Si riaccende di colpo la polemica sul ministero della Giustizia. Già il fuoco sulle carceri non è mai stato domato del tutto, ma ora arriva una nuova ondata che investe in pieno lo staff del Guardasigilli, Alfonso Bonafede, che perde una pedina importante, il capo di Gabinetto di via Arenula, Fulvio Baldi. Ufficialmente, l’ex sostituto procuratore generale della Cassazione ha rassegnato le dimissioni per “motivi personali”, dopo un colloquio avvenuto giovedì sera con il ministro e capo delegazione del M5S al governo. Al suo posto la reggenza è stata affidata al capo dell’ufficio legislativo, Mauro Vitiello, ma Bonafede ha comunque ringraziato Baldi per il lavoro portato avanti dal giugno 2018. Il nuovo polverone è sollevato da un’inchiesta del ‘Fatto quotidiano’, che pubblica alcune intercettazioni (risalenti al periodo aprile-maggio 2019) tra il dirigente e l’ex consigliere del Csm, Luca Palamara, finito sotto indagine a Perugia per un presunto caso di corruzione, dunque sotto controllo del Gico della Guardia di finanza, che ha registrato anche questi colloqui. E il giornale di Marco Travaglio non è esattamente un giornale “nemico”.
Nei dialoghi i due parlano di favorire il trasferimento agli uffici del ministero della Giustizia di una pubblico ministero e una giudice, che non sarebbero avvenuti per una questioni di correnti interne alla magistratura. Baldi, che non è indagato, per molti anni ha militato nelle file di Unicost, la stessa di cui ha fatto parte anche Palamara. Prima di Baldi s’era dimesso, anche lui per motivi seri, Francesco Basentini. Era il capo del Dap. E dal Dap sono usciti centinaia di mafiosi. Tutto grazia ad una gestione assurda del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria. Insomma i due vertici del ministero della Giustizia, i due bracci operativi del ministro Bonafede, sono stati costretti alle dimissioni. Lui, invece, resta al suo posto. Per ora. Mercoledì però c’è la mozione di sfiducia al Senato. Ed è probabile, anzi sperabile, che faccia la cosa più dignitosa per le istituzioni: non farsi sfiduciare al Senato, restituire le deleghe al premier. Quello che è accaduto al Ministero della Giustizia, compresa la polemica al vetriolo, con il pm Nino Di Matteo, è qualcosa di indigeribile. E non + tutto quello che deve ancora emergere. La vicenda ha ridato vigore alle proteste delle opposizioni che, come abbiamo già scritto, ha già depositato una mozione di sfiducia nei confronti di Bonafede sul tema dell’emergenza coronavirus nelle carceri, dopo le dimissioni del capo del Dap, Francesco Basentini, in seguito alla gestione delle rivolte di marzo negli istituti di pena e il caso delle scarcerazioni di alcuni boss della criminalità organizzata decise dai giudici di sorveglianza, sulle quali il Guardasigilli – che giovedì 21 maggio sarà in audizione davanti alla commissione Antimafia – è intervenuto con un decreto legge approvato la scorsa settimana in Cdm.
Per l’ex sottosegretario alla Giustizia, Jacopo Morrone, “evidentemente Bonafede tenta di scaricare ogni responsabilità sui suoi più fidati collaboratori”. Stessa linea di FdI e del forzista Giorgio Mulè, secondo il quale “l’unico che dovrebbe togliere il disturbo è il ministro”.In Forza Italia, però, si registrano le richieste di custodia cautelare della procura di Torre Annunziata, inviate a Camera e Senato, per i parlamentari Luigi Cesaro e Antonio Pentangelo, finiti in un’inchiesta per presunta corruzione. Una chiave di volta che permette al Movimento 5 Stelle di rispondere alle accuse rivolte al Guardasigilli. Infatti, Paola Taverna contrattacca: “Quando sfiduci un ministro della Giustizia e chiedono l’arresto di due tuoi parlamentari. Eterogenesi dei fini”. Mentre dal presidente dell’Antimafia, Nicola Morra, arriva la richiesta immediata di “passo indietro” di Pentangelo: “Non si può e non si deve in alcuna maniera infangare l’onorabilità della commissione”. E Pentangelo ha risposto subito facendo il passo indietro.
Ecco chi è, come si esprime e che cosa faceva Fulvio Baldi: era capo di Gabinetto di Bonafede al Ministero della Giustizia
Il Capo delle carceri Basentini si dimette, ha aperto le porte a decine di boss