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Nek: «Il mio cuore è in campagna, il successo non mi ha cambiato»

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Un trattore prima di una Ferrari. Un orto prima della ribalta. Filippo Neviani, in arte Nek, 53 anni e 33 di carriera, con 10 milioni di album venduti in tutto il mondo, racconta la sua vita con l’umiltà e il sorriso di sempre. Nel dialogo con il Corriere della Sera, l’artista emiliano si apre tra ricordi, riflessioni e aneddoti che svelano il volto più autentico di uno dei cantautori italiani più amati.

La campagna e gli affetti semplici

«Mi dà soddisfazione il trattore, è la mia passione», confessa Nek. I primi soldi guadagnati li ha spesi per una casa a Sassuolo e due Jeep per il padre e il suocero. L’amore per la terra non lo ha mai abbandonato: conserva, ortaggi, vino fatto in casa. L’anno scorso ha ospitato l’amico Francesco Renga a casa sua: «Ha mangiato i frutti e le zucchine che coltivo io».

Il contatto con la natura è parte integrante della sua identità. Anche Sting, con cui condivide la passione per l’agricoltura, lo ha ammonito dopo un incidente con la motosega: «Sei pazzo! Le tue mani sono il tuo strumento».

Musica, emozioni e incontri indimenticabili

La musica è arrivata presto. Una chitarra regalata, l’ostetrica che l’aveva fatta nascere non la usava più. Da lì, la passione è diventata esigenza, studio e mestiere. Il successo, però, non lo ha mai allontanato dalle sue radici: «Ho bisogno di cose normali nella straordinarietà della mia vita», dice. Vive ancora a Sassuolo, tra le colline che lo coccolano.

Con Max Pezzali, Laura Pausini, Gianni Morandi, ha condiviso palchi e amicizie. Con Morandi, che ha scritto la prefazione al suo libro dei 50 anni, ha un legame profondo: «Gianni è un uomo che ti accoglie, ti fa sentire a casa».

Il palco di Sanremo ha segnato le tappe più importanti: l’esordio del ’93 con In te, le polemiche, l’abbraccio del pubblico, il successo con Laura non c’è, la vittoria nella serata cover del 2015 con Se telefonando, approvata da Ennio Morricone in persona. E poi Lucio Dalla: «Per avere successo bisogna soffrire», gli disse dopo una stecca ad Aosta. Parole che non ha mai dimenticato.

Emozioni vere e occhi di ghiaccio

Romantico, nostalgico, sentimentale. Nek non lo nasconde: «Una volta ho preso un volo solo per vedere mia moglie due ore a Milano e poi ripartire per il Sudamerica». È il cuore a guidarlo. Anche nella nostalgia: «Mi mancano le persone che non ci sono più, come mio padre. Ma i ricordi non sono tristi, sono parte di me».

Gli occhi di ghiaccio? «Per un po’ mi ha pesato, volevo contasse solo la musica. Ora dico: “Ma Filippo, di che ti lamenti?”».

Un artista che sa ancora emozionarsi

Ogni volta che passa una sua canzone alla radio, si ferma ad ascoltare. Non ha mai perso il senso di meraviglia: «Fa sempre un certo effetto».

E quando ripensa al passato, lo fa con affetto. Dall’oratorio dove suonava nei Gen Rosso al suo istituto tecnico pieno di ragazze: «Lì gli occhi di ghiaccio mi sono serviti».

Nek è così: vero, radicato, umano. Un artista con i piedi per terra, il cuore nel vino del suo orto e la testa tra le note che sanno raccontare la vita.

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Regionali in Campania, De Luca resta l’ago della bilancia. Fico e Cirielli in volata finale verso il voto del 25 novembre

De Luca, pur fuori corsa per il terzo mandato, resta protagonista della politica campana. Fico guida il centrosinistra, ma Cirielli accorcia nei sondaggi. Meloni e Carfagna scaldano la campagna elettorale.

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Sebbene non possa correre per un terzo mandato, Vincenzo De Luca continua a essere un protagonista silenzioso ma ingombrante della campagna elettorale per le Regionali in Campania. La sua lista civica, A Testa Alta, secondo i sondaggi potrebbe superare persino quella del candidato presidente del centrosinistra, Roberto Fico, alimentando il timore che l’influenza politica del governatore uscente resti forte anche nella prossima amministrazione.

Le relazioni tese con il sindaco di Napoli Gaetano Manfredi, che non ha mai nascosto la volontà di “voltare pagina”, rendono il quadro ancora più complesso. Manfredi, dal congresso dei giovani dem a Napoli, ha ribadito: “È finita una stagione politica, ora c’è un rinnovamento. Il futuro della Campania è con Roberto Fico”.


Piero De Luca rassicura: “Mio padre non sarà un governatore ombra”

A cercare di rasserenare gli animi ci ha pensato Piero De Luca, figlio del presidente uscente e segretario regionale del Partito Democratico. Dal palco del congresso dei Giovani Democratici ha smentito ogni ipotesi di regia occulta del padre:

“Non ci sarà un governatore ombra. Ci sarà un lavoro di squadra tra tutte le forze della coalizione progressista. Roberto Fico guiderà la Regione Campania verso obiettivi ancora più ambiziosi”.

Un messaggio chiaro a chi teme che l’ex sindaco di Salerno continui a esercitare un peso politico decisivo anche dopo il voto.


Fico in vantaggio ma Cirielli recupera, Meloni punta sulla “remuntada”

Il centrosinistra, forte degli ultimi sondaggi, guarda con ottimismo al 25 novembre. Ma nel centrodestra cresce la convinzione che Edmondo Cirielli, viceministro degli Esteri e candidato della coalizione, stia riducendo il distacco da Fico.

La premier Giorgia Meloni crede nella rimonta: sarà in Campania venerdì prossimo per la chiusura della campagna al Palapartenope, e potrebbe tornare a pochi giorni dal voto per annunciare nuovi interventi del governo per Caivano e il Mezzogiorno.


Attacchi e tensioni: Carfagna e Gasparri all’assalto del “Campo largo”

Il clima si fa sempre più acceso. La segretaria di Noi Moderati, Mara Carfagna, ha definito il Campo largouna truffa ai danni degli elettori”, sottolineando come Pd e Movimento 5 Stelle “si siano combattuti e insultati per dieci anni”.

Duro anche Fulvio Martusciello di Forza Italia, che ha sfidato Fico: “Accetti un confronto con Cirielli: è il sale della democrazia. Nell’ultima settimana faremo il sorpasso”.

Il senatore Maurizio Gasparri ha poi ironizzato sul caso del presunto ormeggio abusivo a Nisida dell’ex presidente della Camera:

“Quella di Fico è una barca che fa acqua da tutte le parti. Non sarebbe in grado neanche di fare il bagnino”.


Fico replica: “Niente polemiche, continuiamo a lavorare”

Lapidaria la risposta del candidato del Campo largo: “Le offese lasciano il tempo che trovano. Non hanno argomenti. Noi continuiamo a lavorare pancia a terra”.

Con il voto ormai alle porte, la battaglia per Palazzo Santa Lucia entra nel vivo. De Luca, pur fuori dalla corsa, resta l’ago della bilancia di una Regione contesa tra la voglia di continuità e l’ambizione di un cambio di stagione politica.

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Napoli, vietata la trasferta dei tifosi a Bologna: tensione alta, ma attesi 5mila sostenitori azzurri residenti al Nord

Vietata la trasferta ai tifosi del Napoli residenti in Campania per la sfida contro il Bologna. Allerta massima per ordine pubblico, ma si attendono 5mila sostenitori azzurri residenti al Nord.

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Per la prima volta nella storia del Dall’Ara, è stato vietato l’accesso ai residenti in Campania. Il match di oggi tra Bologna e Napoli si giocherà senza la presenza dei gruppi organizzati del tifo azzurro, dopo il rigido provvedimento dell’Osservatorio del Viminale e delle questure.

Il comitato “Con te Napoli” e l’Associazione Italiana Napoli Club hanno tentato fino all’ultimo di ottenere una revoca, arrivando a diffidare formalmente il Ministero dell’Interno, ma senza esito. La linea del governo resta ferma: massimo rigore e restrizioni alle trasferte dei tifosi ritenuti “a rischio”.


Le ragioni del divieto e l’allerta sicurezza

Il provvedimento nasce da motivi di ordine pubblico. Negli ultimi anni, la rivalità tra le due tifoserie si è intensificata. In particolare, il 7 aprile scorso, un gruppo di ultrà napoletani fu fermato mentre si dirigeva verso i punti di ritrovo dei tifosi rossoblù: ne nacquero tafferugli e anche alcuni agenti rimasero feriti.

Per evitare nuovi episodi, la trasferta è stata vietata. La Digos ha confermato che i gruppi organizzati del Napoli non si muoveranno e non hanno programmato viaggi verso Bologna.

Nonostante ciò, la “febbre azzurra” non si ferma: si stimano circa 5mila tifosi napoletani residenti al Nord presenti sugli spalti, con il settore ospiti già esaurito da giorni e biglietti acquistati in diversi settori dello stadio da residenti in Emilia-Romagna e regioni limitrofe.


Controlli rafforzati e precedenti pericolosi

Le forze dell’ordine hanno predisposto un imponente piano di sicurezza. Pattugliamenti e controlli saranno attivi nelle stazioni di Napoli Centrale, Afragola e Bologna, così come lungo la tangenziale del capoluogo emiliano.

Il clima di allerta, d’altronde, non riguarda solo il calcio. Dopo gli scontri post Rieti-Pistoia nel basket e la morte dell’autista colpito da un bus lanciato da tifosi violenti, anche altri sport sono finiti sotto la lente del Viminale.

L’Osservatorio e il Casms (Comitato di analisi per la sicurezza delle manifestazioni sportive) hanno esteso le restrizioni, e per garantire la sicurezza in eventi delicati — come avvenuto per Napoli-Eintracht — si è arrivati persino a ripristinare controlli di frontiera, misura rarissima per una partita di calcio.


Un clima difficile tra stadi e istituzioni

La tensione resta alta anche a livello istituzionale. A Bologna, come annunciato, non sarà presente il sindaco di Napoli Gaetano Manfredi, impegnato in città per appuntamenti istituzionali.

Sugli spalti ci sarà invece l’assessore Edoardo Cosenza, reduce da un convegno del Napoli Club Bologna dal titolo “Un calcio alla camorra”, a cui ha partecipato anche il procuratore di Reggio Calabria, Giuseppe Borrelli.

Intanto, l’ordine pubblico guarda già avanti: le prossime sfide più delicate per il Napoli saranno contro Atalanta e Roma, con nuovi divieti già in vista. Da inizio stagione, sono già tre le trasferte vietate ai tifosi partenopei, segno di un’escalation che continua a preoccupare il Viminale.

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Gaza, oltre 69mila morti dall’inizio della guerra: Israele e Hamas si scambiano i corpi delle vittime

Sale a oltre 69mila il numero dei palestinesi uccisi nella guerra tra Israele e Hamas. Proseguono gli scambi di corpi durante il cessate il fuoco, mentre in Cisgiordania crescono gli attacchi dei coloni contro i contadini palestinesi.

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Secondo il Ministero della Sanità di Gaza, sono ormai 69.169 i palestinesi morti dall’inizio della guerra tra Israele e Hamas. Il bilancio, aggiornato durante il cessate il fuoco in vigore dal 10 ottobre, è salito con il ritrovamento di nuovi corpi sotto le macerie e con l’identificazione di numerose vittime ancora senza nome.

Negli ultimi giorni, Israele ha restituito 15 salme palestinesi a Gaza, mentre Hamas ha riconsegnato il corpo di Lior Rudaeff, ostaggio israeliano di origine argentina, ucciso nei mesi scorsi.

Lo scambio dei corpi è parte dell’accordo di tregua, che mira a concludere il conflitto più sanguinoso mai avvenuto tra Israele e il movimento islamista palestinese, iniziato il 7 ottobre 2023 con l’attacco di Hamas nel sud di Israele, che provocò circa 1.200 morti e il sequestro di 251 ostaggi.


“Speravo di trovarlo”: i familiari in cerca dei dispersi

Negli ospedali di Gaza continuano ad arrivare corpi, spesso in stato di decomposizione, che vengono identificati con estrema difficoltà.
“Non abbiamo abbastanza risorse né DNA per il confronto con le famiglie”, ha spiegato Ahmed Dheir, direttore di medicina legale dell’ospedale Nasser di Khan Younis.
Molti resti non identificati vengono sepolti in gruppi, mentre centinaia di famiglie continuano a cercare i propri cari.

“Chiudilo, non è lui”, ha sussurrato una madre, dopo aver guardato in una delle barelle refrigerate. “Non ho perso la speranza. Sto ancora aspettando mio figlio.”


Crescono gli attacchi dei coloni israeliani in Cisgiordania

Mentre il cessate il fuoco sembra reggere a Gaza, la violenza si sposta in Cisgiordania. Durante la stagione della raccolta delle olive, coloni israeliani hanno attaccato contadini palestinesi, giornalisti e volontari internazionali nelle aree di Beita e Burin.
Secondo la Mezzaluna Rossa palestinese, almeno 15 persone sono rimaste ferite, tra cui due reporter di Reuters.

L’Ufficio umanitario dell’ONU ha denunciato che ottobre è stato il mese più violento dal 2006, con oltre 260 aggressioni registrate contro palestinesi e le loro proprietà.

“Ho visto cinque coloni colpire una giornalista con mazze e pietre”, ha raccontato Jonathan Pollak, attivista israeliano ferito alla testa.

Le autorità militari israeliane hanno ammesso di aver “disperso un confronto tra civili israeliani e palestinesi”, ma secondo le ONG israeliane, gli arresti per le violenze dei coloni sono “rarissimi”, con meno del 4% dei casi perseguiti penalmente.


Una tregua fragile, un bilancio insostenibile

Da quando è entrato in vigore il cessate il fuoco, 241 palestinesi sono comunque morti in attacchi o incidenti legati al conflitto.
Il bilancio complessivo – oltre 69mila vittime e migliaia di dispersi – fa di questa guerra la più devastante nella storia di Gaza.
Tra macerie, scambi di corpi e violenze dei coloni, la pace resta lontana e la popolazione civile continua a pagare il prezzo più alto.

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