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Cronache

Neonata morta nel reparto di terapia intensiva del policlinico di Roma, come i quattro decessi di bimbi a Brescia

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Una bambina di meno di due mesi è morta il 10 ottobre scorso – ma la notizia si e’ saputa ora – nel reparto di terapia intensiva neonatale del Policlinico Umberto I di Roma per un’infezione contratta in ambiente ospedaliero. I genitori hanno presentato un esposto-denuncia per omicidio colposo alla Procura della Repubblica di Roma, che nei prossimi giorni disporra’ una consulenza tecnica d’ufficio. La notizia arriva a pochi giorni di distanza dal caso degli Spedali Civili di Brescia, dove si attendono i risultati degli esami e delle indagini aperte per capire le ragioni delle morti di 4 neonati prematuri. Ci vorranno 60 giorni per capire attraverso le autopsie su 2 di questi quattro bambini se esiste una relazione fra i decessi . Nell’attesa di una risponda la societa’ italiana di neonatologia ha spiegato che non esiste alcun allarme infezioni nei reparti per prematuri degli ospedali italiani. La bambina morta a Roma era nata all’Umberto primo il 22 agosto scorso, prematuramente, alla trentesima settimana di gestazione, con taglio cesareo. Era stata subito trasferita nel reparto di terapia intensiva neonatale dello stesso policlinico, dove qualche giorno piu’ tardi – sostengono i genitori nell’esposto – ha contratto l’infezione. Sottoposta a terapie, senza mai essere dimessa dalla struttura ospedaliera, la neonata e’ morta il 10 ottobre. L’autopsia, disposta dalla direzione del policlinico, ha confermato che la neonata aveva contratto un’infezione da Serratia marcescens, un batterio di frequente causa di infezioni ospedaliere, sia in adulti, sia in pazienti pediatrici. Ricevuto l’esposto denuncia dei genitori, la Procura della Repubblica ha avviato indagini preliminari e si appresta a disporre una consulenza tecnica per far luce su ogni aspetto della vicenda. “Non c’e’ un allarme infezioni nelle terapie intensive neonatali italiane, i reparti sono sicuri ed efficienti” ha spiegato il presidente della Sin, la societa’ italiana di neonatologia, Fabio Mosca, direttore del piu’ grande Reparto di Neonatologia e Terapia Intensiva Neonatale italiana presso la Fondazione IRCCS Ca’ Grande Ospedale Maggiore Policlinico di Milano – Clinica Mangiagalli. ”Senza entrare nello specifico del caso della bambina morta a Roma al Policlinico Umberto I, e’ indispensabile comprendere che la prematurita’ e’ una malattia, e le difese immunitarie sono compromesse. I germi ci sono e non viviamo in un ambiente sterile. E’ necessario quindi – ha detto guardare quanto avviene con attenzione ma non con sospetto”. Mosca ha aggiunto che in Italia muoiono circa 600 bambini prematuri ogni anno ma la sopravvivenza e’ alta anche fra i bambini che nascono sotto il chilo e mezzo di peso, raggiungendo l’85%. “I genitori non devono perdere la fiducia per quello che si fa nei reparti perche’ i livelli di cura sono molto alti e i risultati eccellenti”.

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Cronache

Taranto, sparatoria a rione Tamburi: morti Carmelo Nigro e Pietro Caforio

Conflitto a fuoco a Taranto: morti Carmelo Nigro e Pietro Caforio. Michele Caforio confessa l’omicidio, si attende la convalida del fermo.

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Sale a due vittime il bilancio del violento conflitto a fuoco avvenuto la sera del 16 luglio in via Machiavelli, nel rione Tamburi di Taranto. Dopo la morte del 45enne Carmelo Nigro, deceduto poco dopo l’arrivo in ospedale, questa mattina è stato dichiarato clinicamente morto anche Pietro Caforio, 34 anni, gravemente ferito nella sparatoria.

La ricostruzione: scontro tra clan per il controllo del traffico di droga

Secondo le prime risultanze investigative, il movente della sparatoria sarebbe legato a contrasti per il controllo delle piazze di spaccio nella città vecchia di Taranto. La scena che si è consumata in via Machiavelli ha visto l’esplosione di diversi colpi d’arma da fuoco. A farne le spese sono stati quattro uomini: oltre ai due deceduti, è rimasto gravemente ferito Michael Nigro, 20 anni, figlio di Carmelo, attualmente ancora in ospedale. Vincenzo Fago, 65 anni, ha invece riportato una ferita non grave alla gamba sinistra.

Michele Caforio interrogato in carcere: “Ho ucciso Carmelo Nigro”

Nella giornata di oggi, Michele Caforio, 37 anni, fratello di Pietro, è stato interrogato in carcere dal gip Giovanni Caroli. Caforio era stato fermato nei giorni scorsi con l’accusa di omicidio di Carmelo Nigro, tentato omicidio di Michael Nigro, con l’aggravante del metodo mafioso, e per porto e detenzione illegale di arma da fuoco.

Difeso dagli avvocati Franz Pesare e Pasquale Blasi, l’indagato ha ammesso le proprie responsabilità, confermando quanto già emerso dalle intercettazioni ambientali in cui aveva confessato l’omicidio. Secondo la sua versione, avrebbe reagito dopo che Carmelo Nigro aveva sparato a suo fratello Pietro, colpendolo alla testa e al torace.

Attesa per la convalida del fermo

Al termine dell’interrogatorio, si attende ora la decisione del gip sulla convalida del fermo. Con ogni probabilità verrà disposta l’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti del 37enne.

Il decesso di Pietro Caforio: confermato dai medici

L’Asl di Taranto ha comunicato che Pietro Caforio, ricoverato in rianimazione, è stato dichiarato clinicamente deceduto alle 8.15 di questa mattina. Come previsto dalla legge, sono state avviate le sei ore di osservazione e, al termine, il collegio medico ha certificato il decesso.

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Cronache

Urbanistica e fuga di notizie, la Camera penale di Milano: “Processo mediatico inaccettabile”

La Camera penale di Milano critica duramente la gestione dell’inchiesta urbanistica: “Indagati informati dai giornali, presunzione d’innocenza violata, equilibrio procedurale stravolto”.

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La Camera penale di Milano lancia un duro atto d’accusa contro la gestione dell’inchiesta sull’urbanistica, al centro dell’attenzione pubblica nelle ultime ore. In una nota ufficiale, i penalisti milanesi parlano senza mezzi termini di “ennesimo corto circuito”, in cui i media vengono informati prima degli indagati, violando le regole basilari previste dal codice di procedura penale.

Secondo quanto riportato nella nota, l’indagato – in questo caso il sindaco di Milano – avrebbe scoperto la propria iscrizione nel registro degli indagati leggendo i giornali, senza aver ricevuto alcun atto formale da parte della magistratura.

Le critiche alla gestione mediatica: “Violate regole e garanzie”

La denuncia della Camera penale è netta: ogni volta che una vicenda giudiziaria “per contenuto o per soggetti coinvolti” ha potenziale mediatico, si assiste alla diffusione incontrollata di informazioni, persino ignote agli stessi indagati. Non solo: si parla di atti processuali pubblicati dai media prima ancora che le parti abbiano la possibilità di prenderne visione.

Nel mirino dei penalisti anche la cosiddetta “lotteria dei nomi”: con il numero degli indagati già noto alla stampa, si moltiplicano le indiscrezioni su chi possa essere coinvolto, amplificando la pressione mediatica e politica.

“Presunzione d’innocenza travolta, danni per persone e aziende”

Il cuore della critica è il ribaltamento delle garanzie costituzionali. Secondo la Camera penale, in questa fase “delicatissima” del procedimento, in cui si decide della libertà degli individui, la fuga di notizie e la celebrazione del processo mediatico minano profondamente la presunzione di innocenza.

Una dinamica che – si legge ancora – travolge le vite delle persone, interferisce nelle scelte politico-amministrative e può compromettere il futuro di intere aziende coinvolte indirettamente. Per i penalisti milanesi, serve un ritorno al rispetto delle regole, alla tutela del diritto di difesa e alla centralità del processo penale come unico luogo in cui accertare responsabilità.

(Immagine in evidenza generata con sistemi di Intelligenza artificiale)

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Cronache

Reinhold Messner: “Serve rispetto per la montagna, non è un luna park”

Reinhold Messner lancia un appello: troppi turisti affrontano la montagna senza preparazione e senza rispetto. Nasce la Messner Haus per recuperare il senso autentico del rapporto con la natura.

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La montagna è sempre più affollata, ma non sempre rispettata. Reinhold Messner (foto Imagoeconomica in evidenza), leggenda vivente dell’alpinismo mondiale, lo denuncia senza giri di parole:

Manca il rispetto. Della montagna, della natura, delle regole. Ci si avventura senza consapevolezza, senza cultura, come se tutto fosse controllabile. Ma in montagna si può anche morire, non solo per scalate estreme, anche durante una passeggiata.”

Un messaggio netto, affidato in un’intervista al Corriere della Sera, che accompagna il lancio del suo ultimo progetto, la Messner Haus, una casa museo e spazio di dialogo che sarà inaugurata il 17 settembre, giorno del suo 81° compleanno.

Il passo lento e la montagna come scuola di vita

Messner, primo uomo a scalare tutti i 14 Ottomila senza ossigeno, torna a sottolineare il valore del “passo lento” contro la frenesia moderna:

“La nostra capacità di comprendere ciò che ci circonda è legata alla camminata. La velocità è nemica della conoscenza. Anche la mountain bike, soprattutto elettrica, può essere pericolosa. Soprattutto per chi, come me, non ha più vent’anni.”

L’alpinista invita a recuperare il contatto con la natura, anche solo camminando:

“Non serve scalare l’Everest. Basta imparare ad ascoltare il proprio inconscio. Chi va in montagna per davvero, sa che serve prudenza. Un masso può cadere, un temporale arrivare all’improvviso.”

Contro il turismo da selfie e il mito degli influencer

Nel mirino anche il turismo da social network:

“Non si guarda più la montagna, la si fotografa. Si vive tutto attraverso lo schermo del cellulare. E quando si pubblica una foto, parte la caccia al punto preciso. È così che gli influencer stanno riscrivendo l’idea di montagna.”

Per questo, racconta, è nata la Messner Haus:

“Volevano demolire la vecchia stazione della funivia sul Monte Elmo. Mi sono opposto. Abbiamo riutilizzato quello che c’era, per me è questo il senso della sostenibilità.”

I lupi, l’abbandono delle malghe e il turismo che rischia di morire

Messner denuncia anche un problema strutturale delle terre alte:

“I lupi attaccano il bestiame, i contadini lasciano le malghe, il paesaggio si degrada e il turismo ne risente. Non sono contro i lupi, ma serve un equilibrio.”

Il Sud Tirolo cambia pelle, ma rischia di perdere la sua anima. Una trasformazione che Messner guarda con preoccupazione:

“Una volta gli italiani guardavano la montagna dal balcone. Ora camminano. È un bene. Ma il turismo deve essere consapevole. La montagna non è di nessuno. Solo se tutti la proteggiamo, avrà un futuro.”

Nella Messner Haus, due stanze sono riservate a lui e alla moglie Diane:

“Quando gli incontri finiscono, dormiamo lì. E all’alba, davanti alla Val di Sesto, penso che anche dopo aver visto le montagne più belle del mondo, questa vista non ha eguali.”

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