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Cronache

Morte in cella del boss Cosimo Di Lauro, la procura di Milano indaga su carenze in assistenza

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La Procura di Milano sta indagando su eventuali carenze o omissioni nell’assistenza medico-sanitaria in relazione alla morte di Cosimo Di Lauro, boss della camorra deceduto nella notte tra il 12 e il 13 giugno, all’eta’ di 49 anni, nel carcere milanese di Opera, dov’era detenuto in regime di 41bis. A quanto si e’ saputo, nell’ambito del fascicolo aperto dal pm Roberto Fontana per omicidio colposo e nelle indagini condotte dalla Squadra mobile, sono gia’ state sentite e saranno ascoltate alcune persone, tra cui altri detenuti al 41bis e operatori del carcere. Lo stesso pm nei giorni scorsi ha disposto, oltre agli esami autoptici gia’ effettuati, una piu’ ampia consulenza medico legale e tossicologica per chiarire con esattezza le cause della morte, nonche’ quali fossero le condizioni di salute nell’ultimo periodo dell’ex reggente dell’omonimo clan di camorra di Secondigliano.

Dai primi esiti dell’autopsia era gia’ emerso che non c’erano segni di violenza autoinflitta sul corpo. Di Lauro, che avrebbe compiuto 49 anni il prossimo 8 dicembre, era stato trovato esanime, supino sul letto della sua cella, dove trascorreva gran parte della giornata, privandosi anche dell’igiene personale. Per i suoi avvocati gia’ dal 2008 il boss, che si esprimeva con frasi farneticanti e che ormai viveva in un grave stato di decadimento psicofisico, era incapace di sostenere i processi, contrariamente a quanto, invece, sostenevano gli inquirenti. L’ultima visita dei legali risale al giugno del 2019: gli avvocati si recarono nel carcere di Opera per incontrarlo dopo avere ricevuto una lettera nella quale, pero’, il figlio del capoclan Paolo Di Lauro non aveva scritto neppure una parola. Gli inquirenti, che ieri hanno svolto anche un’audizione di un detenuto nel carcere milanese, hanno delegato la Squadra mobile a raccogliere altre testimonianze e a svolgere accertamenti su eventuali profili di carenze nell’assistenza medica.

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Sky, Amazon e Netflix gratis a utenti,condanna a 20 mesi a Lecce

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Il gup di Lecce Alcide Maritati ha condannato a un anno e otto mesi di reclusione (con pena sospesa) e al pagamento di una multa di 400 euro il 45enne di Casarano (Lecce) Ettore Salvatore Ratta, ritenuto il ‘reseller’ di una organizzazione che gestiva servizi Iptv illegali attraverso cui gli utenti potevano accedere illecitamente a contenuti Sky, Netflix, Amazon, Now Tv e altre piattaforme. L’imputato, che ha scelto di essere giudicato con rito abbreviato, è stato riconosciuto colpevole dei reati di accesso abusivo a sistema informatico o telematico, frode informatica e violazione del diritto d’autore. A Sky Italia srl, che si era costituita parte civile nel processo, è stato riconosicuto il risarcimento dei danni che sarà stabilito in sede civile. I componenti l’organizzazione di cui Ratta faceva parte (dal giro d’affari milionario e con ramificazioni anche in Spagna, Germania, Grecia, Malta e Bulgaria), “alterando il funzionamento dei sistemi telematici delle principali paytv”, si legge nella sentenza, procuravano “ad una serie indefinita di clienti e rivenditori l’ingiusto profitto di fruire interi palinsesti televisivi, compresi contenuti on demand o di rivenderne la visione, senza corrispondere il relativo canone in danno di Sky, Netflix, Amazon” e altri. In particolare, Ratta si sarebbe informato su un gruppo Telegram su come diventare reseller, su come configurare gli abbonamenti Iptv e su come pagare i crediti con cui attivare il servizio. Le indagini, basate soprattutto sulle analisi delle chat dell’imputato, hanno dimostrato come fosse “effettivamente dedito all’abusivo commercio” di abbonamenti Iptv, “curando, in particolare, l’attivazione dei servizi illeciti e l’assistenza tecnica, erogando supporto in favore di svariati clienti e che la sua rete godesse anche del nutrito apporto commerciale” fornito da un altro imputato. In un anno avrebbe così guadagnato circa 15mila euro.

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Sant’Antimo, finita la caccia all’uomo: Caiazzo si è costituito dai Carabinieri di Gricignano di Aversa

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Si è costituito presso la caserma dei carabinieri di Gricignano d’Aversa Raffaele Caiazzo, accusayondi aver ucciso Luigi Cammisa e Maria Brigida Pesacane, i due cognati di Sant’Antimo, Napoli. L’uomo è il suocero di entrambi. Una brutta storia finita in tragedia.

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Duplice omicidio a Sant’Antimo: caccia all’uomo, sarebbe Raffaele Caiazzo

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Duplice omicidio a Sant’Antimo: caccia all’uomo, sarebbe Raffaele Caiazzo

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La Procura di Napoli Nord ha diffuso le foto del principale sospettato del duplice omicidio di Sant’Antimo, che ha visto vittime i giovani Luigi Cammisa e Maria Brigida Pesacane: si tratterebbe di Raffaele Caiazzo, 44 anni, di Caserta. È lui che i Carabinieri stanno cercando in una caccia all’uomo nella zona fra Sant’Antimo, Napoli, e i comuni vicini.

 

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