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Cronache

Minacce e botte, 15enne tiene in ostaggio pronto soccorso

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Notte di terrore al pronto soccorso di Prato dove un quindicenne ha tenuto in ostaggio medici, pazienti in attesa e guardie giurate con minacce e aggressioni. Nella struttura per le emergenze sanitarie, una delle più grandi della Toscana, dall’1 alle 5 di notte le ambulanze con malati a bordo sono state dirottate in altri ospedali. I carabinieri sono intervenuti poco prima dell’alba per arrestare il ragazzo, di origine marocchina. Secondo quanto emerso il 15enne avrebbe rapinato un uomo, aggredito un vigilante e divelto con un paletto parte della struttura al suo interno.

Tutto è avvenuto nelle ore precedenti, dopo che il quindicenne era stato condotto in ospedale proprio dalle forze dell’ordine dato che era stato fermato per un altro presunto reato commesso altrove in città. Il ragazzo, secondo quanto ricostruito, avrebbe perso il controllo da subito, scagliandosi più volte contro il personale. In più di un’occasione sarebbe stato bloccato e calmato, ma subito avrebbe ripreso a inveire con sempre maggiore aggressività. I due vigilantes in servizio lo avrebbero accompagnato all’esterno, ma uno di loro sarebbe stato colpito e ferito. Nel frattempo il quindicenne avrebbe sottratto a un anziano delle chiavi. Ripreso e bloccato, il ragazzo sarebbe uscito per poi rientrare al pronto soccorso con un paletto: avrebbe minacciato le persone in sala d’attesa, i vigilanti, i sanitari e spaccato due vetri. Sono partite le richieste di intervento al 112: le forze dell’ordine sono poi arrivate con una pattuglia e lo hanno arrestato.

“Ennesima notte di caos al pronto soccorso dell’ospedale di Prato. Nonostante le rassicurazioni che ci erano state fornite durante l’ultimo incontro in Prefettura, niente è cambiato. Nessuna delle promesse è diventata realtà: né il numero telefonico dedicato, né i passaggi ripetuti delle pattuglie. Al contrario le forze dell’ordine la notte scorsa sono intervenute soltanto dopo ripetuti solleciti”, afferma Roberto Cesario, segretario del Nursind di Prato. Ancora violenza contro il personale sanitario anche al pronto soccorso di Imola dove stamani intorno alle 7 un paziente ha preso a calci e pugni gli infermieri e altre persone presenti in sala d’attesa.

Lo segnala il segretario regionale della Fials, Alfredo Sepe, che spiega come il paziente, in attesa di essere visitato, fosse stato sottoposto a una flebo. Spazientito, l’uomo avrebbe deciso di sfilarsi la cannula della flebo dal braccio, rompere il vetro di un ambulatorio e con l’asta della flebo minacciare gli infermieri che cercavano di tranquillizzarlo. Al pronto soccorso, a quanto riferisce la Fials in una nota “era presente anche la compagna dell’aggressore, che non è riuscita a fermarlo e a farlo ragionare. Il paziente ha aggredito anche le forze dell’ordine accorse sul posto, che poi lo hanno arrestato”.

“Un’altra pagina nera della sanità in Emilia-Romagna – denuncia Sepe – la Regione ad oggi non accenna a varare un piano di assunzione straordinaria per i Pronto Soccorso delle aziende sanitarie del territorio emiliano-romagnolo, chiediamo l’esercito davanti ai pronto soccorso delle aziende sanitarie”. Il sindaco di Imola, Marco Panieri, ha espresso solidarietà e vicinanza. “È inaccettabile che questi professionisti si trovino ad affrontare atti di violenza che mettono a rischio la loro incolumità mentre sono impegnati a garantire cure e assistenza”.

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Sparatoria in piazza a Monreale, una carneficina: due morti e tre feriti, tutti giovanissimi

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E’ di due morti e tre feriti il bilancio di una sparatoria avvenuta in nottata nella centrale piazza Duomo a Monreale (Palermo). Le vittime hanno 25 anni e 23 anni; i feriti 26 anni, 33 anni e 16 anni. La sparatoria è avvenuta in una piazza affollata, davanti ad almeno un centinaio di testimoni. Secondo una prima ricostruzione tutto sarebbe nato in seguito a una rissa per futili motivi davanti ad una pizzeria. Poi i due gruppi di giovani si sono affrontati in piazza. Uno dei protagonisti dell’aggressione, armato di pistola, ha iniziato a sparare. I feriti sono in gravissime condizioni. Le indagini sono condotte dai carabinieri.

Le vittime della sparatoria sono Salvatore Turdo di 23 anni e Massimo Pirozzo di 26. Sono morti subito dopo essere stati trasportati negli ospedali Ingrassia e Civico del capoluogo. Anche uno dei feriti sarebbe in gravissime condizioni. Davanti agli ospedali si sono presentati numerosi familiari e amici delle vittime, con grida e scene di disperazione.

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Muore a 38 anni dopo intervento estetico in una clinica privata di Caserta

Sabrina Nardella, 38 anni di Gaeta, è morta durante un intervento estetico alla clinica Iatropolis di Caserta. Disposta l’autopsia per chiarire le cause del decesso.

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Sarà l’autopsia a stabilire con precisione che cosa ha provocato la morte di Sabrina Nardella (nella foto), 38 anni, madre di due figli piccoli, deceduta giovedì scorso nella clinica privata Iatropolis di Caserta durante un intervento di chirurgia estetica. La donna, residente a Gaeta, si era recata in Campania per sottoporsi a quello che le era stato prospettato come un intervento di routine, in anestesia locale e in day hospital.

Il malore improvviso e le indagini in corso

Durante l’operazione, però, Sabrina ha avuto un improvviso malore che l’ha portata a perdere conoscenza. I medici hanno tentato la rianimazione, ma ogni tentativo è stato vano. I vertici della clinica hanno subito avvertito i carabinieri, che su disposizione della Procura di Santa Maria Capua Vetere hanno sequestrato la cartella clinica e identificato l’équipe medica. I componenti saranno presto iscritti nel registro degli indagati in vista dell’autopsia, che servirà a chiarire cause e responsabilità.

Una comunità sconvolta dal dolore

La città di Gaeta è sotto shock. Il sindaco Cristian Leccese ha ricordato Sabrina con parole di grande commozione: «Era una persona dolce, un’ottima madre, conosciuta e stimata da tutti. La sua improvvisa scomparsa ha lasciato un profondo vuoto nella nostra comunità».

I precedenti inquietanti della clinica

La clinica Iatropolis non è nuova a casi simili. Un anno fa, la pianista Annabella Benincasa è morta dopo 14 anni di stato vegetativo, conseguenza di uno shock anafilattico subito nel 2010 proprio in questa struttura. In quell’occasione, i medici furono condannati per lesioni gravissime. Altri episodi di reazioni avverse all’anestesia si sono verificati negli anni, alimentando polemiche sulla sicurezza degli interventi praticati nella clinica.

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La Chiesa alla ricerca di un pacificatore: si apre il pre-Conclave

Nel pre-Conclave dopo la morte di Papa Francesco, i cardinali cercano un candidato pacificatore per superare le divisioni interne. Il nuovo Papa dovrà unire e guidare una Chiesa divisa.

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C’è un cartello immaginario, ma chiarissimo, all’ingresso delle Congregazioni pre-Conclave e della Cappella Sistina: «Cercasi un pacificatore». Dopo la grande partecipazione popolare ai funerali di Papa Francesco, la Chiesa si ritrova ora a dover voltare pagina, raccogliendo l’eredità di Jorge Mario Bergoglio e affrontando divisioni dottrinali e geopolitiche mai sopite.

Il bisogno di superare le contrapposizioni

Tra le fila dei cardinali c’è consapevolezza che riproporre schemi vecchi, come il conflitto tra “bergogliani” e “ratzingeriani”, sarebbe miope. Il nuovo Conclave si svolgerà in un contesto mondiale mutato, segnato dalle tensioni internazionali e dalla crisi dello schema pacifista di Francesco dopo la guerra in Ucraina. Il rischio è che ogni divisione interna colpisca ora direttamente il Collegio cardinalizio, senza più la figura del Papa a fungere da parafulmine.

Verso un candidato di compromesso

I 133 cardinali chiamati al voto, riuniti nelle Congregazioni generali, sembrano ormai consapevoli che difficilmente emergerà un candidato “forte” espressione di una sola corrente. Per evitare uno scontro estenuante, sarà necessario convergere su una figura di equilibrio, capace di pacificare e non di dividere ulteriormente. Anche la vicenda del cardinale Giovanni Angelo Becciu, condannato in primo grado ma il cui diritto al voto non è ancora chiarito, rappresenta un’ulteriore incognita.

L’immagine simbolo della riconciliazione

Emblematica è stata ieri, dentro la Basilica di San Pietro, l’immagine di Donald Trump e Volodymyr Zelensky che hanno parlato seduti uno di fronte all’altro. Un gesto di distensione tra due protagonisti di scontri aspri. Segno che, forse, anche nella Chiesa si può sperare in un Conclave capace di indicare al mondo una strada di unità e di riconciliazione. Papa Francesco, tanto amato quanto criticato, con la sua morte sembra aver lasciato non solo un’eredità da gestire, ma anche una lezione di pace.

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