Collegati con noi

Cronache

Morto commerciante, de Magistris: sicurezza priorità nazionale, stop allo sciacallaggio su una morte così atroce

Pubblicato

del

La sicurezza del patrimonio edilizio pubblico e privato “non è un tema napoletano. Se si vede quello che accade nel Paese, è tutto il Paese che va messo in sicurezza” spiega il sindaco di Napoli Luigi de Magistris, non prima di dirsi sconvolto per la morte di Rosario Padolino, il commerciante di 66 anni colpito in maniera letale da un pezzo di cornicione caduto da un edificio di via Duomo a Napoli. “I sindaci in questo sono in prima linea – ha sottolineato il sindaco del capoluogo partenopeo – anche quando si tratta di un edificio privato dove l’amministrazione non c’entra nulla. Ma io da sindaco d’Italia dico che il Paese tutto va messo in sicurezza perchè gli edifici sono vecchi. E’ come una persona che diventa anziana o molto anziana e va curata. Come non ci sono le risorse per gli edifici pubblici, certe volte accade anche per quelli privati. Poi si verificherà – ha aggiunto – se in questo caso ci sono responsabilita’. Ma ora mi fa tristezza vedere in atto operazioni di sciacallaggio politico”.

De Magistris si è soffermato a lungo sulle polemiche politiche che hanno fatto seguito all’incidente parlando di inaccettabile sciacallaggio. “Quello che trova agghiacciante in casi come questo – ha detto – in cui muore un napoletano doc, una persona che amava il suo quartiere e che si batteva sul suo quartiere, è che non si abbia la capacità di raccoglierci tutti per dare la solidarietà alla famiglia e fare un’analisi nelle ore successive di cosa servirebbe al Paese per essere messo in sicurezza. E’ davvero triste vedere operazioni di sciacallaggio quando c’è una persona che è morta da poche ore. E sapere che questo lo fanno alcuni napoletani solo perchè ricoprono cariche politiche – ha sottolineato – da sindaco e da napoletano mi riempie di tristezza”. “Io invece – ha proseguito – oggi voglio esprimere il cordoglio della Napoli tutta che non vuole essere attraversata da polemiche ma stringersi attorno alla famiglia di un uomo che muore in un modo in cui non si puo’ morire e che e’ inaccettabile. E’ inaccettabile che un Paese non abbia le risorse per mettere in sicurezza dagli alberi, dalle voragini, dai palazzi e piu’ in generale. Questo e’ un tema italiano – ha concluso de Magistris – i comuni stanno in prima linea, fanno quello che possono, ma se non si pone tema nazionale su questo, il rischio che vicende come quella di oggi possano continuare ad accadere e’ molto concreto perche’ la vetusta’ di tanti edifici del nostro Paese ormai e’ evidente, dalle scuole, ai monumenti, agli edifici privati. Basta camminare – dice de Magistris – per rendersi conto che e’ un tema centrale e che dovrebbe essere una priorita’ per il Paese”.

Advertisement

Cronache

Tragedia a Muggia: madre ucraina uccide il figlio di nove anni, il bambino era stato affidato al padre

A Muggia, in provincia di Trieste, una madre ucraina ha ucciso il figlio di nove anni tagliandogli la gola. Il bambino, affidato al padre dopo la separazione, era in visita alla donna.

Pubblicato

del

Una tragedia sconvolgente ha scosso la comunità di Muggia, alle porte di Trieste. Una donna di nazionalità ucraina ha ucciso il figlio di nove anni, tagliandogli la gola con un coltello all’interno della loro abitazione in via Marconi, nel centro cittadino.

L’allarme è stato lanciato nella serata di ieri dal padre del bambino, che vive fuori dal Friuli Venezia Giulia e non riusciva a mettersi in contatto con l’ex compagna. Quando la Squadra Mobile di Trieste è arrivata nell’appartamento, il piccolo era già morto.


Una famiglia seguita dal tribunale e dai servizi sociali

La vicenda familiare era nota ai servizi sociali ed era seguita anche dal tribunale minorile. Dopo la separazione, la custodia del bambino era stata affidata al padre, ma la madre aveva mantenuto il diritto di incontrare il figlio, secondo quanto stabilito dalle disposizioni del giudice.

I rapporti tra i due genitori erano difficili, come hanno riferito persone vicine alla famiglia. Ieri sera, l’incontro si è trasformato in tragedia.


Il corpo trovato in bagno, la madre in stato di choc

Quando i Vigili del Fuoco e gli agenti di polizia sono entrati nell’abitazione, il corpo del bambino era già senza vita da diverse ore e si trovava nel bagno di casa.

La donna è stata trovata in stato di choc e soccorsa sul posto. Gli inquirenti stanno ricostruendo la dinamica dei fatti e le eventuali motivazioni del gesto, mentre la Procura di Trieste ha aperto un’inchiesta per omicidio volontario aggravato.

Continua a leggere

Cronache

Inchiesta sui cellulari in carcere: perquisizioni ad Avellino, 18 indagati tra detenuti ed ex detenuti

I Carabinieri di Avellino e la Polizia Penitenziaria hanno eseguito perquisizioni nel carcere “Antimo Graziano” e in altre sedi: 18 indagati per uso illecito di cellulari in carcere, uno anche per stalking.

Pubblicato

del

I Carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Avellino, insieme alla Polizia Penitenziaria della Casa Circondariale e al Nucleo Investigativo Regionale per la Campania, hanno eseguito un decreto di perquisizione locale e personale a carico di 18 indagati, tutti detenuti o ex detenuti dell’istituto penitenziario “Antimo Graziano” di Avellino.

Gli indagati sono gravemente sospettati del reato di accesso indebito a dispositivi idonei alla comunicazione da parte di soggetti detenuti (articolo 391 ter del codice penale). In un caso si procede anche per atti persecutori (articolo 612 bis).


L’operazione nel carcere “Antimo Graziano”

Le perquisizioni, disposte dalla Procura della Repubblica di Avellino, hanno interessato le celle ancora occupate dagli indagati con l’obiettivo di rintracciare e sequestrare dispositivi elettronici e schede SIM detenuti illegalmente.

Il provvedimento nasce da un’indagine condotta dai Carabinieri di Avellino a partire da febbraio 2025, mirata a contrastare il fenomeno dell’uso di smartphone e cellulari all’interno delle carceri, spesso utilizzati per comunicazioni non autorizzate o per accedere ai social network.


La rete dei contatti e i profili social

Le investigazioni hanno rivelato una vera e propria rete di telefoni connessi, una “connected cell” che consentiva ai detenuti di mantenere rapporti continui con l’esterno. Attraverso l’analisi di tabulati telefonici e telematici, spesso riferiti a utenze intestate a soggetti fittizi, gli investigatori hanno ricostruito il circuito relazionale dei detenuti, identificando familiari e amici contattati illegalmente.

Su alcuni profili social riconducibili agli indagati sono stati trovati messaggi e immagini di rilievo investigativo, che confermano l’uso illecito dei dispositivi per comunicazioni e attività potenzialmente criminali.


Un caso di stalking tra i reati scoperti

Le indagini hanno inoltre evidenziato che i telefoni venivano utilizzati anche per commettere altri reati. In particolare, un detenuto è risultato gravemente indiziato di atti persecutori ai danni della vedova dell’uomo da lui ucciso, utilizzando lo smartphone per continuare a molestarla anche dal carcere.

L’inchiesta resta aperta, mentre la Procura di Avellino valuta ulteriori sviluppi per accertare eventuali responsabilità all’interno dell’istituto penitenziario.

Continua a leggere

Cronache

Scoperto bunker-serra di marijuana nell’Aspromonte: denunciati padre e figlio a Platì

I carabinieri scoprono un bunker sotterraneo nascosto sotto una stalla a Platì: coltivavano marijuana con un impianto elettrico abusivo. Denunciati padre e figlio.

Pubblicato

del

Un bunker sotterraneo nascosto sotto una stalla in mezzo alla vegetazione aspromontana è stato scoperto dai carabinieri della Stazione di Platì, insieme ai militari dello Squadrone Eliportato Cacciatori “Calabria” e del 14° Battaglione “Calabria”, nel corso di un’operazione di controllo del territorio contro la produzione di sostanze stupefacenti.

Padre e figlio, entrambi denunciati in stato di libertà, sono ritenuti responsabili di aver realizzato una vera e propria serra “indoor” per la coltivazione di cannabis, trasformando un capanno agricolo in disuso in un sofisticato laboratorio sotterraneo.

Il cavo elettrico che ha svelato il bunker

L’operazione è scattata dopo una lunga attività di osservazione. Durante una perlustrazione in un’area rurale, i carabinieri hanno notato un cavo elettrico che si perdeva tra gli alberi. Seguendone il tracciato per centinaia di metri, sono giunti all’ingresso di un capanno apparentemente abbandonato.

Dietro un pannello basculante azionato da un sistema di contrappesi, nascosto alla vista, si celava l’accesso a un bunker sotterraneo. All’interno, i militari hanno trovato una piantagione di marijuana con piante alte tra 70 e 110 centimetri, illuminate e ventilate da un impianto elettrico e di aerazione alimentato da un allaccio abusivo alla rete pubblica.

Una serra illegale tecnologicamente avanzata

La struttura era interamente realizzata abusivamente e dotata di tutto il necessario per garantire la crescita indisturbata delle piante: trasformatori, ventilatori, lampade e sistemi di ventilazione ricreavano le condizioni ottimali di una serra professionale.
Tutto era stato studiato nei minimi dettagli per nascondere l’attività e mantenerla attiva in modo costante, lontano da occhi indiscreti.

L’operazione dei carabinieri di Locri

L’intervento rientra in una più ampia strategia di contrasto al narcotraffico condotta dai carabinieri della Compagnia di Locri, che da tempo intensificano i controlli nelle aree più impervie dell’Aspromonte, spesso utilizzate per la produzione e lo stoccaggio di droga.

In una nota, l’Arma ha sottolineato come “la conoscenza del territorio e l’esperienza operativa dei militari restano un baluardo fondamentale contro l’illegalità”, ribadendo l’impegno quotidiano nel controllo delle zone rurali più isolate della Calabria.

Continua a leggere

In rilievo

error: Contenuto Protetto