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Esteri

Mosca reagisce a Kursk, ‘bomba termobarica sul nemico’

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Una sentenza di morte da 500 chili fatta di fiamme, pressione e devastazione: Mosca reagisce all’operazione ucraina senza precedenti nella regione di Kursk e annuncia di aver sganciato sui soldati nemici una temibile bomba termobarica Odab-500 e rivendicando di aver ucciso personale, attrezzature e 15 mercenari stranieri al soldo di Kiev. Un monito della forza militare a disposizione di Vladimir Putin, mentre per il quinto giorno sono proseguiti i combattimenti nell’oblast russo di confine, con Mosca che è corsa ai ripari colpendo dal cielo e a terra ed evacuando i civili, finora oltre 76.000 persone.

E solo dopo cinque giorni il presidente ucraino Volodymyr Zelensky per la prima volta parla esplicitamente di azioni “per spingere la guerra” in territorio russo. Nel frattempo, il confine nord si accende anche di nuove tensioni tra Kiev e Minsk: il presidente bielorusso Aleksander Lukashenko ha denunciato come “una provocazione” i droni ucraini che hanno sconfinato e sono stati abbattuti nello spazio aereo del Paese. E promettendo rappresaglia in caso di nuove violazioni, il leader bielorusso ha ordinato di rafforzare le unità militari al confine schierando sistemi missilistici Polonez e Iskander.

Nella notta caccia e bombardieri russi Su-34, Su-30SM e Su-35S hanno colpito a Kursk. Il ministero della Difesa russo ha poi affermato di aver distrutto un posto di comando delle forze ucraine in una zona di confine della regione, utilizzando un missile balistico tattico Iskander-M. Almeno 1.100 soldati ucraini sono stati uccisi a Kursk da martedì, sostiene il ministero, rivendicando di aver respinto efficacemente gli assalti. Gli osservatori continuano a interrogarsi sugli obiettivi dell’incursione ucraina: per alcuni analisti, l’offensiva potrebbe essere progettata per catturare e mantenere territori da usare come merce di scambio per garantire la liberazione delle regioni occupate dai russi.

Una mossa del genere richiederebbe tuttavia un enorme impegno da parte delle truppe ucraine per contrastare i russi per tutto il tempo necessario. Un’altra possibilità è che Kiev voglia costringere le forze russe ad alleggerire le posizioni di prima linea nell’Ucraina orientale e meridionale, per rafforzare le proprie difese.

Mentre una terza ipotesi è che l’Ucraina voglia catturare la centrale nucleare di Kursk per usarla come leva e costringere i russi a ritirarsi dalla centrale di Zaporizhzhia. Sarebbe un’impresa enorme per le truppe di Kiev, ma intanto Mosca lancia l’allarme: ulteriori avanzate ucraine nel Kursk costituirebbero una “minaccia diretta” alla centrale nucleare, ha detto il presidente dell’agenzia atomica russa Rosatom, Alexey Likhachev, in un colloquio con il capo dell’Aiea Rafael Grossi che solo poche ore prima aveva invitato le parti alla moderazione, per evitare un incidente “che potrebbe avere gravi conseguenze radioattive” in Russia, Ucraina e oltre.

Intanto, “al fine di garantire la sicurezza dei cittadini e sopprimere la minaccia di attacchi”, il capo dell’Fsb ha ordinato di mettere in atto un “regime speciale antiterrorismo” nelle regioni di Kursk, Belgorod e Bryansk, alla frontiera con l’Ucraina.

Una misura che si traduce in ampi poteri alle forze di sicurezza e all’esercito e forti restrizioni per i residenti: movimenti limitati, telefonate monitorate, aree vietate, posti di blocco, sicurezza rafforzata nelle infrastrutture chiave. Un vero lockdown che evidenzia la portata della crisi nel più ampio ‘fronte nord’, tra i timori di un’escalation anche con la Bielorussia: dopo il presunto sconfinamento dei droni ucraini, Minsk ha infatti messo in guardia sul rischio di un allargamento del conflitto, convocando l’incaricato d’affari ucraino per presentare una forte protesta e per minacciare ritorsioni in caso di nuovi incidenti.

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Esteri

Hezbollah attacca in Galilea, Sinwar ringrazia Nasrallah

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Il centro del conflitto mediorientale, mentre a Gaza continua un’emergenza umanitaria senza precedenti, si sposta verso nord, con Israele che allarga sempre più il fronte verso Cisgiordania, Libano e Siria, e gli Hezbollah libanesi sono sempre più coinvolti nello scontro. L’aeronautica militare israeliana ha colpito oggi in modo massiccio vari obiettivi attribuiti agli Hezbollah in Libano (con almeno un morto e 7 feriti, tra cui 4 bambini secondo Beirut) e altri nel sud della Siria dove, secondo il New York Times, domenica scorsa Israele avrebbe usato anche forze speciali per distruggere un impianto per la produzione di missili di Hezbollah vicino al confine libanese, facendo vittime.

Venerdì mattina, in risposta all’attacco israeliano di ieri su Kfar Joz, nel sud del Libano e nel quale sono stati uccisi due combattenti di Hezbollah e un bambino, il movimento filoiraniano ha attaccato una base israeliana in Galilea. In una nota ha affermato di aver lanciato uno “sciame di droni” sulla base Filon a sud-est di Safed, che a loro dire ospita “il quartier generale della 210/a divisione” dell’esercito israeliano. Sostenendo peraltro di aver “causato vittime”, circostanza negata da Israele. Il capo di Hamas, Yahya Sinwar, ricercato numero uno di Israele, avrebbe inviato nei giorni scorsi al leader degli Hezbollah, Hassan Nasrallah, una lettera di ringraziamento e di apprezzamento per il sostegno dato dall’organizzazione filoiraniana libanese dall’inizio della guerra contro Israele.

“La beata processione dei martiri – si legge nella missiva secondo i media israeliani, che citano l’emittente libanese filo-Hezbollah al-Mayadeen – crescerà in forza e in potenza nella lotta contro l’occupazione nazi-sionista”, avrebbe scritto il leader di Hamas, e s’impegna a combattere il “progetto sionista” insieme al resto del cosiddetto asse della resistenza anti-Israele “fino a quando l’occupazione non sarà sconfitta e spazzata via dalla nostra terra e il nostro Stato indipendente con piena sovranità non sarà stabilito con Gerusalemme come capitale”. Non si placano intanto gli attacchi israeliani in Cisgiordania, dove un cecchino avrebbe colpito un membro dello staff dell’Urwa, l’Agenzia dell’Onu per i rifugiati palestinesi da tempo nel mirino di Israele che accusa la presenza tra le sue fila di affiliati di Hamas.

La Cisgiordania – ha denunciato l’agenzia, che intanto ha completato con grande fatica la prima fase di un programma antipolio tra i bambini di Gaza – “sta vivendo livelli di violenza senza precedenti, mettendo a rischio le comunità”. A Gaza, secondo l’agenzia palestinese Wafa, oggi sono morti almeno 6 civili in raid israeliani su Rafah e Nuseirat. Mentre a Istanbul è arrivata la salma dell’attivista turca-americana uccisa durante una protesta in Cisgiordania e domani si terranno i funerali.

A Tel Aviv intanto i parenti degli ostaggi continuano a reclamare un cessate il fuoco e la restituzione dei loro cari, mentre anche la Cina, con il ministro della Difesa Dong Jun, ha affermato che “i colloqui di pace e la soluzione politica sono l’unica soluzione” in Palestina come in Ucraina. Il premier spagnolo Pedro Sanchez ha invece riunito alla Moncloa i ministri del Gruppo di contatto arabo-islamico per Gaza alla quale ha partecipato anche l’Alto rappresentante per la politica estera della Ue uscente, Josep Borrell. “La comunità internazionale deve fare un passo decisivo verso una pace giusta e duratura in Medio Oriente”, ha detto Sanchez, basata sulla soluzione a due Stati. Il Cile infine si è associato all’iniziativa promossa dal Sud Africa contro Israele presso la Corte Internazionale di Giustizia per presunto genocidio.

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Usa, uccisi quattro leader dell’Isis in Iraq

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Gli Stati Uniti hanno ucciso quattro leader dell’Isis in Iraq alla fine di agosto. Lo afferma il Centcom. “Restiamo impegnati a una sconfitta duratura dell’Isis, che continua a minacciare gli Stati Uniti, i nostri alleati e partner e la stabilità regionale”, ha detto il generale Michael Erik Kurilla, capo del Centcom.

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Cronache

Messico, 15 morti per la guerra interna del cartello di Sinaloa

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Un totale di 14 fascicoli d’inchiesta aperti e 15 morti. È questo l’ultimo bilancio della violenta guerra iniziata lunedì tra i Chapitos e i Mayos, le due fazioni in cui si è spaccato il cartello di Sinaloa e facenti capo, rispettivamente, al “Chapo” Guzmán e al “Mayo” Zambada, entrambi detenuti negli Stati Uniti. A confermarlo ai media locali è stata la Procuratrice della Repubblica, Claudia Zulema Sánchez. “Da lunedì ad oggi sono stati registrati 15 omicidi”, ha dichiarato. Lo scorso 9 settembre, il governatore di Sinaloa Rocha Moya era stato costretto a sospendere le lezioni in tutte le scuole e università della capitale Culiacán e aveva chiesto rinforzi militari a Città del Messico per garantire la sicurezza dei cittadini. Oggi sono stati recuperati due cadaveri, uno dei quali decapitato e con segni di tortura in diverse parti del corpo nei pressi del Parco 87, una nota zona verde di Culiacán dotata di attrazioni tra cui scivoli, piscine e un ‘giardino della pace’.

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