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Cronache

Nel 2024 truffe online per 181 milioni di euro (+32%)

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Dal contrasto alla pedopornografia ai crimini informatici contro la persona, passando per il monitoraggio delle attività criminali di stampo finanziario e le verifiche sui sistemi di sicurezza degli apparati attivi sulla rete, senza dimenticare il cyberterrorismo: sono alcuni dei contenuti del report 2024 della Polizia Postale e per la Sicurezza Cibernetica, un anno di lavoro per affrontare un ventaglio davvero ampio di reati diffusi via web. A cominciare dalle truffe online: nel 2024 i casi trattati sono stati 18.714 con un incremento del 15% rispetto ai 16.325 del 2023. Il numero di persone indagate è rimasto invariato (circa 3.500) mentre le somme sottratte hanno subito un notevole aumento: +32%, passando da 137 a 181 milioni.

Alle truffe poi si sommano le frodi, pari a 48 milioni di euro (+20%). Un’altra piaga è quella dei siti web che diffondono materiale Csam (Child sexual abuse material): in questo caso l’attività del Centro nazionale per il contrasto alla pedopornografia online (Cncpo) ha portato alla sorveglianza di 42.031 siti e all’inserimento di 2.775 di questi nella cosiddetta ‘black list’. Col segno più anche i reati contro la persona, che nel 2024 ha contato 1500 casi di sextortion – le cui vittime maggiorenni sono state soprattutto uomini – e 264 casi di diffusione non consensuale di immagini o video intimi, prevalentemente nei confronti di donne, che hanno portato alla denuncia di oltre 200 persone. Indagini hanno riguardato anche la detenzione, lo scambio e la produzione di materiale pedopornografico, oltre all’adescamento online di minori, attività di monitoraggio che ha portato all’analisi di oltre 42.000 siti web, di cui 2.775 inseriti nella black list.

Negativi anche i dati sul cyberbullismo dove, rispetto al 2023, si è registrato un lieve aumento dei casi, oltre 300. La fascia d’età più colpita è quella 14-17 anni, nonostante gli incrementi più significativi siano legati a quelle tra 0-9 e 10-13 anni. Numerose pure le attività contro il cyberterrorismo, cresciute del 63% (da 178mila a 290mila) a fronte di un leggero calo (11%) dei 2.364 contenuti web oscurati (su un totale di 290mila siti controllati). Il lavoro svolto, fanno sapere gli specialisti della Polizia, “è essenziale per la precoce individuazione di minacce e per la corretta gestione dell’ordine e la sicurezza pubblica” al fine di fermare la minaccia estremista. Sul fronte degli attacchi via web il Centro nazionale anticrimine informatico per la protezione delle infrastrutture critiche (Cnaipic) fa sapere che nel 2024 ha gestito circa 12.000 aggressioni di un qualche rilievo, diramando oltre 59mila alert su sistemi informatizzati di interesse nazionale, portando all’identificazione di 180 persone.

In particolare il Cnaipic conferma la presenza nei nostri giorni “di un’elevata incidenza di attacchi ransomware e di DDoS” diretti ad ampio spettro a infrastrutture pubbliche, nazionali e territoriali, in particolare verso pubbliche amministrazioni locali, specie Comuni e Aziende Sanitarie, e nei confronti di aziende erogatrici di servizi essenziali in diversi settori (trasporti, finanze, sanità e telecomunicazioni). In linea generale lo scenario aggiornato della minaccia cyber, si legge nel report, vede ormai stabilmente aggiungersi, a una matrice puramente criminale, “un’origine riconducibile all’operare di attori state-sponsored, anche in conseguenza del contesto geopolitico internazionale”.

“L’approvazione nel 2024 del ddl Cybersicurezza – spiega Ivano Gabrielli, direttore del Servizio Polizia Postale e per la Sicurezza Cibernetica – ha potenziato le nostre capacità di prevenzione e contrasto, dotandoci di strumenti normativi avanzati e di una più completa architettura istituzionale che, arricchita dalla capacità di coordinamento della Dna, oggi permette la più efficace osmosi operativa tra Forze dell’ordine, Magistratura e Presidenza del Consiglio. Sotto il profilo più strettamente criminale, la criminalità economica e finanziaria rappresenta – avverte Gabrielli – la più significativa area di azione di organizzazioni complesse, ben distribuite a livello internazionale”.

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Vittorio Sgarbi ricoverato al Gemelli: la depressione lo piega, ma amici e ammiratori sperano in un ritorno

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Vittorio Sgarbi è ricoverato al Policlinico Gemelli di Roma. Il critico d’arte e volto noto della cultura italiana è sotto osservazione a causa di un importante peggioramento delle sue condizioni di salute, legato a una sindrome depressivache lo affligge da tempo. Negli ultimi giorni, si sarebbe anche rifiutato di alimentarsi, condizione che ha reso inevitabile il ricovero in reparto per monitoraggi e controlli specialistici continui.

Una notizia che preoccupa il mondo della cultura e migliaia di persone che, al di là delle sue intemperanze e provocazioni, riconoscono a Sgarbi uno straordinario ruolo nella divulgazione dell’arte italiana.

Un anno difficile: dimissioni, inchieste e malattia

Il 2023 è stato un anno complicato per Sgarbi, cominciato con le dimissioni da sottosegretario alla Cultura, proseguito con una serie di indagini a suo carico legate ad alcune operazioni su opere d’arte, e accompagnato da problemi di salute di cui non ha mai fatto mistero. Tra questi, anche un tumore alla prostata, che ha affrontato con franchezza, raccontandolo pubblicamente senza filtri.

Nonostante tutto, a dicembre è arrivata nelle librerie la sua ultima fatica: “Natività, Madre e figlio nell’arte”, un volume che raccoglie ancora una volta il suo sguardo appassionato e visionario sull’arte sacra, e che testimonia la sua instancabile volontà di continuare a raccontare la bellezza.

“Un treno fermo in una stazione sconosciuta”

È stato lo stesso Sgarbi, in una recente intervista a Robinson de la Repubblica, a parlare apertamente della sua depressione:
«La mia attuale malinconia o depressione è una condizione morale e fisica che non posso evitare. Come abbiamo il corpo, così esistono anche le ombre della mente, dei pensieri, fantasmi che sono con noi e che non posso allontanare. Non ne avevo mai sofferto. Mi sembra un treno che si è fermato a una stazione sconosciuta».

Un’ammissione rara e potente, pronunciata da un uomo da sempre abituato a mostrarsi indistruttibile, tagliente, fuori dagli schemi. Ma anche nei suoi ultimi post social – un ricordo del padre, un pensiero per le donne, una battuta su Sanremo – si intravedeva un’ombra nuova, più malinconica, più fragile.

L’appello di Veneziani: «Rialzati e cammina, capra!»

A dare voce a chi lo ama e lo stima è stato l’amico Marcello Veneziani, che sul quotidiano La Verità gli ha dedicato un toccante appello in prima pagina:
«Rialzati e cammina, capra!». Intervistato dal Corriere della Sera, Veneziani ha parlato con lucidità del momento difficile che sta attraversando Sgarbi:
«Ha la percezione che molte delle sue libertà impulsive non potranno più essere praticate. Il suo universo si sta restringendo».

Eppure, Veneziani non perde la speranza:
«Conoscendo Vittorio, non escludo affatto un risorgimento personale. Penso che potrebbe riuscire a ritrovare il giusto impeto per riprendere la sua strada. Ma per farlo, dovrà dire addio al Vittorio Uno per aprire il capitolo del Vittorio Due».

L’augurio di tutti: ritrova la tua voce, Vittorio

Oggi Sgarbi è un paziente, ma anche un simbolo. Di una fragilità umana che può toccare chiunque, persino chi si è sempre esibito con piglio sicuro e disarmante, anche scomodo. La sua voce – ironica, appassionata, talvolta tagliente – è mancata negli ultimi giorni, e in tanti ne sentono l’assenza. Come critico d’arte, divulgatore, e prima ancora come uomo, Vittorio Sgarbi ha saputo toccare corde profonde.

Per questo oggi, l’unico vero appello che ha senso è uno solo: torna presto, Vittorio. Rialzati, riprendi a camminare, capra geniale che non ci hai mai lasciato indifferenti.

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“Gomorra” sotto accusa a Napoli? Censurare l’arte è un errore

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Anche San Gregorio Armeno, celebre arteria dell’artigianato presepiale nel cuore di Napoli, si è unita alla protesta avviata nei Quartieri Spagnoli contro le riprese di “Gomorra: le origini”, il prequel della serie cult che racconta l’ascesa del boss immaginario Pietro Savastano. A parlare, lungo la strada dei pastori, è un grande striscione con una scritta forte e diretta:
“Gomorra napolesi in tv. Napoli dell’arte non vi sopporta più”.

L’iniziativa, lanciata dall’associazione Le Botteghe di San Gregorio Armeno, nasce con l’intento di denunciare quella che viene percepita come una rappresentazione distorta e violenta della città. «Un’immagine – spiegano – che non ci appartiene, che svilisce il cuore autentico della nostra cultura e che offusca il lavoro quotidiano di chi promuove arte, artigianato, storia e bellezza».

Una posizione legittima, che nasce da una ferita identitaria profonda, ma che non può tradursi in censura.

È giusto e condivisibile difendere la vera immagine di Napoli, città di luce, bellezza, creatività e accoglienza. Ma dire che Gomorra debba essere fermata perché offende la città è un passo falso. La fiction non racconta Napoli geograficamente, non la esaurisce, non la incasella. Gomorra è una rappresentazione simbolica, una lente d’ingrandimento su un fenomeno criminale che non è esclusivo di Napoli, ma appartiene a tutte le grandi città del mondo.

Gomorra è anche Milano, New York, Londra, Parigi. È ogni luogo dove la cultura della violenza, del denaro, della sopraffazione prevale sulla civiltà. Quella raccontata dalla serie è una realtà criminale purtroppo esistente e tangibile: la camorra esiste, uccide, controlla interi quartieri, opprime comunità, recluta giovanissimi. Far finta che non ci sia, non la fa sparire.

Non si comprende perché un documentario sulle bellezze del Golfo sia considerato “veritiero” e quello sulla camorra venga subito bollato come “fasullo”. La verità è che Napoli è entrambe le cose: splendore e abisso, arte e miseria, poesia e criminalità. Non si può celebrare la città solo quando si parla dei suoi pastori, dei suoi tramonti e dei suoi cantanti. Anche le sue ferite meritano di essere raccontate. E negare la voce all’arte, quando parla di questo, è ipocrisia pura.

C’è poi un altro aspetto che rende questa protesta al limite del paradossale: le stesse botteghe di San Gregorio Armeno che oggi si indignano, per anni hanno realizzato e venduto a centinaia le statuette dei protagonisti di Gomorra, con ottimi incassi. È lecito indignarsi oggi dopo aver cavalcato l’onda commerciale del fenomeno? Anche Don Matteo, fiction candida e rassicurante vista da milioni di italiani, non ha reso l’Italia un Paese migliore. La televisione non crea la realtà, semmai la interpreta. E Gomorra è riuscita, con efficacia narrativa e impatto estetico, a raccontare una verità scomoda.

Napoli ha diritto a raccontarsi per ciò che è: una capitale culturale, viva, geniale. Ma ha anche il dovere, come ogni città matura, di confrontarsi con le proprie ombre. L’arte non va censurata, neppure quando disturba. Al massimo, si può non condividerla, criticarla, controbilanciarla con altre narrazioni. Ma non vietarla.

La censura non è mai un atto d’amore verso la città. È solo paura. E Napoli, più di ogni altra città al mondo, ha sempre avuto il coraggio di guardarsi allo specchio. Anche quando quel riflesso faceva male. I napoletani possono avere qualunque difetto gli si voglia attribuire, ma hanno un pregio che è virtù di pochi popoli: non sono ipocriti e si raccontano da sempre con spietata severità. Forse Napoli è diventata una città migliore per questo motivo.

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Carini, tragedia durante una serata danzante: il dj Francesco Milazzo muore alla consolle

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Stava animando la serata con la sua musica, come aveva fatto tante altre volte. Ma questa volta, per Francesco Milazzo, 53 anni, non c’è stato nulla da fare. L’uomo è morto improvvisamente mentre si trovava alla consolle di un agriturismo a Carini, in provincia di Palermo, durante un evento danzante.

Milazzo era conosciuto non solo per il suo lavoro come amministratore di condominio, ma anche per la sua grande passione per la musica e la radio, che lo portava spesso a frequentare gli studi radiofonici palermitani, dove si era fatto apprezzare per la sua competenza e dedizione.

Inutili i soccorsi: Milazzo stroncato da un malore

Durante la serata, Milazzo ha accusato un malore improvviso proprio mentre stava suonando. L’allarme è scattato subito e sono intervenuti i sanitari del 118, ma nonostante i tentativi di rianimazione non è stato possibile salvargli la vita.

Sgomento tra i presenti e nella comunità che lo conosceva. La notizia si è diffusa rapidamente tra amici e colleghi del mondo radiofonico palermitano, che oggi lo ricordano con affetto.

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