Collegati con noi

Cronache

Morto Calisto Tanzi, re della Parmalat finita nel crac

Pubblicato

del

Alla fine del Novecento, sull’impero Parmalat non tramontava mai il sole. Piu’ di cento stabilimenti in vari continenti e un marchio con una radice fortissima nella pianura padana, ma noto nel mondo. A crearlo dal niente fu Calisto Tanzi, morto all’ospedale della sua citta’ all’eta’ di 83 anni, passato dai vertici del capitalismo italiano alla polvere provocata dal crac miliardario di quello che la procura di Parma ha definito la piu’ grande fabbrica di debiti della storia della finanza europea. La storia di Tanzi e del suo gioiellino, la Parmalat, sono inscindibili. E’ una storia di duro lavoro e di megalomania, di formidabili intuizioni imprenditoriali e di artifici contabili che hanno ridotto sul lastrico moltissimi risparmiatori. Di rapporti opachi con politica e finanza, di ribalta mediatica e della piccola e operosa provincia italiana che diventa grande con il boom economico degli anni Sessanta e poi decide di sedersi al tavolo della grande finanza per provare a dominarla, finendo pero’ per esserne travolta. La Parmalat nacque a Collecchio, alle porte di Parma, proprio nel pieno di quel boom: a dirigerla un giovane ragioniere che dal nonno aveva ereditato una piccola impresa familiare attiva in campo alimentare e quell’eccentrico nome, che in greco significa ‘bellissimo’. La svolta arriva con due scelte che si riveleranno decisive e che interpretano prima e meglio dei concorrenti la modernita’: l’impiego del tetrapak per confezionare il latte e il trattamento Uht che di fatto “inventa” il latte a lunga conservazione. Il successo e’ travolgente: il marchio Parmalat comincia a comparire negli spot delle prime tv commerciali, sulle auto di Formula Uno e sulle maglie del Palmeiras, che dominava il calcio di uno dei mercati piu’ importanti per l’azienda come quello brasiliano, e dell’Avellino, citta’ di Ciriaco De Mita, che di Tanzi era amico e sponda nei palazzi del potere. E poi su quelle della squadra della sua citta’, il Parma, passato in pochi anni dai campi polverosi delle serie minori ai vertici del calcio europeo, con in bacheca due Coppe Uefa, una Coppa delle Coppe e con lo scudetto piu’ volte sfiorato. Con le sue imprese, i suoi soldi e i suoi successi sportivi, il ‘Cavaliere’ Calisto Tanzi in quella strana citta’ di provincia che si e’ sempre sentita capitale, era il re e la Parmalat il suo trono. Un impero condannato pero’ a crescere per non crollare. Crescere a qualunque costo, anche con un’esposizione costante e gigantesca nei confronti delle banche. Un impero che, proprio per questo, poggiava su piedi d’argilla: divenne chiaro in un giorno fra il Natale e il Capodanno del 2003 quando Calisto Tanzi fu arrestato con l’accusa di falso in bilancio su ordine della procura di Milano. Il valore del titolo del ‘gioiellino’ praticamente si azzero’, rischiando di trascinare con se’ altri pezzi grossi del capitalismo italiano che con il colosso di Collecchio avevano per anni intrecciato rapporti piu’ o meno chiari. E i bond Parmalat, che nei mesi e negli anni precedenti erano stati acquistati da migliaia di risparmiatori grazie all’intermediazione di alcuni istituti bancari, divennero carta straccia. Ne e’ seguita una lunga e complessa vicenda giudiziaria, con vari filoni, vari reati contestati e un imponente mole di imputati. Nel processo di Parma, che ricostrui’ tutta la vicenda della bancarotta fraudolenta che ha polverizzato una cifra vicina ai 14 miliardi di euro, Tanzi fu condannato a 18 anni di reclusione, a cui si sono sommate anche altre condanne. Per il Cavaliere diventato ex, dopo che il presidente della Repubblica gli revoco’ il titolo, si riaprirono le porte del carcere, dove era stato per quasi un anno dopo il suo arresto. Fino a che le sue sempre piu’ precarie condizioni di salute non lo hanno portato spesso in ospedale, poi agli arresti domiciliari, trascorsi nella sua villa alle porte della citta’. Nel primo giorno del 2022 se ne va un protagonista indiscusso dell’imprenditoria italiana, un personaggio controverso, un imprenditore brillante, riconosciuto colpevole di gravi e giganteschi crimini economici che hanno bruciato i risparmi di tante famiglie. Eppure allo stesso tempo, in un certo modo, anche vittima di un sistema che prima lo ha issato sul trono di un castello di carte, poi lo ha stritolato.

Advertisement

Cronache

Arresti per alleanza mafie, Cassazione dà ragione a pm Milano

Pubblicato

del

Tre indagati, tra cui Gioacchino Amico, nella maxi inchiesta “Hydra” della Dda di Milano, con al centro un’alleanza tra presunti affiliati delle tre mafie, Cosa Nostra, camorra e ‘ndrangheta, in Lombardia, sono stati arrestati oggi dai carabinieri del Nucleo investigativo, dopo che la Cassazione ha respinto i loro ricorsi al Riesame che lo scorso ottobre aveva accolto l’impianto accusatorio della pm Alessandra Cerreti e della Procura guidata da Marcello Viola.

Una decisione del Riesame che era arrivata dopo che il gip Tommaso Perna, invece, nell’ottobre del 2023 aveva rigettato 142 istanze di misura cautelare su 153, disponendo 11 arresti e bocciando l’accusa di associazione mafiosa come “consorzio” delle tre mafie, ribattezzato dai pm “sistema mafioso lombardo”. Dopo la prima, che si è tenuta ieri, di una lunga serie di udienze in Cassazione che si svolgeranno a scaglioni fino a metà febbraio su una quarantina di posizioni, ossia sugli indagati per cui il Riesame ha disposto la custodia cautelare in carcere per associazione mafiosa, oggi è stato eseguito il provvedimento di rigetto dei tre ricorsi e di carcerazione.

Ed è stato arrestato Gioacchino Amico, presunto vertice della “struttura unitaria” lombarda per conto della Camorra del clan dei Senese. Arrestato anche Pietro Mannino, presunto esponente per Cosa Nostra, e a Vincenzo Senese, già detenuto per altri fatti, l’ordinanza è stata notificata in carcere. Dal dispositivo di rigetto dei primi tre ricorsi vagliati dalla Cassazione, e in attesa delle motivazioni, si può, comunque, dire che la Suprema Corte ha accolto la linea del Riesame sull’alleanza tra esponenti delle tre mafie. E ciò dopo che il caso “Hydra” aveva anche creato uno scontro tra pm e ufficio gip, a seguito della bocciatura dei numerosi arresti richiesti.

Il Riesame, lo scorso ottobre, dopo il ricorso della Dda su 79 posizioni con richiesta di carcere per associazione mafiosa, nelle indagini dei carabinieri del Nucleo investigativo, ha disposto la custodia cautelare per 41 indagati, tra cui Paolo Aurelio Errante Parrino, 77 anni e che, secondo gli inquirenti, sarebbe stato il “punto di raccordo” tra il presunto “sistema mafioso” in Lombardia e il “capo dei capi” Matteo Messina Denaro, che era suo cugino da parte di madre e morto nel 2023.

Per Parrino l’udienza in Cassazione è fissata per la prossima settimana e per tutte le altre posizioni ci saranno udienze fino a metà febbraio. Nel frattempo, gli indagati restano liberi, ma questa decisione di rigetto dei primi tre ricorsi delle difese pare andare verso l’accoglimento delle motivazioni del Riesame sugli arresti da eseguire. Per i giudici, che ad ottobre hanno accolto il ricorso della Dda, in Lombardia negli ultimi anni è esistita, sia dal punto di vista ‘militare’ con le attività più classiche, come estorsioni e traffici di droga, sia con le infiltrazioni finanziarie, una nuova e unica associazione mafiosa composta da presunti affiliati alle tre mafie, con una sorta di patto per affari in comune.

Avrebbero “trasferito nel sodalizio orizzontale tutti i tratti genetici delle associazioni di appartenenza”. Per il Riesame devono andare in carcere anche Giuseppe Fidanzati, presunto vertice per conto di Cosa Nostra, e Massimo Rosi, presunto esponente di vertice per la ‘ndrangheta. Per sei posizioni le misure cautelari erano state respinte anche dal Riesame per assenza di gravi indizi, mentre le restanti, ossia 32 in tutto, non sono state accolte solo per mancanza delle esigenze cautelari, con conferma, comunque, dei gravi indizi.

Continua a leggere

Cronache

Ucciso dopo una lite a Castel Volturno, padre e figlio condannati

Pubblicato

del

Pene elevate sono stati inflitte dalla Corte d’Assise del tribunale di Santa Maria Capua Vetere per l’omicidio del 38enne Luigi Izzo, ucciso a coltellate nella notte tra il 5 ed il 6 novembre 2022 a Castel Volturno (Caserta) nel vialetto di casa, sotto gli occhi della moglie. I giudici hanno condannato all’ergastolo Alessandro Moniello e a 24 anni il figlio di quest’ultimo, Roberto, al quale sono state concesse le attenuanti generiche; per entrambi è stata riconosciuta l’aggravante dei futili motivi mentre è caduta la premeditazione.

Durante l’udienza, alla quale era presente anche il sindaco di Castel Volturno Pasquale Marrandino, ci sono stati momenti di tensione tra i parenti della vittima e gli imputati e i loro difensori, con quest’ultimi “scortati” fuori dall’aula dai carabinieri. La sentenza ha dunque riconosciuto la futilità del movente che portò all’omicidio di Izzo, barbiere di professione e padre di tre figli; il delitto sconvolse Castel Volturno, con tanta gente che partecipò ai funerali del 38enne. All’origine del delitto una lite avvenuta all’esterno di un bar della Domiziana tra il fratello di Izzo e Roberto Moniello; il 38enne barbiere avrebbe fatto da paciere, offrendosi di ripagare gli occhiali di Moniello che si erano rotti, ma ciò non è bastato e Izzo è stato raggiunto mentre tornava a casa con la moglie e la suocera, aggredito da Moniello e dal padre.

Questi ultimi durante il processo hanno sostenuto che l’aggressione a Luigi Izzo sarebbe stata frutto di un errore, visto loro volevano raggiungere il fratello di Izzo. Ad accoltellare il barbiere, appena sceso dall’auto per aprire il cancello di casa, è stato Alessandro Moniello, con il figlio Roberto che teneva ferma la vittima e incitava il padre, e che avrebbe poi partecipato attivamente, come sostenuto dalla Procura sulla base di una perizia, che parla di due coltelli usati (ma ne è stato trovato solo uno); il tutto sotto gli occhi della moglie di Izzo, Federica Sautto, che in aula, quando venne a testimoniare, raccontò che le ultime parole che avrebbe sentito pronunciare al marito furono: “Cosa volete da me?”. Oggi, la moglie di Izzo era presente. “Luigi non tornerà ma abbiamo vinto” ha detto dopo la lettura del dispositivo. Ad incastrare padre e figlio imputati anche un video estrapolato dalle telecamere di sorveglianza dei vicini di Izzo.

Continua a leggere

Cronache

Guerriglia urbana a Napoli, il Prefetto parla di “atti senza unica regia”. Borrelli: attacco allo Stato

Pubblicato

del

Quanto accaduto la scorsa notte sono fatti “ingiustificabili e condannabili senza se e senza ma”. Lo ha detto il prefetto di Napoli, Michele di Bari, che oggi ha convocato un comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica per fare il punto sul danneggiamento di tre auto dei carabinieri, avvenuto a Napoli, da parte di alcuni ragazzi che avevano accesso i falò per ricorrenza di Sant’Antonio Abate. Ai carabinieri e ai vigili del fuoco il prefetto ha espresso “piena solidarietà”.

I falò sono stati accesi anche con un giorno di anticipo rispetto a quanto avviene di consueto. Nel corso del comitato è stato anche sentito il deputato dei Verdi, Francesco Emilio Borrelli, che sui social ha segnalato quanto avvenuto ed ha parlato invece di regia criminale comune, di attacco frontale allo Stato e di presenza tra le baby gang di figli di camorristi ben conosciuti.

Da un’analisi attenta, fanno sapere invece dalla Prefettura di Napoli, si è evidenziato che si tratterebbe di singoli episodi, non per nulla collegati tra loro. Insomma che non avrebbero un’unica regia nè definibili come atti di guerriglia urbana. Al tavolo è stato evidenziato anche il notevole lavoro svolto dalle forze dell’ordine – polizia di stato, carabinieri, Gdf e polizia locale – che ha portato al sequestro di oltre trenta tonnellate di legname che era stato messo da parte per accendere i falò nella notte di Sant’Antonio, secondo una antica tradizione popolare. Gli agenti della polizia locale stanno in queste ore monitorando, in particolar modo, alcune aree della città.

 

Continua a leggere

In rilievo

error: Contenuto Protetto