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Musk alla telefonata Trump-Zelensky: ora basta guerre

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“Le uccisioni insensate finiranno presto. Il tempo per gli speculatori guerrafondai è scaduto”: a scriverlo sulla sua piattaforma è Elon Musk, che ha partecipato anche alla telefonata di congratulazioni di Volodymyr Zelensky a Donald Trump per la sua vittoria, assicurando al presidente ucraino che continuerà a sostenere Kiev con la sua rete di satelliti Starlink. Un dettaglio che conferma quanto potrebbe essere influente nella prossima amministrazione l’uomo più ricco del mondo, che in attesa di guidare la nuova commissione per l’efficienza governativa continua a vedere i titoli delle sue aziende spinti dal trionfo di The Donald: Tesla è tornata a valere oltre 1.000 miliardi. La telefonata è durata 25 minuti e non sarebbero stati discussi i dettagli del piano di pace ma Zelensky ne sarebbe uscito in qualche modo rassicurato, secondo Axios. Ora si attende un colloquio fra Trump e Vladimir Putin, che si è già detto pronto a rispondere alla chiamata. Musk ha partecipato anche alla telefonata fra Trump e il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan, una delle tante ricevute da The Donald nel suo fortino di Mar-a-Lago, dove sta lavorando alla squadra di governo insieme al suo transition team.

La prima casella l’ha già annunciata, nominando la sua co-campaign manager Susie Wiles come prima donna chief of staff della Casa Bianca, una delle cinque figure più potenti di Washington. “Susie è forte, intelligente, innovativa ed è universalmente ammirata e rispettata. Continuerà a lavorare instancabilmente per rendere l’America di nuovo grande”, l’ha lodata. Soprannominata ‘Ice Baby’ per la sua lucida freddezza, sempre dietro le quinte, la 67enne Wiles è una veterana della politica, dalla campagna di Reagan nel 1980 a quelle di Ron DeSantis, con cui ha rotto tornando da Trump, con il quale aveva già lavorato nel 2016. Secondo la Cnn, ha accettato a condizione di poter esercitare più controllo su chi può contattare lo Studio Ovale, che nella prima presidenza del tycoon era un porto di mare. Una delle sue capacità è “creare ordine nel caos”, come dice lei stessa: per ora quindi sembra la garanzia di un’amministrazione più disciplinata. Trump, secondo il Financial Times, avrebbe chiesto inoltre a Robert Lighthizer, un falco anti-Cina fautore dei dazi, di tornare a fare il rappresentante americano per il Commercio mentre potrebbe offrire il ruolo di segretario al Commercio a Linda McMahon, la miliardaria co-presidente del transition team e alla guida della Small Business Administration nella precedente presidenza del tycoon. Il governatore del North Dakota Doug Burgum, suo ex rivale nelle primarie, è in pole come zar dell’energia. Nella royal family invece, dopo il passo indietro di Ivanka (unica apparizione elettorale la notte della vittoria) e del marito Jared Kushner, potrebbero ottenere un ruolo senior i figli Eric e soprattutto Don Jr., che vuole riempire il governo con “persone che non pensano di saperne più di mio padre”, quindi fedeli yes man.

Nel frattempo il dipartimento di giustizia ha desecretato le accuse contro un iraniano, Farhad Shakeri, imputato di essere stato incaricato in settembre da un dirigente dei pasdaran di fornire un piano per uccidere Trump prima delle elezioni, oltre che un giornalista americano critico verso il regime di Teheran e due businessman ebrei americani di New York. Nel caso il piano non fosse stato pronto in sette giorni, l’Iran avrebbe rimandato il suo complotto a dopo il voto, ritenendo che Trump avrebbe perso e che sarebbe stato più facile assassinarlo. Per ora a sparare contro il tycoon, a parole, è stata Madonna. “Sto cercando di capire: perché un criminale condannato, stupratore e bigotto è stato scelto per guidare il nostro Paese, perché fa bene all’economia?”, si è chiesta la cantante su Instagram, una delle tante star deluse che avevano appoggiato Kamala Harris. La vittoria di Trump alimenta la protesta, con una manifestazione di 50.000 persone nella capitale il 18 gennaio, due giorni prima dell’Inauguration Day. E probabilmente incoraggia razzisti e suprematisti, come suggeriscono i messaggi inviati da un mittente sconosciuto ai neri americani in 21 Stati e sui quali sta indagando l’Fbi: l’invito è a “spostarsi in una piantagione per raccogliere cotone”.

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75 premi Nobel contro la conferma di Rfk a ministro sanità

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Oltre 75 vincitori del premio Nobel hanno firmato una lettera aperta che esorta i senatori a non confermare la nomina di Robert F. Kennedy Jr., sostenendo che la scelta del presidente eletto Donald Trump per guidare il dipartimento della sanita’ e’ dannosa per la salute pubblica. La missiva, ottenuta dal New York Times, segna la prima volta in tempi recenti che i premi Nobel si sono uniti contro un ‘nominee’ del governo, secondo uno di loro, Richard Roberts, vincitore del prestigioso riconoscimento per la medicina del 1993, che ha contribuito a redigere la lettera.

“Questi attacchi politici alla scienza sono molto dannosi”, ha detto. “Bisogna prendere posizione e proteggerla”, ha aggiunto. I firmatari della lettera hanno messo in dubbio che Kennedy, a loro dire “privo di credenziali” in medicina, scienza o amministrazione, sia adatto a guidare il dipartimento che tutela la salute pubblica e da cui dipende il finanziamento della ricerca biomedica. “Mettere Kennedy a capo del dipartimento mettera’ a repentaglio la salute pubblica e compromettera’ la leadership globale dell’ America nelle scienze della salute”, si legge nella lettera. Se confermata, l’opposizione di Rfk a strumenti di salute pubblica consolidati, come i vaccini e la fluorizzazione dell’acqua potabile, rappresenterebbe un rischio per il benessere del Paese, prosegue la missiva.

I premi Nobel hanno anche criticato la promozione di teorie cospirative da parte di Kennedy, che ha falsamente collegato i vaccini all’autismo, ha respinto la scienza consolidata che dimostra come l’Hiv causi l’Aids e ha suggerito, senza prove, che il coronavirus ha preso di mira o, a seconda, risparmiato alcuni gruppi etnici. I firmatari hanno inoltre notato che il nominee è stato un “critico belligerante” delle agenzie che rientrerebbero nella sua competenza, tra cui la Food and Drug Administration, i Centers for Disease Control and Prevention e i National Institutes of Health.

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Ceo ucciso, sospetto killer incriminato per omicidio a NY: si chiama Luigi Mangione, ha 26 anni

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Al sesto giorno di caccia all’uomo il cerchio si è chiuso attorno a Luigi Nicholas Mangione, 26enne rampollo di una abbiente famiglia italo-americana di Baltimora, ex studente di computer in un’università della Ivy League, ricercato per l’assassinio a Manhattan del ceo di UnitedHealthcare, Brian Thompson. Su segnalazione di un dipendente di un McDonald’s di Altoona, in Pennsylvania, la polizia ha fermato il giovane incensurato trovandolo in possesso di un passaporto americano e quattro documenti di identità falsi, tra cui uno col nome di Mark Rosario, lo stesso usato alla reception dell’ostello dell’Upper West Side dove il killer di Thompson si era fermato per dieci giorni prima del delitto.

“L’abbiamo preso incrociando i vecchi metodi della polizia con quanto offerto dalle nuove tecnologie”, ha detto la nuova commissioner della polizia di New York Jessica Tisch in una conferenza stampa con il sindaco Eric Adams che ne ha approfittato per riproporre il bando alle mascherine nei luoghi pubblici. Arrivato ad Altoona in Greyhound, Mangione aveva con sé una pistola con silenziatore simile a quella usata per uccidere Thompson: si tratterebbe di una ‘ghost gun’, un’arma invisibile ai controlli messa assieme con la stampante 3d. Il 26enne portava addosso anche un “manifesto”, hanno riferito fonti di polizia, ispirato a Theodore Kaczynski, il matematico di Harvard soprannominato Unabomber che negli anni ’90 tenne in scacco l’America con una catena di pacchi bomba.

Appassionato di intelligenza artificiale e videogiochi, Luigi ammirava e metteva il like sui social alle invettive dell’eco-terrorista contro gli antidepressivi (“Immagina una societa’ che assoggetta le persone a condizioni che li rendono infelici e poi da’ loro i farmaci per togliere la loro infelicita”) Due paginette scritte a mano, il documento contiene accuse alla “corporate America” e in particolare alle le mutue private che antepongono i profitti al bene degli assicurati. “Questi parassiti se la sono cercata… Mi scuso per ogni conflitto e trauma, ma andava fatto”, sono alcune delle frasi scritte da Mangione, che dice di aver agito da solo e di essersi autofinanziato.

Secondo il New York Post, il ragazzo era rimasto scioccato per come era stato trattato un parente malato. Tutto confermerebbe dunque quello che è stato fin dall’inizio il sospetto degli investigatori di un killer “arrabbiato” col sistema miliardario delle mutue: gli ultimi tasselli chiariscono le tre parole incise sui bossoli trovati sul luogo del delitto – “deny, delay, depose” evocatrici di quelle usate dalle assicurazioni come UnitedHealthcare per negare i rimborsi – così come i soldi finti del Monopoli (il gioco per molti simbolo dell’avidità delle corporation) ficcati nello zaino di marca abbandonato a Central Park assieme al giaccone firmato Tommy Hilfiger il 4 dicembre, la mattina stessa del delitto.

Osannato da molti in rete come un eroe popolare, Mangione, che ha studiato informatica a UPenn e il cui ultimo domicilio conosciuto è Honululu, è stato arrestato per reati locali legati al possesso della pistola: per essere incriminato per l’assassinio di Thompson deve essere estradato a New York. Emergono intanto altri particolari sulla sua formazione: la costosa scuola privata del Maryland per soli maschi, la famiglia negli Usa da tre generazioni col il nonno Nicholas, un costruttore figlio di emigranti, che aveva fatto fortuna con una rete di country club, case di riposo e una stazione radio, mentre un cugino di Luigi, Nino, e’ deputato repubblicano conservatore al parlamento statale del Maryland.

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Raid di Israele, distrutti principali siti militari siriani anche vicino Damasco

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Forti esplosioni sono state udite a Damasco, riporta un giornalista dell’agenzia di stampa Afp. Le esplosioni a Damasco sono state udite poco dopo che la ong Osservatorio siriano per i diritti umani aveva riferito di circa 250 raid israeliani in Siria dalla caduta del presidente Bashar al-Assad, domenica. Secondo la ong, da domenica Israele ha preso di mira le principali installazioni militari siriane in tutto il Paese con l’obiettivo di distruggerle. Israele “ha distrutto i principali siti militari in Siria” lanciando circa 250 attacchi dalla caduta del presidente Bashar al-Assad: lo riporta la ong Osservatorio siriano per i diritti umani. Secondo la ong – che ha sede nel Regno Unito e si avvale di una vasta rete di fonti in tutta la Siria – Israele ha bombardato aeroporti, radar, depositi di armi e munizioni e centri di ricerca militare, e ha danneggiato le navi della Marina siriana attaccando un’unità di difesa aerea vicino al grande porto di Latakia, nel nord-ovest del Paese.

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