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Cronache

Milano capitale criminale d’Italia, in Messico le città dove si uccide di più

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Nessuna città italiana compare tra le prime 50 più violente al mondo per numero di omicidi.  La lista viene stilata ogni anno da un’organizzazione non governativa messicana (il “Consiglio cittadino per la sicurezza pubblica e la giustizia penale”) usando come indice il numero di morti ammazzati ogni 100mila abitanti. Quello che decide il primato è il controllo del traffico della droga abbinato a determinate condizioni di vita urbana. Il fatto che al primo posto ci sia una città messicana (Celaya), che altre sei si collochino tra le prime dieci e che altre 17 città di quella nazione (cioè oltre il 35 per cento del campione) si trovino tra le prime 50 dimostra come il controllo delle frontiere tra una narco-nazione qual è il Messico e il principale luogo di consumo, cioè gli Usa, sia da almeno 25 anni la causa principale dello scatenarsi della violenza omicida.
Il Messico solo nel 2019 ha visto morire in maniera violenta ben 34.982 persone, cioè 95 al giorno, 4 ogni ora. Il Messico è l’epicentro mondiale della violenza omicida. Per fare un confronto con l’Italia: nel nostro Paese  nel 2019 si sono verificati 315 omicidi, numero che è sceso a 271 nel 2020, il più basso della nostra storia unitaria. Insomma sulla graduatoria incidono motivi geopolitici in relazione al controllo del traffico di droghe. Infatti le due grandi città messicane di frontiera con gli Usa, Tijuana e Ciudad Juárez (quest’ ltima descritta magistralmente, con il nome di Santa Teresa, da Roberto Bolaño come l’incarnazione urbana del male in 2666 ), sono al secondo e al terzo posto. Da notare che Medellín (la città colombiana dominata da Pablo Escobar, il più famoso narcotrafficante della storia) non compare da alcuni anni. La Colombia colloca solo due città, a dimostrazione di come l’efficacia di un’ azione repressiva si deve sempre coniugare con fattori di geopolitica: il Messico ne ha preso il ruolo di principale luogo logistico dello smistamento della droga.

In Europa le città con i tassi più alti di omicidi sono Kaunas e Vilnius in Lituania, anche se imparagonabili con quelli latino-americani, statunitensi e sudafricani. Seguono Marsiglia, Bratislava e Bruxelles. Basso è il tasso nelle altre capitali mentre Roma è ampiamente sotto l’1 per cento.
I paradossi italiani In Italia, Napoli, una metropoli ha i tassi più bassi di omicidi rispetto a Nuoro e Vibo Valentia, città capoluoghi. A Napoli la violenza del passato non è paragonabile a quella di oggi. Il tasso di omicidi ogni 100mila abitanti è passato dal 7,93 per cento del triennio 1989-1991 al 3,16 del 2013-2016 e si è ridotta all’1 per cento nel 2019.
Se poi il calcolo lo si fa in rapporto al numero complessivo dei reati commessi, cioè includendo anche quelli non violenti, Napoli e la sua provincia sono solo al diciottesimo posto, mentre Palermo non compare neanche tra le prime venti . Nella graduatoria delle province con più reati Milano è prima, seguono Firenze e Rimini, mentre Roma è sesta, e le prime due province meridionali sono Napoli e Foggia. Paradossalmente si potrebbe dire che senza mafia e camorra, Napoli e Palermo potrebbero essere tra le città e le province meno pericolose al mondo!


Mentre Vibo Valentia è la prima città per numero di omicidi rispetto alla popolazione, quella con più denunce per reati sessuali è Trieste; Roma ha il più alto numero di denunce per spaccio di droghe, mentre Napoli è prima per furti, scippi e rapine a mano armata. Ma Milano in assoluto ha il più alto numero di reati denunciati. In Italia i delitti in famiglia superano da tempo quelli in strada, i femminicidi quelli delle organizzazioni di stampo mafioso.
In conclusione: il controllo del narcotraffico è al centro della violenza omicida nelle città del continente americano, mentre in Europa la violenza si concentra attorno al disagio urbano, in particolare nelle periferie delle grandi città. L’invenzione delle periferie è una delle cose di cui meno possono vantarsi la cultura, la politica e l’ urbanistica occidentali, un problema a cui non si pensa minimamente di fare fronte nonostante la quasi scientifica dimostrazione del loro carattere criminogeno. In Italia, invece, le mafie sembrano avere addomesticato la violenza piegandola al servizio degli affari, diversamente dai narcotrafficanti latino- americani. Eccezione è Napoli dove l’assoggettamento della violenza agli affari non è del tutto completato e il disagio urbano provoca una immediata interconnessione con comportamenti devianti nel sottoproletariato urbano: uno dei pochi casi tra le grandi città europee in cui disagio e crimine sono così vicini.

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Cronache

Falso terapista accusato di stupro, vittima minorenne

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Accoglieva le sue pazienti all’interno di un finto studio allestito in una palestra di Fondi e, una volta solo con loro nelle stanze della struttura, le molestava nel corso di presunti trattamenti di fisioterapia, crioterapia e pressoterapia, facendo leva sulle loro fragilità psicologiche e fisiche affinché non raccontassero nulla. Dolori e piccoli problemi fisici che spingevano ciascuna delle vittime, tra cui anche una minorenne, a recarsi da lui per sottoporsi alle sedute, completamente all’oscuro del fatto che l’uomo non possedesse alcun titolo di studio professionale, né tanto meno la prevista abilitazione, e che non fosse neanche iscritto all’albo. È finito agli arresti domiciliari il finto fisioterapista trentenne di Fondi, per il quale è scattato anche il braccialetto elettronico, accusato di aver commesso atti di violenza sessuale su diverse donne, tra cui una ragazza di neanche 18 anni, e di aver esercitato abusivamente la professione.

Un’ordinanza, quella emessa dal giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Latina ed eseguita nella giornata di oggi dagli agenti del Comando Provinciale della Guardia di Finanza, arrivata al termine di un’indagine di polizia giudiziaria svolta su delega della Procura di Latina. Durata all’incirca un anno, quest’ultima ha permesso di svelare, attraverso le indagini condotte anche con accertamenti tecnici, acquisizioni di dichiarazioni ed esami documentali, i numerosi atti di violenza da parte dell’uomo nei confronti delle pazienti del finto studio da lui gestito. Tutto accadeva all’interno di un'”Associazione sportiva dilettantistica” adibita a palestra nella città di Fondi, nel sud della provincia di Latina: quella che il trentenne spacciava per il suo studio, sequestrata in queste ore dalle fiamme gialle quale soggetto giuridico formale nella cui veste è stata esercitata l’attività professionale, in assenza dei prescritti titoli di studio, della prevista abilitazione e della necessaria iscrizione all’albo, nonché dei locali, attrezzature e impianti utilizzati. Un’altra storia di abusi a Lodi.

Vittima una ragazza siriana di 17 anni arrivata in Italia per sfuggire alla guerra e al sisma del 2023: finita nelle mani dei trafficanti è stata sottoposta a violenze e maltrattamenti e poi abbandonata. La Polizia, coordinata dalla Procura di Lodi e dalla Procura presso la Direzione distrettuale antimafia di Bologna, ha arrestato i due aguzzini.

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Aggressione omofoba a Federico Fashion style, ‘botte e insulti’

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Preso a schiaffi e pugni sul treno e insultato da un passeggero solo perchè gay. Un’aggressione omofoba che ha visto sul treno Milano-Napoli vittima Federico Lauri, conosciuto come Federico Fashion Style, parrucchiere e volto tv. Lo racconta lui stesso sui social e un’intervista al Corriere della Sera on line. “Preso a schiaffi e pugni in faccia su un treno Italo davanti agli occhi di tutti — scrive Federico, che è anche un volto di Real Time —Essere insultato, denigrato e aggredito per l’orientamento sessuale è vergognoso. Vi prego smettetela di chiamare la gente fr… L’omosessualità non è una malattia». L’aggressione è avvenuta sul Milano Napoli all’altezza di Anagni. Il treno si ferma per un guasto, Lauri chiede informazioni e un passeggero prima lo insulta con frasi omofobe e poi lo picchia. Lauri finisce all’ospedale a Colleferro cn un trauma cranico e una prognosi di 15 giorni. Ora promette che denuncerà tutto. “Questa bestia mi ha dato un cazzotto, ma se avesse avuto un coltello mi avrebbe accoltellato -dice al Corriere- Il rischio è uscire di casa e non rientrare più. L’omofobia è la malattia, non l’omosessualità. Loro si devono curare”.

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Lo stupro di Palermo, la difesa vuole la vittima in aula

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Dentro l’aula è scontra tra accusa e difesa. Fuori dal tribunale di Palermo i familiari dei detenuti che arrivano con il pullman della polizia penitenziaria sono in attesa di salutare ‘i loro ragazzi’ mentre non lontano una decina di associazioni hanno dato vita ad un sit in per chiedere di essere ammesse come parti civili. Sono in aula cinque dei sei giovani indagati per lo stupro di gruppo a una 19enne avvenuto lo scorso 7 luglio a Palermo in un cantiere abbandonato del Foro Italico. Uno solo segue l’udienza in videoconferenza, collegato da una sala del carcere dove è recluso. Assente la vittima dello stupro, ospite in una comunità protetta, fuori dalla Sicilia. L’unico minorenne del branco è in un istituto minorile, dopo essere stato già condannato a 8 anni e 8 mesi in abbreviato. L’udienza preliminare davanti al gup Cristina Lo Bue per i sei maggiorenni – Elio Arnao, Cristian Barone, Gabriele Di Trapani, Angelo Flores, Samuele La Grassa e Christian Maronia – si apre in un clima di scontro aperto tra le parti. I legali degli indagati hanno già preannunciato le contromosse per ribaltare le accuse nei confronti dei loro assistiti.

La linea difensiva è chiara ed è legata alla richiesta di ascoltare nuovamente la vittima alla luce delle “nuove prove” che gli avvocati avrebbero raccolto. Alla prossima udienza chiederanno l’abbreviato condizionato a una nuova audizione della vittima, già ascoltata dal gip di Palermo Clelia Maltese due mesi fa nel corso dell’incidente probatorio. Il materiale raccolto dalla difesa già in un’udienza stralcio a marzo non era stato ammesso fra le carte del procedimento, ma i legali insistono. Secondo gli avvocati le nuove prove dimostrerebbero in sostanza che la giovane era consenziente. Una linea difensiva che non sorprende l’avvocato Carla Garofalo, legale della ragazza. “Questa è letteratura – spiega -, lo fanno in tutti i processi per stupro. Lo farei anche io, ma è improbabile perché mai difenderò un indagato per stupro. In ogni caso questa tesi è insostenibile, perché ci sono i filmati che parlano (i video girati con i cellulari dagli stessi indagati ndr)”.

La legale parla di “un ambiente tossico” attorno alla sua assistita “che a Pasquetta è stata pesantemente minacciata e aggredita” e denuncia “una campagna denigratoria nei confronti della ragazza durata tutta l’estate”. “Io, purtroppo – aggiunge -, sono entrata nel processo solo a gennaio per cui non ho potuto gestire e seguire la parte precedente”. L’avvocato Garofalo sottolinea anche lo stato di profonda prostrazione vissuto dalla giovane: “ha alti e bassi, momenti di angoscia e di speranza. Per fortuna abbiamo un buon rapporto. Sta raccogliendo i cocci di tutto lo sfacelo attorno a lei, con aggressioni continue. E a volte si chiede chi glielo ha fatto fare”. Attorno alla ragazza vittima dello stupro si sono strette una decina di associazioni che oltre a manifestare davanti al tribunale hanno chiesto di costituirsi parte civile, così come ha fatto il Comune di Palermo. Il Gup ha rinviato ogni decisione alla prossima udienza, fissata per il 29 aprile. Se il giudice non ammetterà l’abbreviato condizionato i legali degli imputati dovranno scegliere tra l’abbreviato “secco” o l’ordinario.

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