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Cronache

Nicola Di Matteo, diventa amministratore delegato del Teramo Calcio e si presenta così: io rispetto la camorra e la camorra rispetta me

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“La camorra è una scelta di vita, io ho sempre rispettato loro, loro hanno rispettato me”. E’ bufera sul nuovo amministratore delegato del Teramo calcio Nicola Di Matteo che a margine della sua presentazione ufficiale allo stadio, alla presenza del presidente Luciano Campitelli, ha questa sequele di scemenze una dietro l’altro. Ed ovviamente le bolliamo come scemenze perché vogliamo credere nella incapacità di quest’uomo di comprendere la gravità di quanto ha detto.

La presentazione di Nicola di Matteo. A sinistra il nuovo Ad del Teramo calcio

E infatti il primo a prendere le distane da quelle parole è il sindaco di Teramo. “La camorra è una scelta di morte e non di vita. Nessun cittadino teramano si riconosce in parole che non denuncino come la camorra, al pari di ogni altra organizzazione criminale di stampo mafioso, sia sopraffazione, delinquenza, dispregio delle leggi e della Libera convivenza – ha commentato il sindaco Gianguido D’Alberto- Non possiamo accettare che chi si unisce alla nostra comunità in qualche modo giustifichi o “rispetti” quei comportamenti, quelle scelte di vita e quella sottocultura”. “Sconcerto e disapprovazione” ha espresso a nome del Pd, il capogruppo consiliare Luca Pilotti: “La camorra è una gravissima e pericolosissima forma di criminalità organizzata. E’ inaccettabile che tali parole siano pronunciate da una persona inserita in un contesto societario che rappresenta e spende il nome della nostra Città ed occorre che il signor Di Matteo chiarisca di fronte ai Teramani tutti le dichiarazioni rese”.

“Stupore e riprovazione per le parole dell’amministratore delegato del Teramo Calcio”, scegli queste parole  il presidente della Commissione parlamentare antimafia, Nicola Morra. “Lo sport non puo’ che essere rispetto delle regole, chi considera la camorra una realtà da rispettare è evidentemente un soggetto che dello sport e non solo non ha capito lo spirito”, osserva Morra.

La Lega Pro ha segnalato le dichiarazioni dall’amministratore delegato del Teramo, Nicola Di Matteo, alla Procura Federale della Figc ed ha attivato il proprio Comitato etico, presieduto dal prefetto Francesco Cirillo. “La camorra è una organizzazione criminale che nulla può accomunarci. Noi siamo e saremo contro sempre senza se e senza ma. Una dichiarazione assurda e vergognosa”, commenta il presidente di LegaPro, Francesco Ghirelli.

Davanti a questa bufera che non è mediatica ma di sostanza perché quel che dice il dirigente del Teramo è grave certamente nella forma ma soprattutto nella sentenza (“la camorra rispetta me e io rispetto la camorra”), Nicola Di Matteo, scrive una nota per la stampa. Uno pensa che lo fa per scusarsi. E invece dice “ognuno di noi ha il diritto di scegliersi la sua strada e di disegnare il proprio percorso, ma quel tipo di vita non mi piaceva, ne’ la reputo raccomandabile”. Nicola Di Matteo, l’amministratore delegato del Teramo calcio dice “non rinnego la mia terra, ne’ le mie origini, ci mancherebbe, cosi’ come fa parte del mio animo rispettare tutti, ma ribadisco un concetto gia’ affermato, per evitare ulteriori malintesi – ha ripetuto Di Matteo – ognuno di noi ha il diritto di scegliersi la sua strada e disegnare il proprio percorso”. “La serieta’ professionale e lo spirito di sacrificio sono stati gli unici ingredienti capaci di portarmi dove sono ora, con lealta’ e rettitudine”. Di Matteo replica indirettamente anche al sindaco Gianguido D’Alberto e al capogruppo del Pd, Luca Pilotti, che hanno sollevato la questione: “Chiedo di essere giudicato non per i classici luoghi comuni che caratterizzano il nostro Paese, viste le mie origini, ma per il lavoro che mettero’ in opera: sono un entusiasta del calcio e cerchero’ di dare una mano al club con l’innata passione che mi lega a questa disciplina”. Della camorra e di una presa di distanza netta dall’organizzazione mafiosa, manco l’ombra.

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Cronache

L’ombra lunga di Fordow: nuovo raid israeliano sul sito nucleare iraniano, dubbi e tensioni dopo lo strike Usa

Nuovo attacco Idf alle vie d’accesso del bunker atomico. L’Aiea conferma danni ma resta l’incertezza sull’efficacia complessiva dell’operazione. Trump esulta, gli esperti frenano.

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Israele è tornata a colpire. Dopo lo strike congiunto Usa-Israele che ha devastato impianti strategici del programma atomico iraniano, l’aviazione dello Stato ebraico ha lanciato un nuovo attacco a Fordow, bersagliando le vie d’accesso all’impianto nucleare protetto nella montagna. Un’azione tardiva, secondo molti analisti, rispetto ai giorni che hanno preceduto l’operazione americana, quando decine di mezzi e bulldozer erano al lavoro intorno agli ingressi del sito.

Il nuovo attacco e il dossier ancora aperto

Il bombardamento israeliano – interpretato da più fonti come un tentativo di impedire il recupero dei materiali o mantenere alta la pressione su un obiettivo strategico – suggerisce che la cosiddetta “Operazione Martello di mezzanotte” lanciata da Donald Trump non abbia chiuso il dossier nucleare iraniano. Tutt’altro. La sensazione diffusa è che la partita sia tutt’altro che finita.

L’Aiea: «Danni evidenti ma entità da verificare»

Il direttore dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica, Rafael Grossi, ha ammesso che l’impianto ha subito danni significativi, ma ha precisato che nemmeno l’Aiea è in grado di stabilirne con esattezza l’entità. Al contrario, per Natanz e Isfahan i danni sono evidenti: immagini satellitari mostrano edifici sventrati da super bombe americane GBU e missili da crociera lanciati dal sottomarino USS Georgia.

L’ottimismo di Trump e i dubbi degli esperti

Il presidente Trump ha parlato di «distruzione totale» e bollato come «fake news» le analisi più caute. Ma molti esperti, tra cui Jeffrey Lewis, esprimono riserve significative. Il punto più critico riguarda la quantità di uranio arricchito realmente presente a Fordow: secondo fonti iraniane sarebbe stato trasferito prima del raid, una versione ritenuta credibile anche da funzionari Usa.

L’ipotesi più realistica è che il materiale sia stato nascosto altrove, forse in un altro sito nei pressi di Natanz, ancora risparmiato dall’operazione “Rising Lion”.

Gli scenari futuri: la bomba è ancora possibile

La comunità degli analisti ritiene che l’Iran possieda almeno 400 kg di uranio arricchito, quantitativo potenzialmente sufficiente per proseguire verso la costruzione dell’arma nucleare, se e quando riceveranno il via libera dalla Guida Suprema, l’ayatollah Khamenei. È questa la lezione centrale che circola nei circoli diplomatici e militari: la guerra può rallentare il programma nucleare iraniano, ma non può fermarlo del tutto.

L’arsenale segreto degli ayatollah e il piano parallelo

Nel mondo dell’intelligence è condivisa da tempo la convinzione dell’esistenza di una “via parallela” al nucleare, gestita da un nucleo ristretto di scienziati e pasdaran, costruita per sfuggire ai controlli internazionali. A conferma di questa ipotesi, vi sono anni di sabotaggi, cyber-attacchi, infiltrazioni e tentativi di forniture tecnologiche manomessecondotte da Israele. Nessuna di queste azioni, però, ha convinto la Repubblica islamica a rinunciare all’opzione atomica.

 

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Borrelli minacciato sui social, Patriciello lo difende: “Ho paura che gli accada qualcosa di irreparabile”

Il prete anticamorra scende in campo dopo i video di tiktoker che incitano all’odio. Il deputato: “Mi attaccano perché chiedo legalità”.

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Minacce esplicite, video che incitano alla violenza, e un’ondata d’odio social che ha come bersaglio Francesco Emilio Borrelli, deputato di Europa Verde. Il motivo? La sua proposta di vietare le boe a Napoli, per impedire gli approdi abusivi lungo la costa partenopea. Una misura di civiltà che ha però scatenato la reazione di alcuni influencer napoletani, con in testa Rita De Crescenzo, che hanno pubblicato video dal contenuto intimidatorio, inneggiando a “farlo fuori”.

In difesa del parlamentare è sceso in campo padre Maurizio Patriciello, parroco di Caivano e simbolo della lotta anticamorra: «Sono seriamente preoccupato per lui e per la scorta», ha dichiarato. «Troppe minacce, troppo odio. Le sue denunce stanno smascherando un mondo di prepotenze, illegalità e sopraffazione. Un mondo di cui tutti ci lamentiamo, ma che pochi hanno il coraggio di combattere».

Il sostegno del parroco di Caivano

Patriciello non usa giri di parole: «Sto dalla parte di Borrelli. Dalla parte dell’onestà, del rispetto, del vivere civile. Pur soffrendo per chi non ha lavoro, ho paura. Paura che gli accada qualcosa di irreparabile. Dio non voglia». Poi lancia un monito a tutti: «Non possiamo voltare lo sguardo. Bisogna impedire che la situazione degeneri. Dio vi benedica».

Parole che Borrelli ha accolto con gratitudine: «Per aver chiesto legalità mi hanno lanciato sanpietrini e mi hanno dato un pugno in faccia», ha ricordato. «E adesso anche le minacce online. Ma la cosa che più fa male è essere il bersaglio di una macchina di diffamazione solo per aver fatto il proprio dovere».

Il silenzio delle istituzioni

Il deputato ha poi evidenziato come molte voci delle istituzioni siano rimaste in silenzio: «Ho ricevuto tanta solidarietà dai cittadini, ma non dalla politica locale. Come se chiedere rispetto delle regole fosse un comportamento anomalo. Eppure è questo il paradigma distorto del Sud: chi si ribella all’illegalità viene isolato. Ma io non mi fermo».

Il caso rilancia ancora una volta il tema della legalità a Napoli, della pervasività dell’illegalità nei comportamenti quotidiani e del ruolo, spesso solitario, di chi prova a riportare ordine e dignità nel dibattito pubblico.

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Il dramma di Ciro: tornato a casa dopo un intervento maxillo-facciale, ma ora ha paura di uscire

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È tornato a casa Ciro, il sedicenne di Ercolano brutalmente aggredito l’8 giugno scorso a Portici, nella zona del Granatello, mentre si trovava con alcuni amici. Il volto devastato dai colpi ricevuti, le fratture multiple alle ossa facciali e la successiva ricostruzione chirurgica all’ospedale Cardarelli di Napoli raccontano di una violenza inaudita e gratuita, che lascia ferite profonde non solo nel corpo.

L’intervento chirurgico e le precauzioni

Dopo un primo ricovero all’ospedale Maresca di Torre del Greco, Ciro è stato trasferito al Cardarelli per affrontare un intervento maxillo-facciale delicato condotto dall’équipe del professor Maurizio Gargiulo. Sono state applicate placche in titanio per ricostruire le fratture al seno frontale, all’orbita e al naso, abbinate a una ricostruzione plastica dei tessuti lacerati.

L’operazione è riuscita ma ora serviranno almeno due mesi di isolamento per evitare infezioni. Il ragazzo non potrà indossare occhiali, frequentare luoghi affollati, andare a mareabbracciare i familiari.

Le paure e il trauma psicologico

Ma la ferita più profonda è invisibile. «Mio figlio ha avuto crisi di panico, ora ha paura di uscire, è psicologicamente devastato», racconta la madre, Cira Borrelli, che chiede aiuto per un sostegno psicologico. Ciro è stato colpito con ferocia, secondo i medici non è credibile che sia stato fatto a mani nude.

Il motivo? Un presunto saluto scambiato con l’ex fidanzatina dell’aggressore, un 14enne ora denunciato a piede libero. Un’aggressione definita dagli avvocati della famiglia “gratuita, violenta e del tutto ingiustificata”.

La richiesta di giustizia

«Non chiediamo vendetta ma giustizia. Una pena proporzionata a ciò che è stato fatto a nostro figlio», dichiarano i genitori Cira e Pasquale Gaudino, assistiti dall’avvocato Antonio Borrelli, che sottolinea come la vittima non avesse provocato in alcun modo l’aggressore. «Ciro è stato già vittima di bullismo a scuola – ricorda la madre – subì una perforazione del timpano per una violenza passata».

Anche il deputato Francesco Emilio Borrelli, presente alla fiaccolata in solidarietà a Ercolano, è intervenuto: «Servono condanne esemplari per chi compie atti così brutali. Basta impunità per i violenti»

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