Un golpe per abbattere un leader di destra e la destra stessa dalla guida del Paese. Beniamyn Netanyahu, primo premier in carica ad essere alla sbarra nella storia di Israele, ha attaccato duramente il processo che lo vede accusato di corruzione, frode e abuso di potere in tre distinte inchieste. Nell’udienza di apertura nell’aula 317 del Tribunale di Gerusalemme in Salah a-Din street, il premier ha denunciato che “non c’e’ stato limite ai tentativi” di detronizzarlo “per abbattere il governo di destra”. A testa bassa dunque contro quello che ha definito, come in passato, una sorta di golpe, diretto a rimuovere l’intera destra dalla guida del paese. E l’accusa si e’ subito estesa alla magistratura, con in testa il Procuratore Generale Avichai Mandelblit che l’ha incriminato, alla polizia che ha condotto le indagini e ai media rei di aver fiancheggiato. “Entro a testa alta. Le accuse contro di me sono state inquinate fin dal primo giorno e sono ridicole”, ha insistito contornato da un nugolo di ministri del suo Likud, tra cui quello della Sicurezza Pubblica Amir Ohana, che l’hanno scortato in una saletta attigua all’aula 317, mentre fuori si fronteggiavano opposte manifestazioni.
“Quello che e’ in giudizio oggi – ha tuonato – e’ il tentativo di frustrare la volonta’ del popolo. Per piu’ di un decennio, la sinistra ha fallito con le urne. Negli ultimi anni hanno trovato un nuovo trucco: la polizia e i pubblici ministeri si sono uniti alla banda ‘Chiunque tranne Bibi’ per fabbricare questi casi deliranti e fabbricati, questo processo delirante”. Netanyahu e’ apparso sicuro e determinato, pronto – ha sottolineato – “a continuare a combattere e a guidare lo Stato di Israele”. Tanto sicuro da chiedere di trasmettere tutto il processo in diretta tv per l’intero Paese e non solo per i media accreditati ospiti di un’altra stanza. In udienza – dove ha ribadito di essere innocente – lo aspettavano i tre giudici depositari del suo destino, Rivka Friedman-Feldman, Oded Shaham e Moshe’ Bar-Am, e il pm Liat Ben-Ari. Netanyahu – che come gli altri indossava la mascherina per le restrizioni sanitarie – non si e’ seduto nel banco degli accusati fino – hanno notato i media – all’uscita dei fotografi. Di lui si puo’ vedere, ripreso dalla tv a circuito chiuso, uno scatto di spalle mentre guarda la Corte. A suo fianco tra gli accusati, gli uomini d’affari e tycoon Arnon Mozes, Shaul e Iris Elovitch che condividono parte delle accuse che originano dal Caso 1000 (regali in cambio di favori), dal Caso 2000 (copertura benevola dal giornale ‘Yediot Ahronot’ in cambio di interventi sul quotidiano rivale e dal Caso 4000 (il piu’ grave) con corruzione in cambio di copertura mediatica favorevole. Il premier e’ uscito dopo circa un’ora e mezzo dall’aula: il giudizio il 19 luglio per la seconda udienza alla presenza dei soli avvocati. Il processo ha catalizzato l’attenzione spasmodica del paese specie considerando che questa mattina Netanyahu ha guidato la prima riunione del governo di unita’ nazionale con Benny Gantz. L’ex nemico e ora nuovo alleato si e’ limitato a dire che “come ogni cittadino anche il primo ministro ha diritto alla presunzione di innocenza”. Poi, in polemica con la scorta al premier da parte dei ministri del Likud, ha sottolineato di “avere”, insieme ai suoi compagni “piena fiducia nella magistratura”. Non da meno Mandelblit, nominato proprio da Netanyahu Procuratore Generale ed ora sotto il suo mirino: “Continueremo ad operare senza paura, anche di fronte all’infondato tentativo di attribuire all’applicazione della legge altre considerazioni”.
Adescamento di minorenni finalizzato a violenza sessuale aggravata, atti sessuali e corruzione di minorenni: è quanto la Polizia e la Procura di Napoli contestano a un venticinquenne milanese, domiciliato a Pozzuoli, a cui a fine settembre è stato notificato un decreto di fermo. Secondo quanto emerso dalle indagini l’uomo, lo scorso 24 settembre, si è avvicinato a tre minorenni – dell’età di 11 e 12 anni – all’interno di un distributore automatico di bevande “H24” che si trova a Napoli, proponendo loro, insistentemente, di recarsi in un luogo più riservato in cambio di una somma di denaro.
Di fronte alla reazione delle minori che cercavano di allontanarsi, l’uomo ha cominciato le molestie nei confronti di una delle ragazzine, che si è allontanata di corsa con le amiche, rifugiandosi presso un vicino garage: da qui ha contattato la madre che ha subito denunciato il fatto al Commissariato Decumani. Le indagini condotte dalla Squadra Mobile e dal Commissariato di Pozzuoli, anche con l’ausilio delle immagini estrapolate dalle telecamere di sorveglianza, hanno consentito di risalire all’identità del presunto autore, che è stato rintracciato a Quarto (Napoli). Il 25enne è stato poi condotto negli uffici del Commissariato di Pozzuoli dove gli sono stati sequestrati gli indumenti indossati la sera dei fatti; sul suo cellulare è stato trovato materiale pedopornografico. Il gip di Napoli ha confermato il fermo ritenendo sussistenti il pericolo di fuga e gli indizi di colpevolezza.
Comprensibile sconforto tra il pubblico, composto soprattutto da ambientalisti e parenti di persone decedute, dopo la lettura della sentenza con cui il giudice Francesco Giannone del Tribunale di Savona ha assolto con formula piena tutti gli imputati dall’accusa di disastro ambientale e sanitario colposo. “La mia testimonianza non è stata considerata perché indiretta – racconta una donna – ma mio marito non può più testimoniare, mio marito è morto. E oggi è morto un’altra volta”. “Per noi oggi è una giornata molto brutta, con l’assoluzione viene a cadere l’ipotesi accusatoria. Attendiamo le motivazioni della sentenza – spiega Laura Mara, avvocato delle parti civili -. Chiaro che se ci fosse un appiglio valuteremo l’impugnazione”.
La sentenza, spiega, non esclude che ci sia mai stato inquinamento a Vado ma significa che per il giudice non si può collegare quell’inquinamento alla centrale: “Bisognerà ora capire sulla base di che criterio logico e giuridico si è arrivati a questa assoluzione. Nulla è perso, la nostra lotta andrà avanti a tutela della salute, dei cittadini e del territorio colpiti dall’ inquinamento, che c’è stato. E poi cercheremo le forme più opportune di tutela, se non in sede penale in sede civile dove non si ragiona sull’oltre ogni ragionevole dubbio ma sulle probabilità”.
Un uomo ha ucciso la madre e il fratello a Vignola (Modena). A scoprire i due cadaveri all’interno di un’abitazione in via Torino sono stati i carabinieri accorsi sul posto dopo che i vicini di casa avevano dato l’allarme, intorno alle 21.30, riferendo di aver sentito urla compatibili con una lite. L’autore del duplice omicidio sarebbe già stato individuato. L’uomo, ritenuto essere il responsabile della morte della madre e del fratello, è stato portato via dal luogo del delitto in ambulanza con i carabinieri al seguito. Al momento non si conoscono le età delle persone coinvolte e la dinamica dei fatti.
Le vittime del duplice omicidio avvenuto ieri a Vignola, in provincia di Modena, dove un uomo ha ucciso la madre e il fratello, sono la 88enne Anna Malmusi e suo figlio Emore Capucci, 66 anni. Il presunto autore del delitto, piantonato in ospedale da ieri sera dai carabinieri, è il 67enne Uber Capucci, portato all’ospedale di Baggiovara, dove non sarebbe in pericolo di vita. In fase di ricostruzione la dinamica dei fatti. Come hanno testimoniato i vicini di casa, ieri intorno alle 21.30, prima che i carabinieri intervenuti sul posto rinvenissero i due cadaveri, nell’abitazione del duplice omicidio si sarebbe consumata una violenta lite. I testimoni hanno riferito di aver udito delle urla.