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Nigeria, tre villaggi attaccati da uomini armati: almeno 37 morti

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Uomini armati hanno attaccato tre villaggi nello Stato di Sokoto, nel nord-ovest della Nigeria, uccidendo almeno 37 persone. Lo affermano alcuni fonti locali ufficiali. I “banditi” – cosi’ sono stati definiti dalle fonti – sono arrivati in motocicletta compiendo dei veri e propri raid nei villaggi del distretto di Goronyo. Come ha dichiarato all’Afp il capo del distretto, Zakari Chinaka, “i banditi hanno aperto il fuoco ed hanno messo alle fiamme i mercati e i raccolti”. I villaggi di Kamitau, Ololo e Rijiyar Tsamiya, dove si sono verificati i massacri, si trovano a circa 100 chilometri da Sokoto, l’omonima capitale dello Stato. “Il massacro e’ durato per due ore, senza una risposta delle forze di sicurezza, data la difficolta’ di accesso all’area”, ha aggiunto Chinaka. Un abitante di Kamitau, dove si sono contati 23 morti, ha detto all’Afp che gli abitanti del villaggio hanno cercato di difendersi per recuperare il loro bestiame, l’unico mezzo di sostentamento in questa regione estremamente povera e remota. Lo Stato di Sokoto e’ il nuovo bersaglio di queste bande criminali che stanno diffondendo il terrore nella Nigeria nord-occidentale, rubando il bestiame e vendendolo in redditizi canali commerciali paralleli. Il mese scorso, 43 persone sono state uccise nei distretti di Rabah e Isa. Il presidente Muhammadu Buhari ha “condannato fermamente” queste uccisioni.

“Il presidente e’ impegnato a rispondere con forza contro questi nemici dell’umanita’”, dichiara in una nota il suo portavoce, Garba Shehu. La situazione e’ molto preoccupante anche per il rischio di infiltrazioni di gruppi islamici nelle bande criminali che negli ultimi 12 mesi sono diventati molto potenti in quest’area. All’inizio di luglio “banditi” con la tunica nera al grido di “Allahu Akbar” hanno attaccato un villaggio di Katsina con fucili e lanciarazzi, a quanto riferisce la polizia locale.

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Ok giudice, la lotteria elettorale di Musk può continuare

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Un giudice della Pennsylvania ha stabilito che la lotteria elettorale da un milione di dollari al giorno ideata da Elon Musk per sostenere Donald Trump può continuare: una vittoria per il miliardario alleato del tycoon e una sconfitta per il procuratore dem di Filadelfia, secondo cui si tratta di una lotteria illegale che viola la legge statale.

Con un argomento cavilloso, la difesa di Musk ha sostenuto che i vincitori “non vengono scelti a caso”, che il cosiddetto “premio” è in realtà un compenso per aver svolto il ruolo di portavoce del super Pac e che i destinatari del milione di dollari “vengono selezionati in base alla loro idoneità a svolgere il ruolo di portavoce dell’America Pac”. “Guadagnano” i soldi come pagamento per il loro lavoro, è stata la tesi difensiva.

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I milioni segreti che imbarazzano Carlo e William

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Due imperi immobiliari capaci di generare milioni ‘segreti’ per la monarchia britannica, in primo luogo per re Carlo III e l’erede al trono William, grazie alle proprietà più diverse sparse in tutto il Regno Unito. Così un’inchiesta giornalistica del Sunday Times e del programma Dispatches di Channel 4 ha svelato quanto era stato “gelosamente custodito” – come scrive il giornale – anche rispetto alle richieste di trasparenza arrivate dal Parlamento, e gettato ombre di imbarazzo sulla Royal Family per l’attività dei due fondi che fanno capo direttamente al sovrano e al primogenito: l’anno scorso hanno prodotto entrate per almeno 50 milioni di sterline (60 milioni di euro) tramite l’affitto a (caro) prezzo di mercato di proprietà dei loro possedimenti privati a istituzioni pubbliche vitali per i sudditi, specie i meno abbienti, incluse scuole e strutture del servizio sanitario nazionale (Nhs).

La lente dei giornalisti è finita su più di 5400 tra immobili e terreni del Ducato di Lancaster, gestito dal re attraverso i suoi rappresentanti, e del Ducato di Cornovaglia, tesoro di casa Windsor amministrato dall’erede: per questo l’inchiesta intitolata ‘Il Re, il Principe e i loro milioni segreti’ viene anche definita col termine “Duchy Files” (i file del ducato). Fra gli accordi riservati è emerso quello col trust del Guy’s and St Thomas’ Hospital di Londra, uno dei più importanti ospedali pubblici della capitale, che si è impegnato a versare nelle casse del Ducato di Lancaster più di 11 milioni di sterline per 15 anni di pigione riguardante locali adibiti ad autorimesse per ambulanze.

Mentre il Ducato di Cornovaglia, si è aggiudicato fra l’altro entrate per 37 milioni, spalmate su 25 anni, dal ministero della Giustizia per l’affitto di una sua singola struttura che ospita il carcere di Dartmoor, affollato penitenziario di categoria C nella contea inglese meridionale del Devon. Inoltre dai Duchy Files è emerso in tutta la sua vastità come il sovrano e l’erede al trono, sempre tramite i loro fondi, guadagnino entrate nei modi più disparati: dal pedaggio per ponti, ai traghetti, alle fognature, alle turbine eoliche, ai pub e alle distillerie fino alle miniere, ai parcheggi e ai cimiteri. Sul suo sito web, il Ducato di Lancaster afferma che “è completamente autofinanziato e non fa affidamento sul denaro dei contribuenti”.

E il Ducato di Cornovaglia sottolinea di “non essere un ente pubblico, né finanziato dai contribuenti”. Questo però contrasta coi risultati dell’inchiesta, in cui si ricorda anche come i guadagni siano di fatto esentasse. Perfino il ministero della Difesa ha sborsato al ducato del principe di Galles negli ultimi 20 anni almeno 900.000 sterline per il diritto di ormeggiare barche nelle acque circostanti il Britannia Royal Naval College di Dartmouth, dove in passato hanno frequentato il corso di cadetti della marina sia Carlo III che William. I contratti in questione rispettano “la legislazione e tutte le regole in vigore nel Regno Unito”, si è affrettata a precisare una portavoce del Ducato di Lancaster. “La nostra organizzazione è un’impresa immobiliare privata con priorità commerciali”, ha ricordato da parte sua una fonte del Ducato di Cornovaglia.

Ma queste dichiarazioni non fermano le polemiche attorno alle rivelazioni riprese dai media del Regno. Nei giorni scorsi, fra l’altro, in un articolo sul magazine Prospect firmato dal suo direttore Alan Rusbridger, in passato alla guida del Guardian, era stato criticato con forza il mistero dietro i tanti proventi ricevuti dalla famiglia reale. Se i due ducati sono entità private, i reali percepiscono ogni anno dal Tesoro (e quindi dai contribuenti) una percentuale dei proventi generati dalla Crown Estate, il patrimonio della Corona, come appannaggio di Stato (sovereign grant) garantito per il finanziamento delle attività ufficiali e per la gestione delle residenze: nel 2025 la sovvenzione sarà di 132 milioni di sterline. Se la monarchia resta molto popolare tra i britannici allo stesso tempo si sente crescere una richiesta di maggiore trasparenza in ambito economico, ancor di più dopo che il governo laburista ha presentato una manovra finanziaria con 40 miliardi di sterline in aumenti fiscali per sostenere gli investimenti pubblici.

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La guida alla notte elettorale Usa ora per ora

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La maratona elettorale dell’Election Day del 5 novembre negli Stati Uniti inizia domattina quando in Italia sarà già mezzogiorno con l’apertura dei primi seggi sulla East Coast (ma in alcune municipalità del Maine le urne aprono alle 11 italiane) e attraversa sei fusi orari, dall’Atlantico al Pacifico, con la reale possibilità che siano necessari giorni – forse più dei quattro del 2020 – per decretare il prossimo presidente americano. A meno ovviamente che non si verifichi una (inaspettata) onda rossa o blu che consegni un vincitore chiaro sin da subito: in questo caso il risultato potrebbe arrivare già tra le 2 e le 3 del mattino di mercoledì 6 novembre in Italia. Ecco gli orari italiani della chiusura dei seggi nei vari Stati, dalla East Coast alle Hawaii.

* 1.00 DI MERCOLEDÌ 6 NOVEMBRE – Chiudono i seggi in sei Stati, incluso quello chiave della Georgia (che assegna 16 grandi elettori), oltre a Indiana, Kentucky, South Carolina, Vermont e Virginia. * 1.30 – Chiudono i seggi in North Carolina (uno degli Stati in bilico con 16 grandi elettori), ma anche in West Virginia e in Ohio. * 2.00 – Sono complessivamente 17 gli Stati Usa in cui chiudono i seggi, inclusa la cruciale Pennsylvania, che mette in palio 19 grandi elettori, il premio più ambito tra gli ‘swing states’. Tra gli altri ci sono Oklahoma, Missouri, Tennessee, Mississippi, Alabama, Florida, Maine, New Hampshire, Massachusetts, Rhode Island, Connecticut, New Jersey, Delaware, Maryland e la capitale Washington. Se Trump si aggiudicasse anche la Pennsylvania dopo Georgia e N. Carolina con ogni probabilità avrebbe vinto, altrimenti si dovrà aspettare ancora un’ora. * 3.00 – E’ la possibile ora della verità. Chiudono i seggi in 15 Stati, dal Texas, roccaforte repubblicana, a tre Stati chiave: Arizona, Wisconsin e Michigan. E ancora Wyoming, North Dakota, South Dakota, Nebraska, Iowa, Kansas, Louisiana, New Mexico, Colorado, Minnesota e New York. * 4.00-5.00 – Alle 4 ora italiana urne chiuse in altri tre Stati, tra cui Utah, Montana e soprattutto l’ultimo in bilico, il Nevada. Alle 5 invece chiudono California, Oregon, Washington e Idaho. * 6.00-7.00 – Alle 6 del mattino chiudono le Hawaii, alle 7 l’Alaska, l’ultimo Stato americano.

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