Sono finalmente tornati a casa, in Cile, i circa mille rarissimi cactus appartenenti al genere Copiapoa, sequestrati lo scorso anno dai Carabinieri Forestali del Nucleo Carabinieri CITES di Ancona presso l’abitazione di due trafficanti di piante protette residenti nelle Province di Ancona e Rimini. Un ‘rimpatrio’ storico avvenuto con l’operazione “Atacama”. Si tratta di piante estirpate dai deserti cileni nel periodo fra il 2015 e il 2019.
L’indagine di polizia giudiziaria, iniziata nel 2020 e coordinata dalla Procura della Repubblica di Ancona, si è conclusa nei giorni scorsi con le notifiche di chiusura delle indagini ai due soggetti accusati di detenzione e traffico internazionale di specie protette dalla CITES, ovvero la Convenzione Internazionale di Tutela delle Specie animali e vegetali protette e in via di Estinzione. L’attività, condotta per diversi mesi, ha consentito di portare alla luce una rete composta da almeno 19 trafficanti e collezionisti stranieri e italiani, con un traffico diretto principalmente verso i Paesi del medio oriente asiatico.
Le piante recuperate e sottratte ai trafficanti, rarissime e delicate, sono state poste sotto sequestro penale e affidate in un primo momento all’Orto Botanico dell’Università di Milano dove sono state custodite in una serra dotata di tecnologie all’avanguardia. Dopo accurate valutazioni e approfondimenti di carattere sistematico, fisiologico e fitopatologico si è valutato per il rimpatrio e la reintroduzione nel loro ambiente naturale d’origine delle piante: questo per riparare il danno subito dall’ecosistema e perché, nonostante le cure assidue, nei nostri climi rischiavano di morire o comunque di perdere le loro peculiarità. In questo modo si è ottenuto di preservare in natura il patrimonio genetico di questi esemplari, alcuni dei quali presenti solo in piccole stazioni remote del deserto dell’Atacama in Cile e a serio rischio di estinzione. Nell’Atacama infatti ci sono condizioni climatiche estreme, dove non piove per anni e l’unica acqua a disposizione degli esseri viventi è quella ricavabile dall’aria umida che soffia dall’Oceano Pacifico in alcune ore della giornata.
La sinergica attività tra le Autorità internazionali e italiane si è svolta su due canali principali, di eguale importanza: da una parte quello investigativo, che ha consentito un flusso informativo utile per implementare nuove attività di contrasto ai traffici internazionali di specie vegetali protette e dall’altra quello scientifico, finalizzato alla salvaguardia del prezioso patrimonio genetico estirpato dalla terra cilena.
Su questo secondo filone di intervento, in virtù della consistenza numerica e dell’importanza biologica ed ecologica delle piante sequestrate, gli inquirenti hanno richiesto la collaborazione dell’Associazione per la Biodiversità e la sua Conservazione di Bologna (www. abc-network.it), nella persona del suo presidente Andrea Cattabriga, naturalista nonché membro dell’Unione Mondiale per la Protezione della Natura (IUCN) – gruppo di studio nelle cactacee e piante succulente (CSSG). L’illustre scienziato, al fine di evitarne la dispersione o la morte e la conseguente perdita di un preziosissimo patrimonio genetico, ha valutato quale soluzione ottimale quella della restituzione al Cile con la finalità della loro reintroduzione nell’ambiente naturale dal quale erano state estirpate.
Tra le autorità coinvolte nell’operazione è stato essenziale il contributo di Barbara Goetsch di Cambridge (UK), copresidentessa della CSSG, che ha curato il reperimento dei fondi necessari per realizzare la complessa e costosa operazione e Pablo Guerrero, Direttore del dottorato in Scienze biologiche, area botanica della Facoltà di scienze naturali e oceanografiche dell’Università di Concepción in Cile, che è uno degli studiosi più importanti della flora del genere Cactus del suo Paese.
Coinvolta anche la Corporación Nacional Forestal del Cile (CONAF), l’ente che si occupa della protezione delle risorse naturali cilene nella persona di Bernardo Martinez, direttore del Dipartimento di Ispezione Forestale e Servizio Agrícola y Ganadero (SAG), l’ente preposto alla protezione delle risorse agricole e naturali del Cile, responsabile del rilascio dei permessi di import ed export dei prodotti agricoli.
Nei primi giorni di aprile, nelle serre dell’Orto Botanico di Milano dove, in piena osservanza delle regole contro la diffusione del Coronavirus-19, alcuni soci della ABC, il direttore dell’Orto Botanico coadiuvato dalla sua equipe di ricercatori e impiegati e alcuni Carabinieri Forestali del Nucleo Carabinieri CITES di Ancona hanno lavorato per etichettare, pesare e impacchettare con la dovuta cura e la necessaria attenzione gli esemplari di cactus cileni.
La partenza è avvenuta il giorno 12 aprile e dopo un volo di tre giorni con scalo in Francia, le piante hanno raggiunto l’aeroporto di “Santiago de Chile” e sono state consegnate nelle mani del personale del CONAF per curare le successive tappe della reintroduzione in natura..
Il traffico illegale di cactus, stando ai dati diffusi da Traffic del WWF ha interessato oltre 100.000 piante negli ultimi 4 anni per un valore stimato di 3 milioni di dollari. La crescente richiesta di esemplari di grandi dimensioni, raccolti illegalmente in natura, causa un forte declino delle popolazioni selvatiche, alcune delle quali ridotte ormai a pochissimi esemplari.
L’operazione “ATACAMA” condotta dai Carabinieri Forestali del Nucleo Carabinieri CITES di Ancona ha permesso di far venire alla luce e sgominare un traffico illecito stimato in circa un milione di euro per il valore delle piante recuperate e poste sotto sequestro.
Come è avvenuto anche nell’ambito della presente indagine, le più recenti attività info-investigative condotte in ambito internazionale indicano che il mercato illegale più fiorente negli ultimi tempi si è spostato in Giappone e Cina.
L’aspetto del valore economico del traffico illegale è però da considerare minimale rispetto al danno che viene condotto all’ambiente naturale per l’alterazione dei delicati equilibri biologici dell’ecosistema e per la perdita di patrimonio genetico e di biodiversità.
Da 20 anni a questa parte si respira un’aria più pulita in Europa, ma nonostante ciò la maggior parte della popolazione vive in zone in cui le polveri sottili (PM2.5 e PM10) e il biossido di azoto (NO2) superano ancora i livelli di guardia indicati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità: il Nord Italia, in particolare, è tra le regioni con le concentrazioni più alte. Lo dimostra uno studio pubblicato su Nature Communications dall’Istituto di Barcellona per la salute globale (ISGlobal) e dal Centro nazionale di supercalcolo di Barcellona (Bsc-Cns). I ricercatori hanno sviluppato dei modelli di apprendimento automatico per stimare le concentrazioni giornaliere dei principali inquinanti atmosferici tra il 2003 e il 2019 in oltre 1.400 regioni di 35 Paesi europei, abitate complessivamente da 543 milioni di persone. Per lo studio sono stati raccolti dati satellitari, dati atmosferici e climatici e le informazioni riguardanti l’utilizzo del suolo, per ottenere una fotografia più definita rispetto a quella offerta dalle sole stazioni di monitoraggio. I risultati rivelano che in 20 anni i livelli di inquinanti sono calati in gran parte d’Europa, soprattutto per quanto riguarda il PM10 (con un calo annuale del 2,72%), seguito da NO2 (-2,45%) e dal PM2.5 (-1,72%).
Le riduzioni più importanti di PM2.5 e PM10 sono state osservate nell’Europa centrale, mentre per NO2 sono state riscontrate nelle aree prevalentemente urbane dell’Europa occidentale. Nel periodo di studio, il PM2.5 e il PM10 sono risultati più alti nel Nord Italia e nell’Europa orientale. Livelli elevati di NO2 sono stati osservati nel Nord Italia e in alcune aree dell’Europa occidentale, come nel sud del Regno Unito, in Belgio e nei Paesi Bassi. L’ozono è aumentato annualmente dello 0,58% nell’Europa meridionale, mentre è diminuito o ha avuto un andamento non significativo nel resto del continente. Il complessivo miglioramento della qualità dell’aria non ha però risolto i problemi dei cittadini, che continuano a vivere per la maggior parte in zone dove si superano i limiti indicati dall’Oms per quanto riguarda il PM2.5 (98%), il PM10 (80%) e il biossido di azoto (86%). Questi risultati sono in linea con le stime dell’Agenzia europea dell’ambiente per 27 Paesi dell’Ue, basate sui dati provenienti dalle stazioni urbane. Inoltre, nessun Paese ha rispettato il limite annuale di ozono durante la stagione di picco tra il 2003 e il 2019.
Lo studio ha infine esaminato il numero di giorni in cui i limiti per due o più inquinanti sono stati superati simultaneamente. E’ così emerso che nonostante i miglioramenti complessivi, l’86% della popolazione europea ha sperimentato almeno un giorno all’anno con sforamenti per due o più inquinanti: le accoppiate più frequenti sono PM2.5 con biossido di azoto e PM2.5 con ozono. Secondo il primo autore dello studio, Zhao-Yue Chen, “sono necessari sforzi mirati per affrontare i livelli di PM2.5 e ozono e i giorni di inquinamento associati, soprattutto alla luce delle crescenti minacce derivanti dai cambiamenti climatici in Europa”.
Il mese di febbraio 2024 è stato il piu’ caldo mai registrato al mondo, parte di una serie di nove record mensili consecutivi, con temperature ben al di sopra della norma in Europa. Lo ha annunciato Copernicus. La temperatura degli oceani, insolita da quasi un anno, contribuisce in gran parte a questa straordinaria serie. Secondo il bollettino mensile dell’Osservatorio europeo si e’ raggiunto un nuovo record assoluto, sommando tutti i mesi, con 21,06 C registrati a febbraio sulla superficie dei mari (escluse le zone vicine ai poli).
Dal Centro Nazionale Meteomont arrivano i consigli per evitare di trovarsi coinvolti in valanghe in montagna: le recenti nevicate, scrivono i carabinieri, localmente ancora in corso ed associate a vento forte, determinano attualmente e per i prossimi giorni un ulteriore aumento del pericolo valanghe su tutti i settori alpini. Fortemente sconsigliate le uscite escursionistiche ed alpinistiche al di fuori delle piste battute e segnalate. Attendere qualche giorno dopo le perturbazioni affinchè il manto nevoso si stabilizzi. Pericolo moderato ma in diminuzione alle alte quote dei settori liguri, emiliani ed abruzzesi. Seguire attentamente l’evoluzione dei prossimi giorni anche attraverso l’app METEOMONT CARABINIERI. In dettaglio:
– ALPI. Le diffuse ed abbondanti nevicate delle ultime 24 ore, localmente ancora in corso, associate con quelle dei giorni precedenti e con un forte vento, hanno determinato un ulteriore aumento del pericolo valanghe su tutti i settori alpini, con gradi diversificati a seconda delle cumulate registrate al suolo, delle quote e della posizione geografica. Dalle Alpi Marittime a quelle Lepontine, dalle Retiche alle Giulie, in generale, il grado di pericolo sale a FORTE 4 alle alte quote al di sopra dei 1700/1900 mslm, per problemi connessi principalmente alla NEVE FRESCA, localmente anche ai LASTRONI DA VENTO, mentre al di sotto di tali quote sale a MARCATO 3, per problemi connessi alla NEVE BAGNATA.
In generale, le uscite escursionistiche al di fuori delle piste battute e segnalate, sono sconsigliate alle alte quote delle Alpi. Attendere qualche giorno che il manto nevoso si stabilizzi. Fortemente limitate le attività a quote inferiori. Previste localmente in alta quota ulteriori nevicate nel corso della settimana. Seguire con attenzione l’evoluzione giornaliera e settimanale delle condizioni di stabilità del manto nevoso.
In alta quota il problema è legato alle nevicate in atto o più recenti, il cui sovraccarico progressivo prodotto sul manto nevoso preesistente è il fattore cruciale. Possibili valanghe di medie e, in taluni casi, di grandi dimensioni, a lastroni e a debole coesione asciutte, spontanee e provocate con debole sovraccarico, a tutte le esposizioni, per presenza di strati deboli nel manto nevoso e mancanza di coesione tra le particelle di precipitazione recenti. Pericolo presente durante le nevicate residuali ancora in corso e fino ad alcuni giorni dopo le nevicate. In caso di ulteriori nevicate pericolo stazionario. Avvertenze: fare attenzione ai cambiamenti minimali delle condizioni meteorologiche (es: il cambiamento dell’umidità e della temperatura dell’aria) che influenzano le condizioni della neve fresca. In alcuni casi il pericolo di caduta è più importante del pericolo di seppellimento. Attenzione ai pendii ripidi !
A quote inferiori il problema è legato all’indebolimento del manto nevoso per la presenza di acqua che si infiltra per fusione o per pioggia. Possibili valanghe di medie e, in taluni casi, anche di grandi dimensioni, a lastroni ed a debole coesione di neve bagnata, principalmente spontanee, a tutte le esposizioni (al di sotto dello zero termico o della quota limite della nevicata). Durata del pericolo da ore ad alcuni giorni, possibile una rapida perdita della stabilità. Avvertenze: l’inizio della pioggia, la formazione di pallottole e chiocciole di neve e piccole valanghe a lastroni bagnati o valanghe di neve bagnata a debole coesione sono precursori di un ciclo di valanghe spontanee a lastroni di neve bagnata. Un elevato sprofondamento dello scarpone è un altro segnale di progressivo inumidimento del manto nevoso. Valutare ed evitare le abituali zone di scorrimento ed accumulo delle valanghe di neve bagnata.
– APPENNINO, pericolo valanghe di grado MODERATO 2 alle alte quote dei settori LIGURI,EMILIANO ed ABRUZZESE, per NEVE BAGNATA, ma in progressiva e rapida diminuzione. Da seguire con attenzione l’evoluzione sui settori liguri (Alpi ed Appennino) nel corso della settimana.
Per le necessarie ed indispensabili informazioni locali, di dettaglio e di approfondimento, da seguire con attenzione nel corso della settimana, nonché per interpretare con correttezza i termini, le simbologie, i problemi e le situazioni tipo sopra riportate ed indicate nei bollettini valanghe nel rispetto degli standard europei EAWS, si consiglia di consultare il sito e l’app METEOMONT CARABINIERI.