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Napoli ai tempi della pandemia, de Magistris a Juorno: s’intravede un po’ di luce, Governo abbia coraggio

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È il sindaco di Napoli Luigi de Magistris l’ospite del primo appuntamento con Live Interview, la nuova rubrica di Juorno. Ogni venerdì, alle 18:30, nella sezione Eventi Live del portale, sui profili social del portale (FB, Twitter, YouTube) il direttore Paolo Chiariello intervisterà donne e uomini con storie interessanti da raccontare. Tanti i temi affrontati da de Magistris che ha risposto alle domande della nostra redazione, ma anche a quelle dei cittadini che, inviando un breve filmato, hanno avuto la possibilità di interagire con il sindaco. Il focus è inevitabilmente sulla pandemia che ha paralizzato l’economia di Napoli e dell’intero Paese. Vi riproponiamo di seguito il contenuto dell’intervista. L’appuntamento è per venerdì prossimo con la seconda puntata di Juorno Live Interview.

Sindaco, prima della pandemia Napoli era una città che viaggiava a vele spiegate grazie all’industria turistica, un settore che non sappiamo bene quando e come potrà ripartire. Crede che la nostra città abbia incassato uno dei colpi più pesanti?

È indubbio che turismo, cultura e ristorazione siano settori che hanno ricevuto una mazzata molto forte, un contraccolpo spaventoso; ma è stato così in tutto il mondo. Noi dobbiamo allora essere bravi a programmare sin da ora la ripresa. L’estate, in particolare, sarà il momento in cui dovremo sfruttare la creatività e la fantasia di Napoli e dei napoletani per trarre il massimo da questo momento drammatico. Temo che per poter rivedere il turismo e la cultura a Napoli così come li abbiamo conosciuti in questi ultimi anni, dovremo aspettare il 2021.

Il Governo centrale ha stanziato 400 milioni di euro per i Comuni, affinché provvedano a sostenere i cittadini più bisognosi. Come giudica questa misura?

In tempi di pandemia bisogna anche sapersi accontentare: come primo segnale l’abbiamo apprezzato. Nelle casse del Comune di Napoli sono entrati 7 milioni e 600mila euro che, insieme ai soldi messi a disposizione dal Comune (1 milione) e a quelli provenienti dalle donazioni private (circa 60mila euro), ci consentono di arrivare a 20-25mila famiglie fino a fine aprile e forse anche oltre. Ovviamente dovrà essere rifinanziato, l’ha detto anche il governo. E’ però una misura che a Napoli sta funzionando. Stiamo dando i codici agli aventi diritto che, recandosi nei supermercati con la carta di identità, possono fare la spesa. Un fatto concreto, reale, che arriva nelle case dei napoletani. 

Qual è la sua opinione sull’ordinanza regionale che impedisce la consegna a domicilio del cibo?

Ritengo che l’ordinanza regionale sia errata da ogni punto di vista. Lo è dal punto di vista sanitario: con le giuste precauzioni ridurrebbe il numero di persone che scende per strada. E’ sbagliata poi anche dal punto di vista economico. Le consegne a domicilio darebbero fiato in qualche modo ad un’economia azzerata, consentendo di lavorare a persone senza reddito. Potrebbero inoltre rafforzare la solidarietà sociale; si potrebbe, ad esempio, decidere di donare un pranzo sospeso ogni dieci consegnati. 

La nostra città presenta criticità urbanistiche, con zone ad altissimo tasso abitativo. In qualità di primo cittadino, sta pensando ad una strategia per ridurre i contatti in zone come la Pignasecca o i Quartieri Spagnoli? Farà fare i tamponi anche alla polizia municipale?

Le zone citate appaiono come luoghi di assembramento, ma non lo sono. Basta semplicemente che scenda una sola persona per famiglia a fare le spesa per creare quell’immagine. La strada da seguire è quella del rafforzamento dei controlli delle forze di polizia, a cui ho chiesto di concentrarsi proprio in quelle zone trafficate. Li ringrazio per il lavoro svolto e mi auguro che da qui al 3 maggio non si verifichi un allentamento dei controlli. I tamponi non può farli il sindaco, che anzi si duole perché a Napoli ne sono stati effettuati poco più di 7mila. Se consideriamo che la città conta un milione di abitanti, è verosimile pensare che i contagiati siano più di 700.

Come Sindaco non dispone in questa fase di crisi di una grossa capacità di spesa, poiché l’ente destinatario delle maggiori risorse economiche è la Regione Campania. Ha preso però una decisione importante, quella di annullare le tasse per il 2020. Come pagherà gli stipendi e assicurerà i servizi?

Sto ragionando come credo dovrebbe ragionare l’Europa, il governo nazionale e quello regionale, pensando cioè che ci troviamo in un’economia di guerra. E’ la peggior crisi sociale ed economica dalla Seconda guerra mondiale. Se ragioneremo come se stessimo in tempi di pace, in termini quindi di vincoli burocratici e finanziari, conteremo milioni di persone disoccupate e tantissime aziende finite sul lastrico ed incapaci di ripartire. Da sindaco di Napoli ho voluto allora lanciare il messaggio che bisogna avere coraggio. Annullare le tasse per il 2020 significa che quando inizierà la fase 2, aziende, commercianti e artigiani avranno la forza per accendere il motore; in qualche modo la macchina ripartirà. Se però il governo non farà la sua parte, finanziando i comuni con un fondo speciale di 5-6 miliardi di euro, le misure pure benemerite del Comune di Napoli non saranno sufficienti. Se non si comprende che nell’economia di guerra è il pubblico a dover mettere risorse, la criminalità organizzata busserà alla porta dei bisognosi e delle aziende in difficoltà. Se lo Stato non è rapido ed efficace, la criminalità andrà ad occupare degli spazi enormi.

Ci lamentiamo spesso di come il Nord Italia e i paesi stranieri raccontano la nostra città. Secondo lei i napoletani che vanno a vivere fuori raccontano la città per come è, con le sue straordinarie doti e i suoi enormi difetti, oppure tendono a focalizzarsi sugli aspetti più negativi?

Non c’è una risposta univoca a questa domanda. C’è quello che è andato a vivere al Nord e, per dimostrare a sé stesso e agli altri che ha fatto la cosa giusta, parla male di Napoli. C’è invece quello che va al Nord e parla di Napoli con le lacrime agli occhi. Io sono profondamente orgoglioso di essere napoletano e non ho mai smesso di ringraziare i miei genitori per avermi fatto nascere qui. La narrazione tossica della nostra città prosegue anche ai tempi del Covid-19. E’ davvero insopportabile: mentre noi ci sentiamo davvero vicini ai lombardi e ai veneti, che stanno pagando il prezzo più alto, dobbiamo sentire tante frasi insopportabili nei nostri confronti. Nessuno qui intende negare le profonde contraddizioni di Napoli, ma ciò che critichiamo è quella narrazione strumentale per cui, se si vede un’immagine di Napoli in cui c’è qualcosa che non va, subito si dice che i napoletani tutti non rispettano le regole. Altrove non funziona così. Andiamo avanti perché la storia di Napoli è talmente granitica che questo è un venticello che non ci smuove più di tanto.

Quali sistemi di tutela ha messo in campo il Comune di Napoli per i minori con parenti ricoverati o infetti da Covid-19?

Credo che l’errore sia stato quello di mettere i positivi che non avevano necessità di ricovero ospedaliero in isolamento domiciliare, anziché isolarli dal contesto familiare. Per questo motivo abbiamo dato la possibilità a medici e infermieri, che non volevano tornare a casa per paura di contagiare anziani e bambini, di usufruire gratuitamente di strutture ricettive messe a disposizione da alcuni imprenditori napoletani. Il Comune ha pagato ai proprietari utenze e costo della sanificazione. Per i bambini interveniamo con i servizi di assistenza sociale quando ci vengono segnalate situazioni particolari; ma non possiamo sostituirci alle autorità sanitarie. E’ l’Asl che ci deve indicare in quali strutture le persone possono recarsi ed essere protette. Credo che si sarebbero potuti individuare luoghi nei quali isolare le persone positive. A Napoli la maggior parte dei contagi si originano nel contesto familiare: una persona positiva contagia gli altri membri della famiglia. Anche molte morti si spiegano così. 

Si è spiegato il motivo dell’enorme contagiosità e letalità nella pianura padana del virus Covid-19 e della minore incidenza al Sud?

Non sono uno scienziato. Credo però che al Sud siamo stati abbastanza attenti e non abbiamo sottovalutato il pericolo. Io come sindaco – e per questo fui oggetto di scherno da parte di alcuni concittadini – ho chiuso le scuole prima del governo. Questo atteggiamento di maturità e responsabilità, sia da parte dell’amministrazione che da parte della popolazione, è stato determinante. Un segnale molto forte, al netto di una minoranza che ha violato le regole.

Come trascorrerà la Pasqua? Ha un augurio per i napoletani?

Sarò a casa con la mia famiglia, ma lavorerò anche da lì. E’ senza dubbio una Pasqua triste e piena di sofferenze. E’ il momento in cui dobbiamo sentire il valore profondo della Pasqua, che è insieme fine e inizio, morte e resurrezione. Rinascita significa ripartire, anche se non necessariamente come prima. Riprendiamoci il bello, gli abbracci e il contatto umano. Riflettiamo però anche su tante cose che non andavano. A partire dal mancato apprezzamento della gioia della vita: cercavamo la felicità chissà dove, invece sta nelle cose semplici che adesso ci mancano. Riacquistiamo sempre di più il gusto di essere comunità, contrastando le disuguaglianze e vivendo al meglio in quei luoghi aperti che tanto ci mancano. Per poter fare tutto ciò dobbiamo però tenere duro restando a casa fino al 3 maggio: sono convinto che la luce in fondo al tunnel sia sempre più vicina. 

Dalle sue interlocuzioni col governo, che idea s’è fatto sulla riapertura effettiva del Paese? 

La mia percezione è che, se i dati sanitari ci conforteranno come credo, dal 4 maggio avremo una riapertura graduale dei cantieri e di alcuni luoghi di lavoro, cominciando altresì ad uscire da soli, sempre mantenendo la distanza sociale. Fra maggio e giugno dovrebbe realizzarsi quel progressivo ritorno alla normalità, anche se la normalità piena, anche dal punto di vista psicologico, la avremo solo quando potremo disporre delle cure farmacologiche, in particolare il vaccino. Dal 4 maggio però credo che possa incominciare quel lungo percorso che ci porterà alla fine di quest’incubo.

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Falso terapista accusato di stupro, vittima minorenne

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Accoglieva le sue pazienti all’interno di un finto studio allestito in una palestra di Fondi e, una volta solo con loro nelle stanze della struttura, le molestava nel corso di presunti trattamenti di fisioterapia, crioterapia e pressoterapia, facendo leva sulle loro fragilità psicologiche e fisiche affinché non raccontassero nulla. Dolori e piccoli problemi fisici che spingevano ciascuna delle vittime, tra cui anche una minorenne, a recarsi da lui per sottoporsi alle sedute, completamente all’oscuro del fatto che l’uomo non possedesse alcun titolo di studio professionale, né tanto meno la prevista abilitazione, e che non fosse neanche iscritto all’albo. È finito agli arresti domiciliari il finto fisioterapista trentenne di Fondi, per il quale è scattato anche il braccialetto elettronico, accusato di aver commesso atti di violenza sessuale su diverse donne, tra cui una ragazza di neanche 18 anni, e di aver esercitato abusivamente la professione.

Un’ordinanza, quella emessa dal giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Latina ed eseguita nella giornata di oggi dagli agenti del Comando Provinciale della Guardia di Finanza, arrivata al termine di un’indagine di polizia giudiziaria svolta su delega della Procura di Latina. Durata all’incirca un anno, quest’ultima ha permesso di svelare, attraverso le indagini condotte anche con accertamenti tecnici, acquisizioni di dichiarazioni ed esami documentali, i numerosi atti di violenza da parte dell’uomo nei confronti delle pazienti del finto studio da lui gestito. Tutto accadeva all’interno di un'”Associazione sportiva dilettantistica” adibita a palestra nella città di Fondi, nel sud della provincia di Latina: quella che il trentenne spacciava per il suo studio, sequestrata in queste ore dalle fiamme gialle quale soggetto giuridico formale nella cui veste è stata esercitata l’attività professionale, in assenza dei prescritti titoli di studio, della prevista abilitazione e della necessaria iscrizione all’albo, nonché dei locali, attrezzature e impianti utilizzati. Un’altra storia di abusi a Lodi.

Vittima una ragazza siriana di 17 anni arrivata in Italia per sfuggire alla guerra e al sisma del 2023: finita nelle mani dei trafficanti è stata sottoposta a violenze e maltrattamenti e poi abbandonata. La Polizia, coordinata dalla Procura di Lodi e dalla Procura presso la Direzione distrettuale antimafia di Bologna, ha arrestato i due aguzzini.

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Aggressione omofoba a Federico Fashion style, ‘botte e insulti’

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Preso a schiaffi e pugni sul treno e insultato da un passeggero solo perchè gay. Un’aggressione omofoba che ha visto sul treno Milano-Napoli vittima Federico Lauri, conosciuto come Federico Fashion Style, parrucchiere e volto tv. Lo racconta lui stesso sui social e un’intervista al Corriere della Sera on line. “Preso a schiaffi e pugni in faccia su un treno Italo davanti agli occhi di tutti — scrive Federico, che è anche un volto di Real Time —Essere insultato, denigrato e aggredito per l’orientamento sessuale è vergognoso. Vi prego smettetela di chiamare la gente fr… L’omosessualità non è una malattia». L’aggressione è avvenuta sul Milano Napoli all’altezza di Anagni. Il treno si ferma per un guasto, Lauri chiede informazioni e un passeggero prima lo insulta con frasi omofobe e poi lo picchia. Lauri finisce all’ospedale a Colleferro cn un trauma cranico e una prognosi di 15 giorni. Ora promette che denuncerà tutto. “Questa bestia mi ha dato un cazzotto, ma se avesse avuto un coltello mi avrebbe accoltellato -dice al Corriere- Il rischio è uscire di casa e non rientrare più. L’omofobia è la malattia, non l’omosessualità. Loro si devono curare”.

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Lo stupro di Palermo, la difesa vuole la vittima in aula

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Dentro l’aula è scontra tra accusa e difesa. Fuori dal tribunale di Palermo i familiari dei detenuti che arrivano con il pullman della polizia penitenziaria sono in attesa di salutare ‘i loro ragazzi’ mentre non lontano una decina di associazioni hanno dato vita ad un sit in per chiedere di essere ammesse come parti civili. Sono in aula cinque dei sei giovani indagati per lo stupro di gruppo a una 19enne avvenuto lo scorso 7 luglio a Palermo in un cantiere abbandonato del Foro Italico. Uno solo segue l’udienza in videoconferenza, collegato da una sala del carcere dove è recluso. Assente la vittima dello stupro, ospite in una comunità protetta, fuori dalla Sicilia. L’unico minorenne del branco è in un istituto minorile, dopo essere stato già condannato a 8 anni e 8 mesi in abbreviato. L’udienza preliminare davanti al gup Cristina Lo Bue per i sei maggiorenni – Elio Arnao, Cristian Barone, Gabriele Di Trapani, Angelo Flores, Samuele La Grassa e Christian Maronia – si apre in un clima di scontro aperto tra le parti. I legali degli indagati hanno già preannunciato le contromosse per ribaltare le accuse nei confronti dei loro assistiti.

La linea difensiva è chiara ed è legata alla richiesta di ascoltare nuovamente la vittima alla luce delle “nuove prove” che gli avvocati avrebbero raccolto. Alla prossima udienza chiederanno l’abbreviato condizionato a una nuova audizione della vittima, già ascoltata dal gip di Palermo Clelia Maltese due mesi fa nel corso dell’incidente probatorio. Il materiale raccolto dalla difesa già in un’udienza stralcio a marzo non era stato ammesso fra le carte del procedimento, ma i legali insistono. Secondo gli avvocati le nuove prove dimostrerebbero in sostanza che la giovane era consenziente. Una linea difensiva che non sorprende l’avvocato Carla Garofalo, legale della ragazza. “Questa è letteratura – spiega -, lo fanno in tutti i processi per stupro. Lo farei anche io, ma è improbabile perché mai difenderò un indagato per stupro. In ogni caso questa tesi è insostenibile, perché ci sono i filmati che parlano (i video girati con i cellulari dagli stessi indagati ndr)”.

La legale parla di “un ambiente tossico” attorno alla sua assistita “che a Pasquetta è stata pesantemente minacciata e aggredita” e denuncia “una campagna denigratoria nei confronti della ragazza durata tutta l’estate”. “Io, purtroppo – aggiunge -, sono entrata nel processo solo a gennaio per cui non ho potuto gestire e seguire la parte precedente”. L’avvocato Garofalo sottolinea anche lo stato di profonda prostrazione vissuto dalla giovane: “ha alti e bassi, momenti di angoscia e di speranza. Per fortuna abbiamo un buon rapporto. Sta raccogliendo i cocci di tutto lo sfacelo attorno a lei, con aggressioni continue. E a volte si chiede chi glielo ha fatto fare”. Attorno alla ragazza vittima dello stupro si sono strette una decina di associazioni che oltre a manifestare davanti al tribunale hanno chiesto di costituirsi parte civile, così come ha fatto il Comune di Palermo. Il Gup ha rinviato ogni decisione alla prossima udienza, fissata per il 29 aprile. Se il giudice non ammetterà l’abbreviato condizionato i legali degli imputati dovranno scegliere tra l’abbreviato “secco” o l’ordinario.

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