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Cronache

Morti a Roma e Napoli altri 2 medici, è lo spartiacque della nuova ondata

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Un medico di famiglia del napoletano ed un otorino a Roma. Sono gli ultimi due medici morti a causa del contagio da Covid-19 e segnano uno spartiacque: dopo gli ultimi decessi segnalati prima dell’Estate rappresentano, infatti, le prime vittime della seconda fase pandemica, e portano a 181 il bilancio totale dei decessi tra i camici bianchi. Una notizia che lascia temere il peggio secondo il presidente della Federazione nazionale degli ordini dei medici (Fnomceo) Filippo Anelli, il quale segnala anche un’altra criticita’ grave con cui fare i conti: il sistema del tracciamento dei contatti non sta piu’ funzionando, avverte, e questo accresce notevolmente i rischi. Ernesto Celentano, 60 anni, medico di medicina generale a Napoli, nella zona di Secondigliano, e’ stato infettato, sembra, da un paziente. E Giovanni Briglia, otorino cinquantenne di Roma, avrebbe invece contratto la malattia in contesto extra-lavorativo. Sono stati gli ultimi due medici a morire per Covid-19: “Credo che la loro morte rappresenti uno spartiacque e ci faccia ripiombare nei tristi giorni di marzo – afferma Anelli -. Rappresenta il confine netto tra la prima e la seconda fase dell’epidemia di Covid”. Insomma, “si ricomincia – avverte – e siamo preoccupati che queste morti segnino l’inizio di una nuova fase. La speranza e’ che le esperienze che abbiamo vissuto nella primavera scorsa si trasformino in insegnamento”. E riprendono anche i contagi tra camici bianchi e personale infermieristico: tre medici in servizio nel reparto di rianimazione del Policlinico Riuniti di Foggia sono risultati positivi e due sono ricoverati nel reparto di malattie infettive, mentre il sindacato degli infermieri Nursing up segnala 10 nuovi contagi negli ultimi giorni che si sommano ad oltre 20 infermieri contagiati nel mese di settembre. Intanto, problemi si registrano pure sul fronte dei dispositivi di protezione, ovvero mascherine, guanti, visiere e camici monouso: “C’e’ un problema organizzativo di distribuzione da parte delle Asl – afferma Anelli – ed ogni volta e’ una fatica riuscire ad avere protezioni in quantita’ adeguata. Ma non si puo’ centillinare sulle dotazioni ai medici, dobbiamo garantire che possano operare in sicurezza”. Una situazione, a fronte di un numero di contagi nel Paese che continua ad essere allarmante, aggravata pure dal fatto che il contact tracing – arma fondamentale per delimitare i focolai – sta perdendo di efficacia, denunciano i medici. “Abbiamo la percezione che il sistema di tracciamento dei contatti non stia piu’ funzionando perche’ il numero dei contagiati da Covid sta aumentando in modo spropositato – spiega Anelli – E se il sistema di tracciamento salta e’ chiaro che non c’e’ piu’ contenimento della pandemia”. Dunque “bisogna subito rafforzare il personale delle asl dedicato al contact tracing”. Inoltre, anche la app Immuni “non decolla ed e’ necessario aggiornare i protocolli per attivare l’inserimento dei dati nell’app da parte delle ASL, come previsto dallo stesso Dpcm”. Ad ogni modo, “se il trend dei casi non mutera’ ed i numeri, soprattutto quelli dei ricoveri in rianimazione, continueranno a salire – rileva – temo che si arrivera’ inevitabilmente al lockdown come misura estrema”. Il presidente dei medici si appella quindi alla responsabilita’ dei cittadini: “Bisogna rimanere a casa il piu’ possibile salvaguardando, in questo momento, solo cio’ che e’ essenziale, ovvero – conclude – le attivita’ produttive e la scuola”.

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Choc a Nola: marito violento, giovane ‘liberata’ dai carabinieri grazie all’intervento della suocera

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Dopo anni di soprusi e maltrattamenti, la storia di terrore vissuta da una giovane donna di Nola ha finalmente trovato un epilogo in tribunale. Un giovane di 21 anni, con un passato turbolento segnato da dipendenza da droga e violenze, è stato arrestato e accusato di sequestro di persona, maltrattamenti e lesioni personali aggravate. Le aggressioni brutali, compresa una tentata strangolazione e attacchi pericolosi anche ai passanti nel centro antico di Nola, finiranno con il suo arresto.

La Procura di Nola, con l’ausilio dei carabinieri, ha condotto un’indagine lampo che ha portato alla luce gli abusi subiti dalla donna per anni. La vittima, che aveva sopportato in silenzio gli attacchi del compagno, ha trovato la forza di parlare solo dopo l’intervento della madre dell’aggressore, che l’ha convinta a cercare aiuto e cure mediche.

Durante l’ultima aggressione, la donna ha subito gravi danni all’orecchio e all’occhio, oltre a numerose altre ferite. In ospedale, il personale ha allertato le autorità, innescando una serie di eventi che hanno portato all’arresto del giovane. Nonostante il profondo legame affettivo che la legava al suo aguzzino, il quale chiudeva la porta di casa a chiave per impedirle di scappare, la donna ha finalmente deciso di rompere il silenzio.

Il Gip del Tribunale di Nola, Teresa Valentino, ha accolto la richiesta di custodia cautelare in carcere presentata dalla Procura, segnando un decisivo punto di svolta nel caso. La giovane donna ha espresso il desiderio di vedere giustizia fatta: «Chiedo che venga punito per quello che mi ha fatto», ha dichiarato, evidenziando il lungo calvario e la paura che ha vissuto, temendo anche per la sicurezza della sua famiglia.

Questa vicenda sottolinea la tragica realtà della violenza domestica e l’importanza di supportare le vittime nel trovare la forza di parlare e denunciare i loro aggressori. L’arresto del giovane non solo mette fine a un ciclo di violenza, ma serve anche come monito sulle conseguenze legali che attendono coloro che sceglieranno di perpetrare tali crimini.

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Tony Colombo e Tina Rispoli restano in carcere, confermate in Cassazione le accuse di camorra

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La Corte di Cassazione ha recentemente respinto le richieste di scarcerazione per il cantante neomelodico Tony Colombo e sua moglie Tina Rispoli, implicati in un’inchiesta del pool antimafia. La coppia è accusata di avere legami con il clan Di Lauro, operante nella zona di Scampia-Secondigliano.

Le indagini, condotte dai pm Maurizio De Marco e Lucio Giugliano, puntano a dimostrare come Colombo e Rispoli, nonostante non appartengano direttamente a una famiglia mafiosa, siano profondamente inseriti nelle dinamiche criminali del clan. I giudici della quinta sezione della Suprema Corte hanno sottolineato la “totale condivisione di intenti” tra i coniugi e la loro “estrema pericolosità”, evidenziata dal loro “perdurante e costante inserimento nei contesti illeciti”.

L’accusa si concentra anche sulla gestione di un capannone industriale associato a Vincenzo Di Lauro, con arresti confermati anche per lui dalla Cassazione, e sulla condivisione di un marchio commerciale legato alla moda e all’abbigliamento. Le prove raccolte includono intercettazioni telefoniche e ricostruzioni finanziarie effettuate dalle forze dell’ordine.

Il deputato Francesco Emilio Borrelli di Alleanza Verdi Sinistra ha commentato il caso, sottolineando come lui e il suo partito abbiano per anni lottato contro il sistema di Colombo e Rispoli, denunciando i loro legami con la camorra che, a suo dire, molti hanno preferito ignorare.

Questa vicenda mette ancora una volta in luce le intricate connessioni tra il mondo dello spettacolo e le organizzazioni criminali in alcune aree di Napoli, rivelando come figure pubbliche possano a volte essere coinvolte in attività illecite che sfruttano la loro visibilità per operazioni economiche dubbie. La decisione della Corte di Cassazione rappresenta un passo significativo nel tentativo delle autorità di combattere il crimine organizzato, dimostrando che nessuno è al di sopra della legge, anche quando si tratta di figure note al grande pubblico.

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Processo per usura e racket ai clan di Napoli Ovest, l’assenza per paura dei commercianti

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Napoli ovest è ancora una volta teatro di un processo che mette in luce la profonda infiltrazione della camorra nelle attività quotidiane dei cittadini. Il processo, che ha avuto inizio ieri con la prima udienza preliminare, vede coinvolte venti persone, identificate dalla Procura come membri del clan Vigilia. Questo gruppo, a lungo dominante nel rione Traiano per il controllo delle piazze di spaccio, è ora accusato di estorsione e usura nei confronti di commercianti locali.

Il giudice per le udienze preliminari ha preso in esame il caso, che rivela come un commerciante di via Epomeo sia stato costretto a pagare fino a 15mila euro in diverse rate sotto minaccia. Queste pratiche estorsive non sono isolate, ma parte di una strategia di radicamento criminale che ha visto i cittadini, indicati come vittime dalla Direzione Distrettuale Antimafia (Dda) di Napoli, sottomessi a tassi usurari e pressioni continue.

La nota più triste di questa vicenda è l’assenza in aula delle presunte vittime, i “cittadini innocenti” che hanno subito intimidazioni e minacce. Questo silenzio è indicativo dell’atmosfera di paura che regna in alcune aree di Napoli, dove l’omertà sembra ancora prevalere. Nonostante la gravità delle accuse, nessuna delle vittime ha voluto presentarsi per rivendicare il proprio status di parte offesa.

Il processo vede anche la costituzione di parte civile da parte del Comune di Napoli e della Presidenza del Consiglio, oltre che dell’associazione Sos Impresa, rappresentata dall’avvocato Alessandro Motta. Questi soggetti cercano di sostenere il procedimento giudiziario e di offrire supporto alle vittime, spesso lasciate sole a fronteggiare la criminalità organizzata.

L’udienza è stata occasione per gli avvocati di delineare le strategie difensive, con alcuni imputati che hanno optato per il rito abbreviato, sperando in una riduzione della pena. Tuttavia, il clima di tensione non diminuisce, come dimostrano episodi recenti di violenza nella stessa area, tra cui un raid in un parco giochi che ha visto una madre ferita mentre si prendeva cura della figlia.

Il caso continuerà a giugno, con il ritorno in aula e l’attesa delle richieste di condanne per coloro che hanno scelto di essere giudicati con il rito abbreviato. Intanto, il verdetto duro contro il clan Sorianiello, emesso nello stesso periodo, conferma l’esistenza di una rete criminale ben strutturata, capace di imporre il proprio dominio attraverso la violenza e l’intimidazione.

Questo processo non è solo un’esposizione delle dinamiche criminali di Napoli ovest, ma anche un esame della capacità della giustizia di proteggere i cittadini e di affermare l’autorità dello Stato in zone dove la legge sembra avere poco potere. Le conseguenze di questo processo saranno cruciali per la lotta alla camorra e potrebbero segnare un punto di svolta nella ripresa di controllo civile nelle aree più turbolente della città.

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