Sono stati pubblicati su Nature, la più importante rivista scientifica multidisciplinare al mondo, i risultati di una collaborazione internazionale che vede il ruolo fondamentale del Neuromed.
Parliamo delle placche aterosclerotiche: sono quelle che si cercano con l’ecodoppler delle carotidi. Formate da un accumulo di grassi, colesterolo, tessuto fibroso e cellule del sistema immunitario, rappresentano il segno distintivo dell’aterosclerosi, le cui conseguenze, dall’infarto all’ictus fino ai problemi vascolari periferici, costituiscono di fatto la principale causa di morte in età avanzata.
Una nuova ricerca, che vede tra i principali protagonisti il Dipartimento di Angiocardioneurologia e Medicina Traslazionale dell’I.R.C.C.S. Neuromed di Pozzilli, dimostra per la prima volta l’esistenza di un collegamento tra le placche aterosclerotiche e il sistema nervoso centrale, che a sua volta, attraverso la milza, attiva il sistema immunitario stimolando ulteriormente lo sviluppo della patologia. Questo “circuito nervoso” finora sconosciuto potrà rappresentare un bersaglio per terapie innovative.
Pubblicato sulla famosa rivista scientifica Nature, la più autorevole tra quelle multidisciplinari oggi esistenti, lo studio è stato condotto sia su modelli sperimentali che in reperti umani, in collaborazione con la Ludwig-Maximilians-University di Monaco, con gli importanti risultati del Professor Andreas Habenicht e del Dottor Sarajo K. Mohanta, e con altre istituzioni scientifiche internazionali riunite nel Progetto “PLAQUEFIGHT” finanziato dalla Comunità Europea.
“In corrispondenza di una placca aterosclerotica – spiega la professoressa Daniela Carnevale, Dipartimento di Angiocardioneurologia e Medicina Traslazionale del Neuromed e Professore Ordinario dell’Università Sapienza di Roma – si forma anche un aggregato di cellule immunitarie nella parete esterna del vaso sanguigno. Questo aggregato, chiamato ATLO e simile ad un linfonodo, è ricco di fibre nervose. Il nostro lavoro ha prima di tutto dimostrato che attraverso di esse si stabilisce una connessione diretta tra la placca e il cervello”.
I ricercatori italiani e tedeschi hanno quindi ricostruito l’intero percorso delle fibre nervose fino al sistema nervoso centrale. “A questo punto – continua Carnevale – siamo stati in grado di vedere che questi segnali provenienti dalla placca, una volta raggiunto il cervello, influenzano il sistema nervoso autonomo attraverso il nervo vago (il nervo che controlla la maggior parte dei nostri organi e funzioni viscerali, ndr) fino a raggiungere la milza. Qui avviene una attivazione di specifiche cellule del sistema immunitario che entrano in circolazione e portano alla progressione delle placche stesse”.
È un vero e proprio circuito nervoso, che gli autori della ricerca hanno definito “ABC” ovvero “artery-brain circuit”. E come tutti i circuiti, può essere scollegato o modulato. “Abbiamo condotto – aggiunge la professoressa – ulteriori esperimenti interrompendo le connessioni nervose che raggiungono la milza. In questo modo sono venuti a mancare gli impulsi sulle cellule immunitarie presenti in questo organo. Il risultato è che le placche presenti nelle arterie non solo hanno rallentato la crescita, ma si sono stabilizzate”.
Considerando che la stabilità della placca aterosclerotica è uno dei tratti clinicamente più rilevanti nella valutazione della gravità della malattia nel paziente, e che in questo studio sono state identificate le componenti del circuito “ABC” anche in reperti di arterie umane affette da aterosclerosi, si prospetta un potenziale traslazionale molto rilevante.
“Si tratta – dice il professor Giuseppe Lembo – Responsabile del Dipartimento di Angiocardioneurologia e Medicina Traslazionale del Neuromed e Ordinario dell’Università Sapienza di Roma – di una visione assolutamente nuova, che apre la strada a strategie terapeutiche fino ad oggi sconosciute. L’ipotesi su cui lavorare ora è la possibilità di agire, con specifici dispositivi bioelettronici, sulle terminazioni nervose che raggiungono la milza, in particolare sul ramo del nervo vago che è connesso al ganglio celiaco. In altri termini, un intervento terapeutico non farmacologico per contrastare il problema dell’aterosclerosi”.
Sia l’innovatività della ricerca sia le profonde implicazioni cliniche sono alla base del successo, riconosciuto dalla pubblicazione su una rivista come Nature. “In questa ricerca – commenta Lembo – sono concentrati anni ed anni di duro lavoro. L’impegno e l’originalità dei nostri ricercatori, capaci di mettere insieme interessi multidisciplinari che coinvolgono il cervello, l’apparato cardiovascolare ed il sistema immunitario, ci proiettano oggi sulla scena internazionale come un punto di riferimento di primo piano”.
Il progetto europeo PLAQUEFIGHT PLAQUEFIGHT nasce nell’ambito dei progetti europei di cofinanziamento “ERA-NET on Cardiovascular Diseases” (ERA-CVD), con l’importante contributo per l’Italia del Ministero della Salute. La collaborazione internazionale, comprendente Italia, Germania, Francia e Polonia, punta a chiarire il rapporto tra aterosclerosi e sistema nervoso alla ricerca di nuove prospettive terapeutiche.
L’IRCCS Neuromed L’Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico (IRCCS) Neuromed di Pozzilli (IS) rappresenta un punto di riferimento a livello italiano ed internazionale per la ricerca e la terapia nel campo delle malattie che colpiscono il sistema nervoso. Un centro in cui i medici, i ricercatori, il personale e gli stessi pazienti formano una alleanza rivolta a garantire il miglior livello di assistenza possibile e cure all’avanguardia, guidate dagli sviluppi scientifici più avanzati.
Cristina Comencini: il cinema delle donne è una nuova ricchezza. Io dalla parte delle donne sempre
Cristina Comencini racconta al Corriere della Sera il successo de “Il treno dei bambini”, la sua visione sul cinema delle donne, la politica e il suo nuovo amore.
Cristina Comencini (le foto sono di Imagoeconomica), con il suo ultimo film “Il treno dei bambini” tratto dal romanzo di Viola Ardone e disponibile su Netflix, ha raggiunto quasi trenta milioni di visualizzazioni. «Mi sembra incredibile», racconta, «ma credo che il tema profondo del dopoguerra, del trauma che la guerra lascia sui sentimenti, abbia colpito il pubblico di tutto il mondo».
Il cinema tra piattaforme e sale
«Portare la gente in sala è bellissimo, ma difficile. Le piattaforme e il cinema possono coesistere. L’importante è, come diceva mio padre Luigi Comencini, mantenere sempre la massima verità e bellezza in quello che si crea», afferma Cristina, riflettendo sulla trasformazione del mondo cinematografico.
Il successo e la nuova generazione di registe
Comencini riconosce l’importanza del successo ma non lo vive come un punto di arrivo: «È un mestiere da montagne russe». È felice dell’affermazione di tante donne nel cinema italiano, come Paola Cortellesi, sottolineando: «Il cinema si è finalmente aperto alle storie delle donne, arricchendosi di nuove prospettive».
Il rapporto con la famiglia e il film di Francesca Comencini
Cristina racconta il forte legame con le sorelle e commenta il film di Francesca Comencini su loro padre Luigi: «Una scelta giusta. Ognuno vive un padre a modo suo». Nessuna gelosia, ma un affetto profondo che ha sempre unito la famiglia.
CRISTINA COMENCINI REGISTA
Politica, femminismo e il ruolo di Giorgia Meloni
Comencini ribadisce la sua radice di sinistra e il suo impegno per il femminismo: «Il sostegno reciproco tra donne non deve mai venir meno». Sul premier Giorgia Meloni, pur nella distanza politica, riconosce: «Per la sua parte politica sta facendo bene».
I cambiamenti nell’estetica e il coraggio delle attrici
Parlando di Giovanna Mezzogiorno, Cristina denuncia il problema della discriminazione estetica nel cinema: «Finalmente si inizia a dare meno peso all’apparenza e più al talento».
La maternità precoce e l’amore ritrovato
Diventata madre a 18 anni, Cristina confida di non aver rimpianti: «Mi ha dato la ricchezza di tutto ciò che ho scritto». Oggi vive una nuova fase felice della sua vita con il documentarista francese François Caillat, tra Roma e Parigi.
Il futuro: un nuovo romanzo in arrivo
Cristina annuncia anche il suo prossimo romanzo, “L’epoca felice”, che uscirà a ottobre per Feltrinelli: «Parlerà dell’adolescenza e della capacità della vita di sorprenderci anche quando meno ce lo aspettiamo».
Tragedia al festival Lapu Lapu a Vancouver: suv travolge la folla, morti e feriti
Durante il festival filippino Lapu Lapu a Vancouver, un suv ha investito la folla causando diversi morti e feriti. Arrestato il conducente. La città è sconvolta.
Diverse persone sono morte e molte altre sono rimaste ferite durante il festival del “Giorno di Lapu Lapu” a Vancouver, nell’ovest del Canada, quando un suv ha investito la folla. La polizia locale ha confermato che il conducente è stato arrestato subito dopo l’incidente, avvenuto intorno alle 20 ora locale (le 5 del mattino in Italia).
Il cordoglio della città e della comunità filippina
La tragedia ha sconvolto l’intera città e, in particolare, la comunità filippina di Vancouver, che ogni anno organizza il festival in onore di Lapu Lapu, eroe della resistenza contro la colonizzazione spagnola nel XVI secolo. Il sindaco Ken Sim ha espresso il proprio dolore: «I nostri pensieri sono con tutte le persone colpite e con la comunità filippina di Vancouver in questo momento incredibilmente difficile», ha scritto su X.
Le drammatiche immagini dell’incidente
Secondo quanto riferito dalla polizia e riportato dalla Canadian Press, il suv ha travolto la folla all’incrocio tra East 41st Avenue e Fraser Street, nel quartiere di South Vancouver. I video e le immagini diffusi sui social mostrano scene drammatiche: corpi a terra, detriti lungo la strada e un suv nero gravemente danneggiato nella parte anteriore. Testimoni parlano di almeno sette persone rimaste immobili sull’asfalto.
Il dolore delle autorità
Anche il premier della Columbia Britannica, David Eby, ha commentato la tragedia: «Sono scioccato e con il cuore spezzato nell’apprendere delle vite perse e dei feriti al festival». La comunità è ora unita nel cordoglio, mentre proseguono le indagini per chiarire le cause dell’accaduto.
Il ministero dell’Interno iraniano ha confermato che il bilancio dell’esplosione (ancora provvisorio) avvenuta al porto di Bandar Abbas, città strategica sullo Stretto di Hormuz, è salito a 14 morti e 740 feriti. Un evento gravissimo che scuote una delle aree più delicate per gli equilibri geopolitici globali.
Le cause restano misteriose
Le autorità iraniane parlano ufficialmente di un generico incidente, senza però fornire dettagli precisi. Questa vaghezza ha acceso numerosi interrogativi a livello internazionale: fonti estere suggeriscono che potrebbe trattarsi non di un incidente, ma di un attacco deliberato attribuibile a un Paese nemico, con il sospetto principale che ricade su Israele.
L’ipotesi dell’attacco mirato: la pista del combustibile per missili
Secondo analisi parallele, le esplosioni di Bandar Rajaei — uno dei principali terminali del porto di Bandar Abbas — non sarebbero casuali. La natura delle detonazioni, l’intensità dell’onda d’urto e l’estensione dei danni lascerebbero supporre la presenza di materiale altamente infiammabile e volatile, come il combustibile solido per razzi.
Fonti non ufficiali rivelano che Bandar Rajaei fosse recentemente diventato il deposito strategico del combustibile solido per missili balistici della Repubblica Islamica, importato dalla Cina tramite navi cargo. Non un semplice magazzino, dunque, ma un elemento chiave nelle strategie militari regionali di Teheran.
Israele nel mirino dei sospetti
Non sarebbe la prima volta che Israele compie operazioni mirate per neutralizzare le capacità missilistiche iraniane: già in passato, con massicce incursioni aeree, ha distrutto impianti critici, ritardando di anni la produzione bellica del regime. Secondo questa ricostruzione, l’Iran, nel tentativo disperato di ricostituire le sue scorte, avrebbe nascosto i materiali in infrastrutture civili, trasformando i cittadini in scudi umani.
L’attacco — se confermato — avrebbe incenerito gran parte del deposito e colpito anche la catena logistica dei rifornimenti missilistici destinati agli Houthi nello Yemen, infliggendo un danno catastrofico alla rete militare iraniana nella regione.
Un’accusa morale pesante contro il regime iraniano
L’episodio di Bandar Rajaei non sarebbe soltanto un durissimo colpo militare, ma rappresenterebbe anche un’accusa morale contro un regime accusato di sacrificare la propria popolazione pur di mantenere le proprie ambizioni imperiali. Come già avvenuto nell’esplosione del porto di Beirut nel 2020, il prezzo più alto lo pagano i civili.
La tragedia di Bandar Abbas, secondo questa lettura, segna un passo ulteriore verso la resa dei conti finale con un regime ormai gravemente indebolito, sia sul piano militare sia su quello della legittimità internazionale.