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Cronache

Neonato nato in barca, arriva morto a Lampedusa

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E’ nato e morto in mare, mentre il barchino, sul quale la mamma si era imbarcata, faceva rotta verso Lampedusa. Lo stesso “scoglio” dove è arrivato, nel pomeriggio, un piccino di 3 anni di cui non si sa nulla. A tenerlo per mano, tanto durante la traversata, quanto al momento dell’approdo a molo Favarolo, un giovane nordafricano che a polizia e volontari di Croce Rossa ha subito detto: “Non so chi sia, l’ho trovato nel deserto, era solo. L’ho portato con me per salvarlo, ma non è un mio familiare e non so come occuparmene”. Morte e speranza di vita migliore, ancora una volta, sulla più grande delle isole Pelagie dove appena due giorni fa era stata fatta una fiaccolata per commemorare il neonato di 5 mesi, figlio di una guineana, annegato quando il natante sul quale viaggiavano si è ribaltato. Poco dopo l’alba, a molo Favarolo, è stata portata l’ennesima, microscopica, bara bianca.

A tenere stretto fra le braccia un fagottino avvolto da una coperta termica, una ragazza in lacrime. Il piccolo è nato durante il viaggio, iniziato da Sfax in Tunisia, in mezzo ad altre 39 persone. Un paio di vagiti appena e poi è spirato. Con strazio, non reggendosi neanche in piedi, la giovane ha lasciato cadere nelle mani dei volontari della Croce Rossa il cadavere del figlioletto. Il neonato è stato portato nella camera mortuaria del cimitero di Cala Pisana, mentre la donna è stata fatta salire su un’autoambulanza che l’ha trasferita al Poliambulatorio da dove i medici l’hanno subito trasferita, con elisoccorso, in un ospedale di Palermo. La salma del piccolo verrà, nelle prossime ore, sottoposta ad autopsia per stabilire quali sono state le cause della morte. Della donna nessuno sa niente, neanche i suoi compagni di viaggio.

Nel pomeriggio, in uno degli ultimi sbarchi – sono stati complessivamente 18 con 818 persone – sul molo è arrivato, tenuto per mano, un piccolo di 3 anni. A prima vista, a polizia e Croce Rossa, sembravano padre e figlio o fratelli. Idee subito smentite dal giovane nordafricano: “Non lo conosco, non so chi sia. Era solo, abbandonato, nel deserto. L’ho preso con me, dovevo salvarlo”. Nessuno conosce né il nome, né la nazionalità del piccino che, attualmente, è all’hotspot di contrada Imbriacola e per il quale si cercherà adesso un affidamento familiare. I poliziotti della Squadra Mobile stanno cercando, anche riascoltando il ragazzo, di raccogliere elementi utili per provare a comprendere di dove sia il bimbo che è impaurito, ma in perfetta salute.

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Cronache

Boss minaccia ex moglie: pentita, è pronta la ruspa

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Una vita matrimoniale iniziata con la costrizione, proseguita con costanti aggressioni verbali, picchiata dall’ex marito e minacciata dall’ex suocero. “Mi hanno più volte detto che per me era già pronta la ruspa, volendo intendere che mi avrebbero appunto uccisa e seppellita”. A parlare con i pm della Dda di Reggio Calabria è l’ex moglie di Rosario Arena, di 44 anni, arrestato a Rosarno dai carabinieri assieme al padre Domenico, di 69, già condannato per mafia. Minacce ed estorsioni sono le accuse contestate ai due indagati ritenuti vicini alla cosca Pesce e nei confronti dei quali il gip Tommasina Cotroneo ha emesso un’ordinanza di custodia cautelare in carcere su richiesta del procuratore Giovanni Bombardieri e dal sostituto procuratore della Dda Sabrina Fornaro.

Le vessazioni a cui era sottoposta l’ex moglie di Arena erano note nella cittadina della Piana di Gioia Tauro. Ne aveva fatto riferimento, infatti, un collaboratore di giustizia ed erano emerse anche in alcune intercettazioni. Il riscontro lo ha fornito la stessa donna che ai magistrati ha raccontato le attività criminali della famiglia del marito e, soprattutto, cosa ha subito dal 2001 quando, a 15 anni, prima di entrare al liceo, è stata rapita da Rosario Arena e costretta a convivere con l’uomo che nel 2003, una volta maggiorenne, ha dovuto sposare. “Io e i miei genitori abbiamo capito che non ci potevamo opporre. – si legge nel verbale della vittima -. Della famiglia Arena so che non hanno mai lavorato onestamente. Già durante la mia vita matrimoniale ho subito numerose volte minacce dal mio ex suocero e dal mio ex marito, che mi hanno più volte detto che per me era già pronta la ruspa. Quando ho lasciato Rosario, 13 novembre 2018, Domenico Arena, il mio ex suocero, mi ha detto che ci avrebbe uccisi”, riferendosi ai propri familiari.

“Ricordo che mio suocero – sono sempre le parole della donna – proponeva a noi donne della famiglia di occuparci della coltivazione di sostanza stupefacente. Mio marito mi chiamava ‘pentita’” perché non partecipava alle attività illecite. Quando Rosario Arena è stato lasciato dalla moglie ha vissuto la separazione come un’onta da punire. Secondo gli inquirenti, infatti, mentre era ancora detenuto, attraverso i figli, avrebbe detto alla donna che una volta scarcerato “avrebbe sistemato tutto”. “Dovrai morire di fame” è la frase che le avrebbe rivolto, invece, l’ex suocero utilizzando un falso profilo facebook. La vita matrimoniale della vittima – si legge nell’ordinanza – “è stata improntata a pressioni psicologiche continue, in quanto il suocero ed il marito pretendevano che lei, come le altre nuore, prendesse parte attiva agli affari illeciti della famiglia, tra cui il traffico di stupefacenti, e che avesse con il suocero atteggiamenti sessuali promiscui e confidenziali”. Oltre alle minacce alla donna, padre e figlio arrestati stamani sono accusati anche di avere minacciato un medico dell’ospedale di Bari con lo scopo di ottenere un certificato che sarebbe servito a Domenico Arena, all’epoca detenuto, per eludere il carcere e usufruire dei domiciliari. La Dda ha, inoltre, scoperto un’estorsione ai danni della cooperativa agricola “Fattoria della Piana” che, secondo gli inquirenti, negli ultimi 18 anni, era diventata una vera e propria fonte di reddito illecito della famiglia Arena.

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Gratteri in visita al comando provinciale dei Carabinieri di Napoli

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Il procuratore capo di Napoli Nicola Gratteri si è recato in visita stamane alla caserma Pastrengo, storica sede del Comando Provinciale Carabinieri. Ad accoglierlo il Comandante Provinciale dei Carabinieri di Napoli, Generale di Brigata Enrico Scandone e i vertici investigativi dell’Arma partenopea. Durante l’incontro, Gratteri “ha rivolto un sentito ringraziamento a tutti i Carabinieri impegnati nel difficile territorio del Comando Provinciale di Napoli e ha voluto far sentire a tutti i militari la vicinanza dell’intera Procura nell’ambito di una sinergia ben consolidata”, è scritto in una nota  dell’Arma.

“Un particolare plauso è stato espresso per la professionalità e l’abnegazione quotidianamente profusi nello svolgimento del servizio, con passione ed entusiasmo, e per gli importanti risultati ottenuti nell’azione di prevenzione e repressione dell’illegalità, in ogni sua forma”. Nel corso dell’incontro il procuratore capo ed i vertici investigativi di Napoli e provincia hanno delineato anche i prossimi piani investigativi e le strategie da adottare nel contrasto alla criminalità organizzata ed a quella ‘comune’. Durante la visita Gratteri ha avuto modo di incontrare, tra gli altri, i carabinieri della centrale operativa del comando provinciale di Napoli – cuore pulsante dell’Arma territoriale – e vederli all’opera durante il “monitoraggio” dell’intera città grazie alle telecamere distribuite sul territorio.

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Cronache

Droga e armi, sei arresti dei carabinieri nel Napoletano

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Sei persone, tra cui un 17enne, sono state arrestate dai carabinieri del nucleo investigativo di Castello di Cisterna in una operazione contro la criminalità organizzata di Afragola, in provincia di Napoli. I militari hanno svolto perquisizioni a tappeto nell’area di parco Sant’Antonio, via Calvanese e vicolo Maiello. In una abitazione sono state sorprese quattro persone, tra cui un 17enne, mentre confezionavano droga per la vendita al dettaglio tra cocaina, hashish e marijuana per un peso complessivo di un chilo. Sequestrata la somma contante di 6mila euro. L’altra perquisizione ha permesso invece di rinvenire e sequestrare a carico di due uomini fermati in strada un Kalashnikov con relativo munizionamento che era nascosto in un’auto. Trovate poi anche due pistole con il relativo munizionamento, un centinaio di proiettili di vario calibro, nascoste nel sottotetto di una abitazione di via Calvanese.

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