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Nata con la bocca serrata,ora a 16 anni sorride

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Non ha potuto aprire la bocca dalla nascita, per 16 anni ma adesso, grazie ad un intervento eccezionale di chirurgia maxillo facciale all’ospedale San Marco di Catania, Aurora (nome di fantasia) può cominciare una nuova vita fatta di parole, sorrisi, cibi solidi e tutto quello a cui ha dovuto rinunciare nel corso della sua vita. Si tratta del primo caso in Sicilia di questo genere, sono sei in tutta Italia, straordinariamente complicato, che ha richiesto mesi di studio preventivo affinché tutto andasse per il meglio, dicono dall’ospedale. La forma della sindrome genetica di Nager di cui soffre Aurora dalla nascita è tra le più rare al mondo. In questo caso, già nel feto si era sviluppato un ammasso osseo che aveva fuso la mandibola al cranio non consentendo l’articolazione necessaria ad aprire la bocca. Il successo dell’operazione, durata circa dieci ore, è stato il frutto di un lavoro multidisciplinare, tra le varie équipe aziendali. Oltre ai chirurghi maxillo-facciali, in sala operatoria erano presenti in venti tra colleghi chirurghi anestesisti della Rianimazione sale chirurgiche e della Chirurgia toracica.

“Tuttavia – dice l’ospedale – l’intervento non si sarebbe potuto realizzare senza la piena disponibilità del direttore generale dell’azienda ospedaliero universitaria etnea, Gaetano Sirna, che ha stanziato le risorse per la realizzazione della protesi in titanio impiantata nella giovane paziente, una vera e propria opera di bioingegneria tra le più moderne. A guidare le equipes di medici e paramedici, è stata la collaborazione tra alcuni dei chirurghi maxillo facciali più esperti in Italia che ha dato vita ad una perfetta sinergia tra Nord e Sud del Paese. In particolare Alberto Bianchi, professore dell’Unità Operativa Complessa di Chirurgia Maxillo-facciale dell’Azienda Ospedaliero Universitaria “Policlinico “G. Rodolico – San Marco” e Massimo Robiony, direttore della Clinica maxillo facciale dell’ospedale universitario di Udine e il suo professore associato Salvatore Sembronio.

“Siamo orgogliosi di questo intervento – spiega il professore Bianchi – Massimo Robiony è un luminare del settore, è colui che ha presentato per la prima volta le protesi facciali in pediatria appena quattro anni fa. Quando gli ho chiesto la collaborazione, per amicizia non ha avuto esitazioni, chiamando con se anche il suo braccio destro. Insieme al nostro preparatissimo staff del San Marco, abbiamo lavorato per mesi allo studio della situazione della nostra straordinaria signorina, con l’ausilio delle nuove tecnologie tridimensionali a disposizione, fino al lieto epilogo del delicatissimo intervento”.

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La spesa per la Difesa dei 27 aumenta a 240 miliardi di euro

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Nel 2022 la spesa per la difesa dei 27 Stati membri Ue è aumentata per l’ottavo anno consecutivo, raggiungendo i 240 miliardi di euro, ovvero l’1,5% del Pil. Lo rende noto il report annuale della European Defence Agency (EDA). In termini reali la spesa per la difesa è cresciuta di oltre il 6% rispetto al 2021, dimostrando gli sforzi dei 27 per sostenere la tendenza all’aumento della spesa complessiva. Rispetto al minimo storico raggiunto nel 2014, la spesa per la difesa è aumentata di 69 miliardi di euro, pari al 40% in termini reali. Tuttavia i 27 dovrebbero spendere 76 miliardi in più per raggiungere l’obiettivo del 2% del Pil.

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Dopo immunoterapia pre-chirurgia stop cure a 50% malati melanoma

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Con l’immunoterapia pre-intervento chirurgico, il 50% dei pazienti colpiti da melanoma non ha bisogno di cure post-intervento. Gli avanzamenti dell’immunoterapia anche nella fase pre-chirurgica sono al centro della nona edizione dell’Immunotherapy e Melanoma Bridge in corso a Napoli.

“I tempi sono ormai maturi – sottolinea Paolo Ascierto, presidente del convegno e direttore del dipartimento di oncologia melanoma, immunoterapia oncologica e terapie innovative dell’Istituto Nazionale dei Tumori Irccs Fondazione Pascale di Napoli -. L’immunoterapia neoadiuvante ha tutte le carte in regola per diventare lo standard di trattamento per molti tipi di tumori. Per questo, insieme alla principali società scientifiche, chiediamo all’Aifa di procedere con l’estensione dell’indicazione del farmaco immunoterapico pembrolizumab, attraverso la Legge 648, anche in fase neoadiuvante. Tale cambiamento non avrebbe neanche un costo aggiuntivo: i cicli di terapia che vengono somministrati prima dell’intervento chirurgico, infatti, andrebbero a sostituire quelli che attualmente si fanno dopo”.

“Oggi il melanoma è una delle aree di ricerca più attive nell’immunoterapia neoadiuvante – spiega Ascierto -. Attualmente le linee guida nazionali Aiom indicano come standard terapeutico la somministrazione di terapia adiuvante post-chirurgia a partire dallo stadio II della malattia. La terapia neoadiuvante, cioè quella che viene somministrata prima della chirurgia nella malattia clinicamente o radiologicamente evidente, può essere somministrata solo all’interno degli studi clinici. All’istituto Pascale abbiamo da poco concluso lo studio NEO-TIM sulla terapia neoadiuvante nel melanoma, i cui risultati preliminari sono molto promettenti”. Nei casi di melanoma metastatico, rileva, “l’immunoterapia pre-intervento presenta un vantaggio significativo per i pazienti in termini di riduzione delle cellule tumorali nel tessuto coinvolto e, nel 50% dei casi può rendere addirittura superflua il ricorso al trattamento adiuvante, quello che viene somministrato dopo l’intervento. Sulla base delle sempre più numerose evidenze sull’efficacia dell’immunoterapia neoadiuvante, auspichiamo un rapido aggiornamento degli standard di trattamento”. I benefici dell’immunoterapia neoadiuvante, inoltre, si estenderebbero anche alla prevenzione delle recidive.

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Aids, diagnosi risalgono ma siamo sotto livelli pre-Covid

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Le diagnosi di Hiv in Italia riprendono a salire: lo scorso anno sono state 1.888, pari al 2% in più rispetto al 2021 e al 34% in più rispetto al 2020. È il secondo aumento consecutivo dopo oltre un decennio di discesa. Il trend risente però dell’esperienza della pandemia e del crollo delle diagnosi registrato nel 2020 (-44% su base annua). Nel complesso, il dato del 2022 risulta del 25% più basso rispetto al 2019 e, rispetto a 10 anni fa, i casi sono più che dimezzati. È questo il quadro che viene fuori dall’aggiornamento della sorveglianza nazionale delle nuove diagnosi di infezione da Hiv e dei casi di Aids, curato dall’Istituto Superiore di Sanità e pubblicato in vista della Giornata Mondiale dell’1 dicembre. Secondo il rapporto, lo scorso anno in Italia si è osservata un’incidenza media dell’Hiv pari a 3,2 nuovi casi per 100 mila abitanti, inferiore rispetto a quella osservata tra i Paesi dell’Europa occidentale e dell’Unione Europea (5,1 per 100 mila). Tra le Regioni, nel 2022 i tassi più alti di nuove diagnosi di Hiv sono state registrate in Lazio (4,8 per 100 mila abitanti), Toscana (4,0), Abruzzo (3,9), Campania (3,9). Quasi il 79% delle nuove diagnosi di Hiv ha riguardato i maschi, mentre la principale modalità di contagio sono i rapporti sessuali (43% eterosessuali, 41% MSM). I contagi attribuibili a persone che usano sostanze stupefacenti sono il 4,3%. Cresce il numero di persone che vive con l’Hiv, passato tra il 2012 e il 2021 da 127 mila a 142 mila (+12%).

Tra i trend identificati dal rapporto, l’aumento della quota di nuove diagnosi in persone con più di 50 anni, passata dal 20% del 2015 al 31% del 2022. Si conferma un forte ritardo nella diagnosi: oltre la metà (58%) delle persone che hanno scoperto di essere Hiv positive nel 2022 erano in fase avanzata di malattia, cioè con una situazione immunitaria seriamente compromessa o addirittura già in Aids. Ciò ha ricadute sull’efficacia della terapia antiretrovirale e sulla probabilità di trasmettere involontariamente l’Hiv non usando le protezioni adeguate. Nel 2022 sono state notificate 403 nuove diagnosi di Aids pari a un’incidenza di 0,7 casi per 100 mila abitanti. Anche nel caso dell’Aids il rapporto conferma un ritardo nella diagnosi: “la maggior parte delle persone (83,7%) che ricevono una diagnosi di Aids ha scoperto da poco la propria sieropositività”, si legge nel documento: è cioè trascorso meno di 6 mesi tra il primo test positivo la diagnosi di Aids. Non sono invece disponibili i dati sui decessi per Aids relativi al 2022. Gli ultimi risalgono al 2020, quando si sono contati 528 decessi, un numero stabile dal 2014.

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