Collegati con noi

Cronache

Migranti sulle navi Sea Watch e Sea Eye, il premier Conte: accogliamo donne e bambini. Ma Salvini dice che “nessuno arriverà mai col mio consenso”

Pubblicato

del

Arrivata al diciottesimo giorno, l’odissea dei 49 migranti bloccati a bordo delle navi delle Ong Sea Watch e Sea Eye al largo di Malta fa deflagrare lo scontro all’interno del governo e porta alla luce tutte le contraddizioni dell’esecutivo gialloverde tenute faticosamente sottotraccia in questi mesi. “Accogliamo donne e bambini, c’è un limite ad ogni politica del rigore”, dice il premier Conte a Porta a Porta. “Nessuno arrivera’ mai con il mio consenso o quello della Lega. Se altri lo faranno se ne assumeranno la responsabilita’”, replica duro dieci minuti dopo Matteo Salvini in diretta su Facebook minacciando in maniera neanche troppo velata conseguenze serie per il governo. E che lo scontro esploda proprio nel giorno in cui la vicenda sembra avviarsi verso una soluzione, non e’ un caso. Le trattative in corso a Bruxelles per ridistribuire in Europa non solo i 49 sulle navi delle Ong ma anche gli altri 249 migranti sbarcati autonomamente nei giorni scorsi a Malta – condizione che il governo de La Valletta ha posto per consentire di far scendere a terra uomini donne e bambini a bordo di Sea Watch e Sea Eye – hanno coinvolto anche l’Italia. Che da un lato, con Palazzo Chigi, si e’ detta disponibile a farsi carico di una quota di migranti, una quindicina come detto gia’ ieri dal premier. E dall’altro con il Viminale a ribadire il suo no ad ogni apertura. Ecco perche’ da Bruxelles alla fine e’ trapelato solo che Germania e Francia avrebbero accolto 50 persone ciascuno mentre Portogallo, Lussemburgo, Olanda e Romania ne avrebbero presi complessivamente un’altra trentina. E l’Italia? Silenzio assoluto da Bruxelles, dove le fonti hanno ribadito piu’ volte di non voler dire nulla vista “la costante evoluzione della politica interna del paese”. E’ stato dunque Conte a fare la prima mossa. Ma prima il presidente del Consiglio ha tentato di limitare i danni, schierandosi sulle posizioni gia’ espresse da Salvini. “L’Italia – ha detto infatti – ha assunto una posizione di rigore, forte, una svolta rispetto al passato. Ma nella gestione dei flussi occorre un approccio strutturato” che non c’e’. Dunque “la delusione verso l’Europa e’ forte”. Poi pero’ e’ arrivata la svolta. “Questo e’ un caso eccezionale, con donne e bambini da oltre due settimane in mare. Non volendo tradire la linea di coerenza del governo, penso che il sistema Italia possa sopportare poche donne e pochi bambini. Ed e’ contrario a qualsiasi principio separare padri e figli. Salvini esprime una linea condivisa dal governo ma se marchiamo nel segno dell’eccezionalita’ un intervento di questo tipo, la linea del governo non puo’ essere tacciata di incoerenza”. Insomma, aggiunge il premier per essere piu’ chiaro, “se non li faremo sbarcare li prendero’ con l’aereo” perche’ “alla politica del rigore c’e’ un limite”. Parole non pronunciate a caso e che ben interpretano il pensiero del Colle, rimasto in questa fase silenzioso ma che in una vicenda analoga come quella di agosto che vide protagonista la nave Diciotti, si spese per una moral suasion. Salvini ci mette meno di dieci minuti a replicare, convocando i suo follower su Facebook. E le parole del vicepremier non sono certo rassicuranti per il governo. “Non cambio e non cambiero’ mai idea, un cedimento significherebbe riaprire le porte al traffico di esseri umani”. Dunque “non ci saranno ulteriori strappi alle regole, ne’ per uno ne’ per cento”: nessuno sbarchera’ e nessuno arrivera’ “mai con il consenso mio e della Lega”. E se palazzo Chigi forzasse la mano? “Se lo faranno altri se ne assumeranno la responsabilita’ politica” tuona Salvini che ne ha anche per l’altro vicepremier Di Maio: “ogni ministro si occupi delle sue competenze, altrimenti…”.

Advertisement

Cronache

Sangue infetto, la famiglia di un militare napoletano morto nel 2005 sarà risarcita con un milione di euro

Pubblicato

del

Dopo quasi vent’anni di battaglie legali, la Corte di Cassazione ha riconosciuto il diritto al risarcimento per i familiari di un militare napoletano, deceduto nel 2005 a seguito di complicazioni derivanti da una trasfusione di sangue infetto. La sentenza storica condanna l’ospedale Piemonte e Regina Margherita di Messina, stabilendo un risarcimento di oltre un milione di euro ai familiari del defunto.

Il militare, trasferitosi da Napoli a Sicilia per lavoro, subì un grave incidente durante il servizio che necessitò un intervento chirurgico d’urgenza e la trasfusione di quattro sacche di sangue. Anni dopo l’intervento, si scoprì che il sangue trasfuso era infetto dall’epatite C, portando alla morte del militare per cirrosi epatica. La complicazione si manifestò vent’anni dopo la trasfusione, rendendo il caso particolarmente complesso a livello legale.

In primo e secondo grado, i tribunali di Palermo e la Corte d’Appello avevano respinto le richieste di risarcimento della famiglia, giudicando prescritto il diritto al risarcimento. Tuttavia, la decisione della Corte di Cassazione ha ribaltato questi verdetti, affermando che la prescrizione del diritto al risarcimento non decorre dal momento del fatto lesivo ma dal momento in cui si manifesta la patologia collegata al fatto illecito.

Questa sentenza non solo porta giustizia alla vittima e ai suoi cari ma stabilisce anche un importante precedente per la tutela dei diritti dei pazienti e la responsabilizzazione delle strutture sanitarie. Gli avvocati della famiglia hanno sottolineato l’importanza della decisione, che apre nuove prospettive nel campo della giustizia sanitaria e sottolinea l’obbligo delle strutture ospedaliere di rispettare protocolli medici dettagliati, anche in situazioni di urgenza.

Il caso di Antonio (nome di fantasia) sottolinea la necessità di garantire la sicurezza nelle procedure mediche e di monitorare con rigore le condizioni di sicurezza del sangue donato, indipendentemente dalle circostanze. La sentenza rappresenta un passo significativo verso una maggiore giustizia e sicurezza nel sistema sanitario italiano, ribadendo che nessuna circostanza può esimere dal rispetto delle norme di sicurezza e prudenza necessarie per proteggere la salute dei pazienti.

Continua a leggere

Cronache

Addio a Italo Ormanni, magistrato e gentiluomo napoletano

Pubblicato

del

Italo Ormanni, magistrato, è scomparso all’età di 88 anni. Dopo una vita dedicata alla giustizia e alla lotta contro la criminalità organizzata, Ormanni ci lascia ricordi indelebili di un uomo che ha saputo coniugare serietà professionale e un vivace senso dell’umorismo. È deceduto ieri a Roma, nella clinica Quisisana, dove era ricoverato e aveva subito un’angioplastica.

La carriera di Ormanni, iniziata nella magistratura nel 1961, è stata lunga e fruttuosa, con servizio attivo fino al 2010. Tra i casi più noti che ha seguito, ci sono stati quelli che hanno toccato i vertici della camorra a Napoli, sua città natale, e importanti inchieste su eventi di cronaca nazionale, come il rapimento di Emanuela Orlandi e l’omicidio di Simonetta Cesaroni. Anche nel suo ruolo di procuratore aggiunto a Roma, Ormanni ha gestito casi di grande risonanza, contribuendo significativamente alla sicurezza e alla giustizia in Italia.

Oltre al suo impegno nel campo giudiziario, Ormanni ha avuto anche una breve ma memorabile carriera televisiva come giudice-arbitro nella trasmissione “Forum”, dove ha lasciato il segno con la sua capacità di gestire le controversie con saggezza e empatia.

Amante delle arti e della cultura, Ormanni ha sempre cercato di bilanciare la durezza del suo lavoro con le sue passioni personali, dimostrando che dietro la toga c’era un uomo completo e poliedrico. I suoi funerali si terranno a Roma, nel primo pomeriggio di lunedì, dove amici, familiari e colleghi avranno l’occasione di rendere omaggio a una delle figure più influenti e rispettate del panorama giudiziario italiano.

Continua a leggere

Cronache

Falso terapista accusato di stupro, vittima minorenne

Pubblicato

del

Accoglieva le sue pazienti all’interno di un finto studio allestito in una palestra di Fondi e, una volta solo con loro nelle stanze della struttura, le molestava nel corso di presunti trattamenti di fisioterapia, crioterapia e pressoterapia, facendo leva sulle loro fragilità psicologiche e fisiche affinché non raccontassero nulla. Dolori e piccoli problemi fisici che spingevano ciascuna delle vittime, tra cui anche una minorenne, a recarsi da lui per sottoporsi alle sedute, completamente all’oscuro del fatto che l’uomo non possedesse alcun titolo di studio professionale, né tanto meno la prevista abilitazione, e che non fosse neanche iscritto all’albo. È finito agli arresti domiciliari il finto fisioterapista trentenne di Fondi, per il quale è scattato anche il braccialetto elettronico, accusato di aver commesso atti di violenza sessuale su diverse donne, tra cui una ragazza di neanche 18 anni, e di aver esercitato abusivamente la professione.

Un’ordinanza, quella emessa dal giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Latina ed eseguita nella giornata di oggi dagli agenti del Comando Provinciale della Guardia di Finanza, arrivata al termine di un’indagine di polizia giudiziaria svolta su delega della Procura di Latina. Durata all’incirca un anno, quest’ultima ha permesso di svelare, attraverso le indagini condotte anche con accertamenti tecnici, acquisizioni di dichiarazioni ed esami documentali, i numerosi atti di violenza da parte dell’uomo nei confronti delle pazienti del finto studio da lui gestito. Tutto accadeva all’interno di un'”Associazione sportiva dilettantistica” adibita a palestra nella città di Fondi, nel sud della provincia di Latina: quella che il trentenne spacciava per il suo studio, sequestrata in queste ore dalle fiamme gialle quale soggetto giuridico formale nella cui veste è stata esercitata l’attività professionale, in assenza dei prescritti titoli di studio, della prevista abilitazione e della necessaria iscrizione all’albo, nonché dei locali, attrezzature e impianti utilizzati. Un’altra storia di abusi a Lodi.

Vittima una ragazza siriana di 17 anni arrivata in Italia per sfuggire alla guerra e al sisma del 2023: finita nelle mani dei trafficanti è stata sottoposta a violenze e maltrattamenti e poi abbandonata. La Polizia, coordinata dalla Procura di Lodi e dalla Procura presso la Direzione distrettuale antimafia di Bologna, ha arrestato i due aguzzini.

Continua a leggere

In rilievo

error: Contenuto Protetto