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Economia

Nasce il quarto gruppo automobilistico al mondo, ok soci a Stellantis

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Nasce Stellantis, quarto costruttore di auto al mondo con piu’ di 8 milioni di auto vendute, alle spalle di Gm, Volkswagen e dell’alleanza Renault-Nissan-Mitsubishi. Gli azionisti di Fiat Chrysler e Psa hanno dato il via libera alla fusione con oltre il 99% dei voti. L’operazione, messa a punto in poco piu’ di un anno, sara’ perfezionata il 16 gennaio e creera’ un gruppo che punta a essere leader nella mobilita’ sostenibile. Il 18 gennaio il titolo di Stellantis, che avra’ sede in Olanda come Fca, sara’ quotato alle Borse di Milano e Parigi, martedi’ 19 a New York. Il nuovo gruppo manterra’ tutti i 15 marchi delle due societa’, avra’ 400.000 dipendenti, oltre 180 miliardi di euro di fatturato e permettera’ sinergie pari a 5 miliardi di euro all’anno senza chiusura di stabilimenti. Avra’ una presenza globale equilibrata grazie alla forte posizione di Psa in Europa e di Fca in Nord America e America Latina, “Stellantis rappresenta l’unione di due partner che condividono la stessa mentalita’. Due realta’ che si uniscono per costruire qualcosa di unico. Vogliamo avere un ruolo di primo piano nel prossimo decennio che ridefinira’ la mobilita’. E’ stata questa ambizione a unirci. E’ un ulteriore coraggioso passo avanti nel nostro viaggio”, sottolinea il presidente di Fca, John Elkann, che presiedera’ anche Stellantis. “Abbiamo piena consapevolezza che saremo piu’ forti insieme che separatamente. Siamo pronti per questa fusione, siamo pronti per avviare questo nuovo capitolo della storia delle nostre aziende”, spiega il numero uno di Psa, Carlos Tavares che sara’ l’amministratore delegato e nei prossimi mesi mettera’ a punto il nuovo piano industriale. A Mike Manley, attuale ceo di Fca, saranno affidate le attivita’ nelle Americhe. “il nuovo gruppo rafforzera’ la leadership industriale europea nel settore auto. Entrambi i Governi presteranno attenzione al contributo di Stellantis sull’occupazione industriale in Italia e Francia”, commentano i ministri Stefano Patuanelli e Bruno Le Maire che ricordano l’importanza del via libera alla fusione della Commissione Europea. Per i sindacati italiani, e’ un’opportunita’ ma bisognera’ vigilare sull’occupazione in Italia. “E’ un fatto certamente positivo per tutto il sistema industriale europeo e una opportunita’ per l’occupazione, ma ora serve conoscere il piano industriale, aprire il confronto sui nuovi investimenti in Italia e introdurre la partecipazione dei lavoratori nella governance” scrive su twitter la segretaria generale della Cisl, Annamaria Furlan.”Ogni fusione nasconde anche dei pericoli, per via delle naturali sinergie che col tempo si sviluppano. A tal riguardo abbiamo ricevuto la formale rassicurazione di Fca che la fusione non determinera’ chiusure, ma sul lungo termine l’Italia dovra’ saper fare sistema per assicurarsi un ruolo da protagonista”, afferma il segretario generale della Uilm, Rocco Palombella. “E’ un cambiamento storico per l’industria automobilistica e in Italia puo’ rappresentare una possibilita’ di invertire un trend sul piano produttivo, occupazionale”. sostengono la segretaria generale della Fiom, Francesca Re Davide, e il responsabile automotive, Michele De Palma, che chiedono al governo “di fare la propria parte e aprire un confronto”. Ai suo azionisti Fca distribuira’ un dividendo straordinario condizionato di 1,84 euro per azione ordinaria corrispondente a un totale di circa 2,9 miliardi di euro. Il dividendo non e’ destinato ai soci di Psa. Il pagamento e’ condizionato a un ulteriore annuncio che confermi che tutti i necessari adempimenti societari propedeutici al completamento della fusione sono stati espletati. (

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Svimez: al Sud default infrastrutture, male su treni e sanità

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Non si colma il forte gap di infrastrutture tra Nord e Sud. Nel Mezzogiorno infatti i binari ferroviari sono pochi, l’ Alta Velocità serve solo la Campania, tram e metropolitane sono praticamente inesistenti e il grado di soddisfazione per bus e pullman è nettamente più basso rispetto alle altre aree del paese. Per non parlare della sanità, dove il numero di letti nelle case di cura per abitante è ampiamente inferiore rispetto al resto del paese e il divario con il Centro-Nord è “macroscopico” sulle strutture per l’assistenza degli anziani. E’ il quadro dipinto dalla Svimez nell’audizione alle Camere sul federalismo fiscale.

Per i trasporti in particolare, secondo la Svimez sono numerosi gli indicatori che evidenziano il divario territoriale nella dotazione di infrastrutture. Per quanto riguarda l’infrastruttura ferroviarie, le linee in esercizio gestite da Rfi si sviluppano al Sud su 5.717 km, pari al 34% del totale nazionale, mentre la lunghezza dei binari è pari a 7.528 km ovvero il 30% del totale nazionale. Ma al di là della sottodotazione quantitativa di binari nel Mezzogiorno, in sé relativamente contenuta, sono i requisiti prestazionali della rete a evidenziare i maggiori divari. Significativo è l’indicatore relativo alla quota di linee classificate come ‘fondamentali’ e ‘di nodo’ (queste ultime presenti solo in Campania), che al Sud interessa solo il 21,4% dell’intera estesa contro una percentuale più che doppia al Centro-Nord (53,5%). Enorme anche il gap nell’elettrificazione della rete: 58,2% al Sud contro l’80% medio al Centro-Nord.

Infine la rete a doppio binario è pari al 31,7% nel Mezzogiorno a fronte del 53,4% delle regioni centro-settentrionali. Per quello che riguarda poi l’Alta Velocità, nelle regioni meridionali lo sviluppo è di 181 km (interamente in Campania), ovvero appena il 12,3% del totale nazionale. Quanto invece ai sistemi di trasporto urbano, le città capoluogo del Sud dispongono di una dotazione complessiva di reti tramviarie pari a 42,6 Km ovvero l’11,2% del totale nazionale e di reti metropolitante pari a 25,7% (13,5% del totale nazionale). Carenti anche i servizi di trasporto pubblico, qualitativamente di livello inferiore al Sud rispetto al resto del paese: nel 2022 gli utenti soddisfatti dell’autobus sono stati il 55,7%, quasi 10 punti in meno rispetto alla media nazionale.

Per quello che riguarda invece le infrastrutture sanitarie la Svimez ha valutato la disponibilità a livello regionale di posti letto nelle strutture sanitarie residenziali e semiresidenziali, “destinate a rappresentare sempre di più le strutture per il primo presidio di cura a livello territoriale”. In questo comparto mette in luce la “grave sotto dotazione” delle regioni meridionali, che registrano tutte valori inferiori alla media nazionale di 553 posti letto per 100.000 abitante. E particolarmente deificitaria la situazione della Sicilia (98 posti), Campania (114) e Basilicata (128). Per quello che riguarda invece le dotazioni regionali di posti residenziali per anziani nelle strutture territoriali per 1.000 residenti, a fronte di una disponibilità media di 15,2 posti in Italia la situazione peggiore si registra sempre in Sicilia (1,2), Basilicata (1,4) e Campania (1,8). Infine per quello che riguardano i servizi idrici, la regione italiana caratterizzata dalla quota significativamente più elevata di popolazione regionale senza accesso al servizio di depurazione dell’acqua è la Sicilia, pari al 13,1%, mentre significativo è anche il ritardo della Calabria (5,3%) e della Campania (4,4%). Percentuali, queste, che si confrontano ad esempio alle regioni del Nord Est (0,4%) e del Nord Ovest (0,6%) e a una media italiana del 2,2%.

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Dl Pnrr diventa legge con fiducia, scontro su consultori

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Tra mille polemiche e una maggioranza sempre più lontana dall’opposizione, passa al Senato con 95 sì, 68 no e un astenuto il decreto che contiene misure aggiuntive per l’applicazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). Il provvedimento, che aveva già ricevuto il via libera dalla Camera il 18 aprile, diventa così legge. Ma lo scontro in Aula è aspro soprattutto su alcune misure come quella che consente alle associazioni Pro-Vita di entrare a pieno titolo nell’ organizzazione dei Consultori. Per le senatrici Valeria Valente (Pd) e Alessandra Maiorino (M5S) si tratta, in realtà, di un “attacco bello e buono” alla legge e di “una mano tesa” agli “antiabortisti”. E questo, incalza Tino Magni (Avs), “nella convinzione patriarcale che le donne non siano capaci di scegliere liberamente, che non siano capaci di autodeterminarsi”.

Ma a far discutere c’è anche la norma che dà lo stipendio a Renato Brunetta – già professore in pensione, ex ministro ed ex parlamentare – da presidente del Cnel. Gli interventi più duri su questo fronte sono quelli di Alessandra Maiorino e di Matteo Renzi, anche se quest’ultimo, alla fine, non vota, così come il leader di Azione, Carlo Calenda. Secondo la senatrice del M5S si tratta di “una ricompensa” data a Brunetta per “aver smontato”, come Cnel, “il reddito di cittadinanza”. Mentre il fondatore di Italia Viva parla direttamente di “marchettificio” visto che con questo decreto non solo “si viola la legge Madia” per garantire lo stipendio al presidente del Cnel “con i soldi dei nostri figli”, “ma si prevedono anche molte assunzioni” che nulla c’entrano con il testo. Il ministro per gli Affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNNR, Raffaele Fitto, prova in tutti i modi a difendere il decreto in Aula assicurando che si tratta di un testo sul quale “c’è già stato un ampio confronto in Europa”, che contiene “misure” adeguate e che “non toglie 1 euro alla sanità”, ma l’opposizione continua ad attaccare “soprattutto sui tempi” ristrettissimi che al Senato sono stati concessi per esaminare il provvedimento.

Così, mentre la ministra per il Turismo, Daniela Santanché, elogia la “riforma epocale per le guide turistiche” contenuta nel decreto, il segretario della Cgil, Maurizio Landini, presente al presidio organizzato dalla Cgil davanti a Palazzo Madama contro il provvedimento, accusa direttamente il governo “di un disegno autoritario” contro il quale invita tutti “a scendere in piazza”. Nel Senato, dove nel frattempo si apprende che il 6 maggio arriverà la statua sulla maternità dell’artista Vera Omodeo, che il Comune di Milano aveva rifiutato, il dibattito non si placa fino al momento del voto. Il presidente dell’Udc Antonio De Poli difende la norma sui consultori osservando come non sia “un reato aiutare le donne a scegliere la Vita”, mentre la senatrice del M5S Ketty Damante non ha dubbi: “Il decreto è solo un modo per il governo di provare a nascondere il totale fallimento nella gestione del Piano”. “Stiamo attentissimi quando in futuro l’Ue ci proporrà altre forme di debito – dichiara il leghista Claudio Borghi – perché le sirene hanno già iniziato a suonare e questo lo dico anche agli alleati”.

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Bonus 100 euro in tredicesima per redditi fino 28mila euro

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Un’indennità fino a 100 euro nelle tredicesime dei lavoratori con reddito fino a 28mila euro con moglie e almeno un figlio, anche se nato fuori del matrimonio riconosciuto, adottivo o affidato. Lo prevede una nuova bozza del decreto legislativo Irpef-Ires atteso oggi in consiglio dei ministri. Il bonus, si spiega nella bozza della relazione illustrativa, “a causa della limitatezza delle risorse disponibili” sarà corrisposto per il solo 2024 “ai lavoratori che si trovano in condizioni economiche di particolare disagio, anche in considerazione della presenza, nel nucleo familiare, di familiari a carico fiscalmente”.

– Con l’articolo 4 del decreto, che prevede ‘disposizioni in materia di benefici corrisposti in occasione dell’erogazione della tredicesima’, si stabilisce che, “in attesa che sia introdotto un regime fiscale sostitutivo” per i redditi da lavoro dipendente, “per ragioni di semplificazione normativa” si mantiene “l’ordinario regime di tassazione delle tredicesime e prevedendo, nel contempo, la restituzione, sotto forma di indennità, di un importo che non potrà essere superiore a 100 euro, importo corrispondente al maggior prelievo tributario che si verifica rispetto all’applicazione di un’imposta sostitutiva”, si spiega nella bozza della relazione illustrativa.

Per beneficiare dell’indennità il lavoratore deve trovarsi nelle seguenti condizioni: deve possedere un reddito complessivo nell’anno non superiore a 28.000 euro; deve avere un coniuge e almeno un figlio, anche se nato fuori del matrimonio riconosciuto, adottivo o affidato, che si trovano nelle condizioni reddituali previste dall’articolo 12, comma 2, del TUIR (reddito complessivo non superiore a 2.840,51 euro, al lordo degli oneri deducibili, limite elevato a 4mila euro per i figli fino a 24 anni); deve avere capienza fiscale con riferimento ai redditi di lavoro dipendente percepiti. L’ammontare dell’indennità andrà definita con un decreto del ministero dell’economia e delle finanze, da adottarsi entro il 15 novembre 2024, sulla base delle maggiori entrate erariali derivanti dall’attuazione del concordato preventivo biennale delle Partite Iva.

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