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Missili russi sul mercato, strage in Ucraina

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Ancora missili russi sull’Ucraina, ancora morti. Questa volta Mosca ha centrato un mercato nella città di Kostiantynivka, nel Donetsk, causando almeno 17 vittime e 32 feriti tra i civili. Anche un bambino è rimasto ucciso. Da est a ovest la guerra portata dal Cremlino non si ferma e, anzi, rischia ogni volta di sfuggire di mano visto che l’Ucraina confina con diversi membri della Nato e che i bombardamenti avvengono spesso anche in zone di confine. Allarma, quindi, ma non desta stupore che dentro i confini della Romania siano stati trovati dei detriti che apparterrebbero a un drone di Mosca. Se l’indagine avviata da Bucarest confermasse l’ipotesi denunciata dal ministero della Difesa, si tratterebbe di una “situazione del tutto inammissibile” e di una “grave violazione della sovranità e dell’integrità territoriale della Romania, uno Stato che fa parte della Nato”, ha ammonito il presidente Klaus Iohannis, che fino ad oggi aveva negato il ritrovamento di frammenti di cui aveva invece parlato Kiev.

I resti sono stati recuperati martedì sera nella zona di Plauru, un villaggio sull’altra sponda del Danubio, di fronte al porto ucraino di Izmail, preso di mira dalle forze russe da metà luglio, ovvero da quando Mosca ha deciso di uscire dall’accordo sul grano. Bucarest ha informato gli alleati durante la riunione odierna del Consiglio Atlantico, con l’Alleanza che ha espresso “forte solidarietà” al Paese. Ma in serata il ministro della Difesa Angel Tilvar ha abbassato i toni affermando che l’episodio “non rappresenta una minaccia diretta: non ci rende certo felici, ma non credo che si possa parlare di attacco. Dobbiamo saper distinguere tra un atto di aggressione e un incidente”, ha spiegato. Gli attacchi russi ad ogni modo non si limitano a prendere di mira bersagli militari. Era già successo al teatro di Mariupol o, più recentemente, con i missili su un ristorante di Kramatorsk. Stavolta l’obiettivo è stato un mercato: un’azione di una “disumanità assoluta”, l’ha definita il presidente ucraino Volodymyr Zelensky.

La condanna è arrivata unanime anche dall’Unione europea, dalla Casa Bianca, da Parigi e da Berlino, che ha parlato di “attacco all’umanità”. Il raid si è consumato tra l’altro proprio nelle ore in cui a Kiev è arrivato il segretario di Stato Usa Antony Blinken, per la terza volta nel Paese. Un blitz a sorpresa nel quale il capo della diplomazia americana ha annunciato un altro miliardo di dollari in aiuti, che secondo il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov dimostrerebbero la volontà degli Usa di continuare la guerra “fino all’ultimo ucraino”. Durante la visita il segretario di Stato americano ha elogiato i “buoni progressi” della controffensiva di Kiev. La lenta ma costante avanzata delle forze ucraine è merito anche delle armi che in questi mesi sono arrivate dagli alleati occidentali, specialmente a stelle e strisce. Tank, F-16, bombe a grappolo e, probabilmente, anche le controverse munizioni perforanti all’uranio impoverito, già inviate dalla Gran Bretagna. La notizia che anche gli Stati Uniti si apprestano a fornirle, anticipata qualche giorno fa dai media, è stata confermata oggi dal Pentagono.

L’equipaggiamento potrebbe aiutare Kiev ad affrontare quello che Zelensky ha prospettato come “un inverno difficile” per il suo Paese. Sul campo comunque le cose sembrano andare meglio per l’Ucraina. Dopo giorni in cui l’esercito di Kiev rivendicava la presa dello strategico villaggio di Robotyne, sul fronte meridionale nella regione di Zaporizhzhia, oggi è stata la Russia ad ammettere la sconfitta su questo territorio. Ovviamente l’ha fatto a modo suo, giustificando la ritirata come una scelta “tattica”. Trincerarsi qui non sembrava “un’opzione praticabile” e per questo avrebbero deciso di spostare le truppe sulle alture attorno. Gli ultimi successi, per il nuovo ministro della Difesa ucraino Rustem Umerov, rappresentano solo l’inizio. Dopo essere stato proposto da Zelensky, Umerov è stato nominato oggi dal parlamento ucraino che lo ha sostenuto con una maggioranza di 338 deputati su 450. Umerov, 41 anni di origine tatara crimeana, ha promesso che Kiev si riprenderà “ogni centimetro dell’Ucraina”. Compresa ovviamente la sua Crimea.

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L’avvocato eroe di Gerusalemme freddato da fuoco amico

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Israele piange l’uomo che ieri a Gerusalemme si è lanciato contro i due terroristi di Hamas che sparavano verso decine di persone in attesa dell’autobus neutralizzandoli entrambi in una manciata di secondi a colpi di pistola. Le ultime immagini lo riprendono in ginocchio sull’asfalto con le mani sollevate e la pistola gettata a terra. Secondo una testimone ha gridato disperatamente “non sparate su di me, sono israeliano, sono ebreo”.

Ma è stato colpito egualmente dai proiettili di due soldati della riserva accorsi da un’altra direzione decisi ad abbattere i killer di Hamas: pensavano che fosse uno di loro e hanno sparato per uccidere. Dopo molte esitazioni, la magistratura militare oggi ha annunciato di aver aperto un’indagine sul loro comportamento. Nell’attentato rivendicato da Hamas sono rimasti uccisi un rabbino settantenne, la direttrice di una scuola religiosa ed una giovane sposa, in stato di gravidanza. Yuval Doron Kastelman – questo il nome di quello che adesso viene definito ‘l’eroe di Gerusalemme’ – era un avvocato di 38 anni, impiegato statale. Ieri ha visto le prime fasi dell’attacco mentre si trovava nella sua automobile, nella carreggiata opposta a quella degli attentatori. Ha sfoderato la pistola, ha attraversato di corsa quattro corsie e li ha sorpresi di lato.

La sua mira è stata precisa ed è riuscito a bloccare i killer, evitando così che il bilancio fosse ancora più tragico. Ma da un’altra parte sono sopraggiunti i due riservisti: le immagini diffuse sul web lo mostrano implorante, poi rantolante sotto i loro proiettili. Adesso i due militari – che ieri hanno rilasciato un’intervista ad una televisione di estrema destra – sono sotto accusa. La tragedia ha subito assunto una connotazione politica, anche perché ieri – sul luogo dell’attentato – il ministro della Sicurezza nazionale Itamar Ben Gvir (del partito di estrema destra Potere ebraico) è tornato a rivendicare la decisione di distribuire in massa armi ai civili per rafforzare la sicurezza.

“Queste armi – ha detto Ben Gvir – salvano vite umane” perché consentono di bloccare attentati nella fase inziale anche in assenza di agenti. Per i due soldati, a quanto pare, non ci saranno risvolti penali anche perché sul cadavere di Kastelman non è stata condotta un’autopsia e dunque non sarà possibile stabilire da che tipo di proiettile sia stato ucciso. Tuttavia potrebbero aver infranto la disciplina militare avendo sparato ripetutamente contro una persona che non rappresentava alcun pericolo, avendo gettato l’arma e sollevato le mani. Nel 2016 Israele si spaccò sul caso di Elor Azaria: un caporale che colpì a morte un attentatore palestinese dopo che questi giaceva ferito a terra ormai neutralizzato. Malgrado i vertici militari lo abbiano incriminato e poi condannato, Azaria è poi diventato un simbolo per l’estrema destra. Oggi Kastelman avrebbe festeggiato il suo compleanno. Invece è stato sepolto in un cimitero nel nord di Israele. “Era il suo carattere, sempre pronto a lanciarsi in aiuto del prossimo”, hanno raccontato i familiari. “Addio, eroe di Gerusalemme”, è stato l’epitaffio della radio pubblica Kan.

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Idf, tregua violata: ripresi i combattimenti nella Striscia

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L’esercito israeliano ha annunciato sul proprio canale Telegram la ripresa dei combattimenti nella Striscia di Gaza. “Hamas ha violato la pausa operativa – spiega l’Idf – e, inoltre, ha sparato verso il territorio israeliano. L’Idf ha ripreso i combattimenti contro i terroristi di Hamas nella Striscia di Gaza”.

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Ucciso in Perù un leader indigeno difensore dell’Amazzonia

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Un leader indigeno dell’etnìa Kiwcha, Quinto Inuma Alvarado, è stato assassinato da uomini incappucciati a Pucallpa, capoluogo della regione amazzonica peruviana di Ucayali, mentre lui, sua moglie e i figli tornavano da un evento sui rischi che corrono le persone che difendono l’ambiente. Inuma, scrive il quotidiano El Comercio, riceveva minacce di ogni genere da sei anni e da tempo denunciava costantemente la produzione illegale di legname nei territori della sua comunità a Santa Rosillo de Yanayacu, nella regione di San Martín, in Amazzonia.

Secondo quanto si è appreso, sconosciuti gli hanno sparato più volte mentre con la famiglia si accingeva a tornare in barca sul fiume Yanayacu, a casa sua. Nel luglio 2021 era stato picchiato e minacciato di morte dopo aver denunciato taglialegna illegali e coltivatori di coca provocando l’intervento della giustizia e delle forze dell’ordine. Da parte sua l’Associazione per lo sviluppo e la difesa dei popoli indigeni della regione San Martín ha sottolineato che Inuma Alvarado è stato assassinato nonostante avesse ottenuto protezione dal 2020, nell’ambito del Protocollo per i difensori dei diritti umani, che però non ha funzionato.

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