva il presidente di Motus-E, Fabio Pressi, auspicando che “vengano estesi i termini per l’utilizzo dei fondi Pnrr ancora disponibili, rivedendo i meccanismi di cofinanziamento per facilitarne l’impiego e supportare la crescita dell’infrastruttura nelle zone meno coperte, facendo leva anche sul prezioso monitoraggio della Piattaforma Unica Nazionale gestita dal Gse”.

Pressi sottolinea l’importanza della collaborazione tra tutti gli attori coinvolti da questo “grande processo di infrastrutturazione del Paese”, come dimostra il recente protocollo che siglato con Unem per le colonnine nei distributori di carburante. “Lo stesso approccio andrebbe esteso anche alla semplificazione e omogenizzazione degli iter autorizzativi”, aggiunge auspicando “un maggior coordinamento pubblico-privato, anche attraverso l’atteso aggiornamento del Piano nazionale infrastrutturale per la ricarica (Pnire)”.

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