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Esteri

Mosca, gli F-16 causeranno un’escalation del conflitto

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Si è fatta attendere ma alla fine la reazione di Mosca alla scelta di Olanda e Danimarca di consegnare gli F-16 a Kiev è arrivata. Una decisione che causerà “un’escalation del conflitto”, secondo l’ambasciatore russo a Copenaghen, e che in un certo senso costringerebbe l’Ucraina a continuare il confronto militare con la Russia. Di sicuro, un’arma in più in mano a Kiev per combattere le forze di occupazione russe, che però potrà essere usata “solo sul proprio territorio”, ha puntualizzato il ministro della Difesa danese Jakob Ellemann-Jensen. Lo stesso monito era arrivato dagli Stati Uniti con la consegna delle munizioni a grappolo. La volontà è quella di evitare che il conflitto si allarghi in profondità anche al territorio russo e anche per questo motivo gli alleati hanno più volte negato a Kiev l’invio di armi a lungo raggio. La Russia, intanto, denuncia di aver sventato diversi attacchi di droni ucraini in patria.

Nelle prime ore del giorno sarebbe stata interessata la regione di Mosca, in giornata sarebbero stati intercettati tre droni nella regione di Belgorod e uno su quella di Kaluga, che potrebbe essere stato diretto verso l’aeroporto militare della zona. Se i droni sembra che stiano funzionando, per vedere in campo gli F-16 invece bisognerà attendere. L’addestramento dei piloti ucraini è già iniziato, ma durerà mesi e in ogni caso i primi aerei arriveranno verso la fine dell’anno. Saranno i 6 portati in dote dalla Danimarca, che in totale dovrebbe consegnare a Kiev 19 caccia: altri 8 saranno forniti il prossimo anno e gli ultimi cinque nel 2025, ha dichiarato la premier danese Mette Frederiksen. Sulla roadmap degli aerei orange c’è invece qualche dubbio in più. Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha dichiarato a più riprese che saranno 42, ovvero l’intera flotta, ma dai Paesi Bassi questa notizia non è stata ancora confermata.

La Svezia, invece, non ha assunto nessun nuovo impegno nei confronti dell’Ucraina per fornire a Kiev i propri caccia Gripen. Secondo Kiev, servirebbero in totale 128 aerei da combattimento occidentali per imporre la propria superiorità su Mosca. L’Ucraina spera comunque che gli F-16 possano rappresentare una svolta per una controffensiva che stenta a decollare e rende impazienti gli alleati. Anche oggi, stavolta dal Financial Times, si è tornato a parlare di funzionari statunitensi sempre più critici nei confronti della strategia adottata da Kiev e sempre più cupi sulle prospettive di successo.

I dissapori andrebbero ricercati nella scelta dei vertici militari ucraini di inviare i contingenti migliori a Est invece di sfruttare tecnologie e armi occidentali per sfondare le linee russe a Sud, così da raggiungere il Mar d’Azov tagliando il collegamento tra Mosca e Crimea. Magari riconquistando la città di Mariupol, che il Cremlino si preparerebbe invece a ripopolare con circa 300.000 persone provenienti dalla Russia entro il 2035. Kiev potrebbe attaccare approfittando di una condizione morale e psicologica delle forze russe che i vertici militari ucraini sono convinti stia peggiorando. Se da una parte è una buona notizia, dall’altra questa condizione costringe il comando delle unità di Mosca a prendere ulteriori misure aumentando così la preoccupazione di Kiev per i movimenti russi nel Mar Nero. Qui, infatti, il Cremlino ha attualmente una nave e un sottomarino che hanno una salva totale di 12 missili Kalibr, per cui il rischio di essere attaccati in vista dell’anniversario dell’indipendenza del Paese (il 24 agosto) è “estremamente elevato”, secondo la portavoce delle forze di difesa meridionali, Natalya Gumenyuk. Per Zelensky, che oggi si è recato in visita ad Atene, è una minaccia che rischia di espandersi ai vicini di Kiev “se l’Ucraina non prevarrà”.

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Cittadini stanchi di pagare il pizzo uccidono 11 uomini della gang di narcos nel campo da calcio

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Nel paese di Texcaltitlan, nel centro del Messico, dei cittadini stanchi di pagare il pizzo al cartello locale hanno ucciso a colpi di machete un gruppo di otto narcotrafficanti nel campo da calcio del municipio. L’esito dello scontro ha lasciato 11 morti, otto dei quali vincolati al cartello Familia Michoacana. Secondo quanto riportato dalla stampa messicana, gli abitanti del paese erano stati convocati nel campo sportivo per pagare la quota settimanale alla criminalità del posto. Dopo esser scesi dai loro pick-up i narcos sono stati attaccati dalla folla con pietre, colpi di machete e pugni. La polizia è arrivata poco dopo sulla scena del massacro e sta ricostruendo l’accaduto attraverso dei video postati sui social.

 

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Guatemala, Arévalo denuncia “un colpo di stato assurdo”

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Il presidente eletto guatemalteco Bernardo Arévalo ha denunciato che le indagini svolte dall’Ufficio del Pubblico ministero della Procura, secondo cui le elezioni generali tenute quest’anno, e da lui vinte, dovrebbero essere annullate, non sono altro che un “colpo di stato assurdo, ridicolo e perverso”.


Nel corso di una conferenza stampa ieri sera Arévalo, che dovrebbe insediarsi nella massima carica dello Stato il 14 gennaio 2024 succedendo a Alejandro Giammattei, ha assicurato che le accuse formulate contro il Tribunale supremo elettorale (Tse) e contro lui stesso, sono infondate, aggiungendo che per quanto lo riguarda, ha prove che dissipano anche il presunto riciclaggio di denaro. Alludendo infine ai settori della magistratura che stanno cercando di bloccare il processo di transizione democratica presidenziale, ha sostenuto che “i golpisti fanno i gesti disperati di chi sta per affogare, e provano a portare a termine un improbabile colpo di stato”.

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Putin si ricandida alla guida della Russia fino al 2030

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La simbologia non poteva essere più potente e significativa. Rispondendo alla domanda di un pluridecorato combattente filorusso del Donbass, padre di un caduto, nella giornata degli Eroi della Madrepatria, Vladimir Putin ha annunciato che il prossimo 17 marzo correrà per un quinto mandato da presidente della Russia, deciso a rimanere almeno fino al 2030 al comando del Paese in quella che vede come una sfida esistenziale con l’Occidente, sicuramente la più grave dalla crisi dei missili a Cuba nel 1962. Il tutto è avvenuto, all’improvviso, nella sontuosa cornice della sala Georgievsky del Cremlino, dove Putin aveva appena consegnato alcune onorificenze.

Artyom Zhoga, già a capo di una milizia della Repubblica di Donetsk, che nel 2022 ha perso un figlio nella guerra e quest’anno è diventato capo del Parlamento della regione annessa alla Russia in seguito alle elezioni dello scorso settembre, si è rivolto al presidente sotto gli occhi delle telecamere. “Grazie alle sue azioni abbiamo ottenuto la libertà e il diritto di scegliere, ma c’è ancora molto lavoro da fare, dobbiamo procedere con l’integrazione, e vorremmo farlo sotto la sua guida”, ha affermato Zhoga. Per poi concludere: “Abbiamo bisogno di lei, la Russia ha bisogno di lei”.

Al che Putin ha ringraziato e ha risposto: “Ho avuto diversi pensieri su questo argomento, ma oggi capisco che non c’è altra scelta. Ecco perché mi candiderò a presidente della Russia”. Una candidatura che equivale alla certezza della rielezione, non solo per la repressione del dissenso, accentuatasi dall’inizio dell’intervento militare in Ucraina, ma pure per il vasto sostegno di cui, anche secondo sondaggi indipendenti, il comandante in capo continua a godere oltre 21 mesi dopo l’inizio del conflitto. La narrazione che vuole la Russia impegnata in una guerra per la sopravvivenza contro un Occidente intento a smembrarla funziona. E’ vero che da una recente ricerca effettuata dal Centro statistico Levada emerge che oltre il 50% dei russi vorrebbe una soluzione negoziata al conflitto, ma senza concessioni umilianti.

Molti osservatori si aspettano inoltre che a sfidare Putin saranno ammessi, pro forma, soltanto candidati di movimenti politici considerati di sistema, come il Partito liberaldemocratico e quello comunista. Ma il team di Alexei Navalny, il più noto oppositore, in carcere da quasi tre anni, non si è dato per vinto e ha indetto una campagna denominata ‘Una Russia senza Putin’ in cui si invita ogni cittadino a votare per i candidati avversari del presidente e a convincere almeno altre dieci persone a fare altrettanto. Sebbene la data ufficiale delle presidenziali sia il 17 marzo, la responsabile della Commissione elettorale centrale Ella Pamfilova ha detto che le votazioni cominceranno in realtà fin da venerdì 15 e dureranno tre giorni. Un’usanza introdotta con la pandemia da Covid e diventata ormai comune, ma che secondo gli oppositori del Cremlino rende più difficili i controlli su eventuali brogli.

Se tutto sembra ormai deciso, qualche dubbio resta sulle modalità dell’annuncio odierno. Il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ha assicurato che il tutto si è svolto in modo spontaneo e non programmato. Ma anche il sito dell’opposizione Meduza afferma di aver saputo da proprie fonti che Putin avrebbe dovuto comunicare la notizia in occasione della conferenza di fine anno e della linea diretta con i cittadini in programma il 14 dicembre. Secondo il sito, dunque, il presidente sarebbe stato colto alla sprovvista e avrebbe risposto senza pensarci troppo, cosa che sarebbe confermata dalla voce sommessa che gli è uscita. La cosa che conta, comunque, è che Putin diventerà con solo un anno di svantaggio rispetto a Stalin il secondo leader più longevo della Russia moderna: 30 anni, contro i 31 del predecessore sovietico, e ben di più dei 18 anni di Leonid Brezhnev.

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