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Cronache

Il boss di ‘ndrangheta Francesco Pelle appena condannato all’ergastolo è in fuga su una sedia a rotelle: era al centro della faida San Luca

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Francesco Pelle  , il boss della ‘ndrangheta di San Luca, uno dei protagonisti della faida che ha insanguinato il piccolo paese aspromontano, e’ di nuovo latitante. “Ciccio Pakistan”, a Milano con l’obbligo di dimora, ha fatto perdere le sue tracce dopo che la Cassazione, una quindicina di giorni fa, aveva rigettato il suo ricorso contro la condanna all’ergastolo rimediata in qualita’ di mandante della strage del Natale 2006. Episodio maturato nell’ambito della faida e che rappresenta il prologo dell’agguato di Duisburg (Germania) del Ferragosto successivo in cui furono uccise sei persone. Pelle  e’ un nome “pesante” a San Luca. E quello di Francesco lo e’ ancora di piu’ per il riconosciuto ruolo criminale che gli viene attribuito. Un vero boss che nella faida che ha visto contrapposta la sua famiglia e i loro alleati Vottari, ai rivali Nirta-Strangio, ha avuto un ruolo di rilievo, soprattutto nell’epilogo.

L’origine della faida viene fatta risalire ad un banale scherzo di Carnevale – il lancio di uova all’interno di un circolo ricreativo nel 1991 – ma con gli anni e’ parso evidente a tutti che lo scontro armato che ha provocato decine di vittime, si poggiava su ben altro: la ferrea volonta’ delle due cosche di imporre il proprio predomino a San Luca, ritenuta la culla della ‘ndrangheta anche in senso figurato, con le annuali riunioni dei boss di tutte le cosche nel Santuario di Polsi in occasione della festa della Madonna della Montagna. Un predominio cercato, pero’, soprattutto per i ritorni economici che ne derivano nella gestione degli affari sporchi. In questo contesto, l’epilogo – che ha anche segnato la fine della faida – prende le mosse dall’agguato subi’to dallo stesso Pelle . Era il 31 luglio 2006 e quel giorno Pelle era affacciato al balcone di casa tenendo in braccio il primogenito appena nato. Questo non gli evito’ una fucilata che gli lesiono’ la spina dorsale, costringendolo da allora sulla sedia a rotelle. Per placare la sua sete di vendetta – e’ stata questa la successiva ricostruzione degli inquirenti della Dda reggina e degli investigatori – Pelle avrebbe ordinato l’omicidio del suo rivale storico, Giovanni Luca Nirta. Organizzandolo in una data speciale, il giorno di Natale del 2006, come usano fare le cosche piu’ feroci di ‘ndrangheta per segnare a lutto anche quelle che dovrebbero essere ricorrenze festose. L’obiettivo designato, pero’, sfuggi’ ai sicari sotto i colpi dei quali cadde invece la moglie, Maria Strangio, mentre un bambino ed altre tre persone rimasero ferite. Fu questo l’episodio scatenante che porto’, nel Ferragosto successivo (altra data simbolica), all’agguato davanti al ristorante “da Bruno” a Duisburg, in cui furono uccise 6 persone. Strage che per la giustizia e’ stata organizzata dal cugino di Maria Strangio, Giovanni, che vi avrebbe anche partecipato. I due nemici furono condannati insieme all’ergastolo in appello nel maggio del 2014, Pelle per la strage di Natale e Strangio per quella di Ferragosto. Francesco Pelle , arrestato in una clinica di Pavia nel settembre 2008 dopo un anno di latitanza, era uscito dal carcere un anno fa, sottoposto all’obbligo di dimora a Milano in attesa della Cassazione. Ma il boss adesso si e’ reso nuovamente irreperibile. Ed a San Luca qualcuno comincia a temere. In liberta’, infatti, si trova anche Giovanni Luca Nirta, scarcerato dopo avere espiato una condanna.

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Cronache

Italia tra i Paesi più longevi d’Europa ma c’è anche un rischio di povertà

Secondo il rapporto Bes 2024 dell’Istat, l’Italia è tra i Paesi più longevi d’Europa ma con alti livelli di povertà, disuguaglianze economiche e scarsa occupazione femminile.

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L’Italia si conferma un Paese di contrasti. Secondo il Rapporto Bes 2024 dell’Istat, gli italiani (la foto Imagoeconomica è stata generata con sistemi di Ia) vivono più a lungo della media europea, ma affrontano condizioni economiche più difficili. L’aspettativa di vita alla nascita si attesta a 84,1 anni, contro gli 81,7 dell’Unione europea, collocando il Paese ai vertici della longevità nel continente.

Gli esperti spiegano il primato con fattori come la dieta mediterranea, le reti familiari, il clima temperato e l’accesso diffuso alle cure primarie. Ma la qualità della vita non va di pari passo con quella economica.


Povertà e disuguaglianze ancora superiori alla media europea

Nel 2024 il rischio di povertà in Italia ha toccato il 18,9% della popolazione, contro il 16,2% della media Ue, e la disuguaglianza del reddito netto si conferma più alta (5,5% rispetto al 4,7% europeo).

C’è però un lieve miglioramento nel lungo periodo: il divario tra il 20% più ricco e il 20% più povero si è ridotto da 5,8 nel 2014 a 5,5 nel 2023.


Lavoro e formazione: i punti deboli del Paese

Il rapporto Istat evidenzia “significativi svantaggi” nel mercato del lavoro: il tasso di occupazione in Italia è del 67,1%, 8,7 punti sotto la media Ue. Tra le donne, la distanza cresce: 57,4% contro il 70,8% europeo.

Anche l’istruzione resta un tallone d’Achille. Solo il 31,6% dei giovani tra 25 e 34 anni è laureato (contro il 44,1% nell’Ue27), e il 66,7% degli adulti ha un diploma di scuola secondaria di secondo grado (contro l’80,5% Ue).

Nelle professioni scientifico-tecnologiche, la quota di laureati è del 26,7%, 7,4 punti in meno della media europea.


Ricerca e innovazione in ritardo

Sul fronte dell’innovazione, l’Italia investe appena l’1,37% del Pil in ricerca e sviluppo, molto meno della media europea, che si attesta al 2,22%.

Un ritardo strutturale che penalizza la crescita e limita la competitività del sistema produttivo, nonostante il Paese continui a eccellere in alcuni settori manifatturieri e culturali.


Indicatori positivi: sicurezza e costo della casa

Non tutto è negativo. Il tasso di omicidi in Italia è tra i più bassi d’Europa — 0,6 ogni 100.000 abitanti contro lo 0,9 dell’Ue27 — e il sovraccarico del costo dell’abitazione risulta inferiore di 3,1 punti percentuali rispetto alla media europea (8,2% contro 11,3%).

In generale, su 39 indicatori europei analizzati, l’Italia presenta valori migliori in 11 casi e peggiori in 18, confermandosi un Paese povero ma longevo, dove la qualità della vita resta diseguale e ancora troppo legata al territorio, al genere e al livello di istruzione.

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Tragedia a Muggia: madre ucraina uccide il figlio di nove anni, il bambino era stato affidato al padre

A Muggia, in provincia di Trieste, una madre ucraina ha ucciso il figlio di nove anni tagliandogli la gola. Il bambino, affidato al padre dopo la separazione, era in visita alla donna.

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Una tragedia sconvolgente ha scosso la comunità di Muggia, alle porte di Trieste. Una donna di nazionalità ucraina ha ucciso il figlio di nove anni, tagliandogli la gola con un coltello all’interno della loro abitazione in via Marconi, nel centro cittadino.

L’allarme è stato lanciato nella serata di ieri dal padre del bambino, che vive fuori dal Friuli Venezia Giulia e non riusciva a mettersi in contatto con l’ex compagna. Quando la Squadra Mobile di Trieste è arrivata nell’appartamento, il piccolo era già morto.


Una famiglia seguita dal tribunale e dai servizi sociali

La vicenda familiare era nota ai servizi sociali ed era seguita anche dal tribunale minorile. Dopo la separazione, la custodia del bambino era stata affidata al padre, ma la madre aveva mantenuto il diritto di incontrare il figlio, secondo quanto stabilito dalle disposizioni del giudice.

I rapporti tra i due genitori erano difficili, come hanno riferito persone vicine alla famiglia. Ieri sera, l’incontro si è trasformato in tragedia.


Il corpo trovato in bagno, la madre in stato di choc

Quando i Vigili del Fuoco e gli agenti di polizia sono entrati nell’abitazione, il corpo del bambino era già senza vita da diverse ore e si trovava nel bagno di casa.

La donna è stata trovata in stato di choc e soccorsa sul posto. Gli inquirenti stanno ricostruendo la dinamica dei fatti e le eventuali motivazioni del gesto, mentre la Procura di Trieste ha aperto un’inchiesta per omicidio volontario aggravato.

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Cronache

Inchiesta sui cellulari in carcere: perquisizioni ad Avellino, 18 indagati tra detenuti ed ex detenuti

I Carabinieri di Avellino e la Polizia Penitenziaria hanno eseguito perquisizioni nel carcere “Antimo Graziano” e in altre sedi: 18 indagati per uso illecito di cellulari in carcere, uno anche per stalking.

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I Carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Avellino, insieme alla Polizia Penitenziaria della Casa Circondariale e al Nucleo Investigativo Regionale per la Campania, hanno eseguito un decreto di perquisizione locale e personale a carico di 18 indagati, tutti detenuti o ex detenuti dell’istituto penitenziario “Antimo Graziano” di Avellino.

Gli indagati sono gravemente sospettati del reato di accesso indebito a dispositivi idonei alla comunicazione da parte di soggetti detenuti (articolo 391 ter del codice penale). In un caso si procede anche per atti persecutori (articolo 612 bis).


L’operazione nel carcere “Antimo Graziano”

Le perquisizioni, disposte dalla Procura della Repubblica di Avellino, hanno interessato le celle ancora occupate dagli indagati con l’obiettivo di rintracciare e sequestrare dispositivi elettronici e schede SIM detenuti illegalmente.

Il provvedimento nasce da un’indagine condotta dai Carabinieri di Avellino a partire da febbraio 2025, mirata a contrastare il fenomeno dell’uso di smartphone e cellulari all’interno delle carceri, spesso utilizzati per comunicazioni non autorizzate o per accedere ai social network.


La rete dei contatti e i profili social

Le investigazioni hanno rivelato una vera e propria rete di telefoni connessi, una “connected cell” che consentiva ai detenuti di mantenere rapporti continui con l’esterno. Attraverso l’analisi di tabulati telefonici e telematici, spesso riferiti a utenze intestate a soggetti fittizi, gli investigatori hanno ricostruito il circuito relazionale dei detenuti, identificando familiari e amici contattati illegalmente.

Su alcuni profili social riconducibili agli indagati sono stati trovati messaggi e immagini di rilievo investigativo, che confermano l’uso illecito dei dispositivi per comunicazioni e attività potenzialmente criminali.


Un caso di stalking tra i reati scoperti

Le indagini hanno inoltre evidenziato che i telefoni venivano utilizzati anche per commettere altri reati. In particolare, un detenuto è risultato gravemente indiziato di atti persecutori ai danni della vedova dell’uomo da lui ucciso, utilizzando lo smartphone per continuare a molestarla anche dal carcere.

L’inchiesta resta aperta, mentre la Procura di Avellino valuta ulteriori sviluppi per accertare eventuali responsabilità all’interno dell’istituto penitenziario.

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