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Nomina giudice della Corte costituzionale, Meloni ferma su Marini: i richiami vadano a sinistra

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La prossima volta che qualcuno riterrà di fare un richiamo al Parlamento affinché nomini il giudice della Corte costituzionale mancante, quel richiamo dovrà essere destinato alle opposizioni. Si fanno ragionamenti di questo tenore in ambienti di Palazzo Chigi, nelle ore successive all’ottava fumata nera del Parlamento in seduta comune, quella che nei piani di Giorgia Meloni poteva portare all’elezione del suo consigliere giuridico, Francesco Saverio Marini. Su quel nome la premier intende insistere. E l’esultanza delle opposizioni, che rivendicano un “successo” per il “blitz sventato”, dai meloniani è liquidata con la constatazione che il loro Aventino “blocca un adempimento dovuto per legge”, e nasconde solo “la paura che qualche loro parlamentare avrebbe potuto” votare il nome avanzato dal centrodestra, “perché di spessore e apprezzabile al di là di chi lo propone”.

Dopo l’accelerazione impressa dalla presidente del Consiglio giovedì scorso, con la fuga di notizie sulla precettazione dei parlamentari che ha generato la sua ira, alla vigilia del voto le trattative sono andate avanti fino a tarda sera. E poi anche in mattinata, fino a un paio d’ore dalla chiama. Nei giorni scorsi, secondo voci raccolte in maggioranza, alcuni esponenti di Italia viva si sarebbero detti disponibili a sostenere Marini. E ai piani alti del governo c’è stato un confronto anche con due parlamentari di Svp, Dieter Steger e Meinhard Durnwalder. Sul tavolo, un impegno dell’esecutivo alle modifiche richieste allo statuto della Provincia di Bolzano. Non è detto che quei voti sarebbero bastati alla fine per raggiungere quota 363, anche per le assenze (25 alla fine, alcuni hanno rotto le righe dopo l’indicazione di scheda bianca).

Ma avrebbero reso il quorum a portata di mano. Un piano comunque andato all’aria per l’Aventino delle opposizioni, che ha spinto il centrodestra alla scheda bianca. E da FdI hanno respinto ogni sospetto di conflitto di interesse su Marini, fra i ‘padri’ del premierato, citando il caso dell’ex consigliere di Mario Draghi, se non anche quello di Sergio Mattarella, eletto nel 2011 nella Consulta che pochi mesi dopo giudicò sulla legittimità del referendum per ripristinare la legge elettorale che portava il suo nome. “Le opposizioni, Schlein in testa, bloccano un adempimento richiesto da quasi dieci mesi, sollecitato da una richiesta formale del presidente della Repubblica”, ed è “imbarazzante e grave che lo rivendichino”, è la lettura che si fa in ambienti di Palazzo Chigi, al termine di quella che viene considerata “un’operazione trasparenza”: “Ora è chiaro a tutti” che lo stallo “è colpa loro”, e che “vogliono soluzioni solo con il manuale Cencelli”. I meloniani denunciano il sospetto che le opposizioni vogliano “trascinare la situazione fino a dicembre”, quando scadranno altri tre giudici della Corte Costituzionale, “in modo da potere spartire con il manuale Cencelli i quattro nomi. Strategia molto poco edificante per il Parlamento, della quale non vogliamo essere parte”.

Si profilano nuove convocazioni periodiche del Parlamento in seduta comune anche se quasi sicuramente la nuova convocazione non avverrà la prossima settimana. Nel 2008 ne servirono 22 per sostituire Romano Vaccarella, dopo il passo indietro di Gaetano Pecorella, designato dall’allora premier Silvio Berlusconi. Questa volta l’orizzonte, nella convinzione diffusa, è dicembre o gennaio, quando appunto i giudici da sostituire diventeranno quattro e uno potrebbe essere indicato dalle opposizioni. “Spero che la maggioranza oggi ne tragga una seria riflessione che coinvolge il governo direttamente – ha detto il leader M5s Giuseppe Conte -. Loro devono assolutamente riflettere su questo metodo, che è un metodo inaccettabile, con un blitz”.

La segretaria del Pd Elly Schlein ha chiarito di aspettarsi “che accettino di dialogare perché fin qui, con la prima forza di opposizione, si sono rifiutati di farlo su una delle massime garanzie costituzionali”. Ma fra le opposizioni c’è anche chi si interroga sulla tenuta della strategia comune, in un fronte sempre attraversato da fibrillazioni. “Immagino che la prossima volta Schlein e gli ultrà del ‘no a tutti i costi’ continueranno a dire di no anche se presentassimo madre Teresa di Calcutta – ha notato il leader della Lega Matteo Salvini -. Conto che nell’opposizione ci sia qualcuno di più vicino all’esigenza del Paese di fare ciò che gli italiani si aspettano”.

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Esteri

Virginia Giuffre, la ragazza che fece tremare i potenti: dagli abusi di Epstein al suicidio che lascia ancora troppi misteri

La storia di Virginia Giuffre, la vittima simbolo dello scandalo Epstein: dagli abusi e il caso con il principe Andrea al suicidio in Australia. Una vita segnata da dolore e potere.

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«Una comune ragazza americana ha buttato giù un principe britannico»: così la famiglia di Virginia Giuffre, nata Roberts, aveva commentato la decisione della Corona inglese di privare il principe Andrea, fratello di re Carlo, di tutti i titoli onorifici.
Era il gennaio scorso, quando il memoriale postumo di Virginia — la più celebre delle vittime di Jeffrey Epstein e Ghislaine Maxwell — riportava alla luce una storia di sesso, potere e denaro che ha travolto re, miliardari e politici.
Oggi, quella stessa ragazza “comune” è morta: si è tolta la vita il 25 aprile, a 41 anni, nella sua casa in Australia, schiacciata — come ha scritto la famiglia — “dal peso dell’abuso, divenuto intollerabile”.

Dagli abusi infantili alla rete di Epstein

Nata nel 1983 in California, Virginia aveva conosciuto l’inferno già da bambina. Trasferitasi in Florida, a soli sette anni fu vittima di abusi da parte di un amico di famiglia, e nel suo memoriale aveva accusato anche il padre di molestie.
A tredici anni era fuggita di casa, sopravvivendo per strada a Miami in cambio di cibo e riparo.
A quindici, il padre le trovò un lavoro al resort Mar-a-Lago di Donald Trump, dove lavorava come tuttofare. «Trump fu gentile, non mi fece nulla di male», scriverà anni dopo Virginia.

Ma il destino la fece incontrare con Ghislaine Maxwell, che la convinse a lavorare come “massaggiatrice” per il suo compagno Jeffrey Epstein. Era il 1999, e la ragazza aveva appena 16 anni.
Da quel momento iniziò un calvario di abusi sessuali, con Epstein e Maxwell che la sfruttavano e la costringevano ad accompagnarli nei loro viaggi sul jet privato, il famigerato “Lolita Express”, usato per portare minorenni a ricchi uomini d’affari e politici in tutto il mondo.

Il principe Andrea e l’accordo milionario

La foto che la ritrae abbracciata al principe Andrea, con Ghislaine Maxwell sullo sfondo, è divenuta l’immagine simbolo di uno degli scandali più gravi della storia recente.
Virginia accusò il duca di York di averla stuprata tre volte quando aveva 17 anni. Andrea ha sempre negato ogni addebito, ma nel 2022 accettò un accordo extragiudiziale da 12 milioni di sterline, pur senza ammettere colpe.

Il ritorno dall’inferno e la fuga in Australia

Quando Epstein la considerò “troppo vecchia” per i suoi gusti, Virginia fu mandata in Thailandia per un corso di massaggi. Lì incontrò Robert Giuffre, istruttore australiano di arti marziali, che sposò dopo appena dieci giorni.
Con lui si trasferì in Australia, dove nacquero i loro tre figli. Sembrava l’inizio di una nuova vita, ma il passato tornò a perseguitarla.
Nel 2015, quando vide che Epstein era sostanzialmente sfuggito alle prime accuse, decise di parlare, diventando una delle principali accusatrici del miliardario, che fu infine arrestato nel 2019 e morì in carcere in circostanze mai del tutto chiarite.

L’isolamento e la fine tragica

Dopo il risarcimento ottenuto dal principe Andrea, Virginia aveva tentato di allontanarsi dai riflettori. Ma la sua vita privata si era sgretolata: il matrimonio fallito, una battaglia legale per la custodia dei figli e un’ingiunzione per violenza domestica segnarono gli ultimi mesi.
Il 25 aprile, nella sua fattoria nell’Australia occidentale, si è tolta la vita. La famiglia ha parlato di “suicidio”, mentre il padre, dalla Florida, ha detto di non credere a questa versione, sospettando che “qualcuno l’abbia fatta fuori”. Nessuna prova, però, è mai emersa.

Un epilogo che lascia aperti molti interrogativi

Virginia Giuffre è diventata, suo malgrado, il volto più noto del sistema di abusi e ricatti di Epstein e Maxwell, un meccanismo che ha toccato vertici della politica, della finanza e della monarchia.
La sua morte riapre interrogativi mai sopiti su quanto fosse estesa la rete di protezione che ha coperto per anni gli abusi del miliardario pedofilo.
E mentre il mondo si interroga ancora sulle ombre del caso Epstein, la storia di Virginia resta una ferita aperta nella coscienza collettiva, la testimonianza di una ragazza che osò sfidare i potenti e finì schiacciata da un segreto troppo grande per essere taciuto.

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Sinner batte Zverev e vola verso le semifinali delle ATP Finals di Torino

Jannik Sinner domina anche Zverev in due set alle ATP Finals di Torino e centra la seconda vittoria consecutiva, avvicinandosi alle semifinali.

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Jannik Sinner continua la sua marcia trionfale alle ATP Finals di Torino. Il numero due del mondo ha sconfitto Alexander Zverev in due set, 6-4, 6-3, in un’ora e trentasette minuti di gioco, regalando al pubblico dell’Inalpi Arena un’altra prestazione di alto livello.

Due su due per Jannik

Con questa vittoria, Sinner mette a segno la seconda affermazione in due gare e si avvicina alla qualificazione matematica per le semifinali. Solidissimo al servizio e preciso nelle accelerazioni, l’azzurro ha gestito con lucidità i momenti chiave del match, strappando il servizio a Zverev nei momenti decisivi dei due set.

Ora testa alle semifinali

“Mi sento bene, sto giocando con fiducia e il pubblico mi dà una spinta incredibile”, ha dichiarato Sinner al termine dell’incontro. Per il tennista altoatesino è già tempo di pensare alle semifinali, che potrebbero arrivare con una giornata d’anticipo.

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Germania, bufera in Afd per il viaggio in Russia: sospetti del Cremlino e tensioni interne nel partito di estrema destra

Il viaggio di alcuni esponenti di AfD a Soci, in Russia, fa esplodere tensioni nel partito. Der Spiegel parla di un’operazione del Cremlino per accrescere la sua influenza in Occidente.

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Secondo un’inchiesta del settimanale tedesco Der Spiegel, il viaggio annunciato da alcuni politici di Alternative für Deutschland (AfD) a Soci, nella Russia meridionale, farebbe parte di un’operazione del Cremlino per estendere la propria influenza nel mondo occidentale.
La rivista tedesca ha rivelato che per evitare imbarazzi legati a un invito ufficiale da parte delle istituzioni russe, Mosca avrebbe utilizzato un’organizzazione con sede in India come intermediario.

La divisione interna nel partito

La notizia ha provocato forti tensioni all’interno di AfD, partito di estrema destra già al centro di polemiche per le sue posizioni filorusse. La leader Alice Weidel ha preso le distanze dal viaggio, dichiarando: “Non riesco a capire cosa si debba fare lì. Io non avrei agito così”.
Dopo le sue pressioni, uno dei due parlamentari coinvolti, Rainer Rothfuß, ha deciso di rinunciare alla partecipazione.

Il caso Rothfuß e l’incontro con Medvedev

A spingere Weidel a intervenire è stato soprattutto il fatto che Rothfuß avrebbe dovuto incontrare a Soci l’ex presidente russo Dmitrij Medvedev, senza averne informato i vertici del partito al momento della richiesta di partecipazione.
La leader di AfD ha parlato di “mancanza di trasparenza” e annunciato possibili misure disciplinari, insieme a nuove regole più rigide per i viaggi all’estero dei membri del gruppo parlamentare.

Chi parteciperà al viaggio

Nonostante il passo indietro di Rothfuß, il viaggio a Soci dovrebbe comunque avere luogo. A partecipare saranno Steffen Kotré, parlamentare federale di AfD, Joerg Urban, capo del partito in Sassonia, e Hans Neuhoff, parlamentare europeo.
L’obiettivo dichiarato è quello di partecipare a un incontro “per la cooperazione internazionale”, ma secondo Der Spiegel l’iniziativa si inserirebbe in un più ampio disegno di soft power russo volto a legittimare la politica estera del Cremlino attraverso il dialogo con movimenti e partiti occidentali critici verso l’Unione Europea e la Nato.

Un nuovo fronte di tensione nella politica tedesca

Il caso rischia ora di trasformarsi in un nuovo terreno di scontro nel panorama politico tedesco. AfD, già sorvegliata dai servizi di sicurezza interni per sospetti legami con ambienti estremisti, vede aggravarsi la sua crisi interna e reputazionale, mentre l’opinione pubblica si interroga sulle strategie di influenza russa nei partiti europei più radicali.

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