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Museo di Auschwitz, regole serie per impedire i selfie offensivi

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Basta con le foto da equilibristi sui binari di Auschwitz: il museo del campo di concentramento nazista ha lanciato un appello ai propri visitatori al rispetto per le vittime, si stima un milione e centomila, sterminate in massa durante la Seconda Guerra Mondiale. Circa due milioni di persone, ogni anno, visitano il campo di sterminio del Reich di Adolf Hitler, uno dei simboli piu’ dirompenti dell’Olocausto. Eppure, nonostante la sacralita’ del luogo, alcuni pensano di immortalare il loro passaggio scattando foto goliardiche. Evidentemente non pochi, se i responsabili del Memoriale hanno ritenuto necessario farsi sentire. “Quando vieni ad Auschwitz – e’ il messaggio pubblicato su Twitter dal museo – ricorda che sei nel sito dove sono state uccise oltre 1 milione di persone. Rispetta la loro memoria. Ci sono luoghi migliori per imparare a fare l’equilibrista rispetto al sito che simboleggia la deportazione di centinaia di migliaia di persone verso la morte”. A corredo del messaggio sono state pubblicate una serie di foto di ragazzi che passeggiano in equilibrio sui binari. Il post ha ricevuto migliaia di like e commenti positivi: “E’ stato necessario, le nostre abitudini quando si tratta di foto sono completamente fuori controllo, senza la memoria storica non siamo nulla”, ha scritto un’internauta, Francesca. “Non capisco perche’ la gente faccia selfie allegri in un luogo che ha visto l’omicidio di persone innocenti”, gli ha fatto eco Moran. Scattare foto irrispettose in luoghi come Auschwitz appare come una moda che si e’ diffusa senza una ragione particolare. Nel 2014, il selfie di una teenager britannica sorridente, Breanna Mitchell, proprio in mezzo agli edifici della morte, aveva scatenato un’ondata di proteste sul web. Nel 2017, lo scrittore tedesco-israeliano Shahak Shapira aveva copiato 12 selfie scattati al Memoriale dell’Olocausto a Berlino, modificando lo sfondo con immagini dai campi di concentramento. Un modo, ha aveva spiegato, perche’ le persone “sapessero quello che stavano facendo”. Il museo di Auschwitz, nella sua campagna contro i selfie, ha precisato che “le foto non saranno vietate: Chiediamo solo ai visitatori di comportarsi in maniera rispettosa”. Ma a qualcuno non farebbe male neanche riprendere in mano un qualunque libro di storia.

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L’Australia esorta i suoi cittadini a lasciare Israele

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Il governo australiano ha esortato i suoi cittadini in Israele a “andarsene, se è sicuro farlo”. “C’è una forte minaccia di rappresaglie militari e attacchi terroristici contro Israele e gli interessi israeliani in tutta la regione. La situazione della sicurezza potrebbe deteriorarsi rapidamente. Esortiamo gli australiani in Israele o nei Territori palestinesi occupati a partire, se è sicuro farlo”, secondo un post su X che pubblica gli avvisi del dipartimento degli affari esteri e del commercio del governo australiano.

Il dipartimento ha avvertito che “gli attacchi militari potrebbero comportare chiusure dello spazio aereo, cancellazioni e deviazioni di voli e altre interruzioni del viaggio”. In particolare è preoccupato che l’aeroporto internazionale Ben Gurion di Tel Aviv “possa sospendere le operazioni a causa di accresciute preoccupazioni per la sicurezza in qualsiasi momento e con breve preavviso”.

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Ian Bremmer: l’attacco di Israele è una sorta di de-escalation

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C’è chi legge una escalation e chi invece pensa che sia una de escalation questo attacco israeliano contro l’Iran. “È un allentamento dell’escalation. Dovevano fare qualcosa ma l’azione è limitata rispetto all’attacco su Damasco che ha fatto precipitare la crisi”. Lo scrive su X Ian Bremmer, analista fondatore di Eurasia Group, società di consulenza sui rischi geopolitici.

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Usa bloccano bozza su adesione piena Palestina all’Onu

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Gli Usa hanno bloccato con il veto la bozza di risoluzione del Consiglio di Sicurezza Onu che raccomandava l’adesione piena della Palestina alle Nazioni Unite. Il testo ha ottenuto 12 voti a favore (Algeria, Russia, Cina, Francia, Guyana, Sierra Leone, Mozambico, Slovenia, Malta, Ecuador, Sud Corea, Giappone), 2 astensioni (Gran Bretagna e Svizzera) e il no degli Stati Uniti.

La brevissima bozza presentata dall’Algeria “raccomanda all’Assemblea Generale che lo stato di Palestina sia ammesso come membro dell’Onu”. Per essere ammessa alle Nazioni Unite a pieno titolo la Palestina doveva ottenere una raccomandazione positiva del Consiglio di Sicurezza (con nove sì e nessun veto) quindi essere approvata dall’Assemblea Generale a maggioranza dei due terzi.

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